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Titolo VI - Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Della gestione di affari

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)
643 Ho conservato alla gestione d'affari i lineamenti fondamentali accolti dalla Commissione reale e coerenti al sistema del codice civile, con precisazioni opportune, sia relativamente all'oggetto della gestione, sia relativamente alla capacità di assumerla.
Ho limitato l'oggetto della gestione d'affari agli atti di ordinaria amministrazione; gli atti che eccedono il limite di essa possono compiersi in via di gestione solo quando v'è l'urgenza di evitare gravi perdite all'interessato. Al di là di questi limiti la ingerenza dell'altrui sfera patrimoniale non può ritenersi legittima.
Ho categoricamente escluso che la gestione possa essere assunta da chi è incapace di obbligarsi, perché, a mio avviso, è più consono alla tutela di lui evitarne l'ingerenza anche nell'amministrazione di terzi, data la ordinaria sua inesperienza.
L'utiliter coeptum che si esige nella gestione implica probabilità di perpetuazione dell'utilità; e questa probabilità non esiste quando agisce l'incapace, che può non avere bene apprezzato la convenienza dell'affare. Se la gestione è tuttavia assunta, e il dominus viene ad ottenere un'utilità concreta, egli risponderà sempre verso il terzo nei limiti dell'arricchimento.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)
788 La gestione di un affare altrui non può essere assunta da chi è incapace di contrattare (art. 2029 del c.c.), né può essere assunta prohibente domino (art. 2031 del c.c., secondo comma). Chi non è capace di contrattare non può ingerirsi nella sfera altrui, perché a causa della sua inesperienza potrebbe danneggiare il dominus e quindi, per la responsabilità conseguente, pregiudicare il patrimonio proprio: l'esigenza di tutelare l'incapace non ammetteva soluzione diversa alla questione, de iure condito di difficile scioglimento. Non è superfluo aggiungere che, se la gestione sia stata tuttavia assunta, il gestore può rispondere a norma degli art. 2043 del c.c. e art. 2040 del c.c.. Si dà valore giuridico alla prohibitio domini perché non sarebbe equo imporre ad una persona di tollerare l'invadenza altrui se la ritenesse priva di utilità nell'interesse proprio. A questa valutazione, se l'interesse è disponibile, deve uniformarsi anche l'attività, altrui, per evitare sovrapposizioni di volontà. Limite inderogabile all'efficacia della prohibitio può essere, ed è, la contrarietà del divieto alle norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume (art. 2031, secondo comma), che non possono essere violati nemmeno dal dominus. Limite ulteriore, non previsto espressamente ma ricavato dai principi, è l'arricchimento del dominus, che non può essere giusto per il solo fatto che la gestione è stata esercitata contrariamente alla volontà dell'interessato. In via generale peraltro è da ricordare che, in base all'art. 2032 del c.c., ogni caso che sfugge dall'ambito della gestione può rientrarvi; per effetto della ratifica del dominus.