Cassazione penale Sez. V sentenza n. 2164 del 20 febbraio 1998

(2 massime)

(massima n. 1)

L'esercizio arbitrario delle proprie ragioni si traduce nella indebita attribuzione a se stesso, da parte del privato, di poteri e facoltà spettanti al giudice, sicché ove si tratti di poteri che non possano essere esercitati dal giudice, non può essere ravvisato tale reato e il fatto deve essere ricondotto ad una diversa ipotesi criminosa, e in particolare a quella di cui all'art. 610 c.p., la quale, infatti, è applicabile quando, per difetto dei presupposti o dell'elemento psicologico, non ricorrono gli estremi del delitto di cui all'art. 393 c.p.

(massima n. 2)

L'esercizio arbitrario delle proprie ragioni si traduce nella indebita attribuzione a se stesso, da parte del privato, di poteri e facoltà spettanti al giudice, sicché ove si tratti di poteri che non possano essere esercitati dal giudice, non può essere ravvisato tale reato e il fatto deve essere ricondotto ad una diversa ipotesi criminosa, e in particolare a quella di cui all'art. 610 c.p., la quale, infatti, è applicabile quando, per difetto dei presupposti o dell'elemento psicologico, non ricorrono gli estremi del delitto di cui all'art. 393 c.p.

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