Cassazione civile Sez. VI-1 ordinanza n. 654 del 11 gennaio 2022

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di divorzio, la deroga alla perdita del cognome maritale è discrezionale e richiede la ricorrenza del presupposto dell'interesse meritevole di tutela per l'ex coniuge o per la prole, come si desume dalla disciplina dettato dall'art. 5, comma 3, della legge n 898 del 1970 in tema di divorzio. L'aggiunta del cognome maritale, ai sensi l'art. 143-bis cod. civ., deve ritenersi, infatti, un effetto del matrimonio circoscritto temporalmente alla perduranza del rapporto di coniugio. Ciò in quanto la possibilità di consentire con effetti di carattere giuridico-formali la conservazione del cognome del marito, accanto al proprio, dopo il divorzio, non può coincidere con il mero desiderio di conservare come tratto identitario il riferimento a una relazione familiare ormai chiusa quanto alla sua rilevanza giuridica, ma deve essere giustificata da esigenze eccezionali, quale l'interesse dei figli.(Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che non sussiste l'interesse dell'ex coniuge a conservare il cognome del marito sulla base del semplice fatto che detto cognome fosse divenuto parte integrante dell'identità personale sociale e di vita di relazione della ricorrente).

(massima n. 2)

In tema di divorzio, l'autorizzazione alla donna di conservare il cognome del marito accanto al proprio costituisce una eventualità straordinaria, affidata alla decisione discrezionale del giudice di merito, da compiersi secondo criteri di valutazione propri di una clausola generale, che non possono coincidere con il solo desiderio di conservare, quale tratto identitario, il riferimento a una relazione familiare ormai chiusa, non potendo neppure escludersi che il perdurante uso del cognome del marito possa costituire un pregiudizio per quest'ultimo, ove intenda ricreare, esercitando un diritto fondamentale, un nuovo nucleo familiare riconoscibile socialmente e giuridicamente come legame attuale.

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