Cassazione civile Sez. III sentenza n. 26022 del 5 dicembre 2011

(2 massime)

(massima n. 1)

L'impossibilità di utilizzare le presunzioni in riferimento ai contratti aleatori - in ragione della loro eccezionalità, sì da richiedere che essi risultino da una espressa volizione delle parti e da clausole appositamente stabilite o accettate - esclude soltanto la possibilità di affermare che in luogo di una vendita di cosa sperata (art. 1472, primo comma, c.c.) sussista una ipotesi di "vendita di speranza" (art. 1472, secondo comma, c.c.), ma non impedisce di affermare sulla base di presunzioni esistenti che un contratto di vendita di cosa futura, ex art. 1472 c.c., sia stato in ogni caso concluso.

(massima n. 2)

Allorquando la prova addotta sia costituita da presunzioni - le quali anche da sole possono formare il convincimento del giudice del merito - rientra nei compiti di quest'ultimo il giudizio circa l'idoneità degli elementi presuntivi a consentire illazioni che ne discendano secondo il criterio dell'"id quod plerumque accidit", essendo il relativo apprezzamento sottratto al controllo in sede di legittimità se sorretto da motivazione immune dal vizi logici o giuridici e, in particolare, ispirato al principio secondo il quale i requisiti della gravità, della precisione e della concordanza, richiesti dalla legge, devono essere ricavati in relazione al complesso degli indizi, soggetti a una valutazione globale, e non con riferimento singolare a ciascuno di questi, pur senza omettere un apprezzamento così frazionato, al fine di vagliare preventivamente la rilevanza dei vari indizi e di individuare quelli ritenuti significativi e da ricomprendere nel suddetto contesto articolato e globale.

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