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Articolo 45 Testo unico sulle espropriazioni per pubblica utilità

(D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327)

[Aggiornato al 10/12/2023]

Disposizioni generali

Dispositivo dell'art. 45 Testo unico sulle espropriazioni per pubblica utilità

1. Fin da quando è dichiarata la pubblica utilità dell'opera e fino alla data in cui è eseguito il decreto di esproprio, il proprietario ha il diritto di stipulare col soggetto beneficiario dell'espropriazione l'atto di cessione del bene o della sua quota di proprietà.

2. Il corrispettivo dell' atto di cessione:

  1. a) se riguarda un'area edificabile, è calcolato ai sensi dell'articolo 37, con l'aumento del dieci per cento di cui al comma 2 dell'articolo 37;
  2. b) se riguarda una costruzione legittimamente edificata, è calcolato nella misura venale del bene ai sensi dell'articolo 38;
  3. c) se riguarda un'area non edificabile, è calcolato aumentando del cinquanta per cento l'importo dovuto ai sensi dell'articolo 40, comma 3 ;
  4. d) se riguarda un'area non edificabile, coltivata direttamente dal proprietario, è calcolato moltiplicando per tre l'importo dovuto ai sensi dell'articolo 40, comma 3. In tale caso non compete l'indennità aggiuntiva di cui all'articolo 40, comma 4.

3. L'accordo di cessione produce gli effetti del decreto di esproprio e non li perde se l'acquirente non corrisponde la somma entro il termine concordato.

4. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del capo X.

Massime relative all'art. 45 Testo unico sulle espropriazioni per pubblica utilità

Cass. civ. n. 19345/2017

In ipotesi di occupazione "sine titulo" di un fondo sottoposto ad espropriazione per pubblica utilità ed oggetto di cessione volontaria all'ente espropriante, il proprietario ha diritto, nei confronti dell'occupante, al risarcimento del danno derivante dalla mancata percezione della speciale indennità, prevista per l'ipotesi di cessione volontaria di fondi coltivati direttamente dal proprietario, di cui all'art. 45, comma 2, lett. d), del D.P.R. n. 327 del 2001.

Cons. Stato n. 3391/2016

Premessa la specialità della disciplina che connota l'istituto della cessione volontaria (giusta l'art. 45 D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, T.U. Espropriazione per p.u.) deve ritenersi che tale negozio presupponga necessariamente il suo inserirsi in una procedura espropriativa validamente avviata non solo con la dichiarazione di pubblica utilità, ma anche con la determinazione provvisoria dell'indennità; è esclusa la possibilità di configurare un accordo preliminare di cessione fra P.A. ed espropriando (Parziale riforma della sentenza del T.a.r. Veneto, sez. II, 8 settembre 2011, n. 1372) (Conforme alla sentenza Cons. St. n. 3291/2016).

Cons. Stato n. 2779/2014

Nell'espropriazione ordinaria di terreni agricoli a danno del proprietario coltivatore la "triplicazione " dell'indennità calcolata ai sensi dell'art. 45 comma 2 lett. d) T.U. 8 giugno 2001 n. 327 è incompatibile con l'indennità aggiuntiva prevista dal comma 4 dello stesso art. 40.

Cass. civ. n. 10789/2014

In tema di espropriazione per pubblica utilità, laddove l'Amministrazione espropriante pervenga all'acquisizione dell'immobile privato mediante cessione volontaria, la semplice affermazione del diritto alla riliquidazione dell'indennità di occupazione, indirizzata al debitore unitamente alla richiesta di informazioni sullo stato della procedura di liquidazione, costituisce una mera sollecitazione e non integra gli estremi della richiesta o intimazione di pagamento idonea ad interrompere la prescrizione in quanto un atto, per avere efficacia interruttiva, deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato, l'esplicitazione di una pretesa, o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto obbligato, con l'effetto sostanziale di costituirlo in mora.

Cass. civ. n. 24767/2009

In materia di espropriazione per pubblica utilità, qualora sia convenuta la cessione volontaria di un terreno non edificabile da parte del proprietario non coltivatore diretto, e tale cessione sia soggetta - "ratione temporis" - alla disciplina dell'art. 12 L. 22 ottobre 1971 n. 865, la maggiorazione dell'indennità provvisoria spettante al proprietario nella misura "non superiore al 50%" sta ad indicare il tetto massimo della maggiorazione stessa, onde deve ritenersi rimessa alla facoltà delle parti la possibilità di concordare una maggiorazione con percentuale inferiore

Cass. civ. n. 26732/2007

In tema di cessione volontaria di immobile, l'accertato inadempimento dell'espropriante con conseguente sua responsabilità contrattuale, comporta la liquidazione del danno secondo le regole proprie della risoluzione del contratto di vendita per inadempimento del compratore e la conseguente inapplicabilità secondo i parametri previsti dal comma 7-bis dell'art. 5-bis D.L. n. 333 del 1992, conv. con L. n. 359 del 1992 (peraltro dichiarato incostituzionale con sentenza n. 349 del 2007), presupponendo questi ultimi una responsabilità di tipo extracontrattuale.

Cons. Stato n. 3878/2006

L'ammissibilità del provvedimento di acquisizione della proprietà privata, previsto dall'art. 45 D.p.R. 8 giugno 2001 n. 327, impone, oltre alla valutazione degli interessi in gioco, che la restituzione del bene al proprietario sia considerata la normale conclusione di una vicenda in cui sia accertato il vizio dell'esercizio del potere espropriativo, cui può sostituirsi eccezionalmente la tutela risarcitoria solo qualora la restituzione non possa avvenire.

Cass. civ. n. 5390/2006

La cessione volontaria costituisce un contratto ad oggetto pubblico che, inserito nell'ambito di un procedimento espropriativo, lo conclude eliminando la necessità di un provvedimento amministrativo di acquisizione coatta della proprietà privata, ma non esclude che un bene immobile possa essere trasferito all'ente pubblico a mezzo di un contratto di compravendita, del tutto assoggettato alla disciplina privatistica; sicché, tratti distintivi della cessione che valgono a distinguerla dall'altro strumento contrattuale, sono: a) l’inserimento del contratto nell'ambito di un procedimento di espropriazione per pubblica utilità del quale, dunque, la cessione costituisce un momento avente la funzione di realizzarne il risultato peculiare (acquisizione della proprietà dell'immobile all'espropriante) con uno strumento alternativo di natura privatistica; b) la preesistenza, nell'ambito del procedimento, non solo della dichiarazione di pubblica utilità dell'opera realizzanda, ma anche del subprocedimento di determinazione dell'indennità da parte dell'espropriante, che deve essere da quest'ultimo offerta e dall'espropriando accettata con la sequenza e le modalità previste dall'art. 12 L. n. 865 del 1971; c) il prezzo per il trasferimento volontario dell'immobile, che deve correlarsi in modo vincolante ai parametri di legge stabiliti per la determinazione dell'indennità spettante per la sua espropriazione, dai quali non è possibile in alcun modo discostarsi.

Cass. civ. n. 1603/2000

In tema di espropriazione, la causa propria del contratto di "cessione volontaria" va ricondotta ad una forma alternativa di realizzazione del procedimento espropriativo, mediante l'utilizzo di uno strumento privatistico soggetto sotto alcuni aspetti (in particolare, per la determinazione del prezzo) a norme imperative. Ne consegue sia che un tale contratto è soggetto a risoluzione per inadempimento, sia che la manifestazione dell’espropriato, riferentesi ad un prezzo non determinato dall'espropriante sulla base dei criteri legali, resti priva di ogni efficacia negoziale pubblicistica; restando comunque salva la possibilità dell’espropriato stesso, una volta rimosso il formale titolo d'acquisto per intervenuta risoluzione del contratto, di chiedere il risarcimento del danno derivante dall'inadempimento che ha dato luogo alla risoluzione.

Cass. civ. n. 11435/1999

In materia di espropriazione per pubblica utilità, la "cessione volontaria" dà luogo ad una forma alternativa di realizzazione del procedimento espropriativo, mediante l'utilizzazione di uno strumento privatistico soggetto ai principi civilistici che regolano la conclusione dei contratti e, per alcuni aspetti, tra cui in particolare la determinazione del prezzo, a norme imperative; pertanto, da un lato in caso di inadempimento trovano applicazione le norme sulla risoluzione del contratto, dall'altro la manifestazione di volontà del privato in riferimento ad un prezzo, che sia stato determinato dalla p.a., non sulla base dei criteri legali ma in violazione delle norme imperative dettate ad integrazione del contenuto necessario del contratto, è priva di efficacia negoziale pubblicistica e dotata della efficacia privatistica, salva la possibilità dell'espropriato, una volta rimosso il formale titolo d'acquisto per intervenuta risoluzione del contratto, di richiedere il risarcimento del danno derivante dall'inadempimento che ha dato luogo alla risoluzione.

Cass. civ. n. 10945/1997

In tema di espropriazione per pubblica utilità, la cessione volontaria del bene, pattuita tra espropriante ed espropriato in epoca successiva alla dichiarazione di illegittimità costituzionale dei criteri indennitari di cui alla L. n. 385 del 1980, e nella quale non risulti indicato, in concreto, il criterio ispiratore della determinazione del corrispettivo (essendosi il cedente determinato ad accettare un prezzo inferiore al valore venale del bene in attesa dell'entrata in vigore della annunciata legge sostitutiva delle norme dichiarate incostituzionali, con espressa riserva - menzionata nell'atto di cessione - di conguaglio a proprio favore, ove l'attesa normativa avesse dettato un nuovo criterio indennitario tale da comportare un incremento del valore pattuito), costituisce espressione di autonomia negoziale, a norma dell'art. 1322 c.c., e, pertanto, non consente al privato di invocare, successivamente alla cessione, quale criterio integrativo del pattuito corrispettivo, quello del valore venale del bene di cui al disposto dell'art. 39 della L. n. 2359 del 1865.

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Consulenze legali
relative all'articolo 45 Testo unico sulle espropriazioni per pubblica utilità

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Sonia S. chiede
venerdì 02/07/2021 - Lazio
É chiesto di aderire ad una cessione volontaria, con riferimento all’ art.45 del T.U 327/2001, identificato nell’ art.38 che deve essere valutato in base al valore venale, si tratta di un Bacino idrico artificiale costruito nel 1961, in gestione dell’attuale promotore Ente espropriante (quale Autorità di sistema portuale) dal 2015, che non ha indennizzato i proprietari dal subentro, inoltre non avvia la procedura esecutiva di esproprio se non con la firma di questa cessione volontaria, atto da loro prodotto completamente privo di tutela per i sottoscriventi e senza quantificazione dell’indennità provvisoria.
Come possiamo "obbligare" l’avvio del procedimento di esproprio così da esercitare il diritto alle osservazioni che sono previste dallo stesso procedimento?”
Consulenza legale i 08/07/2021
La cessione volontaria è espressamente definita dall’art. 45 del T.U. Espropriazioni come un vero e proprio diritto soggettivo del proprietario del bene espropriando, che può essere esercitato da quando è dichiarata la pubblica utilità dell'opera e fino alla data in cui è eseguito il decreto di esproprio.
Grazie a tale particolare istituto, al soggetto inciso dall’espropriazione è concessa la scelta tra “subire” l’atto autoritativo di esproprio e trasferire volontariamente il bene all’espropriante con un accordo negoziale, previa determinazione dell’indennità di espropriazione, cioè del corrispettivo della cessione.
Ai sensi dell’art. 20, comma 9, del Testo Unico, infatti, i presupposti per la stipula dell’atto di cessione volontaria sono, oltre naturalmente alla pendenza di un procedimento ablatorio, la condivisione della determinazione della indennità di espropriazione, da calcolarsi secondo i parametri fissati dall’art. 45 del T.U., e il deposito della documentazione attestante la piena e libera proprietà del bene.

Anche la giurisprudenza civile e amministrativa (richiamando una normativa ormai abrogata, ma fissando principi sostanzialmente validi ancora oggi) sono concordi nell’individuare come segue gli elementi costitutivi della cessione volontaria: a) l'inserimento del negozio nell'ambito di un procedimento di espropriazione per pubblica utilità, nel cui contesto la cessione assolve alla peculiare funzione dell'acquisizione del bene da parte dell'espropriante, quale strumento alternativo all'ablazione d'autorità; b) la preesistenza non solo di una dichiarazione di pubblica utilità ancora efficace, ma anche di un subprocedimento di determinazione dell'indennità e delle relative offerta e accettazione, con la sequenza e le modalità previste dall'articolo 12 della legge 865/1971; c) il prezzo di trasferimento volontario correlato ai parametri di legge stabiliti, inderogabilmente, per la determinazione dell'indennità di espropriazione (Cassazione civile. sez. I, 12 maggio 2021, n. 12673; Consiglio di Stato, sez. II, 28 gennaio 2020, n. 705).
In mancanza di tali presupposti non si può a rigore riconoscere una cessione volontaria, ma piuttosto un contratto di tipo diverso, come ad esempio una compravendita.
Qualora sia stato invece avviato un procedimento espropriativo, ma l’interessato non opti per il trasferimento volontario del bene, tale procedimento semplicemente prosegue nelle ordinarie forme previste dal Testo Unico, con l’eventuale occupazione d’urgenza, l’adozione del decreto di esproprio e così via.

Sulla base di quanto sopra scritto, si possono, dunque, delineare i seguenti punti fermi:
1- la cessione volontaria non può essere in alcun modo imposta dall’autorità espropriante, in quanto la decisione di avvalersi o meno di tale istituto è rimessa esclusivamente alla volontà dell’espropriato;
2- è necessario che all’espropriato vengano forniti gli elementi conoscitivi necessari (ossia sostanzialmente la determinazione dell’indennità, almeno a titolo provvisorio, nelle forme e nei tempi previsti dall’art. 20 del T.U.) affinché questi possa in modo consapevole scegliere se esercitare il diritto alla cessione.

Tanto chiarito, si nota che nel caso di specie pare essere stato avviato un procedimento espropriativo, dato che il documento inviato a corredo del quesito menziona un “piano particellare di esproprio”; stranamente manca, però, qualsiasi riferimento alla dichiarazione di pubblica utilità, della quale andrebbe dunque in via prudenziale verificata l’esistenza.
In ogni caso, la richiesta di firmare la cosiddetta “liberatoria” preliminare contenente l’autorizzazione, per di più irrevocabile, ad “instaurare…la procedura espropriativa di cui all’art. 45 del T.U. 321/01”, sembra un atto completamente al di fuori dello schema legale.
Infatti, l’espropriante non ha bisogno di alcuna liberatoria da parte dei privati per svolgere il procedimento ablatorio, che costituisce una delle più chiare espressioni dei poteri autoritativi della P.A..

Come visto, poi, la cessione volontaria costituisce non una “procedura espropriativa”, bensì un diritto dell’espropriato, che può essere esercitato a sua discrezione insindacabile e che determina una conclusione dell’espropriazione con un atto negoziale alternativo al decreto di esproprio.
L’espropriante, dal canto suo, deve invece mettere gli interessati nelle condizioni di fare la propria scelta, determinando e comunicando l’indennità come previsto dal T.U. Espropri.

In definitiva, si consiglia di non sottoscrivere il documento allegato al quesito, dal contenuto estremamente dubbio, nonché di approfondire se sia stata effettivamente instaurata una procedura ablatoria.
In caso positivo, è opportuno invitare l’espropriante ad attenersi a quanto previsto dalla normativa di riferimento in materia, riservandosi ogni decisione circa la cessione volontaria a dopo che sarà stata resa nota l’entità dell’indennità, come del resto previsto dagli artt. 20 e 45 del T.U..

Marco D.P. chiede
martedì 05/01/2021 - Emilia-Romagna
“Buonasera,
io e la mia compagna siamo destinatari di un provvedimento di esproprio per la realizzazione di una pista ciclopedonale.
Il Comune dove risiediamo, con la partecipazione della regione, ha deciso di realizzare una pista ciclopedonale sull'argine del fiume accanto a cui viviamo, e che in parte ci appartiene, così come ad altri frontisti.
Per il momento a noi è arrivata solo la notifica che ci comunica che saremo espropriati della parte di terreno dell'argine fluviale, dandoci 60 giorni di tempo per rispondere. Il Comune ha dichiarato l'opera di pubblica utilità, urgente ed indefferibile, anche se in realtà l'argine è già ora percorribile, ed infatti è percorso quotidianamente da una moltitudine di persone.
A noi non interessa opporci all'esproprio in sé, né -se non marginalmente- opporci alla misera somma che intendono riconoscerci, molto al di sotto dei valori di esproprio dichiarati -per la ns. zona- dall'agenzia delle entrate. Ci interessa invece potere chiudere una sorta di transazione con il Comune che salvaguardi la ns. proprietà residua, chiedendo di "rifilare" l'esproprio al minimo necessario, e per richiedere piccole variazioni progettuali che ci consentano di evitare di essere "chiusi in casa", su quel lato, oltre a salvaguardare la possibilità di utilizzare la detta futura pista ciclabile per piccole manutenzioni alle piante ed ai nostri edifici immediatamente prospicenti l'argine in questione. Il tecnico comunale incaricato di seguire i lavori (RUP), mi ha detto che fra poco arriverà una comunicazione, a cui noi possiamo rispondere con le nostre osservazioni e richieste.

Ciò premesso, chiedo:
- qual'è l'iter in questi casi?
- le nostre osservazioni che faremo formalmente, che valore hanno?
- la transazione/accordo bonario è possibile anche a procedimento già avviato?
- quali sono i passi da fare in questo caso per evitare di perdere l'opportunità di vedere esaudite le richieste?

Saluti.


Consulenza legale i 15/01/2021
Il procedimento espropriativo è scandito da fasi precise e determinate, nell’ambito delle quali le prerogative della pubblica amministrazione e dei proprietari espropriati devono essere esercitate nei tempi e nei modi previsti dal T.U. Espropri.
L’art. 8 del Testo Unico individua i passaggi procedimentali che caratterizzano l’espropriazione e che devono essere portati a termine ai fini della legittima emissione del decreto di esproprio, ossia l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, la dichiarazione di pubblica utilità delle opere e la determinazione (anche in via provvisoria) dell’indennità spettante all’espropriato.
Per quanto qui ci occupa, si rileva che l’approvazione del progetto definitivo dell’opera avviene nella seconda delle dette fasi, in quanto è propedeutica alla dichiarazione di pubblica utilità, con la partecipazione dei privati interessati, ai quali deve essere inviata la comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7, L. n. 241/1990, e che hanno la facoltà di presentare le proprie eventuali osservazioni e richieste (art. 16 T.U. espropri).

Tuttavia, si nota che nel nostro caso il procedimento si trova già nella terza delle predette fasi, posto che la dichiarazione di pubblica utilità è stata già emessa e che il Comune, da quanto emerge nel quesito, ha già adottato il decreto di esproprio e la determinazione (probabilmente provvisoria) dell’indennità dovuta agli espropriati.
Pertanto, sono già spirati i termini concessi ai proprietari incisi dall’espropriazione per poter presentare le proprie ragioni in merito alla definizione dettagliata del progetto dell’opera.

Va poi precisato che, trattandosi di un procedimento espropriativo (ossia di una delle più nitide espressioni della potestà di imperio della Pubblica Amministrazione), non è possibile concludere una vera e propria transazione nell’accezione civilistica del termine.

Nella fattispecie, posto che l’interesse di chi chiede il parere non è quello di contestare in radice il decreto di esproprio o la misura dell’indennità per via giudiziale, quanto piuttosto quello di ottenere alcune limitate concessioni e modifiche relative alle modalità attuative dell’esproprio, lo strumento più immediato e economico da utilizzare a tal fine potrebbe essere la cessione volontaria di cui all’art. 45 T.U..
Ai sensi della norma di ultimo menzionata, da quando è dichiarata la pubblica utilità dell'opera e fino alla data in cui è eseguito il decreto di esproprio, il proprietario ha il diritto di stipulare col soggetto beneficiario dell'espropriazione l'atto di cessione del bene o della sua quota di proprietà.
La cessione volontaria produce gli stessi effetti il decreto di esproprio, ossia il trasferimento del bene dal privato alla P.A., e contiene anche la determinazione del corrispettivo, ossia dell’indennità di esproprio.
La natura di tale atto ha dato adito a contrasti giurisprudenziali, posto che un orientamento tende a assimilarlo sostanzialmente alla compravendita, mentre altre decisioni lo riconducono agli accordi sostitutivi di procedimento di cui all’art. 11, L. n. 241/1990.
In una recente pronuncia il Consiglio di Stato ha comunque confermato che l'istituto deve essere ricondotto al genus dei cd. contratti ad oggetto pubblico, che si diversifica dai normali contratti di compravendita di diritto privato per le seguenti peculiarità:
- l'inserimento del negozio nell'ambito di un procedimento di espropriazione per pubblica utilità, nel cui contesto la cessione assolve alla peculiare funzione dell'acquisizione del bene da parte dell'espropriante, quale strumento alternativo all'ablazione d'autorità mediante decreto di esproprio;
- la preesistenza non solo di una dichiarazione di pubblica utilità ancora efficace, ma anche di un subprocedimento di determinazione dell'indennità e delle relative offerte ed accettazione;
- il prezzo di trasferimento volontario correlato ai parametri di legge stabiliti, inderogabilmente, per la determinazione dell'indennità di espropriazione.
La causa del contratto pubblicistico di cessione si identifica, in particolare, in una modalità alternativa di realizzazione del procedimento espropriativo mediante l'utilizzo di uno strumento privatistico, che però rimane soggetto per taluni aspetti – come la determinazione del prezzo- alla disciplina contenuta in norme di legge imperative (Consiglio di Stato sez. II, 28 gennaio 2020, n. 705).
La decisione è interessante perché si riferisce ad una cessione volontaria conclusa anche al fine di comporre una controversia sorta tra Autorità espropriante e proprietari, che presentava un contenuto “variegato, concretizzandosi, in particolare, nelle obbligazioni indennitarie, con articolazione peraltro piuttosto complessa in quanto comunque intersecante obblighi di facere, e in ulteriori obblighi sostanzialmente integrativi del ristoro economico, in quanto finalizzati ad attenuare l’intuibile disagio riveniente dalla realizzazione dell’infrastruttura viaria a ridosso della residua porzione di terreno rimasta nella disponibilità dei proprietari”.

In conclusione, la circostanza che sia stato avviato il procedimento di esproprio non solo non impedisce di concludere la cessione volontaria, ma ne costituisce l’imprescindibile presupposto.
Inoltre, considerato che è stata già dichiarata la pubblica utilità dell’opera e che il decreto di esproprio non sembra essere stato ancora eseguito, permane in capo ai proprietari il diritto a concludere la cessione volontaria di cui all'art. 45 T.U. espropri.
Pare, quindi, consigliabile rappresentare alla P.A. nelle prossime osservazioni la disponibilità a stipulare una cessione volontaria, che però preveda non solo lo scambio del bene contro l’indennità, ma anche tutte le clausole aggiuntive necessarie a risolvere le questioni segnalate nella richiesta di parere e connesse alla realizzazione della pista ciclabile.
Infatti, alla luce della giurisprudenza sopra ricordata, l’inquadramento di tale istituto tra i contratti pubblicistici è utile proprio al fine di prospettare accordi di cessione con un contenuto che non si esaurisca nel modello “base” di trasferimento dell’immobile per la realizzazione dell’opera pubblica in cambio di un corrispettivo, ma che abbracci anche altri elementi ulteriori e più ampi, come ad esempio proprio quelli segnalati nel quesito.
L'accordo eventualmente raggiunto con il Comune verrà trasfuso in un atto scritto e soggetto a trascrizione nei registri immobiliari, concludendo in tal modo il procedimento espropriativo.