Cassazione civile Sez. III sentenza n. 1067 del 24 marzo 1976

(2 massime)

(massima n. 1)

Gli interessi compensativi si differenziano sia da quelli moratori che da quelli corrispettivi poiché non sono ancorati né alla mora né alla scadenza di un'obbligazione pecuniaria, ma mirano unicamente a compensare il creditore per il mancato godimento di una somma di danaro; in considerazione della loro struttura essi possono essere liquidati anche d'ufficio, dovendosene ritenere implicita la richiesta nella domanda relativa all'obbligazione principale, cosicché il giudice che li concede - in mancanza di esplicita richiesta - non incorre nel vizio di extrapetizione.

(massima n. 2)

Il giudice al quale viene rimessa dalla parte la determinazione della somma necessaria per ricondurre ad equità il contratto rescindibile non emana una pronuncia secondo equità, ai sensi e per gli effetti dell'art. 114 c.p.c., mancandone tutti i presupposti; in tal caso, infatti, egli decide secondo le norme del diritto, con puntuale applicazione dei principi posti in tema di rescissione e modificazione del contratto dagli artt. 1448 e ss. c.c., procedendo secondo i dati obiettivi acquisibili al giudizio. In tema di riconduzione ad equità del contratto rescindibile, qualora il contraente offra in giudizio una somma determinata, senza altra richiesta, il giudice non può far altro se non valutare l'offerta e, a seconda che la ritenga sufficiente o no, accogliere o rigettare la domanda; se invece il contraente, pur indicando una somma a suo giudizio congrua, si rimetta al giudice per la sua determinazione, in tal caso il giudice che la ritenga inadeguata può integrarla. Il giudice, nel procedere all'adeguamento necessario per ridurre ad equità il contratto rescindibile deve tener conto del pregiudizio che il contraente leso ha subito nel proprio patrimonio: tale pregiudizio è rappresentato non solo dal minor prezzo convenuto all'epoca del contratto, ma anche dalle alterazioni che per eventi successivi — come la svalutazione monetaria — si sono verificate sull'importo corrispondente; a tal fine deve perciò tenersi conto anche degli interessi dalla conclusione del contratto, a meno che di questi non si preferisca fare una liquidazione distinta da quella relativa al supplemento dovuto come capitale. Al fine della determinazione del supplemento del giusto prezzo dovuto per ricondurre ad equità il contratto rescindibile occorre riferirsi non già al momento della conclusione del contratto (come avviene, per l'accertamento della lesione) o a quello della domanda, bensì al momento in cui si opera la riduzione ad equità, e cioè al momento della pronuncia, poiché è a questo punto che si normalizza il rapporto; a tal fine devesi tener conto anche della svalutazione monetaria frattanto intervenuta, la quale, riferendosi a credito di valore, è rilevabile anche d'ufficio, rivalutandosi, nel contempo, anche la somma già corrisposta.

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