Cassazione penale Sez. I sentenza n. 6753 del 13 gennaio 1998

(9 massime)

(massima n. 1)

Affinché il giudice di appello possa procedere alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale è necessario che la relativa richiesta sia avanzata nelle forme di cui all'art. 603, primo comma, c.p.p. e che il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti. Tale ultimo giudizio non è censurabile in cassazione se sorretto da motivazione adeguata. (Nella specie è stata ritenuta corretta la valutazione della corte di merito che aveva motivato il rigetto della richiesta, in parte, con la tardività delle deduzioni istruttorie e, in parte, con la completezza dell'istruttoria già svolta in primo grado).

(massima n. 2)

Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 640 bis c.p. (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche), debbono considerarsi tra le “erogazioni pubbliche” anche le prestazioni economiche elargite dall'Inps nel caso di disoccupazione involontaria. (Nella specie, relativa a risoluzione di un conflitto di competenza, le prestazioni in questione erano state ottenute, secondo la prospettazione accusatoria, facendo fittiziamente figurare, da parte del datore di lavoro, l'avvenuta messa in cassa integrazione di alcuni dipendenti).

(massima n. 3)

In caso di discordanza tra il dispositivo letto in udienza e il contenuto della motivazione della sentenza successivamente depositata, deve prevalere il primo, che costituisce il mezzo con il quale è immediatamente estrinsecata la volontà del giudice. È ammissibile, in tale caso, il procedimento di correzione di errori materiali per l'adeguamento della motivazione al dispositivo.

(massima n. 4)

Integra gli estremi del reato di peculato la appropriazione di attrezzature per ufficio di proprietà dell'ente pubblico da parte del pubblico ufficiale, dipendente dello stesso, per la loro utilizzazione negli uffici di una società privata (agenzia di viaggi) della quale egli sia socio. (Nella specie trattavasi di funzionario del Sisde avente la qualifica di direttore del reparto logistico dell'ente).

(massima n. 5)

L'imputato che in sede di appello lamenti che nel giudizio di primo grado, in violazione della norma dell'art. 197, lettere a) e b), c.p.p., sono stati escussi testimoni che rivestivano la qualità di imputati in un procedimento connesso e chieda la rinnovazione del dibattimento ai sensi dell'art. 603 c.p.p. per l'acquisizione degli atti relativi a tale procedimento, ha l'onere di specificare quali siano le imputazioni in concreto sollevate in quel procedimento, non essendo in grado il giudice, in caso contrario, per la genericità della richiesta, di vagliare la rilevanza delle nuove prove, giacché l'art. 603, comma primo, c.p.p. implica il riferimento all'art. 495, comma primo, c.p.p. e, attraverso tale norma, all'art. 190, comma primo, dello stesso codice.

(massima n. 6)

La verifica dell'osservanza del principio di correlazione tra contestazione e sentenza deve essere condotta in funzione della salvaguardia del diritto di difesa dell'imputato cui il principio stesso è ispirato. Ne consegue che la sua violazione è ravvisabile soltanto qualora la fattispecie concreta - che realizza l'ipotesi astratta prevista dal legislatore e che è esposta nel capo di imputazione - venga mutata nei suoi elementi essenziali, in modo tanto determinante da provocare uno stravolgimento dell'originaria contestazione, onde emerga dagli atti che su di essa l'imputato non ha avuto modo di difendersi. (Fattispecie in tema di peculato, nella quale la Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito i quali, fermo il riconoscimento dell'appropriazione di pubblico denaro da parte degli agenti, avevano accertato che solo le modalità di detta appropriazione erano diverse da quelle descritte nell'imputazione).

(massima n. 7)

Non è ravvisabile violazione del principio di specialità, di cui all'art. 14 della Convenzione europea di estradizione, approvata con legge 30 gennaio 1963, n. 300, quando il giudice attribuisca, con la sentenza, ai fatti per i quali l'estradizione sia stata concessa, una diversa qualificazione giuridica rispetto a quella del provvedimento di estradizione, quando l'accadimento storico, così come contemplato in detto provvedimento, risulti nei suoi elementi costitutivi corrispondente ai fatti per i quali è intervenuta condanna, sia pure in parte specificati secondo modalità della condotta che non incidono sulla sostanza della contestazione, in quanto solo il fatto diverso è riconducibile entro l'ambito operativo della clausola di specialità.

(massima n. 8)

Per la configurabilità del delitto di ricettazione è necessaria la consapevolezza della provenienza illecita del bene ricevuto, senza che sia indispensabile che tale consapevolezza si estenda alla precisa e completa conoscenza delle circostanze di tempo, di modo e di luogo del reato presupposto, potendo anche essere desunta da prove indirette, purché gravi, univoche e tali da generare in qualsiasi persona di media levatura intellettuale, e secondo la comune esperienza, la certezza della provenienza illecita di quanto ricevuto.

(massima n. 9)

Può farsi ricorso al procedimento di correzione degli errori materiali di cui all'art. 130 c.p.p. quando l'intervento correttivo sia imposto dalla necessità di armonizzare l'estrinsecazione formale della decisione con il suo reale e intangibile contenuto, perché in tal caso la correzione è incapace di incidere sulla decisione assunta, e non si risolve in una modifica essenziale o nella sostituzione di una decisione già presa. (Nella specie, la Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito che avevano ritenuto praticabile la correzione dell'errore materiale che si riferiva ai singoli elementi del calcolo che avevano portato alla determinazione della pena, laddove sia nel dispositivo sia nella motivazione la pena detentiva era indicata nella stessa misura).

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