Cassazione penale Sez. V sentenza n. 215 del 15 marzo 1993

(1 massima)

(massima n. 1)

La persona che rende dichiarazioni al giudice o al pubblico ministero ha l'obbligo di rispondere secondo veritą alle domande che gli sono rivolte, ai sensi degli artt. 198, primo comma e 362 c.p.p. e di quest'obbligo dev'essere avvertita sia inizialmente, sia quando sia sospettata di falsitą o reticenza, senza che in seguito a questo sospetto e al conseguente avvertimento mutino le forme dell'assunzione e diventi necessario procedere considerando la persona come sottoposta alle indagini. A tale conclusione induce il dettato dell'art. 207 c.p.p., che al primo comma prevede un nuovo avvertimento sulle «responsabilitą previste dalla legge penale per i testimoni falsi o reticenti» (art. 497, secondo comma c.p.p.) ed al secondo comma la possibilitą, per il giudice, al termine dell'assunzione, di informare il pubblico ministero, ove ravvisi indizi del reato ex art. 372 c.p. (Fattispecie in tema di misura cautelare personale: la Suprema Corte ha ritenuto che legittimamente il giudice del riesame avesse considerato tra gli indizi a carico le dichiarazioni di persona esaminata ai sensi dell'art. 362 c.p.p., il cui esame era proseguito dopo l'ammonimento a riferire il vero).

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