Cassazione penale Sez. I sentenza n. 6203 del 6 giugno 1991

(2 massime)

(massima n. 1)

Ai fini della configurabilità del delitto di associazione di tipo mafioso non è necessario che siano raggiunti effettivamente e concretamente uno o più degli scopi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice, né è necessario che la forza di intimidazione, dalla quale derivi la condizione di assoggettamento e di omertà degli stessi associati e dei terzi, sia utilizzata dai singoli associati perché si realizzi la condizione di partecipazione, né tantomeno che ciascuno consegua direttamente il profitto ingiusto, per sé o altri.

(massima n. 2)

L'associazione di tipo mafioso — al pari dell'associazione per delinquere di cui all'art. 416 c.p. — postula l'esistenza di una pluralità di soggetti attivi, trattandosi di fattispecie plurisoggettiva, una organizzazione che può avere una maggiore o minore necessità di articolazione, ed un programma volto alla realizzazione di uno dei fini, alternativamente previsti e descrittivamente enunciati, nel tipo descrittivo della norma incriminatrice. Le novità di maggior rilievo della figura delittuosa secondo la previsione dell'art. 416 bis c.p. che la distingue dall'art. 416 c.p., sono essenzialmente due: l'eterogeneità degli scopi, che l'associazione mira a realizzare, e quindi dell'oggetto del programma criminoso, ed il ricorso alla forza di intimidazione dell'associazione, per il conseguimento dei fini propri della medesima. Il requisito della «forza di intimidazione del vincolo associativo», che costituisce l'«in sé» dell'associazione di tipo mafioso, e delle altre a questa assimilabili, dalla quale deriva — secondo il dato normativo — la condizione di assoggettamento e di omertà degli stessi associati e dei terzi non è una modalità della condotta associativa, ma un elemento strumentale, come sottolineato dal significato del verbo «si avvalgono», ma, peraltro, non deve necessariamente essere utilizzata dai singoli associati, né deve necessariamente estrinsecarsi, di volta in volta, in atti di violenza fisica o morale, per il raggiungimento dei fini alternativamente previsti dalla disposizione incriminatrice, perché ciò che caratterizza, sul piano descrittivo e su quello ontologico, l'associazione di tipo mafioso, secondo il modello legale è la condizione di assoggettamento (che implica uno stato di soggezione, derivante dalla convinzione di essere esposti da un concreto ed ineludibile pericolo di fronte alla forza dell'associazione) e di omertà che consiste in forma di solidarietà, che ostacola o rende più difficoltosa l'opera di prevenzione e di repressione che dal vincolo associativo deriva per il singolo, all'esterno, ma anche all'interno dell'associazione.

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