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Articolo 583 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Circostanze aggravanti

Dispositivo dell'art. 583 Codice Penale

La lesione personale è grave e si applica la reclusione da tre a sette anni:

  1. 1) se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa(1), ovvero una malattia o un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni;
  2. 2) se il fatto produce l'indebolimento permanente di un senso o di un organo(2);
  3. [3) se la persona offesa è una donna incinta e dal fatto deriva l'acceleramento del parto.](3)

La lesione personale è gravissima, e si applica la reclusione da sei a dodici anni, se dal fatto deriva:

  1. 1) una malattia certamente o probabilmente insanabile(4);
  2. 2) la perdita di un senso;
  3. 3) la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile, ovvero la perdita dell'uso di un organo o della capacità di procreare(5), ovvero una permanente e grave difficoltà della favella(6);
  4. [4) la deformazione, ovvero lo sfregio permanente del viso [c. nav. 1151];](7)
  5. [5) l'aborto della persona offesa.](8)

Note

(1) Deve necessariamente esserci un pericolo effettivo per la vita del soggetto, non essendo sufficiente la probabilità di un esito fatale.
(2) Quando si tratta di organi a costituenti plurimi ovvero composti da più parti del corpo che assolvono ad una stessa funzione, la distruzione di una determina indebolimento e non perdita del senso o dell'organo.
(3) Tale numero è stato abrogato dall'art. 22, della l. 22 maggio 1978, n. 194.
(4) Una malattia si dice insanabile quando è un processo patologico destinato a durare tutta la vita, a differenza dunque dell'indebolimento permanente che invece è caratterizzato solo dai postumi della malattia.
(5) Non viene considerata solo l'impotentia generandi, ma anche quella coeundi, nonché per la donna l'incapacità di concepire e di portare a termine positivamente una gravidanza.
(6) Deve trattarsi di una difficoltà di espressione vocale, purché sia, oltre che permanente, anche grave.
(7) Tale numero è stato abrogato dall'art. 12 comma 3 della L. 19 luglio 2019 n. 69.
(8) Tale numero è stato abrogato dall'art. 22, della l. 22 maggio 1978, n. 194.

Ratio Legis

Si tratta di circostanze aggravanti, introdotte dal legislatore al fine di apprestare una tutela più ampia all'incolumità individuale.

Spiegazione dell'art. 583 Codice Penale

La norma in esame disciplina l'applicazione di circostanze aggravanti speciali al reato di lesioni personali doloso di cui all'articolo precedente.

Per l'indirizzo prevalente in giurisprudenza trattasi di circostanza aggravanti speciali e non di figure autonome di reato, con conseguente applicabilità del giudizio di bilanciamento ex articolo 69.

Tale interpretazione deriva non solo dall'esplicita dizione della norma, ma anche per tutti i casi ivi considerati, i quali costituiscono degli accidentalia delicti, nei quali alla maggiore gravità dell'evento viene rapportata una maggiore gravità della pena, sia pure autonomamente determinata.

///SPIEGAZIONE ESTESA

La norma in esame prevede delle circostanze aggravanti speciali applicabili al delitto di lesione personale di cui all'art. 582 c.p., disciplinando, rispettivamente, ai commi 1 e 2, le ipotesi di lesione personale grave e gravissima.

Si parla, innanzitutto, di lesione grave, ai sensi del comma 1, qualora dalla condotta criminosa derivi, in capo al soggetto offeso, una malattia che ne metta in pericolo la vita oppure una malattia o un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per più di quaranta giorni, o, ancora, se ne derivi l'indebolimento permanente di un senso o di un organo.

Per avere un "pericolo di vita" non basta l'insorgenza di una malattia che per sua natura presenti l'astratta probabilità di comportare un esito letale, essendo necessario, invece, che si tratti di una malattia tale da mettere effettivamente in pericolo di vita, ossia che in un determinato momento del processo patologico si sia verificato un reale pericolo di morte, desumibile dal quadro clinico della persona offesa. È, dunque, necessario che si realizzi una situazione patologica di una gravità tale da rendere probabile ed imminente il decesso del soggetto passivo, sulla base della miglior scienza ed esperienza medica.
Con l'espressione "incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni" si intende, invece, fare riferimento all'incapacità, anche soltanto parziale o relativa, per la persona offesa, di svolgere le attività per essa consuete, purché non siano contrarie all'ordinamento giuridico. L'incapacità a cui fa riferimento l'art. 583 c.p. non coincide, quindi, con l'incapacità lavorativa, poiché, altrimenti, una siffatta qualificazione escluderebbe dall'ambito di applicazione della norma gli anziani, i bambini e i ragazzi. L'incapacità si considera, in ogni caso, conclusa, nel momento in cui la persona offesa torni ad essere in grado di riprendere completamente le sue ordinarie occupazioni.

Si ha un "indebolimento permanente di un senso o di un organo" nel caso in cui si verifichi una notevole diminuzione della capacità funzionale del senso o dell'organo, la quale perduri anche successivamente alla cessazione dello stato di malattia causato dalla lesione. L'indebolimento, inoltre, sussiste anche qualora possa essere rimosso attraverso un intervento chirurgico o una protesi, in quanto la permanenza va riferita alla normale funzione dell'organo. In particolare, "senso" è il complesso di elementi e tessuti anatomici che permettono ad un individuo di percepire il mondo esterno; "organo" è, invece, l'insieme delle parti del corpo che servono ad una determinata funzione, come ad esempio, la masticazione o la digestione. Qualora l'organo interessato dalla lesione sia composto da più parti distinte, come, ad esempio, i denti, si può parlare di indebolimento quando venga a mancare un numero di parti tale da far risultare indebolita la sua funzione.

Sulla base di quanto disposto dal comma 2 della norma in esame, si ha una lesione gravissima qualora dalla condotta criminosa derivi, alternativamente, una malattia certamente o probabilmente insanabile, la perdita di un senso, oppure la perdita di un arto o una mutilazione che renda un arto inservibile, la perdita dell'uso di un organo o della capacità di procreare, o, ancora, una permanente e grave difficoltà nel parlare.

Si ha una malattia "certamente insanabile" quando il processo patologico in atto diventa cronico, essendo le possibilità di guarigione nulle o, comunque, inferiori a quelle di non guarigione. Essa, peraltro, rappresentando un processo patologico in atto, è diversa dall'indebolimento permanente di un senso o di un organo, di cui al comma 1, in quanto quest'ultimo non è altro che un postumo di una malattia clinicamente guarita.

La "perdita di un senso" si ha quando la persona offesa perde completamente un senso, come, ad esempio, la vista.
Con "perdita di un arto" si intende sia la perdita anatomica totale di un arto, ossia la sua amputazione, sia la sua perdita parziale, per distacco o recisione, che privi la persona offesa dell'uso dell'arto stesso.
"Perdita dell'uso di un organo" indica la totale e permanente soppressione della funzione di un organo del corpo della persona offesa. A tal fine, dunque, non è sufficiente la mera perdita di una parte del corpo, essendo necessario che venga meno anche la funzione a cui essa collabori.

Con "permanente e grave difficoltà nella favella", il legislatore ha inteso far riferimento all'alterazione della chiarezza e della correttezza nel parlare, rispetto allo stato anteriore alla condotta criminosa. Tale difficoltà si considera permanente nel caso in cui sia destinata a protrarsi per tutta la vita della persona offesa o, comunque, per lungo tempo. La stessa è, poi, grave, qualora il preesistente grado di chiarezza e correttezza della parlata risulti essere compromesso in modo tale da rendere difficile, alla persona offesa, esprimere il proprio pensiero attraverso la parola.

Si ha, infine, una "perdita della capacità di procreare" qualora la persona offesa, pur mantenendo la capacità di intrattenere rapporti sessuali, venga privata della capacità di generare, sia che si tratti della perdita di una capacità procreativa già acquisita, sia che ne venga impedita l'acquisizione avendo luogo, la condotta criminosa, ai danni di una persona che si trovi nella fase infantile o preadolescenziale.

///FINE SPIEGAZIONE ESTESA

Massime relative all'art. 583 Codice Penale

Cass. pen. n. 5988/2022

In tema di lesioni personali, l'aggravante della durata della malattia o dell'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni e quella dell'indebolimento permanente di un organo, sebbene equiparate "quoad poenam", sono circostanze distinte e autonome.

Cass. pen. n. 23692/2021

In tema di lesioni gravissime, ai fini della configurabilità dell'aggravante dello sfregio permanente, che consiste nel turbamento irreversibile dell'armonia e dell'euritmia delle linee del viso, non rileva la possibilità di eliminazione o di attenuazione del danno fisionomico mediante speciali trattamenti di chirurgia facciale.

Cass. pen. n. 27564/2020

In tema di lesioni personali, integra lo sfregio permanente qualsiasi nocumento che, senza determinare la più grave conseguenza della deformazione, importi un'apprezzabile alterazione delle linee del volto che incida, sia pure in misura minima, sulla funzione estetico-fisiognomica dello stesso. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto sussistente l'aggravante di cui all'art. 583, comma secondo, n. 4, cod. pen. riguardo ad un lieve disvellamento del margine orbitario inferiore con alterazione minima delle euritmie del volto).

Cass. pen. n. 11727/2020

In tema di lesioni personali, ai fini della configurabilità dell'aggravante prevista dall'art. 583, comma primo, n. 1 cod. pen., il concetto di "attività lavorativa ordinaria" non coincide necessariamente con quello di "capacità di attendere alle proprie occupazioni", con la conseguenza che ben può ritenersi sussistente la predetta aggravante nell'ipotesi in cui la vittima delle lesioni, pur essendo ritenuta abile al lavoro, rimanga tuttavia impossibilitata per un maggior tempo ad esplicare la sua attività ordinaria. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che aveva riconosciuto l'aggravante all'esito di una consulenza tecnica che aveva indicato la durata della malattia in un periodo superiore a 40 giorni, nonostante l'INPS avesse attestato un'incapacità lavorativa per soli 30 giorni).

Cass. pen. n. 7271/2019

In tema di lesioni personali, sussiste l'aggravante dell'indebolimento permanente di un organo qualora, in conseguenza del fatto lesivo, esso risulti menomato nella sua potenzialità funzionale, che sia, pertanto, ridotta rispetto allo stato anteriore, a nulla rilevando il fatto del minore o maggiore grado di menomazione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto sussistente la circostanza in un caso nel quale la dolenzia causata alla vittima dal movimento dell'arto lesionato, specie durante la flessione, ne menomava la funzione statico-deambulatoria, rendendo più difficoltosi e dolorosi i movimenti).

Cass. pen. n. 13313/2018

In tema di lesioni personali aggravate ai sensi dell'art. 583 cod. pen., il giudice, ai fini della determinazione della pena, può valutare la gravità della lesione e le sue caratteristiche come elemento qualificatore della "gravità del danno" cagionato ai sensi dell'art. 133, n. 2, cod. pen., in quanto, mentre tale gravità implica una valutazione globale delle ripercussioni che l'atto lesivo ha avuto nella sfera soggettiva della persona offesa, la gravità della lesione che integra la circostanza aggravante di cui all'art. 583 cod. pen. si riferisce esclusivamente alla durata della malattia, con la conseguenza che non è configurabile alcuna lesione del principio del "ne bis in idem".

Cass. pen. n. 22685/2017

In tema di lesioni gravissime, la valutazione circa la sussistenza dell'aggravante dello sfregio permanente, inteso come turbamento irreversibile dell'armonia e dell'euritmia delle linee del viso, compete al giudice di merito, chiamato ad esprimere un giudizio che non richiede speciali competenze tecniche, perché ancorato al punto di vista di un osservatore comune, di gusto normale e di media sensibilità, e pertanto tale giudizio non risulta sindacabile in sede di legittimità.

Cass. pen. n. 4177/2015

In tema di lesioni personali, anche una menomazione minima, purché apprezzabile, di un organo integra l'aggravante di cui all'art. 583, comma primo, n. 2, cod. pen.. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto sussistente l'aggravante in questione nella avulsione traumatica di un incisivo superiore riportata dalla persona offesa).

Cass. pen. n. 32984/2014

In tema di lesioni gravissime, integra lo sfregio permanente qualsiasi nocumento che, senza determinare la più grave conseguenza della deformazione, importi un turbamento irreversibile dell'armonia e dell'euritmia delle linee del viso, con effetto sgradevole o d'ilarità, anche se non di ripugnanza, secondo un osservatore comune, di gusto normale e di media sensibilità. (In applicazione del principio,la S.C. ha ritenuto corretta la sentenza impugnata che aveva ravvisato l'aggravante in questione avendo riguardo ad una cicatrice profonda, lunga 10 cm. e tracciata sulla parte visibile del volto, dalla base del collo fino alla regione mandibolare).

Cass. pen. n. 34012/2013

Sussiste la circostanza aggravante dell'indebolimento permanente di un organo qualora, in conseguenza del fatto lesivo, esso risulti menomato nella sua potenzialità funzionale, la quale sia ridotta rispetto allo stato anteriore, a nulla rilevando il fatto del minore o maggiore grado di menomazione. (Fattispecie di riduzione permanente del flusso aereo di una narice a seguito di lesioni al cranio e al volto).

Cass. pen. n. 27986/2013

In tema di lesioni personali, anche una menomazione minima, purché apprezzabile di un organo integra l'aggravante di cui all'art. 583, comma primo, n. 2, c.p.. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto sussistente l'aggravante in presenza di plurime fratture dentarie da cui era derivato un indebolimento permanente dell'organo della masticazione).

Cass. pen. n. 32687/2009

La lesione personale deve considerarsi grave se l'incapacità ad attendere alle ordinarie occupazioni perduri oltre il quarantesimo giorno, ivi compreso il periodo di convalescenza o quello di riposo dipendente dalla malattia.

Cass. pen. n. 31134/2007

In tema di lesioni aggravate, il pericolo di vita di cui all'art. 583, comma primo, n. 1, c.p. — e cioè la probabilità che la morte si verifichi in un momento qualunque del corso del processo morboso — deve essere desunto secondo l'id quod plerumque accidit dai vari sintomi che accompagnano la malattia, alla luce del perturbamento prodottosi nelle fondamentali funzioni organiche del soggetto; ne deriva che, in linea di principio, l'attestazione di prognosi riservata non si identifica col pericolo di vita, sicché ove, in relazione al contenuto effettivo della certificazione, non siano espletati i dovuti accertamenti, non sussistono i presupposti per l'applicazione dell'aggravante di cui all'art. 583, comma primo, n. 1, c.p.

Cass. pen. n. 4113/1997

In materia di lesioni personali va affermato che, per la sussistenza dello sfregio permanente, non è richiesto un ripugnante sfiguramento o una sensibile modificazione delle sembianze, ma è sufficiente che ricorra una apprezzabile alterazione dei lineamenti del viso con effetto sgradevole se non proprio ripugnante. (Nella fattispecie, cicatrice verticale sul dorso del naso lunga 5 cm).

Cass. pen. n. 1067/1996

L'aggravante dell'indebolimento permanente non ha carattere progressivo rispetto a quella relativa alla durata della malattia, potendo dalle lesioni derivare una malattia per un tempo inferiore ai quaranta giorni e comunque l'indebolimento permanente di un senso o di un organo. Pertanto, ritenere l'una, non contestata, in luogo dell'altra, contestata, implica mancanza di correlazione tra accusa e sentenza. (Nella fattispecie, era stata ritenuta l'aggravante di cui all'art. 583, comma primo, n. 1, c.p., la quale non era stata contestata, mentre era esclusa la circostanza dell'indebolimento permanente, contestata, perché considerata durata della malattia superiore ai quaranta giorni).

Cass. pen. n. 4130/1994

In tema di lesioni personali, la perdita dell'uso (art. 583, comma 2, n. 2, c.p.) per gli organi a costituenti plurimi o a funzione similare si verifica solo quando tutti gli elementi che li compongono siano perduti, mentre la perdita di una sola parte comporta effetti che variano dall'irrilevanza all'indebolimento permanente (art. 583, comma 1, n. 2, c.p.). Pertanto, la perdita di un occhio, risolvendosi nella perdita di un organo geminato (esempio rene, testicolo), configura l'aggravante dell'indebolimento permanente e non quella della perdita dell'uso di organo.

Cass. pen. n. 9903/1993

In tema di lesioni volontarie, l'indebolimento permanente della funzione visiva non è escluso dal fatto che l'occhio abbia riacquistato completa efficienza grazie all'applicazione d'una protesi (cristallino artificiale), poiché la permanenza dell'indebolimento va riferito alla normale funzione dell'organo, prescindendo dall'uso coadiuvante di mezzi artificiali.

Cass. pen. n. 11213/1992

In tema di applicazione di sanzioni sostitutive su richiesta dell'imputato, per effetto dell'art. 60 della L. 24 novembre 1981, n. 689, è inapplicabile la sanzione sostitutiva per il reato di cui all'art. 590 c.p. - commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o all'igiene del lavoro - che abbia determinato le conseguenze previste dal primo comma n. 2 dell'art. 583 c.p.

Cass. pen. n. 8704/1992

L'omessa specificazione nel capo di imputazione del grado di indebolimento di un senso o di un organo — nella specie dell'udito — riguardando un elemento non essenziale della circostanza aggravante addebitata all'imputato, non è tale da determinare un'incertezza assoluta sui fatti contestati e quindi la nullità del decreto di citazione.

Cass. pen. n. 3952/1992

Nel reato di lesioni volontarie la previsione o la prevedibilità dell'evento integrante una delle circostanze aggravanti di cui all'art. 583 c.p. (e, conseguentemente, la valutabilità della stessa a carico dell'agente, ai sensi del disposto dell'art. 59, secondo comma, c.p.), deve ritenersi sussistere quando la condotta dell'agente (qualità del mezzo adoperato, direzione, violenza, reiterazione dei colpi) di per sé riveli l'intenzione di arrecare notevole danno. Nel caso in cui la condotta non assuma i caratteri di cui sopra, la valutazione della prevedibilità deve essere fatta da caso a caso, e, quando all'esito grave o gravissimo concorrano particolari condizioni fisiche o di salute della persona offesa, occorre tener conto, oltre che della situazione «apparente» che riveli le particolari condizioni di cui sopra, di quella prevedibile in relazione all'età, al sesso e a quant'altro nel caso specifico possa ragionevolmente essere preso in considerazione ai fini di cui sopra.

Cass. pen. n. 10644/1991

La totale perdita della milza costituisce non già indebolimento del sistema reticolo-endoteliare, ma perdita dell'uso di un organo, che integra l'ipotesi di lesione gravissima prevista dall'art. 583, secondo comma, n. 2, c.p., e ciò perché le numerose funzioni cui assolve la milza, sebbene tutte perfettamente compensabili, non possono tuttavia ritenersi propriamente vicariate, nella loro entità globale, da singole attività svolte separatamente da organi diversi.

Cass. pen. n. 2782/1990

Ai fini della configurabilità del delitto di lesioni gravi, non ha rilievo che l'organo già fosse menomato, purché si verifichi un ulteriore aggravamento, che ne compromette maggiormente la funzionalità.

Cass. pen. n. 14768/1989

Anche l'avulsione di un solo dente incisivo è idonea ad integrare l'ipotesi di cui all'art. 583, prima parte, n. 2, c.p., né l'applicazione della protesi dentaria, che può solo consentire l'esercizio della funzione masticatoria, risulta idonea alla reintegrazione dell'organo.

Cass. pen. n. 4049/1989

In tema di lesioni personali, ai fini dell'integrazione dell'aggravante ex art. 583, primo comma, n. 2 del c.p., il concetto di «apprezzabilità» del danno permanente, sia esso organico che funzionale, va definito essenzialmente sotto l'aspetto negativo, nel senso che «non apprezzabile» deve ritenersi l'indebolimento (dell'organo o della funzione) tanto lieve che non si riesca né a percepirlo né a oggettivamente (strumentalmente) valutarlo, nella irrilevanza, ai fini della sussistenza dell'aggravante, del maggiore o minore grado di indebolimento. Pertanto, il concetto di danno penalmente apprezzabile non si identifica con quello di danno indennizzabile, siccome previsto e disciplinato dalla normativa previdenziale in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali, la quale (normativa) fissa limiti (alla rilevanza del danno e alla sua indennizzabilità) in relazione sia alla quantificazione della (diminuita) capacità di guadagno, sia alle deficienze finanziarie dell'ente erogatore, le quali, a loro volta, trovano riscontro nella misura delle contribuzioni versate dai soggetti assicurati e dagli altri a ciò tenuti, per contratto o per legge. Ne consegue che nell'individuazione dei criteri referenti il concetto di apprezzabilità del danno permanente, ex art. 583, comma primo, n. 2, del c.p., rimane estranea qualsiasi nozione civilistico-previdenziale concernente i limiti di rilevanza, valutabilità ed indennizzabilità. (Fattispecie di operai addetti a uno stabilimento di imbottigliamento di bevande, le cui catene di lavorazione producevano elevata rumorosità, ritenuta fattore eziologico di otopatia da traumatismo riscontrato su numerosi addetti; l'abbassamento del senso dell'udito era stato fissato, per alcuni, in misura aggirantesi sul 4/5 per cento. Poiché la normativa in materia previdenziale prevede, per il caso di otopatia professionale (art. 74 D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124), la soglia di indennizzabilità in valori superiori al 10 per cento (di abbassamento uditivo), si sosteneva, a censura della decisione di merito, che al di sotto di tale limite il danno permanente da otopatia non sarebbe stato (penalmente) apprezzabile e quindi idoneo ad integrare l'aggravante contestata. La corte ha ritenuto corretto, invece, il giudizio di merito esprimendo la massima come sopra enucleata).

Cass. pen. n. 9933/1988

In tema di malattie professionali, la contrazione della malattia denominata silicosi, ritenuta sicuramente sclerogena in conseguenza alla prolungata esposizione in ambiente di lavoro inquinato da polveri aereodiffuse contenenti particelle di quarzo, comportando una grave compromissione degli organi deputati alla funzione respiratoria, integra l'aggravante dell'indebolimento permanente di un senso o di un organo (di cui all'art. 583, primo comma, n. 2, c.p.).

Cass. pen. n. 5807/1988

Ai fini della contestazione delle circostanze aggravanti, mentre non è indispensabile l'indicazione delle relative disposizioni di legge, è necessario che nella formulazione dell'imputazione siano riportati gli estremi di fatto che costituiscono gli elementi circostanziali di aggravamento della fattispecie a struttura semplice, in vista della esigenza di una completa informazione dell'imputato, onde questi sia posto nella condizione di esercitare il suo diritto di difesa con riferimento ad un ben determinato campo di contestazioni e di accuse e per evitare che sia esposto alla possibilità di vedersi giudicare e condannare per un fatto del quale non abbia avuto preventiva integrale conoscenza. Alla carenza fattuale della contestazione non possono supplire né le specificazioni normative, tanto più quando non siano specificamente riferibili all'elemento circostanziale che si assume dedotto in contestazione, né la comunicazione al difensore del deposito in cancelleria della relazione di perizia medico legale, in quanto la contestazione dei dati obiettivi posti a base dell'accusa è atto riservato all'organo giudiziario ed è destinato alla persona a cui l'addebito è mosso e non al suo difensore. (Fattispecie in tema di reato contro la vita e l'integrità fisica).

Cass. pen. n. 7425/1987

La disposizione contemplante la procurata impotenza alla procreazione non era speciale rispetto a quella di cui all'art. 583, capoverso, n. 3, c.p. Ne consegue che, dopo l'abrogazione, ad opera dell'art. 22 della L. 22 maggio 1978, n. 194, dell'art. 552 c.p., l'illiceità penale della sterilizzazione volontaria (cosiddetta vasectomia) è venuta definitivamente meno né può essere affermata con riferimento al reato di lesioni gravissime non scriminabili dal consenso dell'avente diritto.

Cass. pen. n. 5087/1987

Qualora a seguito di un'aggressione, la vittima riporti una alterazione psicopatica che è in rapporto diretto di causalità con la condotta dell'agente, questi risponde di lesioni personali aggravate se la malattia derivata da esse presenta un carattere insanabile, a nulla rilevando i preesistenti stati patologici della vittima, allorché sia accertato che il trauma ad essa inferto abbia posto in luce tale preesistente patologia. In tale ipotesi non può dirsi che l'azione criminosa sia solo occasione delle gravi conseguenze manifestatesi, ma deve ritenersene sicuro il contributo causale.

Cass. pen. n. 5696/1986

La norma di cui all'art. 583 c.p., non delinea un'autonoma figura di delitto, ma prevede delle semplici circostanze in quanto le ipotesi prese in considerazione non implicano una modificazione dell'essenza del reato di lesioni personali, ma costituiscono soltanto delle particolarità e, più precisamente, dei risultati che si aggiungono ad esso, determinandone una maggiore gravità. Ne consegue che gli elementi previsti in questa norma vanno soggetti al giudizio di comparazione previsto dal vigente art. 69 c.p., con l'ulteriore effetto, nel caso della sua equivalenza, di ritenere il reato, non solo ai fini della determinazione della pena, ma anche ai fini della prescrizione, come reato di lesioni semplici

Cass. pen. n. 5809/1984

L'ipotesi alternativa della malattia o dell'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni, prevista dal n. 1 dell'art. 583 c.p. come idonea a far qualificare come grave la lesione personale è configurabile anche nel caso in cui il limite temporale suddetto sia superato da una sola delle due previsioni e non anche dall'altra.

Cass. pen. n. 10903/1981

Lo sfregio permanente, contemplato nella seconda ipotesi del n. 4 del comma secondo dell'art. 583 c.p., è un qualsiasi nocumento che, senza determinare la più grave conseguenza della deformazione, importi un turbamento irreversibile dell'armonia e dell'euritmia delle linee del viso, per tale intendendosi quella parte del corpo che va dalla fronte all'estremità del mento e dall'uno all'altro orecchio. Ne deriva che, se pure non ogni alterazione della fisionomia del viso costituisce sfregio, sono certamente tali quelle alterazioni che ne turbino l'armonia con effetto sgradevole o d'ilarità, anche se non di ripugnanza; il tutto rapportato ad un osservatore comune, di gusto normale e di media sensibilità.

Cass. pen. n. 9229/1981

Agli effetti dell'aggravante prevista dall'art. 583 n. 1 c.p., non è richiesta l'incapacità assoluta di attendere alle ordinarie occupazioni, essendo sufficiente anche un'incapacità relativa e, cioè, che la persona offesa non possa attendere alle sue occupazioni senza uno sforzo inconsueto o senza pregiudizio dell'abituale tenore di vita.

Cass. pen. n. 6721/1981

L'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni va intesa in relazione ad ogni impiego della propria energia psico-fisica o della propria persona per un determinato scopo utile, lecito e giuridicamente apprezzabile, che, prima del fatto lesivo, caratterizzava l'abituale tenore di vita della parte offesa.

Cass. pen. n. 6821/1976

In tema di lesione gravissima deve considerarsi perdita di un arto non solo la asportazione di esso, ma anche l'impossibilità assoluta di usarlo secondo la sua normale funzionalità.

Cass. pen. n. 1676/1972

Ai fini della ravvisabilità della aggravante dello sfregio permanente è del tutto irrilevante la possibilità di eliminazione o di attenuazione del danno fisionomico mediante speciali trattamenti di chirurgia facciale.

Cass. pen. n. 138/1971

Per «viso» si intende la parte anteriore del capo compresa tra l'impianto frontale dei capelli e la estremità del mento, parte che interessa maggiormente la venustà della persona. Non può tuttavia prescindersi — per accertare la sussistenza o meno della alterazione dell'«estetica» del viso nella quale si sostanzia la ratio della aggravante prevista dall'art. 583 comma secondo n. 4 c.p. — dal considerare anche quelle immediate zone di «contorno» che necessariamente contribuiscono alla formazione ed al completamento di detta estetica, come la regione sottomandibolare e quella latero-superiore del collo. Pertanto, quando l'esito di una lesione personale ivi esistente rifletta i suoi effetti negativi e permanenti sulla euritmia del viso, alterando sensibilmente nella sua visione di insieme l'armonia dei lineamenti, indubbiamente sussiste lo «sfregio».

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