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Articolo 276 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Provvedimenti in caso di trasgressione alle prescrizioni imposte

Dispositivo dell'art. 276 Codice di procedura penale

1. In caso di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare, il giudice può disporre la sostituzione o il cumulo con altra più grave, tenuto conto dell'entità, dei motivi e delle circostanze della violazione(1). Quando si tratta di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura interdittiva [287 ss.], il giudice può disporre la sostituzione o il cumulo anche con una misura coercitiva [280, 299 4].

1-bis. Quando l'imputato si trova nelle condizioni di cui all'articolo 275, comma 4-bis, e nei suoi confronti è stata disposta misura diversa dalla custodia cautelare in carcere, il giudice, in caso di trasgressione delle prescrizioni inerenti alla diversa misura cautelare, può disporre anche la misura della custodia cautelare in carcere. In tal caso il giudice dispone che l'imputato venga condotto in un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e l'assistenza necessarie(2).

1-ter. In deroga a quanto previsto nel comma 1, in caso di trasgressione alle prescrizioni degli arresti domiciliari concernenti il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora e, comunque, in caso di manomissione dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici di controllo di cui all'articolo 275 bis, anche quando applicati ai sensi degli articoli 282 bis e 282 ter, il giudice dispone la revoca della misura e la sostituzione con la custodia cautelare in carcere, salvo che il fatto sia di lieve entità(3)(4).

Note

(1) Si considerano valide in tale sede solo quelle trasgressioni che, per le loro caratteristiche oggettive e soggettive, sono tali da far ritenere non più sufficiente l'originaria misura a fronteggiare la mutata situazione cautelare.
(2) Il presente comma è stato aggiunto dall'art. 2, della l. 12 luglio 1999, n. 231.
(3) L'ultimo comma è stato aggiunto ex art. 16, comma 3, del D.L. 24 novembre 2000, n. 341, convertito nella l. 19 gennaio 2001, n. 4, e da ultimo modificato dall’art. 5, comma 1, L. 16 aprile 2015, n. 47.
(4) Il comma 1-ter è stato modificato dall'art. 12, comma 1, lettera b) della L. 24 novembre 2023, n. 168.

Ratio Legis

La ratio di tale norma si ravvisa nella necessità di adeguare la misura applicata alle evoluzioni della realtà sostanziale e quindi di mantenere sempre costante il rapporto logico tra la misura e le esigenze cautelari che la giustificano.

Spiegazione dell'art. 276 Codice di procedura penale

Nonostante la chiara natura sanzionatoria della norma in commento, anche qui vi è una prescrizione rientrante nella sfera del principio di adeguatezza delle misure cautelari, sia pure con riferimento a condotte contrastanti con le singole misure.

Il giudice, infatti, nel caso di inosservanza, può ordinare la sostituzione della misura, ovvero il cumulo con altra più grave. Di regola la sostituzione o il cumulo avvengono su richiesta del pubblico ministero e senza previo contraddittorio.

Al di fuori delle ipotesi qui delineate, oltre a quelle di cui all'art. 307, non sono consentite né l'imposizioe aggiuntiva di ulteriori prescrizioni non contemplate, né l'applicazione congiunta di due distinte misure, anche se tra loro astrattamente compatibili.

I criteri che devono guidare il giudice sono quelli imperniati sulla entità, sui motivi e sulle circostanze della violazione. Se ne desume quindi che non ogni trasgressione deve necessariamente dar luogo ad un provvedimento modificativi delle misure cautelari, ma soltanto le trasgressioni che si ritengano tali da far ritenere non più sufficiente l'originaria misura a fronteggiare la mutata situazione cautelare.

In tale quadro, la norma si preoccupa altresì di precisare che, ove la trasgressione riguardi le prescrizioni relative ad una misura interdittiva, il giudice potrà disporne la sostituzione o il cumulo anche con una misura coercitiva.

Il comma 1 ter si trova invece in leggera deroga rispetto alle altre disposizioni, e concerne l'ipotesi in cui la condotta violativa riguardi il divieto di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora. In tal caso, una volta accertata la violazione, intesa come atto volontario di inosservanza delle prescrizioni, il giudice deve disporre la revoca della misura domiciliare e la sua sostituzione con la custodia carceraria, senza ulteriori margini di discrezionalità (salvo che il fatto non sia di lieve entità).

Un'ipotesi particolare è quella di cui al comma 1 bis, con riguardo al caso in cui l'imputato, trovandosi nelle condizioni di cui all'art. 275 co. 4 bis, sia stato sottoposto ad una misura diversa da quella carceraria. Senonché, allorquando egli abbia trasgredito, il giudice può disporre a suo carico in via sostitutiva anche la misura della custodia cautelare in carcere, salvo che venga condotto in un reparto adeguatamente attrezzato a far fronte ai problemi di salute dell'imputato.

Massime relative all'art. 276 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 13348/2018

In tema di violazione degli arresti domiciliari, il fatto di lieve entità di cui all'art. 276, comma 1-ter, cod. proc. pen. si riferisce a violazioni di modesto rilievo ovvero a quelle che non sono in grado di smentire la precedente valutazione di idoneità della misura degli arresti domiciliari a tutelare le esigenze cautelari. (Nella fattispecie la Suprema Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza del tribunale del riesame che aveva rigettato l'appello avverso il provvedimento che aveva disposto la sostituzione della misura degli arresti domiciliari con quella della custodia in carcere, ai sensi dell'art. 276, comma 1-ter, cod.proc.pen. nei confronti di imputato che si era allontanato dal luogo di detenzione domiciliare recandosi nella contigua abitazione dei genitori sita nel medesimo pianerottolo, per sottoporsi ad una visita medica non autorizzata).

Cass. pen. n. 7925/2017

Il provvedimento con cui è disposta la sostituzione della misura cautelare con altra più grave ex art. 276 cod. proc. pen., non è immediatamente ricorribile per cassazione, ai sensi dell'art. 311, comma secondo, dello stesso codice, ma è impugnabile solo con l'appello davanti al tribunale della libertà, ai sensi del precedente art. 310. (Nella specie, la Corte ha qualificato l'impugnazione come appello, disponendo la trasmissione degli atti al tribunale competente).

Cass. pen. n. 43971/2015

Nella previsione di cui all'art. 276 cod. proc. pen., relativa alla trasgressione delle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare, rientrano, per il principio di tassatività, solo le inosservanze agli obblighi espressamente previsti nel provvediemnto cautelare e non anche ogni condotta, ancorchè costituente reato, genericamente elusiva della finalità perseguita con l'imposizione del provvedimento limitativo della libertà personale. (Fattispecie in cui la Corte, ritenendo irrilevante agli specifici fini previsti dall'art. 276 cod. proc. pen. la circostanza che l'indagato, sottoposto alla misura del divieto di dimora e dell'obbligo di presentazione alla P.G., avesse commesso, senza trasgredire le prescrizioni, il reato previsto dall'art. 73, comma V, d.P.R. n. 309 del 1990, ha precisato che il fatto avrebbe potuto tuttavia assumere rilievo, ex art. 299 cod. proc. pen., per sostituire la misura, atteso l'aggravamento delle esigenze di cautela, fermo restando i limiti posti dall'art. 280, comma secondo, cod. proc. pen.).

Cass. pen. n. 42767/2015

Non può essere disposto, a norma dell'art. 276 cod. proc. pen., il ripristino della custodia in carcere nel caso in cui il giudice ritenga che la pericolosità del soggetto possa essere neutralizzata con gli arresti domiciliari presso una struttura sanitaria solo perché questa, in un momento successivo alla collocazione dell'indagato presso di essa, rappresenti l'impossibilità di protrarre il ricovero.

Cass. pen. n. 489/2015

Può essere disposto d'ufficio l'aggravamento della misura cautelare a seguito della segnalazione, da parte degli organi di polizia giudiziaria, della trasgressione delle prescrizioni inerenti alla misura meno grave precedentemente applicata, trattandosi di procedura in cui le esigenze cautelari restano inalterate e che si conclude con un provvedimento sanzionatorio dovuto al comportamento trasgressivo dell'indagato e, pertanto, alla sua inaffidabilità; né, in tal caso, rileva l'ipotesi di cui all'art. 299, comma quarto, che prevede l'adozione di una misura cautelare più grave a seguito di richiesta del P.M. e presuppone l'aggravamento delle esigenze cautelari, l'accertamento della cui sussistenza richiede il contraddittorio di tutte le parti.

Cass. pen. n. 46093/2014

La condotta del detenuto agli arresti domiciliari, che, autorizzato a svolgere attività lavorativa fuori dalle mura domestiche, trasgredisce alle prescrizioni imposte durante il tragitto di ritorno a casa e nell'ambito della fascia oraria assegnata per assentarsi dall'abitazione, è riconducibile all'ipotesi prevista dall'art. 276, comma primo, cod.proc.pen. e non a quella di cui al comma primo ter del medesimo articolo. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza del giudice d'appello in procedimento "de libertate", che aveva disposto la sostituzione della misura degli arresti domiciliari con quella della coercizione intramuraria, ai sensi dell'art. 276 comma primo ter, cod.proc.pen. nei confronti di imputato sorpreso all'interno di una sala giochi, durante il tragitto di ritorno dal luogo di lavoro alla sua abitazione, negli orari e nel percorso autorizzati, senza procedere ad alcuna valutazione "dell'entità, dei motivi e delle circostanza della violazione").

Cass. pen. n. 46271/2013

In tema di misure cautelari, l'ordinanza con cui il giudice sostituisce, ex art. 276 cod. proc. pen., una misura non custodiale con quella degli arresti domiciliari determina la decorrenza "ex novo" del termine proprio di quest'ultima. (In motivazione, la Corte ha giustificato l'affermazione sulla scorta della diversa tipologia delle misure e del diverso termine di durata massima).

Cass. pen. n. 3744/2013

Configura il delitto di evasione e non l'ipotesi di trasgressione alle prescrizioni imposte, sanzionabile ex art. 276 c.p.p., l'allontanamento della persona sottoposta alla misura degli arresti domiciliari dal luogo di detenzione in un orario che si ponga in termini di inconciliabilità con la fascia oraria prefissata dall'autorità giudiziaria nel provvedimento cautelare. (Fattispecie nella quale l'imputato era stato sorpreso fuori della propria abitazione più di mezz'ora oltre l'orario previsto per farvici rientro).

La trasgressione alle prescrizioni concernenti il divieto di allontanarsi dal luogo di esecuzione degli arresti domiciliari determina, ex art. 276, comma primo ter, c.p.p., la revoca obbligatoria degli arresti domiciliari, seguita dal ripristino della custodia cautelare in carcere, senza che al giudice, una volta accertata la trasgressione, sia riconosciuto un potere di rivalutazione delle esigenze cautelari.

Cass. pen. n. 40680/2012

La previsione di cui all'art. 275 bis c.p.p., che consente al giudice di prescrivere, con gli arresti domiciliari, l'adozione del c.d. "braccialetto elettronico" non ha introdotto una nuova misura coercitiva, ma solo una mera modalità di esecuzione di una misura cautelare personale. (In motivazione la Corte ha precisato che il braccialetto rappresenta una cautela che il Giudice può adottare, non già ai fini della adeguatezza della misura più lieve, vale a dire per rafforzare il divieto di non allontanarsi dalla propria abitazione, ma ai fini del giudizio sulla capacità effettiva dell'indagato di autolimitare la propria libertà personale di movimento, assumendo l'impegno di installare il braccialetto e di osservare le relative prescrizioni).

Cass. pen. n. 15053/2012

In tema di arresti domiciliari, la trasgressione alle prescrizioni - concernente l'allontanamento volontario del soggetto dal luogo di esecuzione della misura (art. 276 comma primo ter, c.p.p.) - comporta che il giudice, accertata la trasgressione, revochi gli arresti domiciliari e disponga automaticamente la custodia in carcere.

Cass. pen. n. 4932/2009

Nell'ipotesi di aggravamento delle misure cautelari personali a seguito della trasgressione alle prescrizioni imposte, il giudice non deve procedere all'interrogatorio di garanzia in alcuno dei casi contemplati dall'art. 276, commi primo e primo-ter, c.p.p.

Cass. pen. n. 40965/2008

In caso di trasgressione alle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare diversa dagli arresti domiciliari, la sostituzione di tale misura con un'altra più grave, ai sensi dell'art. 276, comma primo, c.p.p., siccome non automatica ma subordinata ad un giudizio di valore che il giudice è chiamato a compiere, implica che una volta eseguito il relativo provvedimento si dia luogo all'interrogatorio di garanzia previsto dall'art. 294 c.p.p., a pena di perdita di efficacia della nuova misura. (Fattispecie in cui la misura cautelare dell'allontanamento dalla casa familiare è stata sostituita con quella della custodia cautelare in carcere per violazione degli obblighi inerenti alla prima misura ).

Cass. pen. n. 21487/2008

In caso di trasgressione alle prescrizioni degli arresti domiciliari, concernenti il divieto di allontanarsi dal luogo di detenzione per ragioni diverse da quelle autorizzate, deve escludersi che la norma di cui all'art. 276, comma primo ter, c.p.p. imponga automaticamente l'aggravamento della misura degli arresti domiciliari con la misura della custodia cautelare in carcere, dovendosi ritenere che essa richieda comunque al giudice una valutazione in concreto del disvalore della condotta di trasgressione. (Fattispecie in cui la persona sottoposta agli arresti domiciliari era stata autorizzata ad allontanarsi dalla propria abitazione per partecipare all'udienza dinanzi al Tribunale, e al termine dell'udienza, anzichè fare rientro nell'abitazione, si era recata presso un ufficio postale ove era stata tratta in arresto dalla P.G. per il reato di evasione ).

Cass. pen. n. 5690/2008

In caso di trasgressione alle prescrizioni concernenti il divieto di allontanarsi dal luogo di esecuzione degli arresti domiciliari, l'art. 276, comma primo ter, c.p.p., rende obbligatoria la revoca degli arresti domiciliari, seguita dal ripristino della custodia cautelare in carcere, senza che al giudice, una volta accertata l'avvenuta trasgressione, possa essere riconosciuto un potere di rivalutazione delle esigenze cautelari. (Fattispecie nella quale il ricorrente si era allontanato per circa un'ora e mezza dal luogo degli arresti domiciliari).

Cass. pen. n. 36928/2007

Nel caso di sostituzione degli arresti domiciliari con la custodia cautelare in carcere in conseguenza della violazione dell'obbligo di non allontanarsi dall'abitazione, non è necessario procedere all'interrogatorio di garanzia.

Cass. pen. n. 35480/2007

Il passaggio in giudicato della sentenza di condanna, quando non abbia comportato l'immediata estinzione della custodia cautelare che fosse al momento in atto, ai sensi dell'art. 300 c.p.p., non impedisce, di per sé, che venga disposto un aggravamento della misura cautelare, ai sensi degli artt. 276 e 299 c.p.p., per pregresse trasgressioni. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che legittimamente fosse stata disposta l'applicazione della custodia in carcere nei confronti di soggetto resosi inottemperante all'obbligo di presentazione periodica alla polizia giudiziaria).

Cass. pen. n. 29907/2006

L'applicazione cumulativa di misure cautelari personali può essere disposta soltanto nei casi espressamente previsti dalla legge agli artt. 276, comma primo, e 307, comma primo bis, c.p.p. (La Corte ha altresì precisato che, al di fuori dei casi in cui siano espressamente consentite da singole norme processuali, non sono ammissibili né l'imposizione «aggiuntiva» di ulteriori prescrizioni non previste dalle singole disposizioni regolanti le singole misure, né l'applicazione «congiunta» di due distinte misure, omogenee o eterogenee, che pure siano tra loro astrattamente compatibili).

Cass. pen. n. 21400/2006

Atteso il carattere di automaticità attribuito dall'art. 276, comma primo ter, c.p.p., alla sostituzione, ivi prevista, della custodia cautelare in carcere agli arresti domiciliari, in caso di trasgressione delle prescrizioni concernenti il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione o altro luogo di privata dimora, deve escludersi che la suddetta sostituzione comporti anche l'obbligo dell'interrogatorio di garanzia, ai sensi dell'art. 294, comma primo bis, c.p.p.

Cass. pen. n. 24961/2005

Qualora, ai sensi dell'art. 276 c.p.p., sia stata disposta la sostituzione degli arresti domiciliari con la custodia cautelare in carcere, la eventuale perdita di efficacia di detta ultima misura per ragioni processuali, quali previste dall'art. 302 o dall'art. 309, comma 10, c.p.p. (e non invece per intervenuta decorrenza del termine di durata massima), non comporta il venir meno anche dell'efficacia dell'altra misura precedentemente in atto. (Mass. redaz.).

Cass. pen. n. 23595/2004

Non deve farsi luogo all'interrogatorio cosiddetto di garanzia, nel caso in cui la custodia cautelare in carcere è disposta, ex art. 276, comma primo ter c.p.p., in sostituzione della misura degli arresti domiciliari, a seguito della avvenuta trasgressione, da parte dell'imputato, alle prescrizioni concernenti il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione e, di conseguenza, deve escludersi che la conservazione degli effetti della misura stessa sia subordinata a tale adempimento. (In motivazione la Corte ha precisato che il meccanismo procedurale previsto dall'art. 276, comma primo ter c.p.p., a differenza di quello di cui al comma primo del medesimo articolo, non necessita della garanzia dell'interrogatorio dal momento che il giudice, nel determinare la misura, non ha alcuno spazio di discrezionalità, essendo automatica la sostituzione degli arresti domiciliari con la custodia cautelare in carcere, una volta accertata l'avvenuta trasgressione alle prescrizioni imposte).

Cass. pen. n. 20105/2003

Poiché la legge speciale in materia di repressione del traffico di stupefacenti, D.P.R. n. 309/90, non contiene alcuna disciplina generale derogatoria del codice di procedura penale al tossicodipendente che ha in corso un programma di recupero, se viola le disposizioni degli arresti domiciliari, può essere ripristinata la misura della custodia cautelare in carcere ai sensi dell'art. 276 c.p.p. Infatti la norma di cui all'art. 97 D.P.R. n. 309/90 prevede una deroga al c.p.p. per il momento in cui deve essere intrapreso il programma di recupero, costituendo ostacolo solo esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, ma non quando si siano violate nel corso del programma le disposizioni della detenzione domiciliare.

Cass. pen. n. 12653/2002

In tema di prescrizioni relative alla applicazione degli arresti domiciliari, qualora all'interessato sia stato inibito di frequentare persone diverse da quelle che compongono il suo nucleo familiare, non costituisce violazione di tale divieto la semplice comunicazione con persona non legata da vincoli di parentela, coniugio od affinità con il soggetto destinatario della misura custodiale, atteso che, mentre la comunicazione è atto puntuale, che può esaurirsi anche in un'unica azione, la frequentazione implica il concetto di abituale reiterazione del contatto con terzi. (Fattispecie nella quale l'indagato fu sorpreso, sull'uscio di casa, mentre dialogava con una persona).

Cass. pen. n. 45543/2001

In tema di interrogatorio di garanzia, qualora la misura cautelare sia aggravata ai sensi dell'art. 276 c.p.p. a seguito della trasgressione alle prescrizioni imposte, trova applicazione il comma 1 bis dell'art. 294 c.p.p. che impone, nei dieci giorni dalla esecuzione o dalla notificazione del provvedimento, l'interrogatorio della persona già sottoposta ad altra misura cautelare, e non l'art. 299 comma 3 ter c.p.p. che, nel disciplinare la diversa ipotesi di sostituzione di misura in melius, esige l'effettuazione dell'interrogatorio solo ove ricorrono taluni presupposti (richiesta dell'imputato e allegazione di nuove o diverse emergenze rispetto a quelle precedentemente valutate).

Cass. pen. n. 270/2000

In tema di provvedimenti in caso di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare, di cui all'art. 276 c.p.p., è da riconoscere il potere del giudice di attivarsi d'ufficio a seguito della segnalazione ad opera degli organi di polizia della trasgressione. L'attivazione di tale procedura, che ha carattere sanzionatorio, prescinde infatti dalla situazione descritta dall'art. 299, comma quarto, c.p.p., che attiene invece al caso di misure più gravi applicate dal giudice su richiesta del pubblico ministero ricorrendo un aggravamento delle esigenze cautelari.

Cass. pen. n. 780/2000

Nel caso di trasgressione alle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare applicata nel contesto di una scarcerazione per decorrenza del termine massimo di custodia cautelare, il ripristino della custodia in carcere è subordinato, a norma dell'art. 276 c.p.p., in sistematico collegamento con gli artt. 307 e 299, comma 4, stesso codice, al giudizio di inadeguatezza della misura violata, sulla base degli elementi indicati dall'art. 276 (entità, motivi e circostanze della violazione) — senza che sia necessaria l'inconciliabilità della misura con le esigenze di tutela della collettività, ovvero che gli elementi di parametro siano tutti suscettibili di valutazione in malam partem, essendo invece sufficiente la prevalenza di alcuni di essi, rappresentativi del periculum — nonché al giudizio di adeguatezza e proporzionalità della misura prescelta (ex art. 275 c.p.p.), discrezionalmente motivato sulla base di altri elementi, quali i precedenti penali e la gravità dei reati contestati, mentre prescinde dalla dimostrazione di esigenze cautelari ulteriori rispetto a quelle già accertate dall'ordinanza genetica e ribadite da quella di scarcerazione. (Nella fattispecie, la Corte di cassazione ha ritenuto corretta l'applicazione di tali principi da parte del giudice di merito, il quale, in relazione alla violazione della misura della dimora obbligata, aveva espresso il giudizio di inadeguatezza della misura violata con riferimento a: — la mancata giustificazione dei motivi della trasgressione; — la neutralità, in astratto, nonostante un tentativo d'inseguimento; — la neutralità, in astratto, della vicinanza del luogo della sorpresa al comune di dimora obbligata, che però assumeva aspetto negativo, in concreto, per la presenza nelle stesse circostanze di luogo e di tempo, di altro soggetto inserito nel medesimo ambito criminoso. Il giudizio di adeguatezza della nuova misura coercitiva prescelta, della custodia in carcere, era stato ancorato ai precedenti penali, alla gravità delle imputazioni di duplice omicidio e associazione per delinquere, ed al comportamento del soggetto che riusciva a darsi alla fuga al momento della tentata esecuzione della nuova misura).

Cass. pen. n. 3937/2000

In presenza di imputato che si trovi nelle condizioni di salute, particolarmente gravi, di cui all'art. 275, comma 4 bis, c.p.p., introdotto dalla L. 12 luglio 1999, n. 231, il giudice, per applicare o mantenere la custodia cautelare in carcere nel caso previsto dall'art. 276 comma 1 bis (trasgressione agli obblighi imposti con una precedente misura di minor gravità impostagli per ragioni di salute) non può prendere meccanicamente atto dell'avvenuta trasgressione, ma deve valutare e quindi congruamente motivare la sua decisione all'interno del quadro di bilanciamento degli interessi in gioco, riguardanti le esigenze cautelari e la tutela delle condizioni di salute; e ciò anche quando l'aggravamento della misura sia stato disposto nella vigenza della precedente normativa e, sopraggiunta la nuova legge, l'interessato chieda la revoca.

Cass. pen. n. 2397/1997

Il problema dell'inosservanza delle prescrizioni che rappresentano il contenuto delle singole misure cautelari è disciplinato, nel codice di rito vigente, dall'art. 276, il quale prevede la possibilità o del cumulo delle misure ovvero quella della sostituibilità di quella originariamente applicata con altra più grave, sicché la finalità di tale disposizione ha carattere tipicamente sanzionatorio, a differenza di quanto previsto nell'art. 299 c.p.p., ove la sostituzione della misura deriva esclusivamente da una diversa valutazione delle esigenze cautelari in riferimento alla personalità del soggetto. Pertanto, considerata la finalità della norma da applicare, il legislatore ha previsto, quali elementi di cui il giudice deve tenere conto all'atto della decisione, solo quelli relativi all'entità, motivi e circostanze della violazione: è pur vero che non può in ogni caso prescindersi dai criteri generali di cui all'art. 275 stesso codice, i quali valgono per ogni situazione e che debbono essere tenuti presenti anche nelle ipotesi di modificazione della misura cautelare, ma non può negarsi che il criterio dell'adeguatezza deve essere valutato soprattutto in riferimento al tipo di comportamento trasgressivo dell'imputato. (La S.C., nel rigettare il ricorso, ha osservato che è esatto, come rilevava l'imputato, che non può parlarsi di “automaticità” della trasformazione, dovendosi valutare la gravità dell'inadempimento ed i motivi dello stesso onde ritenere l'inconciliabilità della vecchia misura e l'adeguatezza della nuova, ma, nella specie, il Tribunale aveva fatto esatto uso dei criteri innanzi esposti, richiamando la ripetuta violazione dell'obbligo da parte dell'imputato senza alcuna spiegazione; dal che ha implicitamente ritenuto l'incapacità della misura a provvedere alle esigenze cautelari del caso).

Cass. pen. n. 6682/1995

Nel caso di violazione degli obblighi imposti con la misura coercitiva degli arresti domiciliari, il legislatore ha previsto, anche se limitatamente al profilo processuale, la possibilità di sostituire la misura cautelare con altra più grave. Non vi è dubbio che tale sanzione, stabilita dall'art. 276 c.p.p., pur se di natura processuale, è applicabile in conseguenza di una condotta integrante l'inosservanza di prescrizione imposta dall'autorità giudiziaria e, come tale, è sufficiente ad escludere l'applicazione dell'art. 650 c.p. che ricorre solo nel caso in cui l'inosservanza all'ordine non sia comunque sanzionata.

Cass. pen. n. 3629/1994

In tema di ripristino della misura cautelare della detenzione in carcere, nel caso di trasgressione alle prescrizioni imposte all'imputato-condannato in primo grado (che fruisce dell'arresto a domicilio), il giudice dell'appello, che non ravvisi ragione di revoca d'ufficio della misura, non ha obbligo di fornire motivazione né in relazione alle esigenze di cautela, posto che esse furono già valutate in sede di applicazione della misura custodiale detentiva (a domicilio), né specificamente sul giudizio di adeguatezza della misura, il quale scaturisce direttamente dalle ragioni che indussero il giudice che procedeva ad applicare la misura di maggior rigore e da quelle che sostengono il rigetto del gravame.

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