Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 405 del 25 maggio 1994

(1 massima)

(massima n. 1)

In tema di peculato, quando il denaro è destinato alla pubblica amministrazione e il soggetto fisico, che nel suo interesse agisce, lo riceve a tale titolo dal privato, il possesso conseguito rimane qualificato dal fine pubblico cui il bene risulta destinato. Ne consegue che commette peculato l'agente che omette di versare ciò che ha ricevuto, perché quel denaro entra nella disponibilità della pubblica amministrazione nel momento stesso della consegna al pubblico ufficiale. Né hanno rilievo alcuno le modalità di riscossione e la eventuale irritualità dei mezzi di pagamento, anche in contrasto con disposizioni ed assetti organizzativi dell'ufficio, non essendo la sussistenza del reato esclusa dalla inosservanza di prescrizioni o di regole la cui violazione costituisce illecito amministrativo. Allo stesso modo è irrilevante che il pubblico ufficiale sia entrato nel possesso del bene nel rispetto o meno delle competenze che il mansionario interno prevede. È sufficiente a costituire il possesso «per ragione di ufficio» un qualsiasi rapporto che comunque si ricolleghi alle mansioni esercitate dall'agente e che gli consenta di maneggiare denaro, sia pure occasionalmente e in via di fatto.

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