Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 1493 del 13 febbraio 1995

(1 massima)

(massima n. 1)

In tema di attenuante del ravvedimento operoso in materia di reati concernenti le sostanze stupefacenti, all'espressione «anche» di cui all'art. 73, comma 7, va assegnato valore disgiuntivo; conformemente del resto, all'imprescindibile necessitą che il contributo debba essere «efficace». Peraltro, le conseguenze considerate dall'art. 73, comma 7, del D.P.R. n. 309 del 1990 non si riducono a quelle scaturite dal fatto cosģ come realizzato, in un dato momento dal reo, ma si riferiscono anche alla protrazione, e quindi, alla permanenza, del reato, ovvero alla consumazione di successivi delitti che del primo integrino lo sviluppo. Diversamente da quanto previsto dall'art. 62, n. 6, c.p., possono, dunque, concretare l'attenuante in esame anche le confessioni e le chiamate in correitą le quali consentano l'interruzione del protrarsi del reato o la scoperta di complici ma non quelle che siano prive di riscontri estrinseci o che conducano soltanto a rafforzare il quadro probatorio a carico dei principali responsabili gią identificati, o all'identificazione dei soggetti aventi un ruolo soltanto secondario nell'ambito della complessiva economia criminosa gią accertata; o, addirittura, nel senso di ricomprendere nell'area dell'art. 73, comma 7, quei delitti che, costituenti progressione dell'originaria attivitą criminosa di cui il soggetto si č reso autore o partecipe, troverebbe nelle dette risorse il presupposto causale.

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