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Articolo 724 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Bestemmia e manifestazioni oltraggiose verso i defunti

Dispositivo dell'art. 724 Codice Penale

Chiunque pubblicamente [266 4] bestemmia, con invettive o parole oltraggiose, contro la Divinità [o i Simboli o le Persone venerati nella religione dello Stato] è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 51 a euro 309(1)(2).

La stessa sanzione si applica a chi compie qualsiasi pubblica manifestazione oltraggiosa verso i defunti.

Note

(1) Tale sanzione è stata depenalizzata ex art. 57, del d.lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.
(2) La disposizione in esame è stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con sent. 18 ottobre 1995, n. 440 relativamente alle parole "o i simboli o le persone venerati nella religione dello Stato".

Ratio Legis

La disposizione in esame trova la propria ratio nell'esigenza di garantire il rispetto delle regole civili, sottese alla società organizzata.

Spiegazione dell'art. 724 Codice Penale

Il bene giuridico oggetto di tutela è il buon costume, inteso come insieme delle regola di vita e sociali che permettono una convivenza civile.

In seguito alla sentenza della Corte Cost. del 1995, non vi è più alcuna differenza tra la religione cattolica e le altre religioni, oggetto di bestemmia.

La bestemmia è ontologicamente e strutturalmente dolosa, e si concretizza nella pronuncia di parole o invettive oltraggiose, indipendentemente dalle intenzioni di chi quelle parole ha pronunciato.

La medesima sanzione si applica nei confronti di chi oltraggi i defunti.

La pubblicità della bestemmia è condizione obiettiva di punibilità.

Massime relative all'art. 724 Codice Penale

Corte cost. n. 440/1995

È costituzionalmente illegittimo l'art. 724, primo comma, del codice penale, limitatamente alle parole «o i simboli o le persone venerati nella religione dello Stato».

Cass. pen. n. 7979/1992

L'art. 724, primo comma, c.p. sanziona il fatto di bestemmiare con invettive e parole oltraggiose e dunque punisce non la manifestazione di un pensiero ma una manifestazione pubblica di volgarità. Ne consegue che non può ricondursi la bestemmia alla manifestazione del pensiero e alla libertà, costituzionalmente garantita, di tale manifestazione (sia sotto il profilo dell'art. 21 che dell'art. 19 Cost.), la quale del resto trova il suo limite proprio nel divieto delle manifestazioni contrarie al buon costume (art. 21, ultimo comma, Cost.).

Perché agli effetti della legge penale possa ritenersi sussistere il requisito della «pubblicità» del fatto è sufficiente, ai sensi dell'art. 266, quarto comma, n. 2, c.p., che il fatto sia commesso, oltre che in luogo pubblico o aperto al pubblico, in presenza di due persone le quali possono anche essere quelle previste nell'art. 331 c.p.p. (Fattispecie relativa al reato di bestemmia, in cui l'espressione oltraggiosa verso la Divinità era stata pronunciata in luogo pubblico in presenza di due militari verbalizzanti; la Cassazione ha ritenuto infondata la tesi secondo cui per integrare il requisito della «pubblicità» sarebbe necessaria la presenza di una pluralità indeterminata di persone, tra le quali non dovrebbero essere compresi i verbalizzanti, ed ha enunciato il principio di cui in massima).

Cass. pen. n. 1692/1986

Ai fini della sussistenza del reato di bestemmia, di cui all'art. 724 c.p., è assolutamente necessaria — per legittimità di contestazione e per attuazione di difesa — la concreta individuazione della bestemmia medesima. (Fattispecie relativa ad annullamento di sentenza di condanna, per insussistenza del fatto, poiché le risultanze processuali attestavano che l'imputato aveva pronunziato pubblicamente «bestemmie» contro Dio e la Divinità, ma non specificavano le parole adoperate né offrivano elementi per ricostruirle o individuarle).

Cass. pen. n. 11738/1985

È luogo aperto al pubblico l'edificio scolastico in quanto ad esso è consentito l'accesso a determinate condizioni alla categoria di persone che hanno diritto ad accedere per ragioni scolastiche o di servizio o di relazione con gli uffici in esso compresi. Non è tale, invece, l'ufficio di presidenza della scuola, in quanto ad esso non si accede se non con un permesso specifico ed individuale che può essere rifiutato per ragioni varie e in particolare per motivi inerenti al servizio scolastico. Ne consegue che colui che bestemmi nell'ufficio di presidenza non risponde del reato previsto dall'art. 724 c.p.

Cass. pen. n. 3076/1985

Ai fini della sussistenza del reato di bestemmia di cui all'art. 724 c.p., è necessario che il comportamento avvenga «pubblicamente», nel senso precisato dall'art. 266, quarto comma, c.p. Infatti, poiché l'azione, che offende il comune senso religioso, consiste nella pronuncia di invettive e parole oltraggiose contro la divinità e contro simboli o persone venerate nella religione, è necessario, perché si verifichi l'evento, oltre il requisito del luogo pubblico o aperto al pubblico, anche quello della vicinanza di più persone, cioè l'effettiva possibilità che la bestemmia venga percepita. (Fattispecie relativa a ritenuta insussistenza del reato perché il fatto era avvenuto in presenza del solo vigile che procedeva alla contestazione di una contravvenzione).

Cass. pen. n. 11049/1980

La riproduzione su un manifesto di un brano di un articolo blasfemo, apparso su un giornale, non giustifica l'autore del manifesto che ha fatto proprie le espressioni usate e lo rende responsabile di bestemmia.

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G. C. chiede
sabato 19/08/2023
“Buongiorno,
il quesito che volevo porvi è il seguente:
nell'ambito di una discussione su Facebook, svolta sulla mia pagina personale privata (quindi profilo non pubblico, ma privato al quale hanno accesso solo i miei contatti), un mio contatto ha scritto l'espressione "accidenti al Cristo". Un altro mio contatto si è risentito considerandola bestemmia e replicando che "chi risponde con una bestemmia è solo un fesso".
Al di là della sensibilità personale, e premesso che a me un'espressione simile non crea nessun fastidio, chiedo a voi:
1) se l'espressione "accidenti a Cristo" possa, in senso assoluto, essere considerata bestemmia, non essendo comunque neanche riferita alla Divinità;
2) e se invece fosse bestemmia, visto che è stata usata in un profilo non pubblico ma privato (al quale non hanno accesso tutti ma solo i miei contatti), se fosse comunque da considerare illecito sanzionabile ai sensi dell'Art.724 del Codice Penale;
3) se, di contro, aver definito una persona "fesso" (senza neanche conoscerla) possa essere considerato insulto gratuito o altro, e nel caso se sanzionabile in qualche modo.
Se possibile vorrei allegarvi un file PDF con lo screenshot (con i nomi degli attori oscurati), in modo da contestualizzare meglio la mia richiesta.
Grazie

Consulenza legale i 05/09/2023
Rispondiamo prima di tutto ai punti 1 e 2 della richiesta di parere.

L’art. 724 c.p. è stato davvero poco approfondito, tanto dalla dottrina quanto dalla giurisprudenza.

I pochi interpreti che hanno trattato l’illecito amministrativo in parola sono comunque concordi nel ritenere che l’oggetto giuridico tutelato dalla fattispecie riposi non solo nel credo religioso di ciascun consociato (che potrebbe essere urtato da affermazioni ingiuriose) ma anche dal buon costume in modo generico, che consente di affermare che ciascuno possa essere toccato da espressioni blasfeme, a prescindere dalle proprie convinzioni personali.

E’ questa la ragione per la quale si è sostenuto che per “bestemmia” debba intendersi qualsiasi espressione offensiva della “divinità” intesa in senso generico, senza che a tal fine rilevi la specifica invocazione di un soggetto tradizionalmente riconosciuto come divino da un credo piuttosto che da un altro.

Fermo restando, dunque, che nel caso di specie è possibile affermare che di bestemmia si tratti, va detto che il tema del se un social possa essere ritenuto un luogo aperto al pubblico è oggetto, da sempre, di ampia discussione.
Per taluni la risposta deve essere positiva e, dunque, la fattispecie di cui all’art. 724 c.p. sarebbe integrata; per talatri, invece, il social va distinto dal luogo pubblico e, pertanto, non saremmo in presenza dell’illecito amministrativo oggetto di analisi.

Quanto, invece, alla risposta data da altro interlocutore, l’unica fattispecie ipotizzabile sarebbe la diffamazione ex art. 595 del c.p. che, però, nel caso di specie non sembra sussistere. Ciò non solo per il fatto che il termine “fesso” è utilizzato in modo generico, ma anche per il complessivo atteggiamento canzonatorio che caratterizza la vicenda che, francamente, consente di escludere il dolo (diritto penale) tipico della fattispecie.

Si sconsiglia, comunque, di intraprendere qualsivoglia azione nel caso di specie vista la vicenda estremamente bagattellare.