L’articolo in esame costituisce sostanzialmente il recepimento dell'orientamento espresso in numerose pronunce della Corte Costituzionale, secondo il quale il punto di equilibrio tra gli ambiti di competenza esclusiva dello Stato in materia di
ordinamento civile e concorrente della Regione nella materia
governo del territorio si rinviene nel principio, desumibile dall'ultimo comma dell'art. 9, D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, dotato di efficacia precettiva e inderogabile, per cui sono ammesse distanze inferiori a quelle stabilite dalla normativa statale, ma solo nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche.
Alla legislazione regionale, quindi, è in linea generale concesso occuparsi della disciplina delle distanze, che può interessare la materia in esame in ragione delle specifiche caratteristiche naturali o storiche del territorio, ma l'intervento del Legislatore regionale è costituzionalmente legittimo solo in quanto persegua chiaramente
finalità di carattere urbanistico, demandando l’operatività dei suoi precetti a strumenti urbanistici funzionali ad un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio.
Rimane, poi, ferma la competenza dei Comuni, ai quali spetta la concreta definizione dei limiti di densità ed altezza degli edifici nei propri
regolamenti, sulla base degli orientamenti eventualmente stabiliti a livello regionale.
L’ultimo comma è stato riformato nel 2020 e regola l’ipotesi in cui, nell’ambito della
demolizione e ricostruzione di un edificio pre-esistente (sia che essa sia qualificata come ristrutturazione, sia come nuova costruzione), si ponga il problema del rispetto delle distanze tra edifici previste dall’articolo 9, D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, o da qualsiasi altra normativa di settore.
Una prima indicazione interpretativa circa le modifiche apportate al comma 1
ter dal D.L. n. 76/2020, convertito in L. n. 120/2020, è stata data nella Circolare congiunta del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti e del Ministero della Pubblica Funzione del 02.12.2020.
La detta circolare ha chiarito che l’intervento può essere comunque legittimamente attuato mantenendo le distanze pre-esistenti ed anche inferiori a quelle minime, a patto che l'edificio esistente sia stato legittimamente realizzato.
Tale presupposto deve essere verificato ai sensi dell’articolo
9 bis del Testo unico, anch’esso inserito ad opera del D.L. n. 76/2020, avendo di regola riguardo al titolo edilizio sulla base del quale l’immobile è stato costruito, ovvero a quello relativo all’ultimo intervento che ha subito.
Per quanto riguarda la possibilità di realizzare gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l'intervento anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell'altezza massima dell'edificio demolito, si ritiene che questa previsione debba intendersi riferita non a qualsiasi incremento volumetrico che possa accompagnare l’intervento di demolizione e ricostruzione, ma solo a quelli aventi carattere incentivante (come ad esempio quelli previsti dal “piano casa”).
Il terzo periodo del comma 1
ter, introduce poi un’ulteriore condizione ai fini dell’ammissibilità della deroga alla disciplina delle distanze
per i soli edifici siti nelle zone omogenee A o in zone assimilate a queste dai piani urbanistici comunali, ovvero nei centri e nuclei storici consolidati o in aree comunque di particolare pregio storico o architettonico.
In tal caso, al fine di assicurare una maggior tutela a tali aree in considerazione delle loro particolari caratteristiche, è necessario anche che l’intervento sia contemplato nell’ambito dei piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale.
In sostanza, l’intervento non è lasciato alla sola iniziativa diretta del privato, ma deve essere inserito nella “cornice” del piano attuativo, che tiene conto non del singolo edificio, ma di tutto il contesto di riferimento.
La norma, comunque, fa espressamente salve le previsioni degli strumenti di pianificazione territoriale, paesaggistica e urbanistica vigenti, che possono dettare disposizioni diverse e anche meno rigorose rispetto all’articolo in commento.
Secondo la detta circolare, tale disposizione deve essere intesa non come una semplice salvezza delle eventuali previsioni urbanistiche difformi in essere alla data di entrata in vigore del D.L. n. 76/2020, ma come un rinvio generale al potere di pianificazione esercitabile in ogni tempo dalle amministrazioni competenti.
Infine, il richiamo ai pareri degli enti preposti alla tutela non costituisce un nuovo vincolo legale su tali aree, ma esprime soltanto la necessità, ove risultino vincoli insistenti sui singoli edifici o sulle aree interessate dagli interventi, di acquisire il parere delle Autorità preposte alla loro tutela.