Cassazione penale Sez. III sentenza n. 1390 del 17 maggio 1996

(1 massima)

(massima n. 1)

Per proporre querela non è richiesta una formula sacramentale, ma deve manifestarsi in forma esplicita o implicita la volontà di chiedere la punizione del colpevole. Tale intenzione non può però essere dedotta dal comportamento successivo alla presentazione della denunzia e quando il tenore di questa risulti assolutamente equivoco sotto questo profilo, essa deve essere interpretata, sia per il generale canone ermeneutico di cui all'art. 1370 c.c., sia per il principio generale vigente nel settore penale in dubio pro reo, nel senso di escludere la natura di querela dell'atto di denuncia. (Nel caso di specie la Corte ha ritenuto che non potesse ritenersi querela la denuncia di un abuso sessuale interpretabile come semplice istanza di diffida, seguita da una formale querela presentata però oltre il termine massimo previsto dalla legge).

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