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Articolo 32 Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR)

(D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917)

[Aggiornato al 01/01/2024]

Reddito agrario

Dispositivo dell'art. 32 TUIR

1. Il reddito agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d'esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell'esercizio di attività agricole su di esso.

2. Sono considerate attività agricole:

  1. a) le attività dirette alla coltivazione del terreno e alla silvicoltura;
  2. b) l'allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno e le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l'utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste;
  3. c) le attività di cui al terzo comma dell'articolo 2135 del codice civile, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, con riferimento ai beni individuati, ogni due anni e tenuto conto dei criteri di cui al comma 1, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali.

3. Con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, è stabilito per ciascuna specie animale il numero dei capi che rientra nei limiti di cui alla lettera b) del comma 2, tenuto conto della potenzialità produttiva dei terreni e delle unità foraggere occorrenti a seconda della specie allevata.

4. Non si considerano produttivi di reddito agrario i terreni indicati nel comma 2 dell'articolo 24.

Massime relative all'art. 32 TUIR

Comm. Trib. Prov. Cuneo n. 95/2018

I ricavi derivanti dalla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, realizzati da un imprenditore agricolo, vengono tassati come reddito d’impresa se non sono rispettati i seguenti requisiti:
• la produzione di energia fotovoltaica deve derivare da impianti con integrazione architettonica o con parziale integrazione su strutture aziendali preesistenti;
• il volume d’affari derivante dall’attività agricola deve essere superiore al volume d’affari derivante dalla produzione di energia fotovoltaica;
• l’imprenditore agricolo deve detenere, per ogni 10 KW di potenza installata eccedente il limite dei 200 KW (limite entro il quale l’attività viene considerata in ogni caso connessa a quella agricola), almeno un ettaro di terreno utilizzato per l’attività agricola.
Un imprenditore agricolo che svolge attività di allevamento in esecuzione di un contratto di soccida monetizzata, in base al quale percepisce la quota di accrescimenti spettante in denaro e realizza pertanto un’operazione non soggetta ad IVA, non può considerare tali ricavi nel volume d’affari prodotto dall’attività agricola principale da confrontare con quello derivante dall’attività di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili al fine di considerare quest’ultima quale attività connessa e dunque produttiva di reddito agrario.

Comm. Trib. Prov. Cuneo n. 23/2018

Le attività per essere considerate “connesse” all’impresa agricola, debbono essere realizzate mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda, normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata. L’attività di locazione degli immobili in cui viene svolta l’attività agricola e l’attività consistente nella realizzazione di eventi quali banchetti nuziali e ricevimenti non possono, quindi, essere considerate come attività connesse a quella agricola, con tassazione ai sensi dell’art. 71, comma 2-bis del TUIR.

Cass. civ. n. 18071/2017

In tema di reddito agrario, l'applicabilità dell'art. 29, comma 2, del D.P.R. n. 917 del 1986, che definisce quali attività agricole quelle dirette alla manipolazione, trasformazione ed alienazione dei prodotti agricoli, è condizionata dalla ricorrenza di due requisiti, ovvero che detti prodotti abbiano avuto origine dal terreno, rispetto al quale viene determinato il reddito (presupposto qualitativo), e che costituiscano almeno la metà di quelli lavorati (presupposto quantitativo); pertanto, il valore economico dei prodotti non rileva sotto il profilo qualitativo, definito con esclusivo riguardo alla provenienza e non anche alla qualità, né sotto il profilo quantitativo, atteso che il riferimento alla "metà" non consente un'interpretazione diversa da quella riferibile al calcolo quantitativo, in assenza di criteri normativi ulteriori e differenti come il valore. (In applicazione di detto principio, la S.C. ha riformato la pronuncia impugnata che aveva annullato l'accertamento ritenendo che il riferimento alla metà delle uve acquistate andasse inteso in senso economico e non quantitativo).

Comm. Trib. Reg. Puglia n. 2357/2017

Una azienda agricola, che esercita attività strumentale nei confronti di una società industriale, il cui processo di produzione si avvale, per la sua ottimizzazione, in modo connesso e continuo dei suoi servizi - senza che venga alterata la specificità della natura economico-giuridica delle due imprese, né minata, nonostante il rapporto sinergico tra le due imprese, l’integrale autonomia dei rispettivi processi produttivi - non soggiace alla disciplina dell’imprenditore commerciale (art. 2195 c.c.), ma a quella dell’imprenditore agricolo (art. 2135 c.c.).

Cass. civ. n. 21965/2015

In tema d'IVA, secondo la disciplina di cui agli artt. 34 e 36 del D.P.R. n. 633 del 1972, la facoltà di optare per l'applicazione separata dell'imposta spetta anche ai soggetti che esercitano più attività nell'ambito della stessa impresa agricola con possibilità, quindi, di applicazione del regime speciale per i produttori agricoli ad una (o più) attività e di quello ordinario alle restanti. Ne consegue che, in presenza di una valida opzione per il regime ordinario, le attività agrituristiche restano distinte da quelle agricole svolte in regime forfettario e le spese sostenute per la ristrutturazione e la manutenzione di immobili destinati a tale attività debbono godere dell'ordinario regime di detrazione IVA. (Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Umbria, 10/12/2009).

Cass. civ. n. 9760/2003

In materia di classamento catastale, va sempre riconosciuta natura rurale ai fini fiscali ai fabbricati strumentali alle attività agricole di cui all'art. 29 del t.u.i.r. del 1986, secondo quanto stabilito dall'art. 9, comma terzo - bis - aggiunto dal D.P.R. 23 marzo 1998, n. 139 -, del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito in L. 26 febbraio 1994, n. 133, mentre la causa di esclusione della ruralità prevista dall'art. 9, comma terzo, lettera e), dello stesso D.L. per i fabbricati aventi caratteristiche di lusso ai sensi del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1968 opera soltanto per i fabbricati aventi uso abitativo. (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. L'Aquila, 30 aprile 1999).

Cass. civ. n. 5781/2002

In tema di IRPEF, l'attività di rivendita dei prodotti della terra, derivante dalla coltivazione in serra da parte della stessa persona che abbia a tal uopo adibito quasi tutto il fondo nella sua disponibilità, costituisce attività connessa a quella agricola, ai sensi dell'art. 29, comma secondo, lett. c), del D.P.R. n. 917 del 1986, e come tale produttiva di reddito agrario, non commerciale. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Toscana, 3 luglio 1997).

Corte cost. n. 377/1995

Non è fondata, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 24 e 30 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 (Istituzione e disciplina dell'IRPEF), in relazione all'art. 38 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), nella parte in cui dispongono che in presenza di solo reddito da terreni non può trovare applicazione l'accertamento sintetico, sollevata sotto il profilo della disparità di trattamento rispetto ai contribuenti che non traggono il proprio reddito dalla sola coltivazione di terreni, e della configurazione di un presupposto di imposta non corrispondente alla effettiva capacita' contributiva. Invero, i redditi fondiari (ai sensi dell'art. 41, terzo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973 e dall'art. 31, primo comma, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917) sono in ogni caso determinati sulla base delle risultanze catastali, secondo una scelta discrezionale e non irragionevole del legislatore, il quale ha adottato un criterio realistico e molto utile alla semplificazione ed alla rapidità dei procedimenti di accertamento dei redditi, nonché a prevenire un notevole contenzioso. Pertanto, quando sussistono elementi e circostanze di fatto certi che fondatamente attribuiscono al contribuente un reddito superiore a quello dichiarato, il quale però è, come quest'ultimo, esclusivamente di natura agraria, non può trovare applicazione l'istituto dell'accertamento sintetico, poiché il reddito fondiario rappresenta il reddito medio ordinario ritraibile dal terreno attraverso l'esercizio di attività agricole, che copre sia le annualità di maggiore produttività e redditività, sia quelle di crisi o di parziale infecondità. Ne deriva che il tenore di vita del contribuente sproporzionato rispetto al reddito dichiarato non può dar luogo ad ulteriori accertamenti, ove si tratti di reddito esclusivamente fondiario inerente a terreni (reddito dominicale e/o agrario) e questo sia stato correttamente quantificato (anche per le deduzioni) e non vi sia alcun elemento di prova dell'esistenza di altre o diverse fonti reddituali. L'accertamento sintetico diventa quindi legittimo quando la capacita' di spesa del contribuente manifesti invece il possesso di un reddito superiore a quello«effettivo»realmente conseguito nell'esercizio delle attività agricole e pertanto di un reddito diverso da quello denunciato.

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Consulenze legali
relative all'articolo 32 TUIR

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G. D. T. chiede
martedì 14/12/2021 - Calabria
“Sono proprietario di azienda agricola.
Il centro aziendale composto da più fabbricati è censito in catasto come D/10 + 3 unità in a/3, alloggi dipendenti e casa mia.
Sono pure impiegato di altra azienda agricola con trattamento INPS da dipendente.
La mia azienda ha dipendenti agricoli, ed è iscritta nel registro imprese come tale;
Il centro aziendale e i terreni ricadono in zona montana, il comune è parzialmente montano.
Chiedi oltre al reddito dominicale e agrario dei terreni, in dichiarazione il reddito del D/10 , e A/3, li devo dichiarare?
Grazie”
Consulenza legale i 28/12/2021
L’art. 2135 del c.c. definisce l’impresa agricola come quella diretta alla coltivazione del fondo, alla selvicoltura, all'allevamento di animali ed alle attività connesse, precisando che per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.
Sono considerate connesse alle predette attività quelle esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge (c.d attività di agriturismo).

A seguito delle modifiche introdotte dalla finanziaria 2007 (legge n. 296/2006), nell'ipotesi di impresa gestita da società di persone o da società a responsabilità limitata, costituite da imprenditori agricoli, sono considerate attività agricole quelle esclusivamente dirette “alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli ceduti dai soci”, senza che venga svolta alcuna fase del ciclo biologico.
È, altresì, considerata attività agricola connessa “la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo e di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo effettuate dagli imprenditori agricoli.

Sotto il profilo fiscale, occorre distinguere tra il caso in cui le predette attività siano contenute entro i limiti di cui all’art. 32 del TUIR ed il caso, invece, in cui superino i predetti limiti.
Nella prima ipotesi, infatti, il reddito che deriva dalle predette attività si configurerà come reddito agrario riferibile alle attività agricole poste in essere sul fondo, impiegando capitale e lavoro.
La tassazione del predetto reddito agrario avverrà sulla base delle disposizioni di cui all’art. 32 del TUIR, ossia catastalmente e, pertanto, il conseguimento di un reddito agrario superiore a quello catastale non costituisce imponibile e non può, quindi, dar luogo ad accertamento di maggior reddito (CTC, sez. 24, n. 497 del 12 febbraio 1994).

Se, invece, le attività agricole di cui all’art. 2135 del c.c. eccedono i limiti di cui all’art. 32 del TUIR, ovvero nel caso in cui le stesse sono svolte da società di capitali e da enti commerciali, allora il reddito che ne deriva dovrà essere determinato secondo le ordinarie regole del reddito d’impresa, così come disposto dal comma 2 lett. c) dell’art. 55 del T.U.I.R..
Valgono ancora le regole sussistenti in materia di reddito di impresa nel caso in cui, pur nel rispetto dei limiti di cui all’art. 32, il reddito delle predette attività agricole sia imputabile a società in nome collettivo o in accomandita semplice.

Nel caso di specie, è genericamente detto che l’attività agricola è svolta in forma di impresa, ma non è precisato se detta attività sia esercitata entro i limiti di cui al citato art. 32 del TUIR, ovvero eccedendo i predetti limiti; né è precisata la forma giuridica sotto la quale, eventualmente, opererebbe l’impresa e, pertanto, diventa più complesso fornire una univoca risposta in ordine alle modalità di determinazione del reddito agrario e, conseguentemente, degli immobili che costituiscono l’azienda agricola.
In linea generale può dirsi che, nel caso in cui il reddito che deriva dallo svolgimento dell’attività agricola si configura come reddito agrario, i relativi fabbricati danno luogo a reddito fondiario e, pertanto, concorreranno alla determinazione del reddito complessivo sulla base del reddito catastalmente attribuibile a ciascuna unità immobiliare e relative pertinenze.

Resta, ovviamente, fermo il fatto che non si considerano, anche in questo caso, produttive di reddito di fabbricati le costruzioni o porzioni di costruzioni rurali e relative pertinenze, così come definite dall’Testo unico delle imposte sui redditi, ossia quelle destinate:
a) alla abitazione delle persone addette alla coltivazione della terra, alla custodia dei fondi, del bestiame e degli edifici rurali e alla vigilanza dei lavoratori agricoli, nonché dei familiari conviventi a loro carico, sempre che le caratteristiche dell’immobile siano rispondenti alle esigenze delle attività esercitate;
b) al ricovero degli animali di cui alla lettera b) del comma 2 dell’articolo 32 e di quelli occorrenti per la coltivazione;
c) alla custodia delle macchine, degli attrezzi e delle scorte occorrenti per la coltivazione;
d) alla protezione delle piante, alla conservazione dei prodotti agricoli e alle attività di manipolazione e trasformazione di cui alla lettera c) del comma 2 dell’articolo 32.
In tale caso il relativo reddito è già compreso in quello catastale del terreno su cui il fabbricato insiste.

Nel caso, invece, in cui il reddito che deriva dalle predette attività si configura come reddito di impresa, il reddito delle attività agricole andrebbe determinato secondo le disposizioni di cui all’art. 55 del T.U.I.R.. Ne deriverebbe che i fabbricati di cui si discute andrebbero considerati come destinati allo svolgimento dell’attività di impresa e, pertanto, il relativo reddito non avrebbe natura fondiaria, per effetto delle disposizioni di cui all’art. 43 del T.U.I.R..
In base alla citata disposizione, infatti, gli immobili relativi all’impresa e che si considerano strumentali per lo svolgimento dell’impresa stessa (per natura o per destinazione), non danno luogo alla produzione di reddito fondiario, in quanto rappresentano un fattore produttivo dell’impresa stessa.
Si evidenzia, infine, che non rileva ai fini della tassazione degli immobili, la natura montana o parzialmente montana della zona in cui viene svolta l’attività agricola dal momento che questo è un elemento che assume rilievo sono in relazione all’IMU dovuta sui terreni agricoli.