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Cancellazione di una società di persone: i soci sono responsabili per i debiti della società estinta?

Cancellazione di una società di persone: i soci sono responsabili per i debiti della società estinta?
Dopo la cancellazione di una società di persone dal Registro delle Imprese i soci succedono, nei limiti della quota partecipativa, anche nei debiti non definiti in sede di bilancio finale di liquidazione.
La Sesta Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12758/2020, ha avuto modo di pronunciarsi in ordine alla responsabilità personale dei soci per i debiti societari, in seguito alla cancellazione di una società di persone dal Registro delle Imprese.

La questione sottoposta al vaglio degli Ermellini era nata in seguito al ricorso proposto dall’ex legale rappresentante di una società, contro un avviso di accertamento relativo ad Irap ed IVA, relativamente alla società di persone, da lui rappresentata, la quale, nel frattempo, era stata cancellata dal Registro delle Imprese.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che la Commissione Tributaria Regionale osservavano come l’avviso di accertamento non potesse essere diretto nei confronti di una società estinta, dovendo, invece, essere indirizzato nei confronti degli ex soci personalmente e, in ogni caso, nei limiti in cui erano stati distribuiti gli utili in sede di bilancio finale di liquidazione.

Rimasta soccombente, l’Agenzia delle Entrate decideva di ricorrere dinanzi alla Corte di Cassazione, deducendo la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2291, 2312 e 2495 del c.c., nonché del comma 4 dell’art. 65 delle disp. accert. imp. redditi, nella parte in cui la sentenza aveva ritenuto che l’avviso di accertamento fosse stato notificato nei confronti della società e non dei singoli soci. La ricorrente evidenziava, altresì, come, all’esito della cancellazione di una società di persone dal Registro delle Imprese, i soci succedessero nelle posizioni debitorie della società estinta, nonché come l’avviso di accertamento potesse essere notificato ai soci, indipendentemente dal riparto del bilancio finale di liquidazione, costituendo, tale elemento, un mero limite di esigibilità della pretesa del creditore.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso.

Gli Ermellini hanno, innanzitutto, dato atto di come, in ossequio alla costante giurisprudenza di legittimità, “all'atto della cancellazione di una società, per i rapporti facenti capo a questa e ancora pendenti dopo la cancellazione dal Registro delle Imprese si determina un fenomeno successorio in capo ai soci, anche per i debiti non definiti in sede di bilancio finale di liquidazione, nei quali essi succedono ciascuno nei limiti della quota di partecipazione(Cass. Civ., n. 15637/2019; Cass. Civ., n. 17492/2018).

Concordemente a quanto eccepito dall’Agenzia delle Entrate, la Cassazione ha, dunque, evidenziato come i giudici di merito abbiano errato nel ritenere che l’avviso di accertamento potesse essere diretto contro i soci soltanto nei limiti in cui risultavano distribuiti gli utili in sede di bilancio finale di liquidazione. Sulla scorta di quanto precisato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte, infatti, “il successore che risponde solo intra vires dei debiti trasmessigli non cessa, per questo, di essere un successore; e se il suaccennato limite di responsabilità dovesse rendere evidente l'inutilità per il creditore di far valere le proprie ragioni nei confronti del socio, ciò si rifletterebbe sul requisito dell'interesse ad agire (ma si tenga presente che il creditore potrebbe avere comunque interesse all'accertamento del proprio diritto, ad esempio in funzione dell'escussione di garanzie) ma non sulla legittimazione passiva del socio medesimo” (Cass. Civ., SS.UU., n. 6070/2013).

Invero, nonostante una parte minoritaria della successiva giurisprudenza di legittimità si sia discostata da tale posizione, l’orientamento maggioritario ritiene che il limite di responsabilità dei soci, di cui all’art. 2495 del c.c., non incida sulla loro legittimazione processuale ma, al più, sull’interesse ad agire dei creditori sociali, il quale non è, di per sé, escluso dalla circostanza che i soci medesimi non abbiano partecipato utilmente alla ripartizione finale, potendo, ad esempio, sussistere beni e diritti che, sebbene non ricompresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, siano stati trasferiti ai soci (cfr. ex multis Cass. Civ., n. 5988/2017; Cass. Civ., n. 9094/2017).


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