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Articolo 1025 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 10/10/2025]

Obblighi inerenti all'uso e all'abitazione

Dispositivo dell'art. 1025 Codice Civile

Chi ha l'uso di un fondo e ne raccoglie tutti i frutti o chi ha il diritto di abitazione e occupa tutta la casa è tenuto alle spese di coltura, alle riparazioni ordinarie [1004] e al pagamento dei tributi come l'usufruttuario.

Se non raccoglie che una parte dei frutti o non occupa che una parte della casa, contribuisce in proporzione di ciò che gode.

Ratio Legis

Oltre agli obblighi espressamente contemplati dalla norma, gravano sui titolari di diritto di uso e abitazione anche gli obblighi previsti dalle norme che disciplinano l'usufrutto, in virtù del rinvio operato dall'art. 1026 del c.c..

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1025 Codice Civile

Cass. civ. n. 17320/2015

Il titolare del diritto reale d'uso ha diritto di servirsi della cosa e di trarne i frutti per il soddisfacimento dei bisogni propri e della propria famiglia, sì da poter ricavare dal bene, nel suo concreto esercizio, ogni utilità ricavabile. Ne consegue che l'ampiezza di tale potere, se può incontrare limitazioni derivanti dalla natura e dalla destinazione economica del bene, non può soffrire condizionamenti maggiori o ulteriori derivanti dal titolo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso l'esistenza di qualunque diritto d'uso su una corte circostante un immobile oggetto di alienazione, senza però tener conto della natura rurale del fabbricato, della specifica distinta individuazione anche dei dati catastali di tale corte, nonché della facoltà di utilizzo attribuita al bene).

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Consulenze legali
relative all'articolo 1025 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

S. D. chiede
lunedì 01/12/2025
“Buonasera,
le mie figlie di 16 e 22 anni (a mio carico) sono nude proprietarie di un appartamento ricevuto in eredità dal nonno (deceduto), la cui seconda moglie ha il diritto di abitazione. Vorrei sapere se, per quanto riguarda le manutenzioni che spettano al nudo proprietario, la legge consente di non pagare immediatamente e di rimandare il conteggio al momento del rientro in possesso del bene, è corretto? Glielo chiedo perché le mie figlie non hanno reddito. Vorrei sapere inoltre quali sono esempi di manutenzione ordinaria e straordinaria della casa. Nello specifico l'ex moglie di mio suocero ha chiamato un idraulico per sostituire un. calorifero la cui guarnizione era usurata e ha chiesto a noi di pagare. È corretto?”
Consulenza legale i 06/12/2025
La disciplina a cui occorre fare riferimento è quella dettata dagli artt. 1025 e 1026 c.c., i quali stabiliscono che al diritto di abitazione si applicano, in quanto compatibili, le norme dettate in materia di usufrutto, comprese, dunque, quelle che regolano la ripartizione degli oneri economici tra titolare del diritto di abitazione (o usufruttuario) e nudo proprietario.
Ora, punto di partenza è l’art. 981 del c.c., il quale definisce l’usufrutto come il diritto di godere della cosa altrui, rispettandone la destinazione economica; con riferimento al diritto di abitazione, ciò significa che l’habitator ha il possesso e l’uso diretto dell’immobile, entro i limiti del fabbisogno suo e della sua famiglia, mentre la proprietà rimane in capo al nudo proprietario.

Tale distribuzione funzionale delle facoltà di godimento riflette anche la logica della ripartizione delle spese.
L’art. 1004 del c.c. dispone che sono a carico dell’usufruttuario (ma anche del titolare del diritto di abitazione) tutte le spese relative alla custodia, amministrazione e manutenzione ordinaria dell’immobile.
L’habitator, dunque, deve sopportare le spese necessarie a mantenere il bene in uno stato di normale efficienza in relazione all’uso quotidiano, dovendosi fare rientrare in tale categoria gli interventi resi necessari dal deterioramento prodotto dal tempo e dall’utilizzo, nonché le prestazioni connesse alla gestione materiale dell’immobile.
Restano pure a carico dell’habitator le spese straordinarie che dovessero rendersi necessarie a causa dell’omessa o negligente esecuzione delle opere di manutenzione ordinaria, risultando evidente che le conseguenze dell’inadempimento degli obblighi primari non possano gravare sul nudo proprietario.

Il successivo art. 1105 del c.c., invece, individua le spese che competono al nudo proprietario, circoscrivendo il proprio obbligo alle riparazioni straordinarie propriamente dette.
Si tratta di quelle spese che attengono alla conservazione strutturale dell’edificio o al ripristino di sue parti essenziali, come risulta dal secondo comma della norma, il quale richiama espressamente le opere riguardanti muri maestri, volte, travi, tetti, solai e similari, ovvero tutti quegli interventi che attengono alla stessa integrità del bene e che, in quanto tali, gravano sul proprietario quale soggetto interessato alla conservazione della struttura del bene stesso.

Il problema che, a questo punto, si può porre è quello di come fare a stabilire se una determinata spesa rientri tra quelle ordinarie o tra quelle straordinarie.
In difetto di accordo tra le parti, occorre attenersi all’accertamento in fatto demandato al giudice di merito, il quale valuterà la natura dell’intervento in base alla sua entità, alla funzione dell’opera e alla causa che l’ha resa necessaria (si tratta, dunque, di un accertamento concreto, che considera se l’intervento sia volto a fronteggiare il deterioramento derivante dall’uso e dal tempo, rientrando nell’ordinaria manutenzione, oppure abbia carattere strutturale, destinato a preservare l’essenza materiale del bene).

Sempre dal testo degli artt. 1025 e 1026 c.c. risulta che il diritto di abitazione comporta per il suo titolare una serie di obblighi ulteriori di carattere generale, mutuati dalla disciplina dell’usufrutto.
In particolare, l’habitator deve comportarsi da buon padre di famiglia, conservando la sostanza del bene e rispettandone la destinazione; deve provvedere a tutte le spese di godimento corrente e sostenere gli oneri fiscali inerenti all’immobile.
Al momento della cessazione del diritto è tenuto a restituire il bene nello stato in cui lo ha ricevuto, fatta salva l’usura normale derivante dall’uso lecito (ove ciò non avvenga, risponde per equivalente e per i danni).
Il nudo proprietario rimane legittimato a eseguire sull’immobile le opere necessarie e opportune, purché non ne derivi pregiudizio ai diritti dell’habitator, sicché eventuali lavori strutturali a suo carico non possono comprimere o impedire l’esercizio del diritto di abitazione.

Chiarita per grandi linee la ripartizione delle spese, occorre adesso affrontare il secondo interrogativo, ovvero se il nudo proprietario abbia diritto di pretendere il differimento delle spese a suo carico al momento in cui entrerà in possesso dell’immobile, cioè alla cessazione del diritto di abitazione.
Nessuna norma del codice civile ammette un simile meccanismo, il quale, in effetti, risulterebbe incompatibile con la natura delle spese strutturali e straordinarie di competenza del nudo proprietario.
Le riparazioni straordinarie, infatti, devono essere eseguite quando necessarie, per garantire la conservazione del bene, e non possono essere differite senza il rischio di comprometterne l’integrità.

L’obbligo del nudo proprietario, dunque, sorge nel momento stesso in cui l’intervento diventa indispensabile e non può essere condizionato all’eventuale futura riacquisizione del godimento del bene.
Sembra evidente che il differimento pregiudicherebbe l’habitator, il cui diritto si fonda sulla disponibilità di un immobile idoneo all’uso abitativo; di conseguenza, ove siano necessari interventi straordinari, il nudo proprietario è tenuto a provvedervi tempestivamente e non può invocare la propria qualità di non possessore quale ragione per rinviare l’adempimento.

In conclusione, la disciplina codicistica e i principi desunti dalla normativa in tema di usufrutto consentono di affermare quanto segue: il titolare del diritto di abitazione sopporta tutte le spese ordinarie e quelle straordinarie rese necessarie dalla sua mancata cura del bene, mentre il nudo proprietario resta gravato dalle spese per riparazioni straordinarie in senso proprio, senza possibilità di rinviare il relativo esborso al momento in cui rientrerà nel possesso dell’immobile.