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Articolo 2423 bis Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 07/03/2024]

Principi di redazione del bilancio

Dispositivo dell'art. 2423 bis Codice Civile

Nella redazione del bilancio devono essere osservati i seguenti principi:

  1. 1) la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell'attività;
  2. 1-bis) la rilevazione e la presentazione delle voci è effettuata tenendo conto della sostanza dell'operazione o del contratto(1);
  3. 2) si possono indicare esclusivamente gli utili realizzati alla data di chiusura dell'esercizio;
  4. 3) si deve tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell'esercizio, indipendentemente dalla data dell'incasso o del pagamento;
  5. 4) si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell'esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di questo;
  6. 5) gli elementi eterogenei ricompresi nelle singole voci devono essere valutati separatamente;
  7. 6) i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all'altro.

Deroghe al principio enunciato nel numero 6) del comma precedente sono consentite in casi eccezionali. La nota integrativa deve motivare la deroga e indicarne l'influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico.

Note

(1) Numero inserito dall'art. 6 comma 3 lett. b) D. lgs. 18 agosto 2015 n. 139.

Ratio Legis

La norma indica i principi fondamentali che il redattore del bilancio deve tenere presenti e che integrano i principi generali di chiarezza e di rappresentazione in modo veritiero e corretto contenuti nell'art. 2423.

Spiegazione dell'art. 2423 bis Codice Civile

La norma afferma in modo espresso taluni principi che erano già considerati esistenti nell'ordinamento.
Il principio della valutazione nella prospettiva della continuazione dell'attività sta ad indicare che il bilancio di esercizio è il bilancio di un'impresa funzionante, quindi non in liquidazione (dovendosi, in tale ultimo caso, seguire i criteri del bilancio di liquidazione).
Il principio della prudenza si estrinseca nella regola secondo la quale i profitti non realizzati non devono essere contabilizzati, mentre tutte le perdite, anche se non definitivamente realizzate, devono essere iscritte in bilancio.
Il principio di realizzazione in base al quale si possono indicare esclusivamente gli utili realizzati alla data di chiusura dell'esercizio;
Il principio di competenza implica che l'effetto delle operazioni e degli altri eventi deve essere rilevato contabilmente ed attribuito all'esercizio al quale tali operazioni ed eventi si riferiscono e non a quello in cui si concretizzano i relativi movimenti (incassi e pagamenti).
La continuità di applicazione dei criteri di valutazione nel tempo è uno dei cardini della determinazione dei risultati ed è una condizione essenziale sella comparabilità dei bilanci.

Relazione al D.Lgs. 6/2003

(Relazione illustrativa del decreto legislativo recante: "Riforma organica della disciplina delle societā di capitali e societā cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366.")

8 L'art. 6 della legge delega n. 366 prevede la revisione della disciplina del bilancio per alcune importanti operazioni quali, per esempio, la locazione finanziaria, i pronti contro termine e gli strumenti finanziari derivati. Queste operazioni sono attualmente contabilizzate secondo gli aspetti formali dei contratti sottostanti. La moderna dottrina aziendalistica e la prassi internazionale, cui spesso fa riferimento la relazione accompagnatoria alla legge delega, prevedono invece che la rappresentazione in bilancio di queste operazioni (e in generale di tutti gli accadimenti economici) sia effettuata secondo la realtà economica sottostante agli aspetti formali. Si è pertanto previsto di introdurre nel codice civile una disposizione di carattere generale, già presente nel D. Lgs. n.87 del 1992 che disciplina i bilanci bancari, secondo cui il bilancio è redatto privilegiando, ove possibile, la rappresentazione della sostanza sulla forma. All'uopo è stato inserito un nuovo comma all'art. 2423-bis del codice. Inoltre, alcune operazioni di carattere finanziario possono comportare effetti compensativi di segno opposto sia per quanto riguarda gli aspetti patrimoniali sia per quelli economici. In questi casi, essendo la compensazione un elemento intrinseco dell'operazione, non si deve applicare il divieto di compensazione di partite. Tale divieto, previsto dal 6° comma dell'art. 2423-ter, è formulato in via assoluta.
8 È stata data attuazione al primo comma dell'art. 6 della legge delega, disponendo, attraverso l'eliminazione di qualsiasi riferimento a norme tributarie, che i rendiconti economici e patrimoniali siano redatti in ottemperanza delle disposizioni del codice civile in quanto uniche disposizioni in materia. Nonostante ciò non è stato mutato in alcun modo il principio cardine introdotto con la riforma introdotta nel d.P.R. n. 597 del 1973, secondo il quale l'imponibile fiscale è determinato prendendo a base il risultato di esercizio risultante dal bilancio civilistico ed apportando al medesimo le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all'applicazione dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni dell'attuale testo unico. La separazione è stata ottenuta disponendo la predisposizione e la presentazione, con la dichiarazione dei redditi, di un apposito prospetto dal quale risultino: a) le variazioni in più o in meno apportate al reddito determinato secondo le disposizioni civilistiche per giungere alla determinazione dell'imponibile fiscale b) i valori delle voci patrimoniali riconosciute ai fini fiscali, se diversi da quelli indicati nel bilancio. In questo modo ogni variazione apportata all'utile civilistico per giungere all'imponibile fiscale non tocca in alcun modo il bilancio e di conseguenza non ne influenza il risultato. Nell'art. 2426 del c.c. è stata soppressa la previsione che consentiva di effettuare rettifiche di valore esclusivamente in applicazione di norme tributarie; peraltro l'art. 43 c. 1 punto 10 della IV Direttiva prescrive che la nota integrativa deve contenere la proporzione in cui il calcolo dell'utile o della perdita di esercizio è stato influenzato da una valutazione effettuata in deroga alle regole di valutazione (artt. 31, 34 e 42 della Direttiva) durante l'esercizio o nel corso di un esercizio precedente, anche per poter ottenere sgravi fiscali. L'eliminazione di qualsiasi interferenza di norme fiscali sul conto economico consente di ottemperare alla Direttiva senza necessità di indicare alcunché nella nota integrativa. L'articolo 6 della legge delega n. 366 prevede al punto a) di "…stabilire le modalità con le quali, nel rispetto del principio di competenza, occorre tenere conto degli effetti della fiscalità differita". La relazione alla citata legge delega specifica che la lettera a) dell'art. 6 intende colmare una lacuna dell'attuale disciplina che non prevede esplicitamente la rappresentazione in bilancio delle imposte differite o anticipate. Si pone, quindi, un problema di adattamento o integrazione dei vigenti schemi di bilancio e la presente proposta intende risolvere questo problema, come sarà più oltre illustrato. Circa i criteri per quantificare gli importi stimabili delle imposte differite o anticipate, la relazione alla legge delega fa riferimento ai principi di competenza e di prudenza citando le posizioni espresse dalla migliore prassi contabile nazionale (il principio contabile n. 25) ed internazionale (il documento IAS n. 12). Non si è giudicato necessario introdurre variazioni all'art. 2423-bis (Principi di redazione del bilancio) perché il punto n. 3 è sufficientemente "generale" da comprendere anche la "fiscalità differita". Il punto n. 3 sancisce il principio generale della "competenza" per proventi ed oneri; le imposte non costituiscono una "categoria" separata, ma rientrano nella definizione generale di "proventi ed oneri" (imposte anticipate ed imposte differite). La tecnica contabile, ed in particolare attualmente il principio contabile nazionale n. 25, potrà fornire adeguate direttive di dettaglio in materia. Per dare conto negli schemi di stato patrimoniale e di conto economico degli importi relativi alla contabilizzazione delle imposte differite è stato previsto quanto segue: • Due voci apposite, nell'ambito dei crediti (voce CII) denominate "crediti tributari" e "imposte anticipate". Nell'attuale schema di Stato Patrimoniale, all'attivo, non vi è una specifica previsione di indicazione delle imposte. Si è pertanto ritenuto necessaria la introduzione di una specifica indicazione dei crediti per imposte versate in eccedenza e delle imposte anticipate (imposte differite attive). Per le imposte versate in eccedenza si ritiene corretto utilizzare il termine "crediti tributari" (simmetrico alla previsione già esistente al passivo, voce D 11). Per le "imposte anticipate" si è ritenuta corretta una indicazione separata, rispetto ai "crediti tributari", stante la loro natura che non è esattamente quella di un credito riscuotibile, quanto piuttosto di minori imposte da pagare in futuro. Di qui la indicazione "imposte anticipate", non preceduta dal termine "crediti" né dalla preposizione "per" (imposte anticipate). Al passivo dello stato patrimoniale si è ritenuto sufficiente integrare la dizione della voce B(2): fondi per imposte con la precisazione "anche differite". Infatti, le imposte differite (passive), vanno indicate al passivo; la voce più corretta è il "Fondo Imposte" e non la voce "debiti tributari" (D 11), non trattandosi di debiti effettivi da pagare, quanto di maggiori imposte da pagare in futuro. Per il conto economico si è ritenuto sufficiente integrare la dizione della voce 22 – imposte sul reddito con la precisazione "correnti, differite e anticipate"; il relativo dettaglio sarà fornito nella Nota Integrativa.

Massime relative all'art. 2423 bis Codice Civile

Cass. civ. n. 3994/2021

In tema di reddito di impresa, il criterio di competenza previsto per la redazione del bilancio di esercizio dall'art. 2423-bis c.c. per tutti gli interessi, moratori e corrispettivi, che ne impone l'imputazione nell'esercizio in cui sono maturati e che li considera rilevanti ai fini della determinazione del relativo risultato indipendentemente dall'effettivo loro percepimento, opera nella materia tributaria soltanto con riguardo agli interessi legali ex art. 109, comma 2, lett. b), d.P.R. n. 917 del 1986, ma non anche per gli interessi moratori su crediti, i quali, ai sensi dell'art. 109, comma 7, del medesimo d.P.R., concorrono a formare il reddito di impresa e sono dunque assoggettati a tassazione soltanto nell'esercizio in cui vengono effettivamente percepiti e non in quello in cui maturano, valendo per essi il criterio di cassa.

Cass. civ. n. 7586/2016

Il bilancio di esercizio di una societā per azioni, in forza del principio di continuitā, deve partire dai dati di chiusura del bilancio dell'anno precedente, anche nel caso in cui l'esattezza e la legittimitā di questi ultimi siano state poste in discussione in sede contenziosa e siano state negate con sentenza non passata in giudicato (nella specie, per il mancato rispetto dei termini di convocazione di un socio). Infatti, solo il passaggio in giudicato di quella sentenza fa sorgere il dovere degli amministratori di apporre al bilancio contestato le variazioni imposte dal comando giudiziale, e, quindi, di modificare di conseguenza i dati di partenza del bilancio successivo.

Cass. civ. n. 11091/2008

In tema di societā, l'adozione, nella redazione del bilancio, di un criterio di valutazione di un cespite patrimoniale diverso da quello utilizzato negli esercizi precedenti senza che la nota integrativa rechi un'adeguata motivazione della deroga consentita dall'art. 2423 bis, comma sesto, c.c. in casi eccezionali si traduce in una violazione del principio di continuitā dei valori contabili, e comporta pertanto la nullitā del bilancio, attesa l'inderogabilitā dei criteri di valutazione dettati dall'art. 2426 c.c., la cui funzione consiste nell'assicurare la trasparenza e la leggibilitā del bilancio da parte dei soci e dei terzi. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, la quale, in tema di IVA, aveva ritenuto illegittimo il recupero a tassazione della differenza tra le rimanenze iniziali iscritte nel bilancio di un societā in liquidazione e le rimanenze finali risultanti alla data di chiusura dell'esercizio precedente, rilevando che le prime erano state iscritte al costo di acquisto e le seconde al valore di realizzazione, ed escludendo quindi la possibilitā di desumere da tale variazione l'esistenza di vendite non fatturate).

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