Consiglio di Stato Sez. Ad. Plen. sentenza n. 15 del 28 settembre 2018

(4 massime)

(massima n. 1)

È sempre possibile, in linea di principio, riconoscere al Giudice d'appello il potere di sindacare il contenuto della motivazione dell'impugnata sentenza, affinché si possa riqualificare il dispositivo delle sentenze in rito ex art. 35, co. 1, c.p.a., ove s'accerti la patologica eversione del Giudice di prime cure dall'obbligo della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.) o dall'obbligo di motivazione (artt. 74 e 88 c.p.a.) - trattandosi, com'è noto, di vicende che impongono sulla struttura inderogabile ed essenziale della sentenza, rispetto all'oggetto del processo -, a condizione, però, che tal patologia, foss'anche per evidenti errori sui fatti di causa tali da alterare la stessa possibilità di difesa delle parti, investa il complesso della motivazione stessa e non una sola sua parte (invece emendabile nei modi ordinari) o, peggio, il punto di diritto affermato (specie se questo, al di là della precisione semantica o d'una buona forma espositiva, sia fedele agli indirizzi consolidati o prevalenti della giurisprudenza di questo Consiglio). Dette ultime ipotesi costituiscono, alle condizioni testé evidenziate, tanto una lesione dei diritti della difesa sostanziale delle parti nel grado di riferimento, quanto una vicenda di nullità della sentenza ed implicano, per forza di cose, l'annullamento con rinvio ex art. 105, co. 1, c.p.a. (enuncia i principi di diritto e rimette la causa alla Sezione remittente per la decisione definitiva del ricorso).

(massima n. 2)

Il Giudice d'appello, qualora il ricorso risulti manifestamente irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondato, al fine di evitare un inutile annullamento con rinvio, può statuire anche nel caso in cui il contraddittorio non sia integro.

(massima n. 3)

È sempre possibile, in linea di principio, riconoscere al Giudice d'appello il potere di sindacare il contenuto della motivazione dell'impugnata sentenza, affinché si possa riqualificare il dispositivo delle sentenze in rito ex art. 35, co. 1, c.p.a., ove s'accerti la patologica eversione del Giudice di prime cure dall'obbligo della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.) o dall'obbligo di motivazione (artt. 74 e 88 c.p.a.) - trattandosi, com'è noto, di vicende che si impongono sulla struttura inderogabile ed essenziale della sentenza, rispetto all'oggetto del processo -, a condizione, però, che tal patologia, foss'anche per evidenti errori sui fatti di causa tali da alterare la stessa possibilità di difesa delle parti, investa il complesso della motivazione stessa e non una sola sua parte (invece emendabile nei modi ordinari) o, peggio, il punto di diritto affermato (specie se questo, al di là della precisione semantica o d'una buona forma espositiva, sia fedele agli indirizzi consolidati o prevalenti della giurisprudenza di questo Consiglio). Dette ultime ipotesi costituiscono, alle condizioni testé evidenziate, tanto una lesione dei diritti della difesa sostanziale delle parti nel grado di riferimento, quanto una vicenda di nullità della sentenza ed implicano, per forza di cose, l'annullamento con rinvio ex art. 105, co. 1, c.p.a. (enuncia i principi di diritto e rimette la causa alla Sezione remittente per la decisione definitiva del ricorso). La forma semplificata di una sentenza di cui all'art. 74 del D.Lgs. n.104/2010 non esime il Giudicante dall'obbligo della motivazione, la quale semmai può esser sintetizzata con riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo ovvero, se del caso, ad un precedente conforme.

(massima n. 4)

Il difetto assoluto di motivazione di una sentenza non s'identifica con la motivazione illogica, contraddittoria, errata, incompleta o sintetica, ma è un vizio molto più grave, che dà luogo ad una sentenza abnorme ancor prima che nulla. La grave ed irrimediabile anomalia motivazionale di una sentenza si identifica nella mancanza assoluta di motivi sotto gli aspetti materiale e grafico, ma anche nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, nella motivazione meramente assertiva, tautologica, apodittica, oppure obiettivamente incomprensibile. È sempre possibile, in linea di principio, riconoscere al Giudice d'appello il potere di sindacare il contenuto della motivazione dell'impugnata sentenza, affinché si possa riqualificare il dispositivo delle sentenze in rito ex art. 35, co. 1, c.p.a., ove s'accerti la patologica eversione del Giudice di prime cure dall'obbligo della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.) o dall'obbligo di motivazione (artt. 74 e 88 c.p.a.) - trattandosi, com'è noto, di vicende che impongono sulla struttura inderogabile ed essenziale della sentenza, rispetto all'oggetto del processo -, a condizione, però, che tal patologia, foss'anche per evidenti errori sui fatti di causa tali da alterare la stessa possibilità di difesa delle parti, investa il complesso della motivazione stessa e non una sola sua parte (invece emendabile nei modi ordinari) o, peggio, il punto di diritto affermato (specie se questo, al di là della precisione semantica o d'una buona forma espositiva, sia fedele agli indirizzi consolidati o prevalenti della giurisprudenza di questo Consiglio). Dette ultime ipotesi costituiscono, alle condizioni testé evidenziate, tanto una lesione dei diritti della difesa sostanziale delle parti nel grado di riferimento, quanto una vicenda di nullità della sentenza ed implicano, per forza di cose, l'annullamento con rinvio ex art. 105, co. 1, c.p.a. (enuncia i principi di diritto e rimette la causa alla Sezione remittente per la decisione definitiva del ricorso).

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