Cassazione civile Sez. Lavoro sentenza n. 17353 del 11 ottobre 2012

(2 massime)

(massima n. 1)

Dal mancato godimento delle ferie - una volta divenuto impossibile per il datore di lavoro, anche senza sua colpa, adempiere l'obbligo di consentirne la fruizione - deriva il diritto del lavoratore al pagamento dell'indennità sostitutiva, che ha natura retributiva, in quanto rappresenta la corresponsione del valore di prestazioni non dovute e non restituibili in forma specifica, in misura pari alla retribuzione. Ne deriva che le clausole del contratto collettivo (nella specie, l'art. 18, comma 9, c.c.n.l. Regioni ed enti locali, triennio 1994-1997), che pur prevedono che le ferie non sono monetizzabili, vanno interpretate - in considerazione dell'irrinunciabilità del diritto alle ferie, ed in applicazione del principio di conservazione del contratto - nel senso che, in caso di mancata fruizione delle ferie per causa non imputabile al lavoratore, non è escluso il diritto di quest'ultimo all'indennità sostitutiva.

(massima n. 2)

Nel contratto di lavoro - ove le prestazioni sono corrispettive, in quanto all'obbligo di lavorare dell'una corrisponde l'obbligo di remunerazione dell'altra - ciascuna parte può valersi dell'eccezione di inadempimento prevista dall'art. 1460 c.c., dovendosi escludere che alla inadempienza del lavoratore il datore di lavoro possa reagire solo con sanzioni disciplinari o, al limite, con il licenziamento, oppure col rifiuto di ricevere la prestazione parziale a norma dell'art. 1181 c.c. e con la richiesta di risarcimento. Ne consegue che, nel caso di inadempimento della prestazione lavorativa il datore di lavoro non è tenuto al pagamento delle retribuzioni ove ricorrano le condizioni dell'art. 1460 c.c.. (Nella specie, la sentenza impugnata aveva condannato il datore al pagamento delle retribuzioni per il periodo, nel quale non vi era stata alcuna prestazione lavorativa, intercorrente tra la scadenza del periodo di comporto e la data di efficacia del licenziamento, ritenendo che il mantenimento del posto di lavoro del dipendente nel detto periodo, in assenza di causa legittima di sospensione, implicasse rinuncia del datore a far valere l'assenza ingiustificata del dipendente; la S.C., nel cassare la decisione impugnata, ha affermato il principio su esteso).

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