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Articolo 150 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Notificazione per pubblici proclami

Dispositivo dell'art. 150 Codice di procedura civile

Quando la notificazione nei modi ordinari è sommamente difficile per il rilevante numero dei destinatari o per la difficoltà di identificarli tutti, il capo dell'ufficio giudiziario davanti al quale si procede [e, in caso di procedimento davanti al pretore, il presidente del tribunale, nella cui circoscrizione è posta la pretura] (1), può autorizzare, su istanza della parte interessata e sentito il pubblico ministero, la notificazione per pubblici proclami [disp. att. 50] (2).

L'autorizzazione è data con decreto (3) steso in calce all'atto da notificarsi; in esso sono designati, quando occorre, i destinatari ai quali la notificazione deve farsi nelle forme ordinarie e sono indicati i modi che appaiono più opportuni per portare l'atto a conoscenza degli altri interessati (4).

In ogni caso, copia dell'atto è depositata nella casa comunale del luogo in cui ha sede l'ufficio giudiziario davanti al quale si promuove o si svolge il processo, e un estratto di esso è inserito nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica [e nel Foglio degli annunzi legali delle province dove risiedono i destinatari o si presume che risieda la maggior parte di essi](5).

La notificazione si ha per avvenuta quando, eseguito ciò che è prescritto nel presente articolo, l'ufficiale giudiziario deposita una copia dell'atto, con la relazione e i documenti giustificativi dell'attività svolta, nella cancelleria del giudice davanti al quale si procede [disp. att. 51] (6).

Questa forma di notificazione non è ammessa nei procedimenti davanti al giudice di pace (7).

Note

(1) Le parole riportate all'interno delle parentesi quadra sono soppresse ai sensi dell'art. 62, d.lgs. 19-2-1998, n. 51, a decorrere dal 2-6-1999.
(2) La parte che chiede l'autorizzazione a procedere deve presentare un'apposita istanza che assume la forma del ricorso steso in calce all'atto da notificare. Il pubblico ministero stende poi il suo parere di seguito al ricorso.
(3) Il capo dell'ufficio giudiziario giudice può, con decreto, negare l'autorizzazione a procedere a tale forma di notificazione. Tale decreto è privo di carattere decisorio, avendo soltanto carattere strumentale ed ordinatorio; pertanto, non è impugnabile con ricorso per cassazione.
(4) Il legislatore non indica tassativamente le modalità di trasmissione degli atti da notificare ai destinatari, lasciando tale ambito alla discrezionalità del magistrato che, di volta in volta, è tenuto ad indicare il sistema migliore per portare l'atto a conoscenza dei destinatari nonché eventualmente la notifica ordinaria a taluno dei essi.
(5) Ai sensi della L. 24.11.2000, n.340 i Fogli degli Annunci Legali sono aboliti a decorrere dalla data del 9.03.2001. A partire da tale data è sufficiente inserire un estratto dell'atto nella G.U.
(6) La copia dell'atto depositata dall'ufficiale giudiziario nella cancelleria del magistrato procedente viene custodita dal cancelliere per essere poi inserita nel fascicolo d'ufficio.
La notifica per pubblici proclami, infatti, si considera avvenuta con tale deposito in cancelleria
(7) L'originaria espressione «conciliatore» deve intendersi sostituita da quella di «giudice di pace» dall'1-5-1995 ai sensi dell'art. 39 della l. 21-11-1991, n. 374.

Ratio Legis

La ratio di tale norma si riscontra nella necessità di prevedere una forma di notificazione degli atti processuali diversa da quella ordinaria in quanto questa risulterebbe assai complessa, farraginosa e contraria all'economia processuale, visto il rilevante numero dei destinatari o per la difficoltà di individuarli tutti. Il procedimento di notifica si articola in tre fasi:
- deposito di una copia dell'atto presso la casa comunale in cui ha sede l'ufficio giudiziario procedente;
- inserimento di un estratto dell'atto nella Gazzetta Ufficiale (G.U.);
- deposito di un'ulteriore copia dell'atto, della relata di notifica, della copia della G.U. nella cancelleria del giudice procedente.

Brocardi

Citatio edictalis

Spiegazione dell'art. 150 Codice di procedura civile

Si ricorre alla forma di notificazione prevista da questa norma tutte le volte in cui, a causa del rilevante numero dei destinatari o per la difficoltà di identificarli tutti, risulti molto difficile eseguire la notifica nei modi ordinari.

Occorre, tuttavia, precisare che, mentre nel caso in cui si rende necessario ricorrere a questa forma di notifica per il rilevante numero dei destinatari, la parte ha pur sempre l’onere di specificare gli stessi, nell’altro caso, ossia quello della difficoltà di identificarli tutti, la parte che richiede la notifica dovrà solo allegare alla richiesta le ragioni che rendono difficile identificare i destinatari dell’atto.

La notifica si perfeziona con il deposito in cancelleria, ad opera dell’ufficiale giudiziario, di copia dell’atto con la relata ed i documenti relativi all’attività che è stata svolta.

Si tenga conto che anche a questa forma di notifica si applica il principio espresso dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 477 del 2002, secondo cui, qualora la notifica di un atto processuale debba compiersi entro un determinato termine, essa si intende perfezionata, dal lato del richiedente, al momento dell’affidamento dell’atto all’ufficiale giudiziario per il compimento delle attività e delle formalità di cui ai commi 3 e 4 di questa norma.
Dal lato del destinatario, invece, la notifica acquista rilevanza nel momento in cui si perfeziona il procedimento notificatorio.

Il decreto con il quale il capo dell’ufficio giudiziario procedente nega l’autorizzazione ad avvalersi di questa forma di notifica non è impugnabile con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., in quanto trattasi di provvedimento privo di carattere decisorio.

Le attività che la norma prevede di inserzione degli estratti di citazione nella Gazzetta Ufficiale, nel foglio degli annunci legali della Provincia o nei giornali locali, non può intendersi posta espressamente ed esclusivamente a carico dell’ufficiale giudiziario, in quanto si tratta di un’attività meramente sussidiaria alla funzione propriamente notificatrice, che come tale può anche essere svolta dalla parte istante, senza influire sulla validità della notifica.

Nel giudizio amministrativo la notifica per pubblici proclami può essere ordinata solo quando quella ordinaria sia particolarmente difficile per il numero delle persone da chiamare in giudizio, e non anche quando sia difficile identificare tutti i destinatari.
Questo secondo presupposto non ricorre per il fatto che nel processo amministrativo una delle parti in giudizio è sempre una pubblica amministrazione, e quindi i controinteressati sono in ogni caso identificati o identificabili sulla base dell’atto amministrativo (a ciò si aggiunga che l’amministrazione ha un onere di collaborare per garantire una corretta identificazione di tutti i controinteressati).

Massime relative all'art. 150 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 17742/2014

In tema di notificazione per pubblici proclami, qualora il giudice abbia disposto l'affissione di una copia dell'atto nella casa comunale, anziché il deposito previsto dall'art. 150, terzo comma, cod. proc. civ., la notifica effettuata per deposito, senza affissione, è nulla, ma non inesistente, essendo stata pur sempre adempiuta la formalità dalla legge considerata idonea a garantire la conoscenza dell'atto.

Cass. civ. n. 6329/2012

La notificazione per pubblici proclami (nella specie, dell'atto di integrazione del contraddittorio, ai sensi dell'art. 371 bis cod. proc. civ., in un regolamento preventivo di giurisdizione), consistente nella mera pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale di un avviso di sommario contenuto circa la proposizione del ricorso introduttivo, è inesistente, non rispettando le modalità stabilite dall'art. 150 cod. proc. civ.

Cass. civ. n. 27520/2011

La mancanza dei presupposti di fatto in forza dei quali è autorizzata la notificazione per pubblici proclami è sindacabile dal giudice del merito, la cui delibazione non deve arrestarsi alla verifica del compimento delle formalità prescritte dall'art. 150 c.p.c., ma deve spingersi anche a controllare l'effettiva ricorrenza delle condizioni richieste dalla legge per simile notifica; ne consegue, pertanto, che il convenuto contumace in primo grado può denunziare in sede di gravame l'effettiva insussistenza di detti presupposti.

La mancanza delle formalità prescritte dall'art. 150 c.p.c. per la notificazione per pubblici proclami integra non già la nullità della notificazione stessa, bensì la sua inesistenza, come tale rilevabile d'ufficio anche dal giudice dell'impugnazione

Cass. civ. n. 4587/2009

Alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 2002, il principio generale secondo cui, qualunque sia la modalità di trasmissione, la notifica di un atto processuale, quando debba compiersi entro un determinato termine, si intende perfezionata, dal lato del richiedente, al momento dell'affidamento dell'atto all'ufficiale giudiziario, si applica anche alla notificazione per pubblici proclami. Pertanto, gli effetti della notificazione, rispetto al soggetto istante, devono intendersi rapportati al momento in cui questi abbia consegnato l'atto all'ufficiale giudiziario per le attività e le formalità di cui al terzo e quarto comma dell'art. 150 c.p.c.; diversamente, rispetto al destinatario, la notifica è destinata ad acquisire rilevanza solo in esito al perfezionamento del procedimento notificatorio, che si ha quando - esaurite le formalità del terzo comma, con il deposito di copia dell'atto nella casa comunale e l'inserimento di un estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e con le ulteriori formalità disposte dal capo dell'ufficio giudiziario - l'ufficiale giudiziario deposita una copia dell'atto, con la relazione e i documenti giustificativi dell'attività svolta, nella cancelleria del giudice davanti al quale si procede.

Cass. civ. n. 6507/1998

In tema di notificazioni per pubblici proclami (art. 150 c.p.c.), la mancata specificazione delle generalità dei destinatari comporta l'inesistenza dell'atto, e della relativa vocatio in ius (nonché la mancata integrazione del contraddittorio, ex art. 331 c.p.c., in fase di appello) tutte le volte in cui tale tipo di notificazione sia reso necessario da difficoltà dovute all'elevato numero di destinatari (nel qual caso è onere del notificante procedere alla specifica individuazione di ciascuno di essi), ma non anche quando essa sia conseguente a difficoltà nella identificazione stessa di tutti i possibili destinatari, e ciò risulti dal provvedimento di autorizzazione a tale tipo di notifica emanato dalla competente autorità giudiziaria (nella specie, il Presidente della Corte di appello).

Cass. civ. n. 7705/1996

Nel giudizio di appello la notificazione per pubblici proclami, prevista dall'art. 150 c.p.c. per l'ipotesi in cui la notificazione nei modi ordinari si presenti di grande difficoltà per il rilevante numero dei destinatari o per la difficoltà di identificarli tutti, deve essere nuovamente richiesta dalla parte interessata al capo dell'ufficio giudiziario davanti al quale si procede e deve essere da questi autorizzata, ancorché detta forma di notificazione sia stata già richiesta ed autorizzata nel giudizio di primo grado.

Cass. civ. n. 4274/1990

Il decreto, con cui il capo dell'ufficio giudiziale procedente neghi l'autorizzazione a procedere alla notificazione per pubblici proclami, ex art. 150 c.p.c., non è impugnabile con ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., trattandosi di provvedimento meramente strumentale ed ordinatorio, privo di carattere decisorio, tal che la parte interessata potrà far valere le proprie doglianze in ordine alla ritualità del contraddittorio, ove questa risulti compromessa dalla mancata adozione di quella forma di notificazione, soltanto nei confronti della decisione che conclude il giudizio.

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MdM chiede
lunedì 25/05/2015 - Lazio
“Vicino a casa mia c'è un terreno abbandonato incolto e non recintato di circa 1 ettaro. Ho fatto una visura catastale e tale terreno risulta diviso in 84 quote ereditarie appartenenti a 19 eredi nati tra gli anni 30 e 50 alcuni dei quali residenti all'estero e in altre regioni. Io vorrei diventare proprietario di quel terreno per farci un parco per i bambini del quartiere ma credo che trovare un accordo con tutti sia impossibile! Volevo sapere se posso operare occupando e recintando il terreno per acquistarlo successivamente come usucapione. Al riguardo ho letto questa interessante sentenza della cassazione (Cassazione civile, sez. II, 6 agosto 2004, n. 15145) Ai fini dell’usucapione, il possesso del bene può essere acquisito anche a seguito di atto traslativo della proprietà che sia nullo, in quanto, anche dopo l’invalido trasferimento della proprietà, l’accipiens può possedere il bene animo domini, ed anzi, proprio la circostanza che la traditio venga eseguita in virtù di un contratto che, pur invalido, è comunque volto a trasferire la proprietà del bene, costituisce elemento idoneo a far ritenere che il rapporto di fatto instauratosi tra l’accipiens e la res tradita sia sorretto dall’animus rem sibi habendi. POSSO PROCEDERE SIMULANDO UN ATTO TRASCRITTO E OCCUPANDO IL BENE COME SE FOSSI IL LEGITTIMO PROPRIETARIO?
OPPURE MI CONVIENE FARE UNA LETTERA A TUTTI GLI EREDI MANIFESTANDO APERTAMENTE LE MIE INTENZIONI? e dicendo loro che sono disposto a comprarmi le loro quote anche singolarmente ovvero a restituire il terreno nel caso in cui mi venisse richiesto?”
Consulenza legale i 02/06/2015
La soluzione ipotizzata nel quesito non è praticabile.
Certamente è vero quanto affermato circa l'inidoneità di un atto traslativo nullo a trasferire un possesso che possa essere fatto valere per l'usucapione, tuttavia si individua un problema fondamentale: la "simulazione" di un atto di compravendita inesistente (i.e.: mai voluto dalle parti) costituisce reato ai sensi dell'art. 485 del c.p. ("Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, forma, in tutto o in parte, una scrittura privata falsa, o altera una scrittura privata vera, è punito, qualora ne faccia uso o lasci che altri ne faccia uso, con la reclusione da sei mesi a tre anni"). Pertanto, è assolutamente sconsigliabile procedere in tal modo.

Le soluzioni prospettabili sono le seguenti.

1) Iniziare oggi ad occupare il terreno, esercitando un'attività corrispondente a quella di proprietario (es. coltivare il terreno). Ovviamente, l'usucapione si perfezionerebbe solo tra vent'anni, quindi nell'ottica di breve periodo, questa ipotesi non ha funzionalità pratica.

2) Rivolgersi agli eredi, chiedendo se desiderino rinunciare al bene (le quote di ciascuno avrebbero un valore irrisorio): la difficoltà, però, starebbe nell'ottenere il consenso di tutti i comproprietari, perché mancando anche solo una rinuncia, il terreno non potrebbe essere acquisito in via esclusiva.

3) Una soluzione definitiva sarebbe quella di trovare un coerede compiacente, cioè che accolga l'idea di costruire sul terreno abbandonato un parco giochi per bambini, e far iniziare a lui una causa di usucapione dell'intero terreno. Tale causa, dal probabile esito positivo, consentirebbe di effettuare una notifica per pubblici proclami a tutti gli altri comproprietari (art. 150 del c.p.c.) vista la difficoltà di reperire tutti gli indirizzi di residenza.
Una volta che il terreno sia attribuito a un solo proprietario, questi potrà venderlo a terzi o realizzare lui stesso il parco giochi.

La stessa causa potrebbe essere iniziata anche da un terzo non proprietario, ma questi dovrebbe provare la sussistenza degli elementi dell'usucapione, come il corpus possidendi, cioè l'esercizio di una attività corrispondente a quella del dominus: elemento che sembrerebbe mancare in capo al proprietario del terreno confinante.
Risulterebbe, quindi, più semplice che sia uno dei comproprietari ad affermare di aver usucapito le quote degli altri.