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Articolo 9 Testo unico sulle espropriazioni per pubblica utilità

(D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327)

[Aggiornato al 10/12/2023]

Vincoli derivanti da piani urbanistici

Dispositivo dell'art. 9 Testo unico sulle espropriazioni per pubblica utilità

1. Un bene è sottoposto al vincolo preordinato all'esproprio quando diventa efficace l'atto di approvazione del piano urbanistico generale, ovvero una sua variante, che prevede la realizzazione di un opera pubblica o di pubblica utilità.

2. Il vincolo preordinato all'esproprio ha la durata di cinque anni. Entro tale termine, può essere emanato il provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera. 3.Se non è tempestivamente dichiarata la pubblica utilità dell'opera, il vincolo preordinato all'esproprio decade e trova applicazione la disciplina dettata dall'articolo 9 del testo unico in materia edilizia approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

4. Il vincolo preordinato all'esproprio, dopo la sua decadenza, può essere motivatamente reiterato, con la rinnovazione dei procedimenti previsti al comma 1 e tenendo conto delle esigenze di soddisfacimento degli standard.

5. Nel corso dei cinque anni di durata del vincolo preordinato all'esproprio, il consiglio comunale può motivatamente disporre o autorizzare che siano realizzate sul bene vincolato opere pubbliche o di pubblica utilità diverse da quelle originariamente previste nel piano urbanistico generale. In tal caso, se la Regione o l'ente da questa delegato all'approvazione del piano urbanistico generale non manifesta il proprio dissenso entro il termine di novanta giorni, decorrente dalla ricezione della delibera del Consiglio comunale e della relativa completa documentazione, si intende approvata la determinazione del Consiglio comunale, che in una successiva seduta ne dispone l'efficacia.

6. Salvo quanto previsto dal comma 5, nulla è innovato in ordine alla normativa statale o regionale sulla adozione e sulla approvazione degli strumenti urbanistici.

Massime relative all'art. 9 Testo unico sulle espropriazioni per pubblica utilità

Cons. Stato n. 2677/2019

Il carattere conformativo delle previsioni del piano regolatore discende soltanto dai requisiti oggettivi, di natura e struttura, che presentano i vincoli in esso contenuti ed è dunque configurabile tutte le volte in cui gli stessi vincoli mirino ad una zonizzazione dell'intero territorio comunale o di parte di esso, così da incidere su di una generalità dì beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti in funzione della destinazione delia intera zona in cui questi ricadono ed in ragione delle sue caratteristiche intrinseche o del rapporto con un'opera pubblica. I vincoli conformativi non comportano la perdita definitiva della proprietà privata, ma impongono limitazioni e condizioni restrittive agli interventi edilizi in funzione degli obiettivi di tutela dell'interesse pubblico e, a differenza, dei vincoli espropriativi, pur limitando e condizionando l'attività edificatoria, non comportano indennizzi per le limitazioni previste dallo strumento urbanistico e non hanno scadenza temporale.

Il vincolo di destinazione urbanistica "zona attrezzature di interesse pubblico" impresso ad un'area dal piano regolatore generale non ha natura sostanzialmente espropriativa tale da comportarne la decadenza quinquennale, bensì costituisce un vincolo conformativo con validità a tempo indeterminato e senza obbligo di indennizzo in quanto le attrezzature in questione sono realizzabili anche ad iniziativa privata o promiscua in regime di economia di mercato e non dal solo intervento pubblico.

Cass. civ. n. 8837/2018

L'indennità di espropriazione, in quanto espressa ab origine in valori monetari, ha natura di debito di valuta, natura che non muta per il fatto che i criteri della sua determinazione vadano riferiti al valore del bene al tempo del provvedimento ablatorio.

Cass. civ. n. 1962/2018

Il giudizio di opposizione alla stima in materia d'indennità di espropriazione non costituisce un mero controllo giurisdizionale di atti assunti dall'amministrazione nel procedimento espropriativo, né una loro integrazione, ma ha una autonoma portata dispositiva in relazione all'indennità dovuta. Costituisce, inoltre, un errore di prospettiva assegnare alla sentenza che ha determinato una maggiore indennità di espropriazione di quella offerta la stessa funzione del provvedimento espropriativo ciò sui presupposto che "la sottoposizione a tassa fissa dei provvedimenti espropriativi trova la propria ratio nel fatto che tali atti operano un trasferimento coattivo della proprietà a favore del soggetto espropriante, ragione che è, evidentemente, estranea alla sentenza che, definendo la controversia di natura meramente patrimoniale instaurata con l'opposizione alla stima, si limita a stabilire in via definitiva la misura dell'indennità spettante all’espropriato per effetto del provvedimento ablatorio".

Cass. civ. n. 19809/2016

L'art. 39 del D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, in materia di indennizzo per reiterazione dei vincoli espropriativi, espressamente rapporta l'indennizzo alla specifica ed autonoma tipologia di pregiudizio in concreto subito dal proprietario del terreno per effetto del reiterato vincolo, così escludendo che si verta in caso di danno in re ipsa ed in quanto tale non bisognevole di evidenziazione e dimostrazione da parte di che ne invoca la riparazione. Né a diversa conclusione può pervenirsi quand'anche si seguisse la tesi dell'illegittimità del provvedimento amministrativo reiterativo del vincolo, se non corredato dall'espressa previsione dell'indennizzo, giacché anche in questo caso il silenzio serbato sul punto dall'Amministrazione, pur potendo implicare responsabilità risarcitoria, non esonererebbe il proprietario leso dall'allegare e dimostrare, secondo le regole generali, l'esistenza e l'entità del danno perciò subito.

Non si configura un'ipotesi di reiterazione di un vincolo espropriativo nel caso in cui un vincolo preordinato all'esproprio per la realizzazione di strutture universitarie sia stato apposto molti anni prima (nella specie con d.a. del 21 febbraio 1981), vincolo in tesi reiterato con decreto del 5 ottobre 2007 con cui era stato autorizzato in variante autorizzato il progetto per la costruzione del Nuovo Orto botanico. In tal caso, infatti, il vincolo apposto nel 1981 (e cioè oltre 25 anni prima) non avrebbe potuto protrarsi fino al 2006/2007, dovendosi reputare automaticamente decaduto con l'inutile decorso del decennio successivo (1991) previsto dalla legislazione regionale siciliana; inoltre sarebbe successivamente spettato ai proprietari promuovere il noto procedimento di ripianificazione e l'eventuale azione di risarcimento del danno davanti al giudice amministrativo in caso di inerzia dell'Amministrazione, con ciò venendosi a creare soluzione di continuità tra le due iniziative costruttive.

Cass. civ. n. 10362/2009

L'art. 9 comma 4 D.P.R. n. 327 del 2001 non subordina la reiterazione del vincolo preordinato all'esproprio su un immobile alla previsione di un indennizzo, ma esclusivamente alla necessità di una congrua motivazione in sede di rinnovazione dei procedimenti urbanistici di imposizione del vincolo di cui al precedente comma 1, tenendo anche conto delle esigenze di soddisfacimento degli standard; l'assenza di un siffatto collegamento è confermata nell'art. 39, comma 2, del medesimo D.P.R., il quale prevede la possibilità che l'indennizzo non sia indicato nell'atto che dispone la reiterazione, ma sia oggetto di un procedimento autonomo attivato dal proprietario.

Cons. Stato n. 4765/2008

Il principio della prevalenza dell'interesse pubblico, in virtù del quale un atto di pianificazione generale (tranne i casi di incidenza su posizioni consolidate da giudicati o da convenzioni di lottizzazione) non ha bisogno di una motivazione ulteriore rispetto a quella che si esprime con i criteri posti a sua base è temperato dal principio della tutela degli interessi privati, sicché la p.a. può legittimamente reiterare il vincolo preordinato all'espropri che sia decaduto per il decorso del quinquennio in assenza della dichiarazione della pubblica utilità, ma è tenuta a fornire un'adeguata motivazione, che faccia escludere un contenuto vessatorio o comunque ingiusto dei relativi atti. In particolare, quanto all'adeguatezza della motivazione, se, in linea di principio, può ritenersi giustificato il richiamo alle originarie valutazioni, quando vi è una prima reiterazione, quando il rinnovato vincolo sia a sua volta decaduto, è necessario che la motivazione dimostri che l'autorità amministrativa abbia provveduto ad una ponderata valutazione degli interessi coinvolti, esponendo le ragioni (riguardanti il rispetto degli standard, le esigenze della spesa, specifici accadimenti riguardanti le precedenti fasi procedimentali) che inducano ad escludere profili di eccesso di potere e ad ammetterne l'attuale sussistenza dell'interesse pubblico.

Cass. civ. n. 8384/2008

In materia urbanistica, la scadenza del termine quinquennale del vincolo di destinazione di piano preordinato all’esproprio comporta il venir meno della regolamentazione urbanistica e l'applicazione delle norme di salvaguardia previste per i comuni sprovvisti di strumenti urbanistici generali (nella specie, art. 4, comma ultimo, L. n. 10 del 1977 applicabile "ratione temporis"). Tuttavia, la situazione di inedificabilità conseguente alla sopravvenuta inefficacia di talune destinazioni di piano (cosiddetto vuoto urbanistico) è per sua natura provvisoria, avendo l'autorità comunale l'obbligo di reiterare il vincolo (con previsione di indennizzo) ovvero, in alternativa, di provvedere all'integrazione dello strumento pianificatorio divenuto parzialmente inoperante, stabilendo la nuova destinazione da assegnare all'area interessata. Qualora la p.a. rimanga inerte, la situazione conseguente non è equiparabile alla compressione del diritto dominicale provocata dai vincoli preordinati all'esproprio, né è definibile come espropriazione di valore, attesa la provvisorietà del regime urbanistico di salvaguardia, per cui nessuna aspettativa si crea nel proprietario in ordine al conferimento di particolari qualità edificatorie oltre quei limiti o, ancor meno, riguardo a possibili lottizzazioni. Egli, però, non resta senza tutela nei confronti dell'inerzia dell'ente territoriale, ben potendo, ove vi abbia interesse, promuovere gli interventi sostitutivi della Regione, oppure reagire attraverso la procedura di messa in mora per far accertare l'illegittimità del silenzio; solo in caso di persistente inerzia della p.a. può configurarsi la lesione del bene della vita identificabile nell'interesse alla certezza circa la possibilità di razionale e adeguata utilizzazione della proprietà, con conseguente diritto del privato al risarcimento del danno.

Cons. Stato n. 7/2007

Si ha adeguato supporto motivazionale dell'atto di reiterazione del vincolo preordinato all'esproprio qualora l'amministrazione, nell'evidenziare l'attualità dell'interesse pubblico da soddisfare, abbia a seguito di specifica istruttoria, tenuto conto delle seguenti circostanze: 1) in caso di reiterazione disposta con riguardo o meno una pluralità di aree, nell'ambito dell'adozione di una variante generale o comunque riguardante una consistente parte del territorio comunale, si devono distinguere le ipotesi in cui la reiterazione del vincolo riguardi un'area ben specificata (per realizzare una singola opera pubblica o per soddisfare i prescritti standard sui servizi pubblici o sul verde pubblico) e quelle in cui la reiterazione riguardi una pluralità di aree per una consistente parte del territorio comunale, a seguito della decadenza di uno strumento urbanistico generale che abbia disposto una molteplicità di vincoli preordinati all'esproprio (necessari per l'adeguamento degli standard, a seguito della realizzazione di ulteriori manufatti). Tale distinzione ha ragion d'essere perché solo nell'ipotesi in cui vengono reiterati «in blocco» i vincoli decaduti, già riguardanti una pluralità di aree, la sussistenza di un attuale specifico interesse pubblico risulta dalla perdurante constatata insufficienza delle aree destinate a standard (indispensabili per la vivibilità degli abitati), mentre l'assenza di un intento vessatorio si evince dalla parità di trattamento che hanno tutti i destinatari dei precedenti vincoli decaduti; 2) in caso di reiterazione disposta con riguardo solo ad una parte delle aree già incise dai vincoli decaduti, mentre per l'altra parte non è disposta la reiterazione in quanto il vincolo venga impresso su nuovi terreni. Tale scelta, pur costituendo senz'altro un'anomalia della funzione pubblica, deve fondarsi, pena il profilarsi di un intento vessatorio nei confronti dei proprietari delle aree riassoggettate a vincolo, su una motivazione da cui emergano le ragioni di interesse pubblico che giustifichino il vantaggio di chi non è più coinvolto nelle determinazioni di reperimento degli standard, a scapito di chi lo diventa, pur non essendo stato destinatario di un precedente vincolo preordinato all'esproprio; 3) in caso di reiterazione disposta per la prima volta, può ritenersi giustificato il richiamo alle originarie valutazioni; di converso, quando il rinnovato vincolo sia a sua volta decaduto, l'autorità urbanistica deve procedere con una ponderata valutazione degli interessi coinvolti, evidenziano le ragioni, con riferimento al rispetto degli standard, alle esigenze della spesa, agli specifici accadimenti riguardanti le precedenti fasi procedimentali, che diano conto dell'attuale sussistenza dell'interesse pubblico.

Cass. civ. n. 1754/2007

Il fatto costitutivo del diritto all'indennizzo non è individuabile nell'imposizione originaria di un vincolo di inedificabilità, e neppure nella protrazione di fatto del medesimo dopo la sua decadenza - giacché in tal caso ben può il proprietario sollecitare l'esercizio del potere pianificatorio attraverso la procedura di messa in mora, e far accertare, di risulta, l'illegittimità del silenzio - bensì nell'atto che esplicitamente lo reitera.

Cons. Stato n. 4426/2004

Ogni disciplina che, per la fase successiva alla decadenza dei vincoli, a seguito del quinquennio ai sensi dell'art. 2 comma 1 L. n. 1187 del 1968, prevede un'ulteriore destinazione vincolata, non può essere ritenuta in grado di produrre l'esonero dell'amministrazione dall'obbligo di provvedere; in caso contrario, tale disciplina si porrebbe "in fraudem legis" sia rispetto a tale obbligo, sia rispetto all'affermato principio dei limiti ai limiti al diritto di proprietà, in quanto costituirebbe un surrettizio tentativo di protrarre i vincoli oltre il termine massimo consentito.

Sono vincoli soggetti a decadenza, ai sensi dell'art. 2 L. 19 novembre 1968 n. 1187, sia quelli preordinati all'espropriazione, sia quelli che comportano l'inedificabilità, o che comunque "svuotano di contenuto" il diritto di proprietà, incidendo sul godimento del bene in modo tale da renderlo inutilizzabile rispetto alla destinazione naturale ovvero diminuendone significativamente il valore di scambio; essi perdono efficacia se, entro il termine di cinque anni, di cui all'art. 2, comma 1, L. n. 1187 del 1968, dall'approvazione del piano regolatore, non venga approvato il relativo piano particolareggiato oppure autorizzato il piano di lottizzazione convenzionato.

Corte cost. n. 411/2001

È costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 4 comma 3 cost., l'art. 52 comma 1 D.P.R. 6 marzo 1978 n. 218, nella parte in cui consente all'amministrazione di reiterare i vincoli, scaduti, preordinati all'espropriazione o che comportino l'inedificabilità, senza la previsione di indennizzo. Premesso che nella progressiva elaborazione giurisprudenziale del principio della alternatività tra temporaneità dei vincoli urbanistici preordinati alla espropriazione o sostanzialmente ablativi e obbligo di indennizzo, la Corte ha sviluppato l'iter interpretativo della garanzia costituzionale in materia espropriativa, aggiungendo una ulteriore affermazione di principio, derivata dall'art. 42 cost., secondo cui, per gli anzidetti vincoli (urbanistici) espropriativi, la reiterazione comporta necessariamente un indennizzo - separato e distinto rispetto alla pretesa indennitaria - diretto al ristoro del pregiudizio causato dal protrarsi della durata, per tutti i casi in cui può essere ammessa la reiterazione (o la proroga) dei vincoli c.d. espropriativi, deve essere dichiarata la illegittimità costituzionale non dell'intero complesso che consente la reiterazione dei vincoli stessi, ma esclusivamente della mancata previsione di indennizzo, che deve essere riferito alla permanenza del vincolo oltre i limiti di durata non irragionevoli fissati dal legislatore, come periodo di franchigia, riconducibili alla normale sopportabilità.

Cons. Stato n. 721/2000

In materia di occupazione di aree private per l'esecuzione di opere pubbliche, la delibera della giunta comunale, adottata ai sensi dell'art. 1 comma 5 L. 3 gennaio 1978 n. 1, come variante allo strumento urbanistico, necessita dell'approvazione regionale e finché questa non sia intervenuta non può formare il presupposto di una attività d'occupazione d'urgenza.

Corte cost. n. 179/1999

La reiterazione in via amministrativa di vincoli decaduti (preordinati all'espropriazione o con carattere sostanzialmente espropriativo), ovvero la proroga in via legislativa o la particolare durata dei vincoli stessi prevista in alcune regioni a statuto speciale non sono fenomeni di per sé inammissibili dal punto di vista costituzionale; tuttavia assumono certamente carattere patologico quando vi sia una indefinita reiterazione o una proroga "sine die" o all'infinito (attraverso la reiterazione di proroghe a tempo determinato che si ripetono aggiungendosi le une alle altre), o quando il limite temporale sia indeterminato, cioè non sia certo, preciso e sicuro e, quindi, anche non contenuto in termini di ragionevolezza. Ciò ovviamente in assenza di previsione alternativa dell'indennizzo, e fermo, beninteso, che l'obbligo dell'indennizzo opera una volta superato il periodo di durata (tollerabile) fissato dalla legge (periodo di franchigia). Negli anzidetti casi la mancata previsione di qualsiasi indennizzo si pone in contrasto con i principi costituzionali ricavabili dall'art. 42 comma 3 Cost., e di conseguenza ne deve essere dichiarata l'illegittimità costituzionale. Pertanto l'obbligo specifico di indennizzo deve sorgere una volta superato il primo periodo di ordinaria durata temporanea (a sua volta preceduto da un periodo di regime di salvaguardia) del vincolo (o di proroga per legge in regime transitorio), quale determinata dal legislatore entro limiti non irragionevoli, come indice della normale sopportabilità del peso gravante in modo particolare sul singolo, qualora non sia intervenuta l'espropriazione ovvero non siano approvati i piani attuativi. Non sono indennizzabili i vincoli posti a carico di intere categorie di beni, e tra questi i vincoli urbanistici di tipo conformativo e i vincoli paesistici. Spetta al legislatore determinare la disciplina dell'indennizzo, considerato che il sacrificio subito dal proprietario consiste, soprattutto nella ridotta utilizzazione del bene rispetto alla situazione giuridica antecedente alla pianificazione che ha imposto il vincolo.

L'intervento legislativo che si rende necessario dovrà precisare le modalità di attuazione del principio dell'indennizzabilità dei vincoli a contenuto espropriativo, delimitando le utilità economiche suscettibili di ristoro patrimoniale nei confronti della P.A., e, potrà esercitare scelte tra misure risarcitorie, indennitarie, e anche, in taluni casi, tra misure alternative riparatorie anche in forma specifica, mediante offerta ed assegnazione di altre aree idonee alle esigenze del soggetto che ha diritto ad un ristoro, ovvero mediante altri sistemi compensativi che non penalizzano i soggetti interessati dalle scelte urbanistiche che incidono su beni determinati.

Cons. Stato n. 570/1998

L'inserimento di un'area in zona urbanistica B2 di p.r.g., per la quale lo strumento urbanistico prevede la destinazione a "residenze", "attività terziarie" ed anche "attrezzature pubbliche", è previsione sufficiente a ritenere che nella zona possa essere realizzata, senza preventiva variante ai sensi dell'art.1 comma 5 L. 3 gennaio 1978 n.1, una strada pubblica, in quanto essa rientra tra le "attrezzature pubbliche" e quindi nella nozione di "servizi pubblici" di cui all'art.1 comma 4 L. 3 gennaio 1978 n.1.

Cons. Stato n. 702/1998

L'effetto dell'adozione di una variante urbanistica implicita nell'approvazione di un progetto di opera pubblica comporta l'applicazione delle misure di salvaguardia sulla domanda di concessione di costruzione dell'opera, ai sensi dell'art. unico L. 3 novembre 1952 n. 1902, fin dal momento dell'approvazione "de qua" e non nella data di inoltro alla Regione con le modalità previste dagli art. 1 ss. L. 18 aprile 1962 n. 167.

Corte cost. n. 417/1995

I beni, aventi la vocazione a realizzare l'interesse estetico-culturale di cui si è detto, sono - sotto questo profilo - riconducibili inscrivibili - al pari del beni paesistici - nel la disciplina posta dall'art. 42, secondo comma, della Costituzione (sentenze n. 56 del 1968; n. 9 del 1973; n. 202 del 1974; n. 245 del 1976; n. 648 del 1988; n. 391 del 1989; n. 344 del 1990), alla quale risulta del tutto estranea la materia della espropriazione governata dall'art. 42, terzo comma, della Costituzione. In altri termini - nell'ipotesi di beni ambientali - è la legge che determina i modi di godimento del bene stesso al fine di assicurarne la funzione sociale (art. 42, secondo comma, della Costituzione): conseguentemente i relativi vincoli che gravano su di essi - in virtù di determinate qualità intrinseche degli stessi, riconosciute dalla legge - non concretano un atto di espropriazione ai sensi dell'art. 42, terzo comma, della Costituzione e non sono pertanto, indennizzabili. Risultano, pertanto, infondate le censure prospettate con riguardo all'art. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione.

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