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È possibile revocare tacitamente una precedente revoca espressa del testamento olografo?

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È possibile revocare tacitamente una precedente revoca espressa del testamento olografo?
La Cassazione chiarisce i limiti posti dalla legge alla revoca tacita di una precedente revoca espressa di un testamento olografo.
La Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11472/2020, ha avuto modo di precisare quelli che sono i limiti entro cui può essere disposta la revoca tacita di una precedente revoca espressa di un testamento olografo.

La questione sottoposta al vaglio degli Ermellini era nata in seguito alla domanda giudiziale con cui una donna, in qualità di erede, aveva convenuto in giudizio coloro ai quali il de cuius aveva conferito procura speciale a vendere i propri diritti su un fabbricato. Essa assumeva, infatti, che le procure conferite fossero nulle o, quantomeno, annullabili e che, in ogni caso, il procuratore non avesse reso il conto della propria gestione, chiedendo, pertanto, che fosse dichiarata anche l’invalidità dei conseguenti atti di compravendita.

I convenuti, nel costituirsi in giudizio, eccepivano un difetto di legittimazione attiva in capo all’attrice, assumendo che il testamento da lei invocato era stato revocato dal de cuius con una lettera raccomandata, con la quale lo stesso aveva anche provveduto a nominare un nuovo erede universale.

Il Tribunale rigettava la domanda dell’attrice, evidenziando come essa non avesse tempestivamente disconosciuto la conformità del documento, prodotto in copia dai convenuti, rispetto all'originale, dovendosi reputare, in ogni caso, tardivi, il disconoscimento e la contestazione avvenuti in un'udienza successiva a quella immediatamente seguente alla produzione documentale.

La Corte d’Appello, nel confermare la sentenza di primo grado, osservava, innanzitutto, come nessuno avesse mai posto in discussione il fatto che la lettera raccomandata prodotta dai convenuti, la quale recava la sottoscrizione del de cuius e possedeva i medesimi requisiti di forma prescritti per il testamento olografo, fosse idonea a determinare la revoca del primo testamento, con cui l’originaria attrice era stata designata erede.

Su tali presupposti, dunque, per i giudici di secondo grado non si controverteva unicamente sulla possibilità di discutere o meno di un testamento olografo di cui non fosse stato prodotto l’originale, ma, piuttosto, sulla possibilità di verificare l’idoneità dell’atto di revoca, prodotto in copia, ma di cui non era stata contestata validamente la conformità all’originale, a determinare gli effetti che la legge gli attribuiva.

Considerato che, anche per la contestazione della conformità della copia all’originale, si doveva ritenere applicabile il medesimo termine di decadenza richiesto dagli artt. 214 e 215 del Codice di procedura civile, la contestazione dell’attrice andava, peraltro, considerata tardiva, posto, altresì, che quanto da essa dedotto in occasione della prima udienza di comparizione, immediatamente successiva alla produzione della copia della raccomandata da parte dei convenuti, non possedeva i necessari requisiti di specificità.

Rimasta soccombente all’esito di entrambi i gradi del giudizio di merito, l’originaria attrice ricorreva dinanzi alla Corte di Cassazione, denunciando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 684 e 2719 del Codice Civile, nonché dell’art. 214 del c.p.c., per aver il giudice d’appello ritenuto che essa, già in primo grado, sarebbe stata obbligata a contestare la conformità della copia della revoca del testamento prodotta dei convenuti, rispetto all'originale.

Secondo la ricorrente, infatti, anche di fronte alla produzione della revoca di un testamento, doveva trovare applicazione il principio, affermato dalla Cassazione, per cui “chi abbia interesse a far valere le disposizioni di un testamento, e si trovi nell'impossibilità di produrre l'originale, deve formulare una specifica domanda di accertamento dell'esistenza dei requisiti di legge e del contenuto del testamento, a nulla rilevando la circostanza che la copia prodotta non sia stata disconosciuta dalla controparte, in quanto nulla impedirebbe di ipotizzare che il testatore abbia successivamente distrutto l'originale dopo averlo fotocopiato, al fine di pervenire alla revoca del testamento stesso”.

A suo avviso, dunque, da ciò derivava che, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, era onere dei convenuti dimostrare che la revoca del precedente testamento fosse ancora esistente alla data di apertura della successione. La ricorrente sosteneva, infatti, che la revoca del primo testamento fosse stata, a sua volta, revocata da parte del de cuius, sebbene non in maniera espressa.

La donna eccepiva, infine, come, per il disconoscimento di una fotocopia, ex art. 2719 del c.c., non fossero invocabili le limitazioni temporali ex art. 215 del c.p.c., non potendosi, quindi, ritenere che essa fosse incorsa nella decadenza ravvisata dai giudici di merito.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso.

Gli Ermellini hanno, innanzitutto, disatteso la contestazione relativa alla pretesa inapplicabilità del termine ex art. 215 del c.p.c. anche al disconoscimento di conformità della fotocopia all’originale, in quanto l’ormai prevalente orientamento della Cassazione ha stabilito che “il disconoscimento della conformità all'originale delle copie fotografiche o fotostatiche che, se non contestate, acquistano, ai sensi dell'art. 2719 c.c., la stessa efficacia probatoria dell'originale, è soggetto alla disciplina di cui agli artt. 214 e 215 c.p.c. e, pertanto, deve avvenire, in modo formale e specifico, nella prima udienza o risposta successiva alla produzione(cfr. ex multis Cass. Civ., n. 4053/2018).

Parimenti priva di fondamento è risultata anche l’eccezione relativa all’onere di disconoscimento, posto che l’art. 214 del c.p.c. impone anche agli eredi, seppur con particolari modalità, l’onere di disconoscere la scrittura privata o la conformità della copia dell’atto riferibile al loro dante causa.

Venendo, poi, alla questione principale, relativa alla revoca tacita della precedente revoca espressa di un testamento olografo, gli Ermellini hanno sottolineato come, nel caso di specie, venga in gioco la previsione di cui all’art. 681 del c.c., la quale prevede che la revocazione totale o parziale di un testamento possa essere, a sua volta, revocata, ma sempre con le forme previste dall’art. 680 del c.c., ossia con un nuovo testamento o con un atto ricevuto dal notaio.

In merito alla dibattuta questione relativa all’ammissibilità di una revoca tacita di una precedente revoca espressa di un testamento, sulla scorta del costante orientamento della Cassazione, “l'art. 681 cod. civ., il quale disciplina la sola revocazione espressa della precedente revoca di un testamento, disponendo in tal caso la reviviscenza delle disposizioni revocate, non preclude al testatore la possibilità di revocare tacitamente la precedente revocazione, lasciando, tuttavia, in tal caso impregiudicata l'efficacia del testamento per primo revocato, da valutare in base alla volontà complessiva del testatore” (Cass. Civ., n. 19915/2012).

Ciò è, tuttavia, consentito solo entro i limiti in cui la revoca tacita sia desumibile dalla redazione di un successivo testamento le cui disposizioni siano incompatibili con quelle precedenti, ponendosi, eventualmente, un problema di interpretazione in ordine alla volontà del testatore di far rivivere o meno le disposizioni già revocate (cfr. Cass. Civ., n. 1260/1987).

La stessa Cassazione ha, peraltro, avuto modo di pronunciarsi di recente in materia, affermando che “la cancellazione del testamento disciplinata dall'art. 684 c.c. si configura, al pari della distruzione, come un comportamento concludente avente valore legale, riconducibile in via presuntiva al testatore quale negozio di attuazione, che deve essere giuridicamente qualificato, alla luce del citato art. 684 c.c., quale revoca tacita del detto testamento, così che, qualora ad essere cancellato sia un testamento successivo contenente la revoca di quello precedente, non trova applicazione l'articolo 683 c.c., per il quale, nelle ipotesi dallo stesso indicate, la revocazione fatta con un testamento posteriore conserva la sua efficacia anche quando questo resta senza effetto, ma l'art. 681 c.c. che disciplina il diverso caso” (Cass. Civ., n. 8031/2019).

Non merita, infine, accoglimento, secondo la Suprema Corte, neppure la tesi per cui il mancato reperimento dell'originale impedirebbe la pubblicazione del testamento contenente la revoca espressa di quello precedente, posto che, secondo il suo costante orientamento, la pubblicazione del testamento olografo va intesa come atto anteriore e soltanto preparatorio alla sua effettiva e concreta esecuzione, non costituendo, dunque, un requisito di efficacia del testamento stesso.

Alla luce di tali osservazioni, gli Ermellini non hanno, quindi, potuto far altro che rilevare l’infondatezza della tesi della ricorrente, posto che, da un lato, non è stata fornita alcuna prova della volontaria cancellazione o distruzione, da parte del testatore, del secondo testamento, contenente la revoca dell'istituzione, quale erede, della ricorrente, e, dall’altro, non rileva, nel caso di specie, la mancata pubblicazione del secondo testamento contenente la revoca espressa del primo, in quanto i convenuti non ne hanno richiesto l’esecuzione, ma si sono limitati a farne valere l’efficacia, nella parte in cui aveva disposto la revoca del primo testamento e, quindi, la perdita della qualità di erede in capo alla ricorrente.


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