Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 1786 del 11 giugno 1998

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di motivazione del decreto di sequestro probatorio, anche in relazione alle cose che costituiscono corpo del reato occorre indicare la ragione della necessità del sequestro in funzione dell'«accertamento dei fatti», come si ricava, in primo luogo, dalla ratio dell'art. 253, comma primo, c.p.p., che se collega tale espressione al sequestro delle cose pertinenti al reato, non autorizza certo il sequestro del corpo di reato al di fuori di ogni finalità di indagine; in secondo luogo, dall'art 262 del medesimo codice, che prevede la restituzione delle cose sequestrate, tra cui anche quelle che costituiscono corpo del reato, quando «non è necessario mantenere il sequestro a fini di prova». A ritenere il contrario, si renderebbe possibile un'ablazione della cosa al di fuori della indicazione dei motivi di interesse pubblico, collegati all'accertamento dei fatti di reato, con lesione dell'art. 42 Cost.; il che sarebbe tanto più grave in quanto si tratti di cose di proprietà di terzi estranei, oggetto della condotta delittuosa. (Fattispecie di sequestro probatorio di un cavallo, qualificato come corpo del reato di cui all'art. 392 c.p., di proprietà della persona offesa querelante).

(massima n. 2)

In tema di riesame di un provvedimento di sequestro probatorio, la nullità del provvedimento per omessa indicazione della esigenza del sequestro ai fini dell'accertamento dei fatti non è sanabile dal tribunale del riesame, il quale giudice può sì far valere ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione dell'atto a lui sottoposto, a condizione che l'atto in questione sia, per l'appunto, in qualche modo motivato, essendo invece tenuto ad annullare il provvedimento se esso si limiti alla constatazione che oggetto del sequestro è un corpo del reato.

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