Corte costituzionale sentenza n. 126 del 1 giugno 2016

(2 massime)

(massima n. 1)

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 24 e 32 della Costituzione, nonché al principio di ragionevolezza - dell'art. 311, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), nella parte in cui attribuisce al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e per esso allo Stato, la legittimazione all'esercizio dell'azione per il risarcimento del danno ambientale, escludendo la legittimazione concorrente o sostitutiva della Regione e degli enti locali sul cui territorio si è verificato il danno; tale normativa infatti non esclude che sussista il potere di agire di altri soggetti, comprese le istituzioni rappresentative di comunità locali, per i danni specifici da essi subiti.

(massima n. 2)

È infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento alla portata dell'art. 311, comma 1, (riguardante l'azione risarcitoria in forma specifica) del c.d. "Codice dell'ambiente" (D.Lgs. n. 152/2006), nella parte in cui riconosce solo allo Stato la legittimazione ad agire in ambito risarcitorio per la produzione del danno ambientale, escludendo la concorrente legittimazione delle Regioni nel cui territorio le conseguenze dannose vengono concretamente a configurarsi. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 24 e 32 Cost., nonché al principio di ragionevolezza - dell'art. 311, comma 1, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), nella parte in cui attribuisce al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e per esso allo Stato, la legittimazione all'esercizio dell'azione per il risarcimento del danno ambientale, escludendo la legittimazione concorrente o sostitutiva della Regione e degli enti locali sul cui territorio si è verificato il danno; tale normativa infatti non esclude che sussista il potere di agire di altri soggetti, comprese le istituzioni rappresentative di comunità locali, per i danni specifici da essi subiti. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 24 e 32 Cost. - dell'art. 311, comma 1, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, che attribuisce al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e per esso allo Stato, la legittimazione all'esercizio dell'azione per il risarcimento del danno ambientale, escludendo la legittimazione concorrente o sostitutiva della Regione e degli enti locali sul cui territorio si è verificato il danno. La normativa impugnata è infatti la conseguenza logica del cambiamento di prospettiva intervenuto nella materia del danno ambientale, come emerge dall'evoluzione della giurisprudenza costituzionale e della relativa normativa. Se, originariamente, l'ambiente è stato considerato bene immateriale unitario, in modo che alla rilevanza dei numerosi e diversificati interessi che fanno capo alle Regioni e gli enti locali si aggiungeva l'esigenza di uniformità di tutela, che solo lo Stato può garantire, il quadro normativo è profondamente mutato con la direttiva 21 aprile 2004, n. 2004/35/CE. Alla prima disciplina organica della materia (legge n. 349 del 1986) che legittimava a promuovere l'azione di risarcimento del danno ambientale sia lo Stato che gli enti territoriali, si è aggiunto il principio che la prevenzione e la riparazione del danno ambientale costituiscono obiettivi della politica ambientale comunitaria, e che dunque a prevalere non è più il profilo risarcitorio, ma quello della riparazione. Successivamente, i D.Lgs. nn. 152 del 2006 e 135 del 2009 hanno stabilito, rispettivamente, la priorità delle misure di riparazione rispetto al risarcimento per equivalente pecuniario, nonché la tipologia delle misure di riparazione («primaria», «complementare», «compensativa»), relegando la tutela risarcitoria alla sola ipotesi in cui le misure di riparazione fossero in tutto o in parte omesse, o attuate in modo incompleto o difforme rispetto a quelle prescritte ovvero impossibili o eccessivamente onerose. Infine, la legge n. 97 del 2013 ha eliminato, per il danno all'ambiente, il risarcimento "per equivalente patrimoniale" e imposto le "misure di riparazione". Quanto a queste ultime, se non provvede in prima battuta il responsabile del danno, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare procede direttamente agli interventi necessari, determinando i costi delle attività occorrenti per conseguire la completa e corretta attuazione e agendo nei confronti del soggetto obbligato per ottenere il pagamento delle somme corrispondenti. È dunque in questo scenario normativo che appare non più implausibile l'esigenza di assicurare che l'esercizio dei compiti di prevenzione e riparazione del danno ambientale risponda a criteri di uniformità e unitarietà, atteso che il livello di tutela ambientale non può variare da zona a zona e considerato anche il carattere diffusivo e transfrontaliero dei problemi ecologici, in ragione del quale gli effetti del danno ambientale sono difficilmente circoscrivibili entro un preciso e limitato ambito territoriale. Se il ripristino ambientale è ora al centro del sistema, ne deriva l'esigenza di una gestione unitaria, che giustifica la nuova disciplina del potere di agire in via risarcitoria riservato allo Stato, d'altra parte, la normativa non esclude che sussista il potere di agire di altri soggetti, comprese le istituzioni rappresentative di comunità locali, per i danni specifici da essi subiti, dal momento che la normativa speciale sul danno ambientale si affianca (non sussistendo alcuna antinomia reale) alla disciplina generale del danno posta dal codice civile, non potendosi pertanto dubitare della legittimazione degli enti territoriali a costituirsi parte civile iure proprio. Né è fondato il timore che la disciplina espone la tutela dell'ambiente al rischio di una inazione statuale, attraverso la mancata costituzione di parte civile. A prescindere dalla considerazione che la proposizione della domanda nel processo penale è solo una delle opzioni previste dal legislatore, potendo lo Stato agire direttamente in sede civile, o in via amministrativa, l'interesse alla tempestività ed effettività degli interventi di risanamento di cui sono portatori gli altri soggetti istituzionali, è salvaguardato dalla possibilità che essi hanno di presentare al Ministro denunce e osservazioni, concernenti qualsiasi caso di danno ambientale o di minaccia imminente relativa e chiedere l'intervento statale a tutela dell'ambiente. È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 311, 1° comma, D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152, nella parte in cui attribuisce al ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e per esso allo Stato, la legittimazione all'esercizio dell'azione per il risarcimento del danno ambientale, escludendo la legittimazione concorrente o sostitutiva della regione e degli enti locali sul cui territorio si è verificato il danno, in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 24 e 32 Cost.

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