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Articolo 42 Testo unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità

[Aggiornato al 01/01/2024]

Riposi e permessi per i figli con handicap grave

Dispositivo dell'art. 42 Testo unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità

1. Fino al compimento del terzo anno di vita del bambino con handicap in situazione di gravità e in alternativa al prolungamento del periodo di congedo parentale, si applica l’articolo 33, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, relativo alle due ore di riposo giornaliero retribuito.

2. Il diritto a fruire dei permessi di cui all'articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992 , n. 104, e successive modificazioni, è riconosciuto, in alternativa alle misure di cui al comma 1, ad entrambi i genitori, anche adottivi, del bambino con handicap in situazione di gravità, che possono fruirne alternativamente, anche in maniera continuativa nell'ambito del mese(5).

3. [Successivamente al raggiungimento della maggiore età del figlio con handicap in situazione di gravità, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre hanno diritto ai permessi di cui all’articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104. Ai sensi dell’articolo 20 della legge 8 marzo 2000, n. 53, detti permessi, fruibili anche in maniera continuativa nell’ambito del mese, spettano a condizione che sussista convivenza con il figlio o, in assenza di convivenza, che l’assistenza al figlio sia continuativa ed esclusiva.](6)

4. I riposi e i permessi, ai sensi dell’articolo 33, comma 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, possono essere cumulati con il congedo parentale ordinario e con il congedo per la malattia del figlio.

5. Il coniuge convivente di soggetto con disabilità in situazione di gravità, accertata ai sensi dell' articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha diritto a fruire del congedo di cui all' articolo 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53, entro trenta giorni dalla richiesta. Al coniuge convivente sono equiparati, ai fini della presente disposizione, la parte di un'unione civile di cui all'articolo 1, comma 20, della legge 20 maggio 2016, n. 76, e il convivente di fatto di cui all'articolo 1, comma 36, della medesima legge. In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente o della parte di un'unione civile o del convivente di fatto, hanno diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o delle sorelle conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti di uno dei fratelli o delle sorelle conviventi, ha diritto a fruire del congedo il parente o l'affine entro il terzo grado convivente. Il diritto al congedo di cui al presente comma spetta anche nel caso in cui la convivenza sia stata instaurata successivamente alla richiesta di congedo(1)(2)(3)(4)(7)(9)(10)(11).

5-bis. Il congedo fruito ai sensi del comma 5 non può superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap e nell'arco della vita lavorativa. Il congedo è accordato a condizione che la persona da assistere non sia ricoverata a tempo pieno, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del soggetto che presta assistenza. Il congedo ed i permessi di cui articolo 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992 non possono essere riconosciuti a piu' di un lavoratore per l'assistenza alla stessa persona. Per l'assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, i diritti sono riconosciuti ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente, ma negli stessi giorni l'altro genitore non può fruire dei benefici di cui all'articolo 33, commi 2 e 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e 33, comma 1, del presente decreto(8).

5-ter. Durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto a percepire un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento, e il periodo medesimo è coperto da contribuzione figurativa; l'indennità e la contribuzione figurativa spettano fino a un importo complessivo massimo di euro 43.579,06 annui per il congedo di durata annuale. Detto importo è rivalutato annualmente, a decorrere dall'anno 2011, sulla base della variazione dell'indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. L'indennità è corrisposta dal datore di lavoro secondo le modalità previste per la corresponsione dei trattamenti economici di maternità. I datori di lavoro privati, nella denuncia contributiva, detraggono l'importo dell'indennità dall'ammontare dei contributi previdenziali dovuti all'ente previdenziale competente. Per i dipendenti dei predetti datori di lavoro privati, compresi quelli per i quali non è prevista l'assicurazione per le prestazioni di maternità, l'indennità di cui al presente comma è corrisposta con le modalità di cui all'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33(8).

5-quater. I soggetti che usufruiscono dei congedi di cui al comma 5 per un periodo continuativo non superiore a sei mesi hanno diritto ad usufruire di permessi non retribuiti in misura pari al numero dei giorni di congedo ordinario che avrebbero maturato nello stesso arco di tempo lavorativo, senza riconoscimento del diritto a contribuzione figurativa(8).

5-quinquies. Il periodo di cui al comma 5 non rileva ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto. Per quanto non espressamente previsto dai commi 5, 5-bis, 5-ter e 5-quater si applicano le disposizioni dell'articolo 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53(8).

6. I riposi, i permessi e i congedi di cui al presente articolo spettano anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto.

Note

(1) Il comma 5 è stato modificato dall'art. 3, comma 2, lettere a) e b) del D. Lgs. 23 aprile 2003, n. 115 e, successivamente, dall'art. 3, comma 106 della L. 24 dicembre 2003, n. 350. Successivamente, la Corte Costituzionale con sentenza 8 - 16 giugno 2005, n. 233 (in G.U. 1ª s.s. 22/6/2005, n. 25) ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell'art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non prevede il diritto di uno dei fratelli o delle sorelle conviventi con soggetto con handicap in situazione di gravità a fruire del congedo ivi indicato, nell'ipotesi in cui i genitori siano impossibilitati a provvedere all'assistenza del figlio handicappato perché totalmente inabili".
(2) Il comma 5 è stato nuovamente modificato dall'art. 1, comma 1266 della L. 27 dicembre 2006, n. 296.
(3) La Corte costituzionale con sentenza 18 aprile - 8 maggio 2007, n. 158 (in G.U. 1ª s.s. 16/5/2007, n. 19) ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non prevede, in via prioritaria rispetto agli altri congiunti indicati dalla norma, anche per il coniuge convivente con "soggetto con handicap in situazione di gravità", il diritto a fruire del congedo ivi indicato".
(4) La Corte costituzionale con sentenza 26 - 30 gennaio 2009, n. 19 (in G.U. 1ª s.s. 4/2/2009, n. 5) ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell'art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto il figlio convivente, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave".
(5) Il comma 2 è stato modificato dall'art. 24, comma 2, lettera a) della L. 4 novembre 2010, n. 183 e, successivamente, dall'art. 4, comma 1, lettera a) del D. Lgs. 18 luglio 2011, n. 119.
(6) Il comma 3 è stato abrogato dall'art. 24, comma 2, lettera b) della L. 4 novembre 2010, n. 183.
(7) Il comma 5 è stato successivamente modificato dall'art. 4, comma 1, lettera b) del D. Lgs. 18 luglio 2011, n. 119.
(8) I commi 5-bis, 5-ter, 5-quater, 5-quinquies sono stati introdotti dall'art. 4, comma 1, lettera b) del D. Lgs. 18 luglio 2011, n. 119.
(9) La Corte Costituzionale, con sentenza 3 - 18 luglio 2013, n. 203 (in G.U. 1ª s.s. 24/7/2013, n. 30), ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell'art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto, e alle condizioni ivi stabilite, il parente o l'affine entro il terzo grado convivente, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti individuati dalla disposizione impugnata, idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave".
(10) La Corte Costituzionale, con sentenza 7 novembre - 7 dicembre 2018, n. 232 (in G.U. 1ª s.s. 12/12/2018, n. 49), ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto, e alle condizioni stabilite dalla legge, il figlio che, al momento della presentazione della richiesta del congedo, ancora non conviva con il genitore in situazione di disabilità grave, ma che tale convivenza successivamente instauri, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, del padre e della madre, anche adottivi, dei figli conviventi, dei fratelli e delle sorelle conviventi, dei parenti o affini entro il terzo grado conviventi, legittimati a richiedere il beneficio in via prioritaria secondo l'ordine determinato dalla legge".
(11) Il comma 5 è stato nuovamente modificato dall'art. 2, comma 1, lettera n) del D. Lgs. 30 giugno 2022, n. 105.

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Consulenze legali
relative all'articolo 42 Testo unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità

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R. G. chiede
venerdì 12/04/2024
“Salve,
sono l'unico familiare convivente (solo di giorno) da circa 1 anno con mia nonna (malata di Alzheimer) e usufruisco da diverso tempo dei permessi 104 ma ultimamente a causa dell'aggravarsi della malattia, sono stato costretto a chiedere il congedo straordinario come da art. 42 comma 5 D.lgs 104/92.
Ho letto diverse risposte in cui dite che è necessario dormire nella stessa abitazione o eventualmente nello stesso stabile per garantire il requisito della convivenza ma avrei bisogno di un chiarimento proprio su questo punto.
Mia Nonna, da quando è deceduto mio nonno, non accetta che qualcuno dorma in casa con lei ne di dormire in una abitazione diversa dalla sua, rendendo così impossibile il requisito della convivenza.
Vista la sentenza della Corte di Cassazione n. 29062 del 5 dicembre 2017 e vista la medesima patologia ma in assenza di fughe notturne, sarebbe possibile, prestando assistenza per l'intera giornata dalla mattina alla sera, dormire in una diversa abitazione?”
Consulenza legale i 22/04/2024
Il congedo straordinario prevede un’assistenza continuativa e a tempo pieno del disabile da parte del familiare.

Tale cura può essere garantita solo dalla coabitazione del disabile con chi se ne occupa.

L’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, stabilisce la concessione del congedo straordinario per l’assistenza a familiari con disabilità grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, fissando un ordine di priorità dei soggetti aventi diritto al beneficio che, partendo dal coniuge, degrada fino ai parenti e affini di terzo grado.
Nella determinazione di tale ordine di priorità, la normativa specifica chiaramente anche le categorie di individui, inclusi i parenti entro il terzo grado, per i quali la convivenza con il disabile costituisce un requisito fondamentale per essere considerati potenziali beneficiari del congedo in questione.

Per soddisfare il requisito della coabitazione, quindi, è richiesto che disabile e familiare che lo assiste abbiano la stessa residenza e che abitino nello stesso luogo. Per poter fruire del beneficio in linea generale è richiesto il cambio di residenza. Solo in alcuni casi specifici, poi, il cambio di residenza non è richiesto.

Non serve cambiare la residenza quando è un genitore che assiste il proprio figlio disabile. Non è inoltre richiesto quando il caregiver ed il disabile vivono allo stesso indirizzo, stessa via, stesso stabile, stesso numero civico ma interni diversi. In questo caso l’assistenza è garantita proprio dalla vicinanza delle due abitazioni.

In tutti gli altri casi è necessario spostare la propria residenza se non si convive già con il disabile. Se, però, caregiver ed invalido vivono in due comuni differenti è possibile evitare il cambio di residenza richiedendo l’iscrizione al registro temporaneo della popolazione all’ufficio anagrafe del comune del disabile: in questo modo si ottiene la dimora temporanea con l’invalido soddisfacendo il requisito della coabitazione.

L’assistenza prestata deve essere sistematica e continuativa, anche se non necessariamente deve essere prestata 24 ore su 24. Pertanto, è necessario abitare con il disabile, anche se è certamente consentito riposarsi e dormire. Andare a dormire in un'altra abitazione, invece, non è consentito, proprio perché verrebbe meno la continuità dell’assistenza per la quale si rende necessario il requisito della convivenza.

Non esiste un elenco specifico di attività ammissibili durante i permessi Legge 104: il lavoratore può utilizzare le assenze anche per riposarsi dalla fatica che l’assistenza ad una persona con grave handicap comporta, in quanto la legge non prescrive che il familiare debba rimanere a contatto con la persona da assistere. Un conto, però, è un’assenza temporanea, un conto un’assenza continua che rende impossibile accudire il disabile, e che quindi stravolge la finalità della normativa.

La giurisprudenza di legittimità, sul punto, è piuttosto severa. La Corte di Cassazione (sent. n. 8784/2015), infatti, ha riconosciuto la legittimità del licenziamento disciplinare nei confronti del lavoratore che abbia utilizzato anche solo una parte delle ore di permesso per soddisfare interessi esclusivamente personali.

Nel caso di cui alla sentenza della Corte di Cassazione n. 29062 del 5 dicembre 2017, i giudici di merito hanno accertato che il lavoratore prestava continuativa assistenza notturna alla disabile, alternandosi durante il giorno con altre persone. Pertanto, la Suprema Corte ha affermato che “L'addebito, così come contestato, è da ritenere insussistente, proprio perchè è stato smentito, secondo la ricostruzione intangibile degli stessi giudici del merito, che il figlio convivente non prestasse l'assistenza dovuta alla madre.

Nè può ritenersi che l'assistenza che legittima il beneficio del congedo straordinario possa intendersi esclusiva al punto da impedire a chi la offre di dedicare spazi temporali adeguati alle personali esigenze di vita, quali la cura dei propri interessi personali e familiari, oltre alle ordinarie necessità di riposo e di recupero delle energie psico-fisiche, sempre che risultino complessivamente salvaguardati i connotati essenziali di un intervento assistenziale che deve avere carattere permanente, continuativo e globale nella sfera individuale e di relazione del disabile.

In definitiva, pur risultando materialmente accaduto che il lavoratore si trovasse in talune giornate del giugno 2013 lontano dall'abitazione della madre ciò non è sufficiente a far ritenere sussistente il fatto contestato perchè, una volta accertato che, ferma la convivenza, questi comunque prestava continuativa assistenza notturna alla disabile, alternandosi durante il giorno con altre persone, con modalità da considerarsi compatibili con le finalità dell'intervento assistenziale, tanto svuota di rilievo disciplinare la condotta tenuta”.

Si consiglia pertanto di cercare di pernottare presso l’abitazione della nonna, se non sempre, almeno la maggior parte delle volte: il rischio è che, rientrando ogni sera presso la propria abitazione per pernottare lì, venga minato, da un lato, il requisito della convivenza, necessario per beneficiare del congedo straordinario, dall’altro dell’assistenza continuativa al disabile che verrebbe interrotta in quanto durante la notte la nonna rimarrebbe da sola.


M.U. chiede
mercoledì 03/04/2024
“Buon giorno, ho la mamma (81 anni) disabile grave (art.3 comma 3 della legge 104/92 da novembre 2020), sto già usufruendo dei permessi mensili retribuiti ma, ora, visto l'avanzare dell'età e del peggioramento del quadro clinico vorrei chiedere il congedo retribuito per 24 mesi. Sono un dipendente del settore privato (ho già chiesto ed ottenuto il consenso da parte dell'Azienda in cui lavoro ad assentarmi per 24 mesi)
Ho però qualche dubbio :
1) abito nella stessa casa (stesso indirizzo) ma fisicamente in due appartamenti diversi ( mamma al piano terra , io e famiglia al 1° piano). Devo trasferirmi fisicamente al piano terra per usufruire del permesso?
2) la mamma è coniugata ma, il papà per ovvie ragioni anagrafiche (82 anni) non riesce ad assistere la mamma pur non avendo patologie invalidanti. Posso comunque chiedere il congedo, visto che al patronato avevano qualche dubbio in merito.
3) posso chiedere il permesso subito per i complessivi 24 mesi o debbo chiederlo frazionato in più periodi ?
Grazie e cordiali Saluti

Consulenza legale i 11/04/2024
Per soddisfare il requisito della coabitazione è richiesto che disabile e familiare che lo assiste abbiano la stessa residenza e che abitino nello stesso luogo. Per poter fruire del beneficio in linea generale è richiesto il cambio di residenza. In alcuni casi specifici, però, il cambio di residenza non è richiesto.

In particolare, non è necessario quando il caregiver ed il disabile vivono allo stesso indirizzo, stessa via, stesso stabile, stesso numero civico ma interni diversi. In questo caso l’assistenza è garantita proprio dalla vicinanza delle due abitazioni.

Il comma 5 dell’articolo 42 del decreto legislativo n. 151/2001 prevede che il congedo straordinario spetti ai lavoratori dipendenti secondo un tassativo ordine di priorità.

In particolare, il figlio convivente della persona disabile in situazione di gravità ha diritto al congedo nel caso in cui il coniuge convivente o la parte dell’unione civile convivente o il convivente di fatto ed entrambi i genitori del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti.

Tale ordine non è derogabile.

Non è possibile accogliere dichiarazioni di rinuncia alla fruizione al fine di far “scattare” la legittimazione del soggetto successivo, né dare rilievo a situazioni di fatto o di diritto che non siano state esplicitamente considerate nella norma.

L’età avanzata di uno dei familiari non permette da sola lo “scorrimento” di parentela. La legge consente l’ampliamento della platea dei familiari legittimati a fruire del congedo di cui all’art. 42, comma 5, solo in presenza di una delle situazioni individuate dal medesimo decreto, comprovate da idonea documentazione medica. Ciò in quanto si ritiene che i soggetti affetti da tali patologie non siano in grado di prestare un’adeguata assistenza alla persona in condizioni di handicap grave.

In base a quanto sopra il diritto a fruire dei congedi in questione può essere goduto da un soggetto diverso dal precedente “titolare” solo in ragione delle ipotesi tassativamente indicate dal Legislatore, fra le quali rientra quella legata alla presenza di “patologie invalidanti”.

In tal senso, pertanto, l’età avanzata del titolare del diritto non costituisce di per sé un requisito sufficiente per legittimare il godimento del congedo da parte di altri soggetti titolati.

Ai fini dell’individuazione delle “patologie invalidanti”, in assenza di un’esplicita definizione di legge, bisognerà prendere a riferimento soltanto quelle, a carattere permanente, indicate dall’art. 2, comma 1, lettera d), numeri 1, 2 e 3 del Decreto Interministeriale n. 278 del 21 luglio 2000 (Regolamento recante disposizioni di attuazione dell'articolo 4 della L. 8 marzo 2000, n. 53, concernente congedi per eventi e cause particolari), che individua le ipotesi in cui è possibile accordare il congedo per gravi motivi di cui all’art. 4, comma 2, della legge n. 53 del 2000.

Nel caso di specie, il coniuge convivente del disabile è ancora in vita e, a meno che non sia affetto da patologie invalidanti, come sopra descritto, non può essere “scavalcato” da un figlio per la fruizione del congedo.

Il beneficio è frazionabile anche a giorni ma ciò non vieta di richiederlo per due anni consecutivi. Perché non siano conteggiati i giorni festivi, i sabati e le domeniche è necessaria l'effettiva ripresa del lavoro tra un periodo e l'altro di fruizione.


R. S. chiede
mercoledì 14/02/2024
“Buonasera,
sono caregiver di mia madre beneficiaria di agevolazioni da c 3, art.3 Lg 104 e convivente con mio padre, dal quale è Separata Legalmente dal giugno 2022 (con querela per maltrattamenti, presentata nel 2021- causa 'eccessi caratteriali' e atteggiamenti vessatori di lui, nonostante l'invalidità di mia madre - da pregresso
Ictus.
Esiste tuttora e ancora maggiormente (Mio padre ha ormai 87 anni) l'esigenza di 'vigilare' costantemente, sia per problemi di salute che di incompatibilità
E non accettando nessun estraneo a casa loro,mi pongono in costante stato d'ansia durante le ore di lavoro da dipendente che ancora mi occupa. Cosa potrei fare, anche usando la Sentenza di Separazione, oltre che trasferire da me, la residenza di mia madre - ormai in demenza e perciò molto fragile - per ottenere il beneficio del congedo Straordinario retribuito?
Grazie, cordiali saluti

Consulenza legale i 22/02/2024
Il congedo straordinario prevede un’assistenza continuativa e a tempo pieno del disabile da parte del familiare.

Tale cura può essere garantita solo dalla coabitazione del disabile con chi se ne occupa.

L’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, stabilisce la concessione del congedo straordinario per l’assistenza a familiari con disabilità grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, fissando un ordine di priorità dei soggetti aventi diritto al beneficio che, partendo dal coniuge, degrada fino ai parenti e affini di terzo grado.

Nella determinazione di tale ordine di priorità, la normativa specifica chiaramente anche le categorie di individui, inclusi i figli del familiare da assistere, per i quali la convivenza con il disabile costituisce un requisito fondamentale per essere considerati potenziali beneficiari del congedo in questione.

Per soddisfare il requisito della coabitazione, quindi, è richiesto che disabile e familiare che lo assiste abbiano la stessa residenza e che abitino nello stesso luogo. Per poter fruire del beneficio in linea generale è richiesto il cambio di residenza. Solo in alcuni casi specifici, poi, il cambio di residenza non è richiesto.

Non serve cambiare la residenza quando è un genitore che assiste il proprio figlio disabile. Non è inoltre richiesto quando il caregiver ed il disabile vivono allo stesso indirizzo, stessa via, stesso stabile, stesso numero civico ma interni diversi. In questo caso l’assistenza è garantita proprio dalla vicinanza delle due abitazioni.

In tutti gli altri casi è necessario spostare la propria residenza se non si convive già con il disabile. Se, però, caregiver ed invalido vivono in due comuni differenti è possibile evitare il cambio di residenza richiedendo l’iscrizione al registro temporaneo della popolazione all’ufficio anagrafe del comune del disabile: in questo modo si ottiene la dimora temporanea con l’invalido soddisfacendo il requisito della coabitazione.

L’assistenza prestata deve essere sistematica e continuativa, anche se non necessariamente deve essere prestata 24 ore su 24. Pertanto, è necessario abitare con il disabile, anche se è certamente consentito riposarsi e dormire. Andare a dormire in un'altra abitazione, invece, non è consentito, proprio perché verrebbe meno la continuità dell’assistenza per la quale si rende necessario il requisito della convivenza.

Nel caso di specie, potrebbe essere una soluzione trovare due abitazioni nello stesso stabile.


A. B. chiede
domenica 14/01/2024
“Buongiorno, dal febbraio 2022 usufruisco del congedo straordinario per assistenza della propria madre non autosufficiente di cui alla legge 104. Sarò in congedo fino al prossimo maggio 2024 (perchè sono part time). Sono andata in Comune a richiedere la dimora temporanea ma mi è stato risposto che dovevo fare il cambio residenza per poter usufruire delle agevolazioni della Legge 104. Così ho fatto il cambio residenza e il Comune mi addebita ogni anno il 50% di IMU della casa di prima abitazione dove vive mio marito con i figli perchè il 50% da me lasciato libero viene considerato seconda casa. La scorsa settimana mi sono recata in Comune all'Ufficio Imu con il Vs. parere riguardo la Legge 104 e la dimora temporanea. Il funzionario mi ha detto e ribadito che non è possibile avere la dimora temporanea ed usufruire del congedo di cui alla legge 104 e che l'IMU va pagata. Chiedo un vs. parere in merito e se posso almeno recuperare un anno di IMU già versata. In attesa di riscontro saluto cordialmente.”
Consulenza legale i 18/01/2024
I requisiti per poter usufruire del congedo straordinario sono definiti dall’articolo 42 comma 5-bis del D.Lgs.151/2001. Tra le condizioni necessarie per averne diritto, con riferimento al rapporto di parentela genitore con disabilità-figlio, è la convivenza con il soggetto in difficoltà. Come da articolo da noi pubblicato in precedenza a cui lei fa riferimento “Legge 104 e dimora temporanea, ecco il metodo per non perdere permessi e congedo, senza dover spostare la residenza”, si conferma la possibilità di richiedere il congedo straordinario senza effettuare il cambio di residenza, inoltrando al Comune in cui è residente sua madre (dove lei vive temporaneamente) la richiesta di iscrizione nei registri della popolazione temporanea. Questo è anche confermato dalla Circolare INPS n.159 del 15.11.2013 dove, nell’elencare i requisiti soggettivi per il riconoscimento del congedo straordinario, viene ribadito il concetto di convivenza specificando che “il requisito della “convivenza” sarà accertato d’ufficio previa indicazione da parte dell’interessato degli elementi indispensabili per il reperimento dei dati inerenti la residenza anagrafica, ovvero l’eventuale dimora temporanea (vedi iscrizione nello schedario della popolazione temporanea di cui all’art.32 D.P.R. n. 223/89), ove diversa dalla dimora abituale (residenza) del dipendente o del disabile.” In questo caso si ricorda che il diritto al congedo spetta per solo 1 anno, contro i 2 anni massimi ordinari.
Ai fini Imu si ricorda che è soggetto passivo il proprietario dell’immobile o il titolare di altri diritti reali di godimento. Sono esenti dall’imposizione le abitazioni principali e le relative pertinenze, purchè non accatastate nelle categorie A/1, A/8 e A/9, a condizione che si sia residenti nell’immobile. Ai sensi dell’art.1 comma 741 della L.160/2019 viene definita abitazione principale ai fini Imu come "l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente".
Avendo proceduto al trasferimento di residenza in altro immobile, l’Imu è dovuta fintanto che non sposterà nuovamente la sua residenza nell’abitazione che ha in comproprietà con suo marito.

M. G. chiede
giovedì 11/01/2024
“Buongiorno, sono un dirigente medico ospedaliero a tempo indeterminato e a rapporto esclusivo; a causa dell' aggravamento delle condizioni di salute di mia madre ho intenzione di richiedere a partire dal 16 di febbraio tre mesi di congedo straordinario retribuito ai sensi della legge 104 comma 3 art 3. Attualmente ho un contratto di docenza con l' università per 15 ore(tenute al di fuori dell' orario di servizio come previsto dalla legge) (ultima lezione da me tenuta sarà in data 6 febbraio); poichè in data 27 febbraio e 5 marzo sono previste le date d' esame di scrutinio degli studenti alle quali dovrò presiedere in qualità di docente della commissione d' esame; la mia domanda è posso farlo? Devo astenermi e rinunciare all' incarico? Posso farlo di pomeriggio (al di fuori dell' orario di servizio)?. Preciso che il mio orario di lavoro è 8-15:36 dal lunedì al venerdì e l' università mi pagherà solo le 15 ore di lezione effettuate. In attesa di Vs riscontro cordiali saluti.”
Consulenza legale i 20/01/2024
L’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nello stabilire la concessione del congedo straordinario per l’assistenza a familiari con disabilità grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, fa riferimento all’art. 4, c. 2, legge n. 53/2000.
Secondo tale norma, durante la fruizione del congedo, il dipendente “non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa”.
Pertanto, stando alla lettera della legge non è possibile presenziare agli esami per l’Università.


A. D. F. chiede
lunedì 20/11/2023
“Gentilissimi,
ho due genitori disabili che ho dovuto trasferire dall’Abruzzo per gravi motivi di salute, essendo noi figlie residenti in Emilia-Romagna. La situazione è molto grave. Dopo due anni, avrei quindi la necessità di richiedere periodi di congedo ex legge 104 (a giorni o a mesi).
Per chiedere il permesso 104, però, ho necessità di chiedere quantomeno una residenza temporanea con mia madre, attualmente residente in comune diverso dal mio.
Con la residenza temporanea potrò poi avere il permesso straordinario ex legge 104.
Il mio preciso quesito, quindi, è capire esattamente quali siano i limiti che comportano sia la residenza temporanea che il permesso straordinario ex 104 (non i 3 giorni) quale caregiver.
In particolare, dovendo cercare casa per loro costantemente (essendo qui a Bologna un periodo molto difficile da questo punto di vista, per cui lo sto facendo incessantemente, essendo la mancanza di una loro casa una condizione da superare urgentissimamente) e ho quindi bisogno di andare ad appuntamenti a Bologna (quindi lontana da loro) Essendo poi convivente, vorrei poter dormire a casa mia.
Senza spiegarvi troppo in dettaglio la situazione - e se non trovassi casa qui -, quando avrò il permesso 104 potrei aver necessità di spostarmi (forse a volte anche di regione) oltre alla esigenza di fare ferie o riposarmi. Anche per questo congedo chiedo quali siano i limiti (quelli di massima già li conosco).

Grazie mille”
Consulenza legale i 01/12/2023
Il congedo straordinario prevede un’assistenza continuativa e a tempo pieno del disabile da parte del familiare. Tale cura può essere garantita solo dalla coabitazione del disabile con chi se ne occupa.

L’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, stabilisce la concessione del congedo straordinario per l’assistenza a familiari con disabilità grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, fissando un ordine di priorità dei soggetti aventi diritto al beneficio che, partendo dal coniuge, degrada fino ai parenti e affini di terzo grado.

Nella determinazione di tale ordine di priorità, la normativa specifica chiaramente anche le categorie di individui, inclusi i figli del familiare da assistere, per i quali la convivenza con il disabile costituisce un requisito fondamentale per essere considerati potenziali beneficiari del congedo in questione.

Per soddisfare il requisito della coabitazione, quindi, è richiesto che disabile e familiare che lo assiste abbiano la stessa residenza e che abitino nello stesso luogo. Per poter fruire del beneficio in linea generale è richiesto il cambio di residenza. Solo in alcuni casi specifici, poi, il cambio di residenza non è richiesto.

Non serve cambiare la residenza quando è un genitore che assiste il proprio figlio disabile. Non è inoltre richiesto quando il caregiver ed il disabile vivono allo stesso indirizzo, stessa via, stesso stabile, stesso numero civico ma interni diversi. In questo caso l’assistenza è garantita proprio dalla vicinanza delle due abitazioni.

In tutti gli altri casi è necessario spostare la propria residenza se non si convive già con il disabile. Se, però, caregiver ed invalido vivono in due comuni differenti è possibile evitare il cambio di residenza richiedendo l’iscrizione al registro temporaneo della popolazione all’ufficio anagrafe del comune del disabile: in questo modo si ottiene la dimora temporanea con l’invalido soddisfacendo il requisito della coabitazione.

L’assistenza prestata deve essere sistematica e continuativa, anche se non necessariamente deve essere prestata 24 ore su 24. Pertanto, è necessario abitare con il disabile, anche se è certamente consentito riposarsi e dormire. Andare a dormire in un'altra abitazione, invece, non è consentito, proprio perché verrebbe meno la continuità dell’assistenza per la quale si rende necessario il requisito della convivenza.

Nel caso di specie, per mantenere la convivenza, potrebbe essere una soluzione trovare due abitazioni nello stesso stabile.

Abbandonare il disabile, o lasciarlo comunque in mani altrui, per andare in ferie, non è certamente un comportamento conforme alle finalità della normativa.

Anzi, partire per una vacanza utilizzando il congedo straordinario Legge 104 è considerato una vera e propria truffa aggravata: le assenze per congedo straordinario, infatti, sono retribuite dall’Inps, quindi dalla collettività, che sopporta questi costi per garantire l’assistenza ai disabili gravi, non per far godere al lavoratore delle giornate libere in più oltre alle ferie.

Le cose cambiano se, invece, è il disabile che deve essere accompagnato in vacanza.

In tal caso bisogna tener conto che la finalità dei permessi e del congedo retribuito è quella di assicurare l’assistenza del disabile, e che il lavoratore che accompagna il disabile in vacanza dovrebbe comunque continuare ad assisterlo.

Pertanto, durante il congedo è possibile andare in vacanza soltanto per accompagnarvi il disabile.

È comunque necessario assicurare un’assistenza continuativa ed effettiva al familiare disabile, anche in vacanza: non sarebbe corretto, ad esempio, partire col familiare portatore di handicap, per poi delegare la sua assistenza a terzi.

Non esiste un elenco specifico di attività ammissibili durante i permessi Legge 104: il lavoratore può utilizzare le assenze anche per riposarsi dalla fatica che l’assistenza ad una persona con grave handicap comporta, in quanto la legge non prescrive che il familiare debba rimanere a contatto con la persona da assistere. Un conto, però, è un’assenza temporanea, un conto un’assenza continua che rende impossibile accudire il disabile, e che quindi stravolge la finalità della normativa.

L’assistenza non consiste soltanto nell’accudire fisicamente la persona, ma può esplicitarsi anche in attività che sono di aiuto o di supporto al disabile.

Nel caso di specie, pertanto, recarsi a Bologna per gli appuntamenti relativi alla ricerca della casa potrebbe essere considerata un’attività di supporto al disabile e, quindi, potrebbe essere considerato lecito l’allontanamento temporaneo dal disabile. Tuttavia, l’assenza dovrebbe essere strettamente limitata al tempo necessario all’appuntamento e non prolungarsi oltre, approfittando dello spostamento per svolgere altre attività. La Corte di Cassazione (sentenza n. 8784/2015), infatti, ha riconosciuto la legittimità del licenziamento disciplinare nei confronti del lavoratore che abbia utilizzato anche solo una parte delle ore di permesso per soddisfare interessi esclusivamente personali.

Allo stesso modo è consentito allontanarsi dall’abitazione del disabile per commissioni legate all’assistenza del disabile: per esempio, fare la spesa e/o acquistare medicinali per il disabile.
Il Ministero del Lavoro, nell’Interpello n. 30/2010 ha affermato che “l’assistenza si può sostanziare in attività collaterali ed ausiliarie rispetto al concreto svolgimento dell’attività lavorativa da parte del disabile, quali l’accompagnamento da e verso il luogo di lavoro, ovvero attività di assistenza che non necessariamente richiede la presenza del disabile, ma che risulta di supporto per il medesimo (ad esempio prenotazione e ritiro di esami clinici)”.

La Corte di Cassazione ha però sottolineato che “il comportamento del lavoratore subordinato che si avvalga dei permessi di cui all’art. 33, L. n. 104 del 1992 non per l’assistenza al familiare, bensì per attendere ad altra attività, integra l’ipotesi di abuso di diritto, giacché tale condotta si palesa nei confronti del datore di lavoro come lesiva della buona fede, privandolo ingiustamente della prestazione lavorativa in violazione dell’affidamento riposto nel dipendete ed integra, nei confronti dell’Ente di previdenza erogatore del trattamento economico, un’indebita percezione dell’indennità ed uno sviamento dell’intervento assistenziale” (Corte di Cassazione, sentenza n. 23891/2018).

Si tenga anche conto che il beneficio è frazionabile a giorni.

Affinché non siano conteggiati i giorni festivi, i sabati e le domeniche è necessaria l'effettiva ripresa del lavoro tra un periodo e l'altro di fruizione.

L'effettiva ripresa del lavoro non è rinvenibile né nel caso di domanda di fruizione del congedo dal lunedì al venerdì (in caso di settimana corta) senza ripresa del lavoro il lunedì della settimana successiva a quella di fruizione del congedo, né nel caso di fruizione di ferie. Non si conteggiano le giornate di ferie, la malattia, le festività e i sabati che cadono tra il periodo di congedo straordinario e la ripresa del lavoro.

Si tenga conto, tuttavia, che ai sensi del comma 5-quinquies dell’art. 42 cit., “Il periodo di cui al comma 5 non rileva ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto”.
Pertanto, sarà possibile fruire delle ferie maturate, richiedendole al datore di lavoro, e queste non verranno conteggiate nel periodo di congedo straordinario. Tuttavia, durante il congedo non verranno maturate ulteriori giornate di ferie.



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