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Lavoro, quanti giorni di malattia si possono fare in un anno? Come si conteggiano e cosa fare per non essere licenziati

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Lavoro, quanti giorni di malattia si possono fare in un anno? Come si conteggiano e cosa fare per non essere licenziati
Quanti giorni di malattia si possono prendere al lavoro in un anno? Cosa dice la legge
Come dice un vecchio proverbio, le malattie vengono a cavallo e se ne vanno a piedi. Può succedere che un lavoratore si ammali e può anche accadere che lui non torni al lavoro per molti giorni. Una situazione che, quando si protrae per molto tempo, può creare disagi e mettere a dura prova la pazienza del datore.

Allora, bisogna rispondere ad una domanda fondamentale: c’è un numero massimo di giorni di malattia che il lavoratore può fare in un anno? La risposta è sì.

Se sei curioso di sapere quanti giorni di malattia si possono fare in 12 mesi, allora continua a leggere questo articolo.

In linea generale, la legge vigente stabilisce un massimo di 180 giorni di malattia retribuiti nell’arco di un anno.
Però, sempre a favore del lavoratore, il contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) o le disposizioni aziendali possono prevedere una diversa durata massima della malattia.

Cerchiamo ora di capire come il lavoratore può usufruire dei giorni di malattia.

Partiamo dall’ovvio. È necessario il certificato medico. Il dipendente deve presentare un certificato medico entro i successivi tre giorni lavorativi dal giorno di assenza.
Il medico curante deve rilasciare il certificato con cui conferma che il lavoratore deve assentarsi per motivi di salute.

Peraltro, il dipendente deve seguire le procedure interne dell’azienda per presentare il certificato medico e per comunicare la propria assenza (ad esempio, trasmettere il certificato tramite email o comunicare telefonicamente l’assenza).

E cosa succede se il lavoratore non rispetta queste regole? Ci potrebbero essere sanzioni disciplinari, fino ad arrivare al licenziamento per giusta causa.

Finora abbiamo visto i doveri del dipendente nel caso di malattia, ma ora cerchiamo di capire se il lavoratore malato ha anche dei diritti.

Fino a quando il lavoratore rientra nel numero massimo di giorni di malattia, egli ha una serie di diritti.

Innanzitutto, il dipendente malato ha il diritto alla retribuzione durante i giorni di malattia, secondo quanto previsto dalla legge o dal CCNL.
I primi tre giorni di malattia sono a carico del datore di lavoro (c.d. periodo di carenza). Poi, dal quarto giorno in poi, entra in gioco l’INPS che paga una quota dello stipendio, mentre la restante parte viene comunque versata dal datore fino a raggiungere l’intera retribuzione spettante al lavoratore.
Ecco perché è importante che il certificato medico sia trasmesso non solo al datore, ma anche all’INPS.

Ancora, durante il periodo di malattia, il dipendente ha diritto a mantenere il posto di lavoro.

Peraltro, deve essere favorito il rientro del lavoratore in azienda. Il datore deve cercare di facilitare il ritorno al lavoro, salvaguardando la salute del dipendente. Ad esempio, su consiglio del medico aziendale, il datore potrebbe assegnare al lavoratore mansioni più leggere e compatibili con il suo stato di salute, a parità di retribuzione.

Certo, poi se si tira troppo la corda, questa si spezza. E, infatti, le cose cambiano quando il lavoratore supera i giorni massimi di malattia. Vediamo perché.

Una prima conseguenza potrebbe essere una riduzione dello stipendio. Il lavoratore potrebbe ricevere uno stipendio ridotto o non ricevere alcunché per i giorni di malattia non retribuiti.
Ancora, il dipendente potrebbe perdere giorni di ferie e di permesso.
Nei casi più gravi, ci potrebbe addirittura essere il licenziamento per il lavoratore eccessivamente cagionevole.

Queste sono le misure più adatte che datore di lavoro e dipendente ammalato possono rispettivamente seguire per tutelare le proprie posizioni.


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