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La linea di confine tra il delitto di estorsione e quello di violenza privata

La linea di confine tra il delitto di estorsione e quello di violenza privata
L'ingiusto profitto, con l'altrui danno, è elemento che differenzia il delitto di estorsione rispetto a quello di violenza privata.
Attraverso la sentenza n. 27475 del 23 giugno 2022 (depositata in data 15 luglio 2022), la II sezione penale della Corte di Cassazione ha chiarito il discrimen sussistente tra la fattispecie di estorsione, ex art. 629 del c.p., e quella di violenza privata, ex art. 610 del c.p..
Sussiste il più grave delitto di estorsione, e non quello meno grave di violenza privata, nel caso in cui la condotta del soggetto agente, attuata con violenza e/o minaccia, sia diretta a procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, con l'altrui danno.

Al fine di comprendere la pronunzia in esame, è necessaria una premessa circa la natura giuridica delle fattispecie di reato in esame.

Le condotte di estorsione e violenza privata tutelano distinti beni giuridici: in particolare, il delitto di violenza privata è posto a tutela della libertà morale della persona offesa; il delitto di estorsione, invece, tutela il patrimonio della persona offesa. Parte della dottrina, tuttavia, qualifica la fattispecie di estorsione come plurioffensiva, essendo tutelato, oltre che al bene del patrimonio, anche quello della incolumità personale della persona offesa (essendo che il soggetto passivo subisce una condotta violenta e/o minacciosa da parte del soggetto agente, il quale mira al profitto ingiusto).

La fattispecie di estorsione è un reato comune, di evento, a forma vincolata. Al fine del suo perfezionamento, è necessario "non già l'esercizio di una generica pressione alla persuasione o la formulazione di proposte esose o ingiustificate, ma il ricorso a modalità tali da forzare la controparte a scelte in qualche modo obbligate, facendo sì che non le venga lasciata alcuna ragionevole alternativa tra il soggiacere alle altrui pretese o il subire, altrimenti, un pregiudizio diretto e immediato" (Cass. pen., sez. II, 28 ottobre 2021, n. 47100). A tal riguardo, la condotta violenta e/o minacciosa può essere finalizzata a procurare un ingiusto profitto non solo avente rilevanza economica o patrimoniale, bensì anche non patrimoniale (Cass. pen., sez. VI, 5 novembre 2014, n. 53429).

Anche la fattispecie di violenza privata è da qualificarsi in egual modo (reato comune, di evento, ovvero a forma vincolata): tuttavia, in quest'ultima manca l'intenzione dell' agente di perfezionare un profitto ingiusto, con il danno della persona offesa.
Pertanto, le condotte meramente violente e/o minacciose, finalizzate ad costringere la persona offesa a fare, tollerare, ovvero omettere qualche cosa, ma tuttavia prive della finalità del soggetto agente di ottenere un maggior profitto, con altrui danno, sono punite a titolo di violenza privata.

A regolare i rapporti tra le due disposizioni normative non vi è una clausola di sussidiarietà espressa; tuttavia, si desume un rapporto di specialità unilaterale a favore del delitto di estorsione, il quale, in qualità di fattispecie più grave, assorbe le condotte sussumibili nella meno grave fattispecie di violenza privata.

Nel caso di specie, gli imputati, al fine di impedire lo svolgimento di una attività di mercato, avevano utilizzato violenza e minaccia avverso i commercianti della zona, i quali erano stati costretti a chiudere le loro attività commerciali. E' stato, pertanto, riconosciuta dalla Corte di Cassazione la fattispecie più grave di estorsione, in luogo di quella della violenza privata.


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