Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 5502 del 4 giugno 1996

(5 massime)

(massima n. 1)

Ai fini della configurabilità del delitto di peculato il possesso del denaro della pubblica amministrazione può essere anche mediato e far capo congiuntamente a più pubblici ufficiali qualora le norme interne dell'ente pubblico prevedano che l'atto dispositivo sia posto in essere con il concorso di più organi. (Nell'affermare il principio di cui in massima la Corte ha rilevato come quello indicato sia il meccanismo corrente nella formazione dei titoli di spesa e ha concluso che può essere chiamato a rispondere di peculato chi sottoscrive lo stato di avanzamento dei lavori poiché è sulla base di questo documento che viene emesso il titolo di spesa relativo al pagamento della rata di acconto dei lavori eseguiti).

(massima n. 2)

È consentito omettere, per ragioni di cautela processuale, la indicazione dei nominativi dei collaboranti, fonti di dichiarazioni accusatorie, sia nelle ordinanze cautelari sia nelle copie degli atti che, a seguito di eventuale richiesta di riesame, devono essere trasmessi al tribunale ai sensi dell'art. 309, quinto comma, c.p.p., e che restano depositati in cancelleria, ai sensi del successivo ottavo comma, fino al giorno dell'udienza, giacché altrimenti si toglierebbe di fatto ogni significato alla cautela originariamente osservata.

(massima n. 3)

Il reato di frode in pubbliche forniture è caratterizzato dal dolo generico e cioè dalla coscienza e volontà di consegnare cose diverse da quelle pattuite. Non sono necessari perciò specifici raggiri né che i vizi della cosa consegnata siano occulti, ma è sufficiente la malafede nella esecuzione del contratto. (Nell'affermare il principio di cui in massima la Corte ha precisato che l'imputato non poteva far valere a propria giustificazione il fatto che, in relazione alla specifica situazione di emergenza conseguente ad eventi sismici, il ministro competente avesse introdotto deroghe temporanee alla «invariabilità» dei beni da fornire senza preventivo assenso della committenza per la consegna di prefabbricati leggeri, una volta accertato che sarebbe stato facile reperire materiale corrispondente a quello ordinato).

(massima n. 4)

Il rinvio in prosecuzione del processo ad altra udienza non comporta l'obbligo di notificare all'imputato ritualmente citato e non comparso il relativo avviso essendo egli rappresentato in giudizio dal suo difensore. Tale principio desumibile dagli artt. 148 comma 5 e 477 comma 3 c.p.p. è fissato per il dibattimento dagli artt. 487 e 488 comma 2, ma è di portata generale e si applica anche al giudizio di impugnazione avverso una sentenza pronunciata in primo grado con rito abbreviato ai sensi dell'art. 247 delle disposizioni transitorie.

(massima n. 5)

L'art. 291, primo comma, c.p.p., nel testo modificato dalla legge 8 agosto 1995, n. 332, deve essere interpretato nel senso che fra gli atti che il pubblico ministero ha l'obbligo di presentare al giudice con la richiesta di emissione della misura cautelare sono compresi, in quanto potenziali «elementi a favore dell'imputato», le dichiarazioni dei collaboranti, nessuna esclusa, anche se non apparentemente «a favore» dell'imputato medesimo: spetta infatti a quest'ultimo stabilire quali siano gli elementi che debbono essere utilizzati per sostenere la sua innocenza, ben potendo una chiamata di correo risultare favorevole alla tesi difensiva (perché, ad esempio, in palese contrasto con le dichiarazioni di altro collaboratore di giustizia).

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