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Avvocato sbaglia carattere ed interlinea nel ricorso e il cliente paga: Giudice, "ma mi faccia il piacere"

Avvocato sbaglia carattere ed interlinea nel ricorso e il cliente paga: Giudice, "ma mi faccia il piacere"
Vittoria della causa, ma il Giudice ordina la compensazione delle spese per violazione delle nuove regole di scrittura degli atti giudiziari: scontro acceso con l'avvocatura
La professione dell’avvocato è complicata. Bisogna sempre stare attenti alle novità legislative e al modo in cui vengono applicate dai giudici. Si deve pensare a tutto e ad ogni evenienza. L’avvocato deve avere sempre gli occhi aperti. Anche quando è da solo, nel suo studio, davanti al computer. Ora, forse, quando si scriverà un atto, ci vorrà ancora più attenzione anche nello scegliere il font, la dimensione dei caratteri e l’interlinea degli atti.

Il rischio è quello di essere penalizzati nel giudizio. È proprio quello che è successo recentemente a Verona in relazione alla decisione presa da un giudice di pace su un ricorso per decreto ingiuntivo.

L’argomento è di forte attualità tra gli avvocati e non solo, soprattutto dopo il 1° settembre 2023, con l’entrata in vigore del decreto ministeriale “giustizia” n. 110 del 2023. Infatti, questo nuovo d.m. stabilisce le regole da seguire per la redazione degli atti giudiziari: il limite massimo di pagine dell’atto, la dimensione del carattere, l’interlinea e i margini dei documenti. Tutto precisato dall’art. 6 del d.m., il quale stabilisce che gli atti sono redatti mediante caratteri di tipo corrente “preferibilmente” utilizzando caratteri di dimensione di 12, con interlinea 1,5 e margini di 2,5 cm.

Ma si tratta di dettagli, no? Non proprio.

Infatti, come anticipato, il giudice di pace di Verona, applicando alla lettera il nuovo d.m. giustizia, ha sì concesso il decreto ingiuntivo alla parte richiedente, ma poi ha anche deciso di compensare le spese legali. E questa decisione ha penalizzato la parte vincitrice: questa ha vinto, ma deve comunque pagarsi le proprie spese legali.

Solitamente, c’è la condanna della parte perdente al pagamento di tutte le spese legali. Così, la parte vincitrice ha un rimborso delle spese che ha dovuto sostenere per iniziare la causa: il contributo unificato, la spese per le marche da bollo e le notifiche, il compenso dell’avvocato. Se c’è la compensazione delle spese, questo rimborso non c’è.

La cosa più incredibile di questa decisione è la motivazione usata: il ricorso era scritto male, senza rispettare le nuove regole del d.m., perché l’avvocato non ha utilizzato la corretta dimensione dei caratteri e la giusta interlinea, così come stabilito dall’art. 46 delle disp. att. c.p.c. in riferimento agli artt. 6 e 8 del d.m. n. 110 del 2023.

Quindi, se l’avvocato non avesse violato le regole di forma e redazione degli atti, la parte vincitrice non si sarebbe vista accollare le proprie spese legali? Basta un carattere di dimensione 11 o 13 (anziché 12) o l’interlinea di 1,6 (invece che 1,5) per far decidere al giudice di non riconoscere il rimborso al ricorrente vincitore?

Chiaramente, gli avvocati non sono rimasti indifferenti a questa decisione ed hanno fatto subito sentire la loro voce, con una mozione spedita direttamente al ministro della Giustizia, Carlo Nordio.

Qual è il problema? Il paradosso è che l’art. 6 del recente d.m. n. 110 del 2023 precisa sì le regole di forma e redazione degli atti giudiziari, ma precisa anche che gli atti vanno scritti “preferibilmente” utilizzando quei criteri.

Tutta l’avvocatura ha evidenziato che quel “preferibilmente” ha un significato: c’è perché si è voluto dire che questa norma non ha carattere assoluto e la sua inosservanza non può comportare sanzioni, come nel caso di Verona.

Questo che vuol dire? Significa che siamo davanti ad un provvedimento sbagliato. C’è un chiaro errore da parte del giudice.

Gli avvocati non ci stanno. Lo scontro è solo all’inizio.


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