Cassazione penale Sez. III sentenza n. 8962 del 3 ottobre 1997

(2 massime)

(massima n. 1)

L'omesso esame di una prova può essere dedotto in cassazione soltanto nei limiti di cui all'art. 606 lett. e) c.p.p. È, cioè, necessario che la prova sia enunciata nella decisione, ma trascurata nello sviluppo delle argomentazioni. Anche in quest'ultimo caso deve risultare non assorbita in altre considerazioni. Esso non può essere inquadrato nella violazione dell'art. 546 comma 1 lett. e) - tale da determinare la nullità della pronunzia in base all'art. 125 comma 1 n. 3 c.p.p. in riferimento all'art. 606 lett. b) - poiché tale vizio attiene a disposizioni di diritto sostanziale e non processuale, anche laddove menziona le «altre norme giuridiche». Non è configurabile neppure la violazione dell'art. 606 lett. c) c.p.p., poiché il difetto di motivazione, pur costituendo fonte d'invalidità della sentenza, può essere rappresentato esclusivamente alla stregua dell'art. 606 lett. e), che opera come previsione specifica e rende inapplicabile quella di carattere generale, contenuta nella lett. c). Né la censura può, infine, rientrare nella lett. d) dell'art. 606 cit., in quanto questa statuizione ha la funzione di apprestare tutela nel caso di eventuali violazioni del c.d. diritto alla controprova, quando sia stata compromessa l'effettiva instaurazione del contraddittorio fra le parti in ordine ad un elemento decisivo dell'istruzione probatoria.

(massima n. 2)

La valutazione del contenuto della dichiarazione del minore — parte offesa — in materia di reati sessuali, in considerazione delle complesse implicazioni che la materia stessa comporta, deve contenere un esame: dell'attitudine psicofisica del teste ad esporre le vicende in modo utile ed esatto; della sua posizione psicologica rispetto al contesto delle situazioni interne ed esterne. Proficuo è l'uso dell'indagine psicologica, che concerne due aspetti fondamentali: l'attitudine del bambino a testimoniare, sotto il profilo intellettivo ed affettivo, e la sua credibilità. Il primo consiste nell'accertamento della sua capacità di recepire le informazioni, di raccordarle con altre, di ricordarle e di esprimerle in una visione complessa, da considerare in relazione all'età, alle condizioni emozionali, che regolano le sue relazioni con il mondo esterno, alla qualità e natura dei rapporti familiari. Il secondo — da tenere distinto dall'attendibilità della prova, che rientra nei compiti esclusivi del giudice — è diretto ad esaminare il modo in cui la giovane vittima ha vissuto ed ha rielaborato la vicenda in maniera da selezionare sincerità, travisamento dei fatti e menzogna. In ogni caso bisogna evitare ogni trauma ulteriore, non strettamente ed assolutamente indispensabile.

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