Corte costituzionale sentenza n. 158 del 20 giugno 2018

(1 massima)

(massima n. 1)

È ordinata la restituzione degli atti al Consiglio di Stato perché riesamini, alla stregua dello ius superveniens, la rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 30 della Legge reg. Emilia-Romagna n. 9 del 2016, censurato - in riferimento agli artt. 3, 24 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 6, par.1, della CEDU - perché interpreta il comma 3 dell'art. 13 della Legge reg. Emilia-Romagna n. 37 del 2002 nel senso che il divieto di reiterare più di una volta il vincolo espropriativo decaduto non trova applicazione per il completamento di opere pubbliche o di interesse pubblico lineari la cui progettazione preveda la realizzazione per lotti o stralci funzionali, secondo la normativa vigente. La sopravvenuta Legge reg. Emilia-Romagna n. 18 del 2017, all'art. 7, comma 1, ha abrogato la norma censurata e, con l'art. 5, ha inoltre modificato il citato art. 13 della Legge reg. Emilia-Romagna n. 37 del 2002, inserendovi i commi 3-bis e 3-ter, introducendo una deroga alla regola generale del comma 3 avente un contenuto precettivo identico a quello che il legislatore regionale aveva voluto imporre in via di interpretazione. Tale deroga, ai sensi del successivo art. 6, è dichiarata immediatamente applicabile ai procedimenti espropriativi ancora non definiti alla data di entrata in vigore della medesima Legge regionale, ma tale previsione opera solo per l'avvenire, in ossequio al principio generale di cui all'art. 11 delle preleggi. Spetta pertanto al rimettente valutare se la fattispecie dedotta nel giudizio a quo continui a essere regolata dalla norma che, a suo avviso, gli prescrive di considerare legittima la reiterazione plurima del vincolo espropriativo decaduto. (Precedenti citati: ordinanze n. 266 del 2015, n. 253 del 2014, n. 316 del 2012, n. 268 del 2011, n. 12 del 2011 e n. 458 del 2006).

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