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Pornografia minorile: non commette reato chi detiene e cede un autoscatto di un minore

Pornografia minorile: non commette reato chi detiene e cede un autoscatto di un minore
Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 600 ter c.p. è necessario che l’autore della condotta sia soggetto altro e diverso rispetto al minore rappresentato nel materiale pornografico.
La Corte di Cassazione penale, con la sentenza n. 11675 del 21 marzo 2016, ha fornito alcune interessanti precisazioni circa la configurabilità del reato di “pornografia minorile”, di cui all’art. 600 ter ter cod. pen.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, il Tribunale per i minorenni dell’Abruzzo aveva dichiarato di non doversi procedere penalmente nei confronti di alcuni imputati, che erano stati accusati, appunto, del reato di cui sopra.

Nello specifico, gli imputati erano stati indagati per questi reati in quanto avevano ceduto ad altri e detenuto delle fotografie pornografiche raffiguranti una minore.

Secondo il Tribunale, tuttavia, non poteva ritenersi integrato il reato di “pornografia minorile”, in quanto l’art. 600 ter cod. pen. punisce sì la cessione del materiale pornografico ma solo quando il materiale stesso sia stato realizzato da un soggetto diverso dal minore raffigurato.

Nel caso di specie, invece, il Tribunale aveva osservato che le immagini in questione erano state realizzate mediante un autoscatto della minore, che si era fatta la foto “di propria iniziativa e senza l’intervento di alcuno, e dalla stessa volontariamente cedute ad altri (e, da questi, ad altri ancora)”.

Ritenendo la decisione ingiusta, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di L’Aquila decideva di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza resa dal Tribunale per i minorenni.

Evidenziava il Procuratore ricorrente, in particolare, che l’art. 600 ter, nei commi successivi al primo, faceva riferimento semplicemente a “materiale pornografico riproducente minori”, senza far riferimento al fatto che il materiale stesso sia stato realizzato da soggetti diversi dal minore in questione.

Osservava il Procuratore, inoltre, che, interpretando la norma come aveva fatto il Tribunale, si veniva a creare un pericoloso “vuoto di tutela” per le ipotesi simili a quella in esame.

La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione al Procuratore della Repubblica, rigettando il relativo ricorso, in quanto infondato.

Rilevava la Cassazione, in particolare, che, come precisato dal Tribunale per i minorenni nella sentenza impugnata, presupposto fondamentale per la configurabilità del reato di “pornografia minorile” è che “l’autore della condotta sia soggetto altro e diverso rispetto al minore da lui (…) utilizzato, indipendentemente dal fine – di lucro o meno - che lo anima e dall’eventuale consenso, del tutto irrilevante, che il minore stesso possa aver prestato all’altrui produzione del materiale o realizzazione degli spettacoli pornografici”.

Tale presupposto, quindi, non sussiste quando il materiale in questione sia stato realizzato dallo stesso minore, “in modo autonomo, consapevole, non indotto o costretto”, con la conseguenza che, in quest’ultimo caso, non potrebbe dirsi configurata la fattispecie di cui all’art. 600 ter.

Ciò considerato, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica, confermando integralmente la sentenza resa dal Tribunale per i minorenni.


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