Cassazione penale Sez. I sentenza n. 3277 del 29 marzo 1996

(1 massima)

(massima n. 1)

La volontà dolosa, a seconda dei vari livelli di intensità dai quali può essere caratterizzata, può dar luogo alla configurabilità del dolo intenzionale (allorché si persegue l'evento come scopo finale della condotta o come mezzo necessario per ottenere un ulteriore risultato); del dolo diretto (allorché l'evento non costituisca l'obiettivo della condotta, ma l'agente lo preveda e lo accetti come risultato certo o altamente probabile di quella condotta); del dolo eventuale (connotato dall'accettazione del rischio di verificazione dell'evento, visto, nella rappresentanza psichica dell'agente, come una delle possibili conseguenze della condotta). (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte ha cassato con rinvio, per vizio di motivazione, la sentenza del giudice di merito il quale, in relazione ad un addebito di omicidio, aveva ritenuto comprovata, sulla base di considerazioni definite dalla stessa Corte come «meramente astratte» ed «idonee, di per sé a giustificare più la prevedibilità che l'effettiva previsione dell'evento mortale», la volontà omicida dell'imputato, in un caso in cui la condotta produttrice di quell'evento era consistita nell'esplosione di un colpo di fucile in direzione di una coscia della vittima, onde indurre quest'ultima a rivelare il luogo in cui era nascosto del denaro).

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