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Articolo 106 Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR)

(D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917)

[Aggiornato al 01/01/2024]

Svalutazione dei crediti e accantonamenti per rischi su crediti

Dispositivo dell'art. 106 TUIR

1. Le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, per l'importo non coperto da garanzia assicurativa, che derivano dalle cessioni di beni e dalle prestazioni di servizi indicate nel comma 1 dell'articolo 85, sono deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,50 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti stessi. Nel computo del limite si tiene conto anche di accantonamenti per rischi su crediti. La deduzione non è più ammessa quando l'ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti ha raggiunto il 5 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell'esercizio.

2. Le perdite sui crediti di cui al comma 1, determinate con riferimento al valore nominale o di acquisizione dei crediti stessi, sono deducibili a norma dell'articolo 101, limitatamente alla parte che eccede l'ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti dedotti nei precedenti esercizi. Se in un esercizio l'ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti dedotti eccede il 5 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti, l'eccedenza concorre a formare il reddito dell'esercizio stesso.

3. Per gli intermediari finanziari, le svalutazioni e le perdite su crediti verso la clientela iscritti in bilancio a tale titolo e le perdite realizzate mediante cessione a titolo oneroso sono deducibili integralmente nell'esercizio in cui sono rilevate in bilancio. Ai fini del presente comma le svalutazioni e le perdite diverse da quelle realizzate mediante cessione a titolo oneroso si assumono al netto delle rivalutazioni dei crediti risultanti in bilancio.

3-bis. [Per i nuovi crediti di cui al comma 3 erogati a decorrere dall'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2009, limitatamente all'ammontare che eccede la media dei crediti erogati nei due periodi d'imposta precedenti, diversi da quelli assistiti da garanzia o da misure agevolative in qualsiasi forma concesse dallo Stato, da enti pubblici e da altri enti controllati direttamente o indirettamente dallo Stato, le percentuali di cui allo stesso comma sono elevate allo 0,50 per cento. L'ammontare delle svalutazioni eccedenti il detto limite è deducibile in quote costanti nei nove esercizi successivi.](1)

4. Per gli intermediari finanziari nell'ammontare dei crediti rilevanti ai fini del presente articolo si comprendono anche quelli impliciti nei contratti di locazione finanziaria iscritte nell'attivo in applicazione dei criteri di cui all'articolo 112(2).

5. [Le perdite sui crediti di cui al comma 3 e di cui al comma 3-bis, determinate con riferimento al valore di bilancio dei crediti, sono deducibili, ai sensi dell'articolo 101, limitatamente alla parte che eccede l'ammontare dell'accantonamento per rischi su crediti dedotto nei precedenti esercizi. Se in un esercizio l'ammontare del predetto accantonamento eccede il 5 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio, l'eccedenza concorre a formare il reddito dell'esercizio stesso.](1)

Note

(1) Comma abrogato dalla l. 27 dicembre 2013, n.147.
(2) I commi 3 e 4 sono stati modificati dall'art. 12 comma 1 lett. b) del D. Lgs. 29 novembre 2018, n. 142.
Il D. Lgs. 29 novembre 2018, n. 142 ha inoltre disposto, con l'art. 13, comma 9, che la presente modifica si applica a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018; con riferimento ai periodi d'imposta precedenti ai quali si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 136, per i quali i termini per il versamento a saldo delle imposte sui redditi sono scaduti anteriormente alla medesima data, sono fatti salvi gli effetti sulla determinazione del reddito complessivo ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione netta ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive, relativi ai medesimi periodi d'imposta, derivanti dall'applicazione delle disposizioni vigenti in tali periodi, anche se non coerenti con le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 162 bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, introdotto dalla lettera d) del comma 1 dell'articolo 12. Ai fini del presente comma gli effetti sulla determinazione del reddito complessivo e del valore della produzione netta sono fatti salvi purché prodotti da comportamenti tra loro coerenti manifestati entro l'8 agosto 2018.

Massime relative all'art. 106 TUIR

Cass. civ. n. 6242/2020

Ai fini della determinazione del reddito della stabile organizzazione imputabile ad una filiale italiana di banca estera, sottocapitalizzata o priva di capitale di rischio, la deducibilità dei componenti negativi postula la necessaria adozione di correttivi (nella specie individuati dall'Agenzia delle Entrate nel fondo di dotazione figurativo, rilevante ai fini della determinazione del "quantum" delle perdite dei crediti deducibili, per effetto della loro imputazione "pro-quota", rispettivamente, alla filiale italiana ed alla casa madre estera), anche mediante richiamo al par. 18.3. del Commentario Ocse contro le doppie imposizioni, che, pur non avendo valore normativo, costituisce una raccomandazione diretta ai Paesi aderenti. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la pronuncia della CTR che aveva dichiarato l'illegittimità del recupero fiscale delle svalutazioni sui finanziamenti concessi al gruppo Parmalat attraverso liquidità ottenute da una banca statunitense tradotte in speculari interessi passivi, rilevati dalla "branch" domestica nei confronti della casa madre statunitense, malgrado l'assenza di un'adeguata e corrispondente patrimonializzazione).

Cass. civ. n. 5833/2020

Anche in materia di IRAP, in relazione alle imprese bancarie, la svalutazione dei crediti risultanti dal bilancio di esercizio determina immediatamente la decurtazione del valore fiscale dei ricavi, poiché ad essa è stata riconosciuta rilevanza dall'art. 71 (ora 106), comma 3, T.U.I.R. per rendere la disciplina fiscale più adeguata alle esigenze del mercato bancario e assicurare pieno riconoscimento alle svalutazioni imputate al conto economico, e la relativa deduzione è soltanto rinviata, per noni, agli esercizi successivi, secondo il criterio di cui all'art. 106, comma 3, cit., per evitare il superamento del limite massimo di deducibilità in ciascun esercizio. Ne consegue che l'indeducibilità ai fini dell'IRAP, introdotta dall'art. 2, comma 2, del d.l. n. 168 del 2004, conv. con modif. dalla l. n. 191 del 2004, a partire dall'esercizio 2005, non attinge le quote (cd. noni pregressi) di competenza degli esercizi anteriori, in quanto relative a svalutazioni di crediti operate nei corrispondenti bilanci, e oggetto, quindi, di una situazione giuridica sostanziale già consolidata; né è giustificabile un'interpretazione della disciplina in chiave retroattiva, in assenza di specifica previsione, poiché la stessa si porrebbe in contrasto con il canone ermeneutico di cui all'art. 3 della l. n. 212 del 2000. (In applicazione del primo principio, la S.C. ha ritenuto che il "dies a quo" del termine di decadenza per il rimborso dell'acconto IRAP versato in eccedenza per effetto della mancata deduzione dei noni delle svalutazioni dei crediti anteriori al 2005 decorre dal versamento di ciascun acconto, indipendentemente dal diverso metodo "retributivo" di determinazione del valore della produzione, che è la base imponibile dell'IRAP per i soli enti pubblici, atteso che le svalutazioni dei crediti e i correlativi noni sono componenti passive "certe", le quali riducono il valore della produzione in misura sempre identica, determinato, per le banche, con le peculiari modalità previste dall'art. 6 del d.P.R. n. 446 del 1997).

Cass. civ. n. 9237/2019

In tema di determinazione dei redditi di impresa, poiché dal compimento di una determinata scelta di bilancio da parte della società contribuente consegue automaticamente l'applicazione del relativo regime fiscale, ove venga istituito un fondo rischi su crediti, le perdite sui crediti realizzate successivamente agli accantonamenti previsti in bilancio, ai sensi dell'art. 106, comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986, sono deducibili, a norma dell'art. 101 dello stesso decreto, non integralmente, ma solo per la parte che eccede l'ammontare complessivo degli accantonamenti dedotti nei precedenti esercizi.

Cass. civ. n. 10686/2018

In tema di redditi di impresa, il discrimine tra "perdite sui crediti" e "svalutazione dei crediti" si correla alla definitività del venir meno della posta attiva, nel senso che, alla stregua di un giudizio prognostico, si ha perdita del credito quando esso è divenuto definitivamente inesigibile, mentre si ha svalutazione quando il credito è solo temporaneamente non realizzabile.

Cass. civ. n. 956/2018

In tema di svalutazione dei crediti per la determinazione del reddito d'impresa, l'art. 106, commi 3 e 4, del d.P.R. n. 917 del 1986, consente agli enti creditizi e finanziari di cui al d.lgs. n. 87 del 1992 di dedurre in ciascun esercizio il valore dei crediti impliciti nei contratti di locazione finanziaria risultanti in bilancio nella misura percentuale prevista al comma 1 del detto art. 106, senza che assuma rilevanza sul plafond di deducibilità di tali crediti il grado di rischiosità degli stessi, anche desunto dalla tipologia dei soggetti debitori, ovvero la distinzione tra soggetti ricompresi o meno nel sistema bancario.

Comm. Trib. Prov. Torino n. 1392/2017

Le svalutazioni di crediti che comportano un azzeramento del valore del credito non possono essere considerate alla stregua di perdite su crediti. I due concetti sono ben distinti e autonomamente disciplinati dal legislatore fiscale: il primo dall’art. 106 TUIR, ed il secondo dall’art. 101, comma 5 TUIR. Dalla loro lettura si evince che le due norme non sono affatto sovrapponibili e regolamentano fattispecie differenti e distinte. Quindi, non è accettabile, perché errato e non supportato da norme tributarie, asserire che le svalutazioni integrali del credito sono né più né meno che perdite su crediti, richiedendosi per le prime i presupposti di certezza e precisione necessari solo per le seconde.

Cass. civ. n. 28575/2017

In tema di determinazione ai fini impositivi dei redditi delle persone giuridiche, e con particolare riguardo ai costi deducibili per i beni conseguiti in locazione finanziaria, a seguito della modifica normativa prevista dall'art. 3, commi 103, lett. c) e 109 della l. n. 549 del 1995, il cd. "maxicanone", corrisposto con il pagamento della prima rata, deve essere contabilizzato interamente nell'esercizio di competenza.

Comm. Trib. Reg. Piemonte n. 1608/2017

Gli accantonamenti al fondo rischi su crediti sono deducibili anche relativamente a crediti ceduti pro-solvendo se e nella misura in cui essi, nonostante la cessione, determinino una situazione di rischio per il cedente. La pretesa dell’Amministrazione Finanziaria di escludere la deducibilità degli accantonamenti relativi ai crediti ceduti è, pertanto, fondata solo nei limiti in cui i crediti ceduti non comportino un rischio di inadempimento. Il recupero a tassazione degli accantonamenti va, invece, escluso quando l’effettivo sostenimento di tale rischio sia comprovato (nel caso in esame, risultava l’inadempimento della società debitrice, soggetta a fallimento).

Comm. Trib. Reg. Veneto n. 987/2017

Qualora la società debitrice estera sia fallita e sia stata cancellata dal registro delle imprese, è corretto dedurre la perdita sul credito vantato nei confronti della predetta società nell’anno d’imposta in cui si ha avuto notizia della sua cancellazione. Va invece respinta la tesi dell’Ufficio stando alla quale la deduzione deve essere operata nell’anno in cui è stato dichiarato il fallimento, a prescindere dal fatto che il contribuente ne fosse venuto a conoscenza o meno. Infatti ottenere precise informazioni in merito alla procedura concorsuale estera risulta certamente più difficoltoso che ottenere le medesime informazioni con riguardo ad una società italiana.

Comm. Trib. Reg. Abruzzo n. 270/2017

Sulla base del criterio della prevalenza della sostanza sulla forma, i c.d. finanziamenti post sisma, se pure all’apparenza paiono crediti verso la clientela, in realtà non sono tali, data l’assenza del rischio d’impresa (essendo garantiti dallo Stato) e non essendo prevista alcuna remunerazione o compenso per il servizio reso dalle banche. Ne consegue che, non essendo finanziamenti, non può trovare applicazione la norma che prevedeva la svalutazione dei crediti ex art. 106, comma 1, TUIR, potendo gli istituti creditizi dedurre interamente gli interessi passivi, oltre il limite, cioè, del 96% previsto dall’art. 96 TUIR.

Cass. civ. n. 13458/2015

In tema di determinazione del reddito d'impresa, a norma dell'art. 106 (già 71), comma 1, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio sono deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,50 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti stessi, sempre che l'ammontare complessivo di dette svalutazioni e degli accantonamenti non abbia raggiunto la soglia del 5 per cento, da calcolarsi, per espresso disposto normativo, sul valore nominale o di acquisizione dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell'esercizio, atteso che il raggiungimento di tale limite impedisce il sorgere e, quindi, la spettanza del diritto alla deduzione. (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Perugia, 02/07/2007).

Cass. civ. n. 19726/2014

In tema di imposte dirette e con riguardo alla determinazione del reddito d'impresa, è deducibile, ai sensi dell'art. 106 (già art. 71) del d.P.R. 22 dicembre 1986, la svalutazione del credito derivante da un preliminare di vendita immobiliare, in cui sia prevista una caparra confirmatoria, in quanto, da un lato, anche un negozio solo obbligatorio può essere fonte di ricavi e, dall'altro lato, la caparra confirmatoria ha esclusivamente la funzione di determinare preventivamente il danno e non comporta la copertura del credito con "garanzia assicurativa" e la conseguente esclusione del relativo rischio d'insolvenza. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Milano, 24/03/2009).

Cass. civ. n. 5403/2012

Anche in materia di IRAP, in relazione alle imprese bancarie, la svalutazione dei crediti risultanti dal bilancio di esercizio determina immediatamente la decurtazione del valore fiscale dei ricavi, poiché ad essa è stata riconosciuta rilevanza dall'art. 71, comma terzo, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (poi divenuto art. 106, comma terzo, del medesimo d.P.R.) per rendere la disciplina fiscale più adeguata alle esigenze del mercato bancario ed assicurare pieno riconoscimento alle svalutazioni imputate al conto economico, e la relativa deduzione è soltanto rinviata, per noni, agli esercizi successivi, secondo il criterio di cui all'art. 106, comma terzo, citato, per evitare il superamento del limite massimo di deducibilità in ciascun esercizio. Ne consegue che l'indeducibilità ai fini dell'IRAP, introdotta dall'art. 2, comma secondo, del d.l. 12 luglio 2004, n. 168, convertito in legge 30 luglio 2004, n. 191, a partire dall'esercizio 2005, non attinge le quote (cd. noni pregressi) di competenza degli esercizi anteriori, in quanto relative a svalutazioni di crediti operate nei corrispondenti bilanci, ed oggetto, quindi, di una situazione giuridica sostanziale già consolidata; né è giustificabile un'interpretazione della disciplina in chiave retroattiva, in assenza di specifica previsione, poiché la stessa si porrebbe in contrasto con il canone ermeneutico di cui all'art. 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Milano, 18/01/2010).

Cass. civ. n. 14337/2011

In tema di determinazione del reddito d'impresa, la deduzione degli accantonamenti iscritti nel fondo rischi su crediti, prevista dall'art. 71 (art. 106 secondo la numerazione introdotta dal d.lgs. 30 dicembre 1993, n. 344) del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, si applica ai crediti ceduti "pro solvendo" se, e nella misura in cui, essi, nonostante la cessione, determinino una situazione di rischio per il cedente. (Principio affermato con riferimento a crediti ceduti in factoring). (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Milano, 12/01/2006).

Cass. civ. n. 8580/2006

In tema di redditi d'impresa, fra gli accantonamenti al fondo rischi su crediti nei confronti di imprese assoggettate a procedure concorsuali, ai sensi degli artt. 66, comma 3, e 71 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (nel testo in vigore sino al 31 gennaio 2003), nonché dell'art. 11 del d.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, non sono compresi i crediti nei confronti di imprese in amministrazione controllata, perché questa presuppone unicamente una temporanea difficoltà di adempiere alle obbligazioni da parte dell'imprenditore, e non è pertanto equiparabile, sotto il profilo dinamico, alle altre procedure concorsuali - per la cui apertura è, invece, esplicitamente richiesto lo stato di insolvenza - in ordine alle prospettive di soddisfazione dei creditori. (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Genova, 15 Aprile 1999).

Cass. civ. n. 5357/2006

In tema di imposte sui redditi, l'art. 66, terzo comma, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, prevedendo che, al di fuori dell'ipotesi in cui il debitore sia assoggettato a procedure concorsuali, le perdite su crediti sono deducibili dal reddito imponibile soltanto se risultino da elementi certi e precisi, pone a carico del contribuente l'onere di allegare e documentare gli elementi di riferimento che hanno dato luogo alla perdita: pertanto, nell'ipotesi in cui l'Amministrazione abbia negato la deducibilità delle perdite su crediti acquistati a seguito di cessione, la mera allegazione che quest'ultima ha avuto luogo "pro soluto" anziché "pro solvendo", secondo gli schemi predisposti dalla normativa civilistica, non esonera il contribuente dal documentare, mediante elementi certi e precisi (ad esempio, il prezzo stimato del credito rispetto al suo valore nominale), che la perdita risultante dalla cessione era da intendersi come oggettivamente definitiva, né preclude al giudice di merito l'esercizio del suo potere di apprezzare liberamente la sufficienza di quelle risultanze probatorie. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Milano, 17 Settembre 1999).

Cass. civ. n. 2208/2006

In tema di determinazione del reddito d'impresa, la deduzione degli accantonamenti iscritti nel fondo rischi su crediti, prevista dall'art. 71 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, è fondata solo nei limiti in cui i crediti ceduti comportino il rischio di inadempimento, secondo le regole aziendalistiche di calcolo della corrispondente svalutazione dei crediti conseguente alla natura "pro soluto" o "pro solvendo" della loro cessione, la quale deve essere provata dalla società che invoca la deducibilità. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Napoli, 12 Gennaio 1999).

Cass. civ. n. 16630/2005

In tema di imposte sui redditi d'impresa, l'art. 66, comma terzo, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, che prevede la deduzione delle perdite su crediti, quali componenti negative del reddito d'impresa, se risultano da elementi certi e precisi e, in ogni caso, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali, va interpretato nel senso che l'anno di competenza per operare la deduzione deve coincidere con quello in cui si acquista certezza che il credito non può più essere soddisfatto, perché in quel momento si materializzano gli elementi "certi e precisi" della sua irrecuperabilità. Diversamente opinando si rimetterebbe all'arbitrio del contribuente la scelta del periodo d'imposta più vantaggioso per operare la deduzione, snaturando la regola espressa dal principio di competenza, che rappresenta invece criterio inderogabile ed oggettivo per determinare il reddito d'impresa. La prova della sussistenza degli elementi suddetti non impone né la dimostrazione che il creditore si sia attivato per esigere il suo credito, né che sia intervenuta sentenza di fallimento del debitore. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Milano, 13 Luglio 1998).

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Consulenze legali
relative all'articolo 106 TUIR

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Francesco M. chiede
venerdì 03/05/2019 - Lombardia
“A causa della contrazione dell’importo dei crediti iscritti in bilancio il fondo svalutazione crediti, all’inizio dell’esercizio, è già superiore alla soglia prevista dal legislatore (pari al 5% del valore nominale dei crediti – art. 106 Tuir).

In questo caso l’eccedenza tra il fondo all'inizio dell’esercito ed il 5% dei crediti iscritti in bilancio (inferiore al fondo esistente all'inizio dell’esercizio) concorre a formare il reddito d’esercizio a titolo di sopravvenienza attiva? Oppure resta invariato??”
Consulenza legale i 09/05/2019
Come noto, l’art. 106 del TUIR disciplina la svalutazione dei crediti e gli accantonamenti per rischi su crediti.
Relativamente alla prima, il predetto articolo dispone, al comma 1, che le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio sono deducibili dal reddito di impresa a patto che vengano rispettate le seguenti quattro condizioni:
  1. i crediti devono essere di natura commerciale, in quanto devono derivare dalle cessioni di beni e dalle prestazioni di servizi indicate nel comma 1 dell'art. 85 del T.U.I.R.;
  2. non devono essere coperti da garanzia assicurativa;
  3. la svalutazione, operata nell’esercizio, non deve essere superiore al limite dello 0,50 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti stessi, tenendo conto anche di accantonamenti per rischi su crediti;
  4. l'ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti non deve essere superiore al 5 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell'esercizio.
Come già prima evidenziato, detta disposizione ha valore ai soli fini della deducibilità fiscale delle svalutazioni e degli accantonamenti relativi ai crediti iscritti in bilancio.

Da un punto di vista civilistico, infatti, l’OIC 15, stabilisce che la valutazione dei crediti, alla chiusura dell’esercizio, debba essere effettuata sulla base del criterio del “costo ammortizzato” per effetto del quale, il valore dei crediti è pari al valore attuale dei flussi finanziari futuri scontati al tasso di interesse effettivo.
Il procedimento per determinare, successivamente alla rilevazione iniziale, il valore dei crediti valutati al costo ammortizzato da iscrivere in bilancio è il seguente:
  1. determinare l’ammontare degli interessi calcolati con il criterio del tasso di interesse effettivo sul valore contabile del credito all’inizio dell’esercizio, o alla più recente data di rilevazione iniziale;
  2. aggiungere l’ammontare degli interessi così ottenuto al precedente valore contabile del credito;
  3. sottrarre gli incassi per interessi e capitale intervenuti nel periodo;
  4. sottrarre le svalutazioni al valore di presumibile realizzo e le perdite su crediti.

Riguardo a quest’ultimo elemento, un credito deve essere svalutato nell’esercizio in cui si ritiene probabile che il credito abbia perso valore.
Al fine di stimare il fondo svalutazione crediti una società deve valutare se sussistano degli indicatori che facciano ritenere probabile che un credito abbia perso valore. Alcuni esempi di tali indicatori sono:
  • significative difficoltà finanziarie del debitore;
  • una violazione del contratto, quale un inadempimento o un mancato pagamento degli interessi o del capitale;
  • il creditore, per ragioni economiche o legali relative alla difficoltà finanziaria del debitore, estende a quest’ultimo una concessione che il creditore non avrebbe altrimenti preso in considerazione;
  • sussiste la probabilità che il debitore dichiari fallimento o attivi altre procedure di ristrutturazione finanziaria;
  • dati osservabili che indichino l’esistenza di una diminuzione sensibile nei futuri flussi finanziari stimati per un credito, ivi incluso, condizioni economiche nazionali o locali sfavorevoli o cambiamenti sfavorevoli nelle condizioni economiche del settore economico di appartenenza del debitore.

La verifica dell’esistenza degli indicatori di perdita di valore varia a seconda della composizione delle voci dei crediti.
Tale verifica è effettuata per ogni singolo credito in presenza di un numero limitato di crediti. Se, invece, i crediti sono numerosi e individualmente non significativi, tale verifica può essere effettuata a livello di portafoglio crediti, ossia raggruppando i crediti sulla base di caratteristiche di rischio simili che sono indicative della capacità dei debitori di corrispondere tutti gli importi dovuti secondo le condizioni contrattuali (per esempio, settore economico di appartenenza dei debitori, area geografica, presenza di garanzie, classi di scaduto, ecc.).
Nell’ipotesi in cui non vengano effettuate svalutazioni in sede civilistica, non sarà possibile effettuare, ai soli fini fiscali, in sede di dichiarazione dei redditi, alcuna deduzione extracontabile.
È invece, possibile effettuare delle svalutazioni civilistiche eccedenti il predetto limite dello 0,50 per cento, previsto dall’art. 106 del TUIR. In questo caso, in sede di dichiarazione, le svalutazioni eccedenti il limite di quelle fiscalmente ammesse daranno luogo a specifiche variazioni in aumento, creando, conseguentemente, un fondo svalutazioni crediti tassato che si aggiunge a quello costituito con svalutazioni fiscalmente dedotte (c.d. in sospensione di imposta).

Per effetto delle quattro condizioni inizialmente poste, le svalutazioni non sono più fiscalmente deducibili quando l’ammontare complessivo delle stesse, unitamente agli altri accantonamenti, abbia raggiunto il limite del 5% del valore nominale o di acquisizione dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell’esercizio.
Detto limite opera, quindi, in riferimento alla svalutazione effettuata in ogni singolo periodo di imposta.

Ciò vuol dire che, se la svalutazione e gli accantonamenti di un esercizio dovessero rendere il fondo eccedente in rapporto al predetto limite del 5%, la parte della svalutazione e degli accantonamenti che crea detta eccedenza deve concorre alla determinazione del reddito del periodo, tramite apposita variazione in aumento in sede di dichiarazione.
Il limite non si applica, invece, in riferimento alla consistenza del fondo che è stato creato sulla base di svalutazioni e accantonamenti dedotti in precedenti periodi di imposta e, quindi, in riferimento al caso posto nel quesito in cui il fondo, pur essendo costituito con svalutazioni e accantonamenti deducibili, effettuati in precedenti periodi di imposta, diventa eccedente in un periodo X per effetto della contrazione della consistenza dei crediti iscritti in bilancio, verificatasi nel medesimo periodo.
In questo caso, infatti, l’unico effetto sarà l’impossibilità di dedurre svalutazioni e accantonamenti effettuate nel medesimo periodo di imposta, ancorché rientranti nel limite dello 0,50 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti stessi.

Va, però, evidenziato che, così come espressamente disposto dall’OIC 15, al punto 68, se in un esercizio, successivo a quello in cui è stata effettuata la svalutazione dei crediti, le ragioni che in precedenza avevano comportato la contabilizzazione di una svalutazione vengono meno in tutto o in parte (es.: per un miglioramento nella solvibilità del debitore), la svalutazione rilevata precedentemente deve essere stornata, fermo restando che il ripristino di valore del credito non deve determinare un valore del credito superiore al costo ammortizzato che si sarebbe avuto se la svalutazione non fosse mai stata rilevata.
Al punto 25 del medesimo OIC è, infatti, precisato che gli storni di precedenti svalutazioni dei crediti iscritti nell’attivo circolante, quando le cause che le hanno generate vengono meno, si classificano nella voce A5 del conto economico “altri ricavi e proventi”.

Pertanto, se la contrazione di cui si discute nel quesito è conseguenziale all’incasso di crediti in precedenza totalmente o parzialmente svalutati, pur non dovendosi rilevare una sopravvenienza in riferimento all’eccedenza del fondo, occorrerà rilevare, nella voce “altri ricavi e proventi” un componente positivo connesso al ripristino di valore del credito, incassato in misura eccedente a quanto previsto.
È evidente che detto componente positivo concorrerà alla determinazione del reddito del periodo così come in precedenza aveva concorso la relativa svalutazione del credito ripristinando, quindi, l’allineamento tra situazione civilistica e fiscale.

Va da ultimo precisato che, poiché l’OIC 15 fa ora riferimento al criterio del costo ammortizzato, il valore nominale o di acquisizione dei crediti, di cui al citato art. 106 del TUIR, è quello che risulta dalla corretta applicazione, in sede civilistica, di detto criterio.
Tale impostazione è stata confermata dall’Agenzia delle Entrate tramite risposta fornita a specifico quesito in occasione di Telefisco 2018.