Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 22249 del 8 maggio 2017

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di mandato di arresto europeo, per soddisfare la condizione della doppia punibilitā prevista dall'art. 7, comma primo, della l. 22 aprile 2005, n. 69, non č necessario che lo schema astratto della norma incriminatrice dell'ordinamento straniero trovi il suo esatto corrispondente in una norma dell'ordinamento italiano, ma é sufficiente che la concreta fattispecie sia punibile come reato in entrambi gli ordinamenti, a nulla rilevando l'eventuale diversitā, oltre che del trattamento sanzionatorio, anche del titolo e di tutti gli elementi richiesti per la configurazione del reato. (Fattispecie relativa ad un m.a.e. emesso dall'Autoritā Giudiziaria belga in relazione ad una condanna per i reati di falso, uso di atti falsi, truffa e abuso di fiducia, in cui la Corte ha ritenuto infondato il motivo di ricorso relativo all'assenza del requisito della doppia incriminazione rilevando che, a prescindere dalla diversa qualificazione giuridica, le condotte concretamente ascritte al ricorrente integravano gli estremi della truffa e, dunque, non erano esenti da pena secondo la legge nazionale).

(massima n. 2)

In presenza di un mandato d'arresto europeo emesso per l'esecuzione di una decisione pronunciata "in absentia", non č configurabile il motivo di rifiuto di cui all'art. 18, lett. g), della legge 22 aprile 2005, n. 69, allorché nel m.a.e. si dia atto, ai sensi dell'art. 19, comma primo, lett. a), n. 4, della legge citata, come modificato dall'art. 2, D.Lgs. 15 febbraio 2016 n. 31, che l'interessato non ha ricevuto la notifica della decisione, ma la riceverā dopo la consegna con la possibilitā di chiedere entro un termine, nella specie di 15 giorni, un nuovo giudizio. (In motivazione la Corte ha precisato che tale condizione di legge non deve essere esplicitata nel dispositivo in quanto non opera "ab extrinseco", ma costituisce un presupposto del provvedimento di consegna).

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