Brocardi.it - L'avvocato in un click! CHI SIAMO   CONSULENZA LEGALE
Diritto penale -

L'autoriciclaggio. Uno studio comparato tra Italia e Stati Uniti

AUTORE:
ANNO ACCADEMICO: 2019
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą degli Studi di Parma
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
L'elaborato è incentrato sulla "storica" introduzione nel nostro codice penale del delitto di autoriciclaggio (art. 648 ter 1) ad opera dell'art. 3, comma 3 della l. 186/2014. La nuova norma ha comportato infatti un radicale mutamento dell'impostazione tradizionale dettata dall'art. 648 bis ("Riciclaggio") secondo cui ad essere punito a titolo di riciclaggio poteva essere unicamente il cd. "terzo riciclatore", ossia colui che fosse rimasto estraneo al compimento del precedente reato da cui fossero derivati i proventi illeciti da ripulire. Le ragioni che stavano alla base di questo orientamento erano riconducibili ad un concepimento del fenomeno del riciclaggio come mero post factum non punibile rispetto al precedente "reato presupposto": l'autore del reato-base sarebbe stato già punibile per esso e pertanto non poteva subire ulteriori incriminazioni, poichè ciò avrebbe comportato indebite duplicazioni sanzionatorie in violazione del ne bis in idem. Questa tesi è stata poi superata da concezioni più evolute che hanno individuato come il riciclaggio sia lesivo di interessi autonomi e non, come si riteneva prima, identici rispetto al reato presupposto. Tuttavia, il dettato normativo dell'art. 648 bis (nella specie, la cd. "clausola di riserva" iniziale «fuori dei casi di concorso nel reato») continuava a mantenere il cd. "privilegio da autoriciclaggio", ossia la non punibilità a titolo di riciclaggio dell'autore del reato presupposto. La menzionata inversione di rotta del legislatore del 2014, seppure auspicata da più parti in virtù delle mutate prospettive, non ha tuttavia soddisfatto le aspettative: in primo luogo, la legge 186 ha collocato il nuovo art. 648 ter 1 come corpo a sè stante nel codice penale, senza apportare alcuna modifica alla clausola di riserva dell'art. 648-bis (un intervento razionale avrebbe dovuto piuttosto troncare o riformulare la suddetta clausola); in secondo luogo, le modalità stesse di intervento del nostro legislatore sono apparse sin da subito discutibili. La legge 186 aveva infatti l'obiettivo primario di introdurre la cd. "voluntary disclosure", ossia un istituto volto a far rientrare in Italia i capitali indebitamente detenuti all'estero garantendo uno scudo penale in caso di auto-denuncia: in questo senso, punire l'autoriciclaggio costituiva indubbiamente un adeguato mezzo per raggiungere quel fine, ma il suo inserimento in un contesto assai delicato doveva essere accompagnato da un'indagine criminologica assai più approfondita di quella condotta dal legislatore del 2014. Le ragioni di questo "fallimento" sono ancora più evidenti se si pone mente al fatto che le basi per portare avanti una riforma razionale vi erano: i lavori delle Commissioni Greco e Fiandaca del 2013 avevano condotto infatti ad elaborate proposte di riforma che il legislatore avrebbe dovuto considerare con molta più attenzione. L'elaborato vuole cercare di ricostruire il percorso che il nostro ordinamento ha seguito nel giungere ad incriminare l'auto-riciclatore esaminando in primis l'evoluzione storica della fattispecie di riciclaggio, soffermandosi sui congeniti problemi di inquadramento della clausola di riserva e di individuazione del bene giuridico protetto. In seguito, passerà a riportare il dibattito che ha coinvolto gli studiosi e le istituzioni in ordine all'opportunità e alla ratio intrinseca alla previsione della punibilità dell'auto-riciclatore, tenendo presente gli impulsi delle fonti internazionali. Osservando la formulazione dell'art. 648 ter 1, cercherà poi di ricostruirne i tentativi di interpretazione in modo da ritagliarne un ragionevole spazio applicativo. Nella seconda parte, affronterà poi il tema della punibilità dell'auto-riciclatore nell'ordinamento statunitense che, come tutti i sistemi di common law, presenta un approccio in materia da sempre orientato verso la pacifica incriminazione del cd. "self-launderer". Verrà esaminato in particolare se la scelta sia riducibile (come da taluni sostenuto) ad una mera "optio legis" di politica criminale del legislatore, oppure se sia influenzata da altri, eterogenei fattori. Verrà svolto un analogo excursus storico in ordine all'evoluzione della fattispecie di "money laundering", con particolare attenzione alla sua attuale formulazione (unicum nel panorama legislativo internazionale). Infine, si sposterà l'attenzione sul piano applicativo, osservando come la pubblica accusa federale e la giurisprudenza abbiano di fatto sempre, nel corso del tempo, "legittimato" la punibilità del self-launderer sia a titolo di riciclaggio sia a titolo di un qualsiasi altro reato presupposto. Nell'ultima parte dell'elaborato si tireranno le fila di questa comparazione, in primo luogo ponendo in risalto le differenze normative tra i due ordinamenti e, in secondo luogo, analizzando il delicato rapporto che sussiste tra la politica criminale e le esigenze di repressione contingenti, nonchè l'incidenza che esso ha ai fini di un'efficiente formulazione della fattispecie.

Indice (COMPLETO)Apri

Bibliografia (ESTRATTO)Apri

Tesi (ESTRATTO)Apri

Norme di riferimento

Parole chiave

Acquista questa tesi
Inserisci il tuo indirizzo email: