Cassazione penale Sez. II sentenza n. 3629 del 16 settembre 1994

(2 massime)

(massima n. 1)

Il ricorso per cassazione, proposto a norma dell'art. 311 c.p.p., avverso l'ordinanza con la quale il tribunale (in sede di appello su provvedimenti concernenti la libertà personale) ha rigettato il gravame contro l'ordinanza di applicazione di misura cautelare peggiorativa (detenzione in carcere), a seguito di trasgressione alle prescrizioni imposte all'imputato-condannato in primo grado, ammesso a fruire dell'arresto a domicilio, non può essere sostenuto dalla prospettazione di ragioni inducenti alla revoca della misura, ancorché già dedotte in sede di appello, in quanto il procedimento incidentale di impugnazione straordinaria sulla persistenza delle ragioni di cautela va attivato con apposita istanza, ex art. 299 comma 3 detto codice, diretta al funzionalmente competente giudice «che procede».

(massima n. 2)

In tema di ripristino della misura cautelare della detenzione in carcere, nel caso di trasgressione alle prescrizioni imposte all'imputato-condannato in primo grado (che fruisce dell'arresto a domicilio), il giudice dell'appello, che non ravvisi ragione di revoca d'ufficio della misura, non ha obbligo di fornire motivazione né in relazione alle esigenze di cautela, posto che esse furono già valutate in sede di applicazione della misura custodiale detentiva (a domicilio), né specificamente sul giudizio di adeguatezza della misura, il quale scaturisce direttamente dalle ragioni che indussero il giudice che procedeva ad applicare la misura di maggior rigore e da quelle che sostengono il rigetto del gravame.

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