Cassazione penale Sez. II sentenza n. 26246 del 25 maggio 2017

(1 massima)

(massima n. 1)

L'art. 350, comma 7, c.p.p., nel consentire l'utilizzabilità, salvo che nel dibattimento, delle dichiarazioni rese spontaneamente (e non, quindi, a seguito di sollecitazione) dalla persona sottoposta a indagini che si trovi in stato di libertà, pur in assenza del difensore e senza l'osservanza degli adempimenti di cui agli artt. 63 e 64 c.p.p., non si pone in contrasto né con l'art. 3 della Direttiva europea 2012/13/UE, recepita in Italia con il D.L.vo n. 101/2014, che si limita alla generica previsione secondo cui alle persone indagate o imputate dev'essere “tempestivamente” fornita l'informazione circa il diritto di avvalersi di un avvocato ed il diritto di restare in silenzio, né con gli orientamenti espressi dalla Corte europea dei diritti dell'uomo con le sentenze 27 ottobre 2011, Stoycovic c. Francia e Belgio e 24 ottobre 2013, Navone ed altri c. Monaco, la prima delle quali riguardava un caso in cui le dichiarazioni erano state rese non spontaneamente ma su sollecitazione, in sede di rogatoria internazionale, e la seconda un caso in cui il dichiarante non si trovava in stato di libertà.

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