Cassazione penale Sez. V sentenza n. 1951 del 21 febbraio 2000

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di c.d. «illecito sportivo» l'autore dell'evento lesivo che sia stato rispettoso delle regole del gioco, del dovere di lealtà nei confronti dell'avversario e dell'integrità fisica di costui non sarà perseguibile penalmente in quanto non potrà dirsi superata la soglia di «rischio consentito». Diversamente, allorché il fatto lesivo si verifichi perché il giocatore violi volontariamente le regole del gioco disattendendo i doveri di lealtà verso l'avversario, il fatto non potrà rientrare nella causa di giustificazione ma sarà penalmente perseguibile. (Nella specie la Corte ha ritenuto che non potesse ritenersi scriminato il comportamento del giocatore di pallacanestro che aveva sferrato un pugno al giocatore avversario attingendone la mandibola destra).

(massima n. 2)

Premesso che l'esercizio di attività sportiva, entro i limiti di quello che può essere definito «rischio consentito», si configura come causa di giustificazione non codificata rispetto ai fatti lesivi dell'integrità personale cui esso abbia dato luogo, deve escludersi che detta causa di giustificazione possa operare quando si violino volontariamente le regole del gioco, venendo così meno ai doveri di lealtà verso l'avversario (nel qual caso si risponderà a titolo di colpa, ove il mancato rispetto delle regole del gioco sia determinato soltanto dall'ansia del risultato), ovvero quando la gara rappresenti soltanto l'occasione della condotta volta a cagionare l'evento lesivo, come pure quando tale condotta non sia immediatamente rivolta all'azione di gioco, ma sia piuttosto diretta ad intimorire l'antagonista oppure a «punirlo» per un precedente fallo da lui commesso (ipotesi tutte, queste, nelle quali si risponderà, invece, a titolo di dolo). (Nella specie, in applicazione di tali principi, la S.C. ha ritenuto che correttamente fosse stato configurato il reato di lesioni personali volontarie a carico di un giocatore di pallacanestro il quale, in fase di c.d. «gioco fermo» — aspettandosi la rimessa in campo della palla — aveva colpito volontariamente con un pugno alla mascella un giocatore della squadra avversaria).

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