Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 4915 del 27 maggio 1997

(2 massime)

(massima n. 1)

Ai fini della sussistenza dell'ipotesi delittuosa prevista dal secondo comma dell'art. 346 c.p., che costituisce fattispecie autonoma e non ipotesi aggravata rispetto a quella prevista nel primo, non è necessaria né la millanteria né una generica mediazione. L'agente infatti non pone ad oggetto della propria pattuizione il proprio intervento, né richiede un compenso per sè, ma adduce come causa della controprestazione il «dover comprare il favore del pubblico ufficiale» ovvero «il doverlo remunerare». A fronte di tale condotta sono possibili due sole alternative: o il soggetto si appropria delle somme, ed in questo caso deve rispondere del reato di cui all'art. 346, comma 2, c.p., o veramente corrompe o tenta di corrompere il funzionario, ed in questo caso dovrà rispondere del reato di corruzione. Quando non vi siano elementi che dimostrino quest'ultima ipotesi, residua la prima, senza che assuma rilevanza né la millanteria del credito né l'eventuale assunta mediazione.

(massima n. 2)

Nel reato di millantato credito previsto dal primo comma dell'art. 346 c.p. l'effettivo svolgimento di un'attività di mediazione può avere l'effetto di escludere l'antigiuridicità della condotta solo quando si tratti di una mediazione professionale lecita, perché riconosciuta da specifiche disposizioni di legge, e sempre con esclusione di aderenze personali extraprofessionali.

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