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Articolo 21 Testo Unico sulle successioni e donazioni

(D.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346)

[Aggiornato al 13/01/2024]

Condizioni di deducibilità dei debiti

Dispositivo dell'art. 21 Testo Unico sulle successioni e donazioni

1. I debiti del defunto devono risultare da atto scritto di data certa anteriore all'apertura della successione o da provvedimento giurisdizionale definitivo.

2. I debiti inerenti all'esercizio di imprese sono ammessi in deduzione anche se risultano dalle scritture contabili obbligatorie del defunto regolarmente tenute a norma di legge.

3. Se il defunto non era obbligato alla tenuta di scritture contabili, i debiti cambiari e i debiti verso aziende o istituti di credito, compresi i saldi passivi dei conti correnti, sono ammessi in deduzione anche se risultano dalle scritture contabili obbligatorie, regolarmente tenute a norma di legge, del trattario o del prenditore o dell'azienda o istituto di credito.

4. I debiti derivanti da rapporti di lavoro subordinato, compresi quelli relativi al trattamento di fine rapporto e ai trattamenti previdenziali integrativi, sono deducibili nell'ammontare maturato alla data di apertura della successione, anche se il rapporto continua con gli eredi o i legatari.

5. I debiti verso lo Stato, gli enti pubblici territoriali e gli enti pubblici che gestiscono forme obbligatorie di previdenza e di assistenza sociale, esistenti alla data di apertura della successione, nonché i debiti tributari, il cui presupposto si è verificato anteriormente alla stessa data, sono deducibili anche se accertati in data posteriore.

6. Per debito del defunto si intende anche quello di somme dovute al coniuge divorziato, a seguito di sentenza di scioglimento di matrimonio o di cessazione di effetti civili dello stesso.

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Consulenze legali
relative all'articolo 21 Testo Unico sulle successioni e donazioni

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

M. G. chiede
mercoledì 02/11/2022 - Lombardia
“Accettazione eredità e fidejussioni non conosciute
Buongiorno,
mio padre è deceduto da qualche mese e pochi giorni prima della sua morte ho ricevuto un assegno circolare da parte di mio fratello credo proveniente dal conto corrente di mio padre.
Non ho ancora incassato l'assegno per timore che mio padre in vita possa aver rilasciato delle fidejussioni di cui non sono a conoscenza e/o abbia dei conti correnti bancari in rosso.
Tre domande:
a) un assegno circolare emesso PRIMA della morte può comunque essere considerato parte di eredità?
b) in che modo è possibile conoscere l' eventuale esistenza di fidejussioni rilasciate da mio padre e/o da mio fratello col quale mio padre aveva un conto cointestato ?
c) ho saputo che esiste la possibilità di accettare un eredità con beneficio d' inventario, ma come è possibile inserire nell' inventario delle eventuali fidejussioni di cui non si è a conoscenza ?
In attesa di Vs. risposta, distinti saluti”
Consulenza legale i 08/11/2022
La situazione che qui si prospetta ricorre, in realtà, ogni qual volta si assiste all’apertura della successione ereditaria di una persona, in quanto è molto improbabile che coloro che si vengono a trovare nella posizione di chiamati all’eredità, per legge o per testamento, possano avere conoscenza certa e assoluta della situazione patrimoniale del defunto, soprattutto sotto il profilo della possibile esistenza o sopravvenienza di debiti.
Ora, la prima questione che nel caso di specie si pone e che si reputa opportuno affrontare preliminarmente è quella relativa agli effetti che possono conseguire dalla riscossione dell’assegno circolare che si è avuto in consegna dal fratello e tratto, probabilmente, su conto corrente intestato al defunto padre, assegno non riscosso prima della morte.

Ebbene, può al riguardo affermarsi che nessun effetto pregiudizievole può discendere dalla riscossione post mortem di quell’assegno, a condizione che dallo stesso sia possibile desumere con certezza una data di emissione antecedente a quella del decesso (ciò che è facilmente dimostrabile nel caso di assegno circolare, per il quale è la banca stessa ad apporre la data di emissione) ed a nulla rilevando, per tale ipotesi, che l’assegno sia presentato per l’incasso dopo la morte del correntista.
Trattandosi di titolo divenuto esigibile prima della morte del correntista emittente, la banca sarà tenuta al pagamento della somma portata da quel titolo in favore del suo legittimo prenditore e le somme così riscosse non si considereranno prelevate dal patrimonio ereditario.

L’altro problema che si chiede di prendere in esame è quello relativo alla possibilità di conoscere la situazione debitoria del de cuius prima di decidere se accettare o meno l’eredità ovvero se avvalersi dell’istituto giuridico dell’accettazione con beneficio di inventario.
Ora, ci sono in effetti delle verifiche da poter compiere a tale fine, ma per quanto possano essere accurate, non sarà mai possibile conseguire una certezza assoluta sull’ammontare delle obbligazioni rimaste insolute in capo al defunto.
Considerato che nel caso di specie ciò che si teme è, in particolare, la sussistenza di eventuali posizioni debitorie nei confronti di privati ed istituti di credito, l’unica possibilità che si ha è quella di rivolgersi alle banche o uffici postali con i quali il de cuius era solito intrattenere rapporti, richiedendo agli stessi il rilascio di un’attestazione con l’indicazione dei debiti in corso, compresa la prestazione di eventuali fideiussioni.
Si tenga conto che le banche, a cui la richiesta andrà inoltrata, non potranno rifiutarsi di dare seguito alla stessa, purchè ovviamente si fornisca loro adeguata documentazione attestante il rapporto di parentela intercorrente con il defunto, da cui poter desumere la propria posizione di chiamato all’eredità.

Molto più complesso, se non del tutto impossibile, invece, è verificare la sussistenza di eventuali fideiussioni prestate in favore di creditori privati ed a garanzia di debiti contratti dall’altro figlio, nel qual caso non ci si può che affidare alla buona fede di quest’ultimo nel renderle note.
Qualora, dunque, non si riuscisse a conseguire un minimo grado di certezza circa l’assenza di debiti presenti e futuri gravanti sul patrimonio relitto dal de cuius, non resta altra soluzione che quella di avvalersi, come si accenna nello stesso quesito, di quella particolare forma di accettazione dell’eredità che è l’accettazione con beneficio di inventario, istituto giuridico che, come sembra essere noto a chi pone il quesito, consente di tenere ben distinto il patrimonio del defunto da quello degli eredi (ovviamente, a condizione che sussistano tutti i presupposti e si osservino tutte le condizioni volute dal legislatore ed a cui si fa espresso riferimento gli artt. 484 e ss. c.c.).

Per tale ipotesi, nessun problema può sussistere circa l’eventuale esistenza di garanzie fideiussorie sconosciute al momento della redazione dell’inventario e, per tale ragione, non contemplate nello stesso inventario.
Infatti, costituisce principio generale, applicabile a situazioni di questo tipo, quello secondo cui l’obbligazione fideiussoria può configurarsi come posta del passivo ereditario (e, dunque, come tale essere inserita nell’inventario di eredità) soltanto nel momento in cui si è verificato l’inadempimento del debitore garantito, considerato che fino a tale preciso momento il creditore non ha ancora diritto di escutere la garanzia fideiussoria.

Una conferma in tal senso può ricavarsi dalla normativa fiscale, e precisamente dal disposto di cui all’art. 21 del T.U. successioni e donazioni, norma che considera come passività deducibili soltanto i debiti del defunto esistenti alla data di apertura della successione.
Sia la prassi che la giurisprudenza hanno univocamente interpretato tale disposizione nel senso che per determinare la base imponibile dell’imposta di successione, i soli debiti ereditari deducibili sono quelli liquidi ed esigibili e, pertanto, le eventuali fideiussioni prestate dal defunto non costituiscono passività deducibili, a meno che al momento dell’apertura della successione sussista l’insolvenza del debitore garantito o l’impossibilità per gli eredi del fideiussore defunto di esercitare l’azione di regresso (così Cass., 21 febbraio 2008, n. 4419).

Trasponendo tale normativa sul piano del diritto sostanziale, la giurisprudenza, chiamata a pronunciarsi in tema di calcolo della quota di riserva spettante ai legittimari, ha potuto affermare che è possibile procedere ad una rettifica della consistenza del patrimonio ereditario se il debito, discendente da una fideiussione prestata dal de cuius ed inizialmente non detratto, sia venuto ad esistenza in un secondo momento (così Cass., 9 novembre 2021, n. 32804).
Da ciò se ne può agevolmente dedurre che, in caso di accettazione con beneficio di inventario, qualora dopo la redazione dell’inventario dovesse essere escussa una garanzia fideiussoria prestata dal de cuius prima della morte, sarà ben possibile procedere legittimamente ad una rettifica dell’inventario già redatto, inserendo quella garanzia tra le passività ereditarie.

Ulteriore conferma di tale possibilità, sempre sotto il profilo fiscale, si rinviene in quanto stabilito al comma 1, lett. f) dell’art. 42 del T.U. successioni e donazioni, ove è previsto il rimborso dell’imposta “risultante pagata in più a seguito di accertamento, successivamente alla liquidazione, dell’esistenza di passività”.

M. A. G. chiede
mercoledì 14/12/2022 - Veneto
“Quesito urgente in merito alla dichiarazione di successione.
Quali sono le passività detraibili nel Quadro ED? I prestiti con atto privato fatti dal figlio al genitore non restituiti sono detraibili nel quadro ED?
Distinti saluti”
Consulenza legale i 20/12/2022
La dichiarazione di successione, come noto, è un adempimento degli eredi, prevalentemente di natura fiscale, nella quale sono indicati gli attivi (in linea generale i crediti) nonché le passività e gli oneri (i debiti) del de cuius in essere al momento dell’evento della morte.
Nello specifico le passività, ovverosia le diverse tipologie di debiti contratti dal de cuius, devono essere indicati nel Quadro ED della citata dichiarazione e sono:
  • debiti del defunto;
  • spese mediche e chirurgiche;
  • spese funerarie.
Al riguardo, occorre sottolineare che tale quadro è compilabile solo allorquando si tratti di passività deducibili.
Ciò significa che, al fine di valutare la sussistenza di un obbligo di compilazione di tale quadro, occorre indagare la natura deducibile o non deducibile del debito.
Ai sensi dell’art. 20, D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, le passività deducibili sono costituite dai debiti del defunto esistenti alla data di apertura della successione e dalle spese mediche e funerarie. La deduzione è ammessa alle condizioni e nei limiti di cui agli articoli da 21 a 24.
L’art. art. 21 del T.U. successioni e donazioni prevede che le passività deducibili sono costituite dai debiti del defunto esistenti alla data di apertura della successione, purché risultino da atto scritto avente data certa anteriore all’apertura della successione o da provvedimento giurisdizionale definitivo. Il successivo art. art. 24 del T.U. successioni e donazioni stabilisce specifiche condizioni per la deducibilità delle spese funerarie e mediche.
In linea con il dettato normativo si è espressa la Corte di Cassazione, che, sulla natura deducibile dei componenti ha stabilito che, in linea generale, in base al dettato di cui all'art. art. 20 del T.U. successioni e donazioni, sono deducibili tutti i debiti del defunto esistenti alla data di apertura della successione, senza esclusione, purché sussistano le condizioni stabilite negli artt. da art. 21 del T.U. successioni e donazioni a art. 24 del T.U. successioni e donazioni.
Specifiche tipologie di spese indeducibili o condizioni di indeducibilità delle passività, sono previste dall’art. 22 del citato Testo unico che, a esempio, stabilisce la non deducibilità di contratti per l'acquisto di beni o diritti non compresi nell'attivo ereditario.
Sulla interpretazione di tale norma si è espressa l’Agenzia delle Entrate, che nel ripercorrere il quadro normativo e giurisprudenziale di cui sopra, con la risposta all’interpello 11 settembre 2020, n. 342.
L’art. 22 pone un limite alla deducibilità nel caso in cui il debito sia stato contratto per l’acquisto di beni o diritti, che non facciano parte dell’attivo ereditario.
Sintetizzando e semplificando sono deducibili le passività contratte dal de cuis per l'acquisto di specifici beni e/o diritti che siano parte dell’asse ereditario, in presenza dei presupposti di cui agli artt. 21 e art. 23 del T.U. successioni e donazioni.
In tal caso il debito andrà inserito nel quadro ED con il codice 12 “altre passività”.
Alla luce di quanto sopra, si ritiene che, nel caso prospettato, non sussistano le condizioni per la deducibilità del prestito personale, atteso che, sulla base di quanto riferito, tale debito personale, ancorché risultante da scrittura privata non parrebbe essere stato contratto per l’acquisto di beni e diritti facenti parte dell’asse ereditario, ma per estinguere altri prestiti di diversa natura.
Stante l’indeducibilità di tale prestito, si ritiene che la passività non debba essere indicata nella dichiarazione di successione.