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Articolo 24 Legge professionale forense

(L. 31 dicembre 2012, n. 247)

[Aggiornato al 29/02/2024]

L'ordine forense

  • Dispositivo

Dispositivo dell'art. 24 Legge professionale forense

1. Gli iscritti negli albi degli avvocati costituiscono l'ordine forense.

2. L'ordine forense si articola negli ordini circondariali e nel CNF.

3. Il CNF e gli ordini circondariali sono enti pubblici non economici a carattere associativo istituiti per garantire il rispetto dei principi previsti dalla presente legge e delle regole deontologiche, nonché con finalità di tutela della utenza e degli interessi pubblici connessi all'esercizio della professione e al corretto svolgimento della funzione giurisdizionale. Essi sono dotati di autonomia patrimoniale e finanziaria, sono finanziati esclusivamente con i contributi degli iscritti, determinano la propria organizzazione con appositi regolamenti, nel rispetto delle disposizioni di legge, e sono soggetti esclusivamente alla vigilanza del Ministro della giustizia.

Consulenze legali
relative all'articolo 24 Legge professionale forense

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Luca B. chiede
mercoledì 06/06/2018 - Emilia-Romagna
“Salve di seguito il mio quesito:

Alessandro e Alberto sono due soci di un a srl,
entrambi ne sono amministratori e rappresentanti legali.
Sia la Società che I soci hanno citato per danni una Banca.
La causa è tuttora pendente in Cassazione
I soci Alessandro e Alberto sono assititi congiuntamente da due avvocati Giulio e Gabriele dello stesso studio legale che curano la causa di citazione danni contro la Banca con mandato congiunto dei soci.
Il mandato è firmato congiuntamente dai due soci e congiuntamente dai due avvocati.
La Banca contatta gli avvocati Giulio e Gabriele per addivenire ad un accordo stragiudiziale prima che la Cassazione si pronunci.
Giulio e Giulio e Gabriele contattano Alessandro e Alberto esortandoli alla transazione.
Alberto è d’accordo per la transazione
Alessandro invece è in disaccordo e vorrebbe aspettare il verdetto della cassazione perchè lo ritiene più probabile e favorevole.
La Banca però per la transazione richiede la rinuncia congiunta di entrambi i soci al prosieguo della causa in cassazione, conditio sine qua non alla chiusura dela transazione.

DEONTOLOGICAMENTE PARLANDO GLI AVVOCATI GIULIO E GABRIELE O UNO DI LORO SOLAMENTE POSSONO RIMETTERE IL MANDATO NEI CONFRONTI DI ALESSANDRO E PATROCINARE SOLAMENTE IL SOCIO ALBERTO? NON SI CONFIGUREREBBE IN QUESTO MODO UN CONFLITTO DI INTERESSI ?

Grazie

Luca Benvenuti”
Consulenza legale i 13/06/2018
Il conflitto di interessi è una condizione giuridica che si verifica quando viene affidata una responsabilità decisionale a un soggetto che ha interessi personali o professionali in contrasto con l’imparzialità richiesta da tale responsabilità.
Nel caso della professione di avvocato, l’art. 24 del Codice Deontologico Forense, rubricato “conflitto di interessi”, regola la materia. Si rimanda ad una lettura integrale ed attenta.

Il citato articolo prevede l’obbligo per l’avvocato, nel momento in cui accetta l’incarico, di tutelare e difendere i diritti del cittadino che rappresenta, nel rispetto delle leggi e delle norme deontologiche e ad evitare situazioni che possono far dubitare della correttezza del suo operato.
Viene meno, pertanto, a tale obbligo, l’avvocato che accetti incarichi nei quali possano determinarsi conflitti tra i clienti dallo stesso assistiti e che possano determinare la rivelazione di informazioni fornite da altra parte assistita o cliente, oppure nel caso in cui la conoscenza degli affari di una parte possa favorire ingiustamente un’altra parte assistita o cliente.
L’obbligo di astensione da parte dell’avvocato viene prescritto anche nell’ipotesi in cui il conflitto di interesse sia solo potenziale (cfr. Cass. 17.07.2015, n. 14634; Cass. 25.06.2013, n. 15884).
Dunque, l’avvocato ha l’obbligo di evitare i conflitti di interessi e pertanto non potrà rappresentare due clienti nella stessa controversia qualora fra i loro interessi vi sia un conflitto, effettivo o potenziale.
Inoltre, costituisce illecito deontologico la condotta del professionista che in seguito alla dismissione del mandato, indipendentemente che questa sia dovuta a revoca o rinuncia, assuma il mandato da soggetto che abbia un interesse configgente con quello del proprio ex cliente utilizzando contro quest’ultimo informazioni dallo stesso assunte nell’espletamento del precedente mandato.

Ciò premesso, riteniamo che nel caso in esame, trattandosi di mandato congiunto, la rinuncia al mandato debba avvenire nei confronti di entrambi i clienti. Gli avvocati in questione o anche uno solo di essi, non possono continuare nella difesa di uno solo dei soci della società perché si determinerebbe, alla luce di quanto sopra argomentato, una situazione di conflitto di interessi a causa della quale, i legali, potrebbero essere passibili di una sanzione disciplinare. Ciò anche se il conflitto di interessi, almeno per adesso, è solo potenziale nel caso in cui non si raggiungesse un accordo.

V. C. chiede
giovedì 08/02/2018 - Abruzzo
“Quesito

Contesto.
Per lavoro risiediamo ancora a Bruxelles e siamo in attesa di poter rimpatriare a R (Abruzzo). Abbiamo dovuto chiedere la divisione giudiziaria perché i coeredi hanno rifiutato la divisione consensuale. Si tratta di due abitazioni ereditate nel 1962 ed occupate dagli inizi ’70 dalle due famiglie oggi contrapposte. Le due abitazioni sono composte di Pianterreno e giardino e di un Primo Piano con sottotetto e solaio, assolutamente autonome e vissute in modo indipendente.

Premessa.
Una prima sentenza è giunta dopo dieci anni (12/2015) dalla nostra citazione (12/2005). I coeredi si sono appellati ed hanno chiesto il patrocinio ad un avvocato del posto (Comune di R.) nel momento in cui quest’ultimo faceva campagna elettorale per diventare Sindaco della città R. La citazione d’Appello a firma dell’Avvocato-Sindaco ci è stata notificata a fine maggio 2016, l’elezione a sindaco è avvenuta ad inizio giugno.

Il fatto.
Nella Comparsa d’Appello l’avvocato-sindaco, fra le varie argomentazioni addotte per impugnare la sentenza di primo grado, ipotizza anche una presunta incompatibilità della sentenza stessa con il regolamento edilizio comunale. Il Giudice di primo grado ha disposto la sottodivisione del Pianterreno ai due coeredi della defunta erede originaria. Il CTU in ossequio all’esplicita richiesta del Giudice, ha proposto la separazione dei locali in due appartamentini con tramezzi ed altri interventi tutti interni al PT. I due coeredi impugnano questa subdivisione che – fra l’altro – non rispetterebbe il Regolamento edilizio comunale.

Domanda.
C’è conflitto di ruoli fra l’Avvocato, che ipotizza il non rispetto del Regolamento edilizio, e se medesimo in veste di Sindaco dal momento che il Regolamento Edilizio Comunale è nelle sue competenze?
I nostri tecnici sono certi che la divisione decisa dal giudice di primo grado non comporta incidenze urbanistiche, dal momento che gli aggiustamenti richiesti interessano solo gli interni, senza nessuna modifica esterna all’immobile. Ma “il Sindaco” potrà trovare sempre un appiglio nel Regolamento edilizio a favore di se stesso, Avvocato della parte avversa.

Proviamo molto disagio nel sapere che Il mio Sindaco ci combatte in Appello. Temiamo che farà difficoltà quando chiederemo l'autorizzazione per i lavori.
Egli è tenuto ad essere imparziale nei confronti di tutti i cittadini.
Cosa dice il Codice Civile su una tale casistica? E il Codice deontologico forense? Posso far valere un qualche argomento in sede di Appello?

Consulenza legale i 16/02/2018
La questione in esame verte sul conflitto di interessi del ruolo di avvocato con lo svolgimento, da parte dello stesso, anche dell’incarico di Sindaco.

La fattispecie in esame può essere affrontata analizzando sia la normativa che disciplina la carica di sindaco ossia il D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti locali, cd. “TUEL” che all’art. 63, comma 1 prevede le cause tassative di incompatibilità alle cariche di sindaco, consigliere comunale e circoscrizionale, sia alla luce del Codice Deontologico Forense.

Ebbene, ai sensi dell’art. 63 TUEL sono incompatibili con la carica di sindaco, consigliere comunale o circoscrizionale:

1) l’amministratore o il dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento di ente, istituto o azienda soggetti a vigilanza, e in cui vi sia almeno il 20 per cento di partecipazione, da parte dell’ente locale o che dallo stesso riceva, in via continuativa, una sovvenzione in tutto o in parte facoltativa quando la parte facoltativa supera il 10 per cento del totale delle entrate dell’ente (articolo 63, comma 1, numero 1), del decreto legislativo 267/2000);

2) coloro che, come titolari, amministratori, dipendenti con poteri di rappresentanza o di coordinamento hanno parte, direttamente o indirettamente, in servizi, esazioni di diritti, somministrazioni o appalti, nell’interesse del comune ovvero in società ed imprese volte al profitto di privati, sovvenzionate da detti enti in modo continuativo, quando le sovvenzioni non siano dovute in forza di una legge dello Stato o della Regione (articolo 63, comma 1, numero 2), del decreto legislativo 267/2000), sempre che non si tratti di cooperative o consorzi di cooperative iscritti negli appositi pubblici registri (articolo 63, comma 2);

3) il libero professionista che assume incarichi nel comune di cui è stato eletto amministratore non si trova in situazione di incompatibilità se tali incarichi hanno carattere di saltuarietà (Ministero dell’interno, parere 28 dicembre 1998);

4) coloro che hanno lite pendente, in quanto parte di un procedimento civile o amministrativo con l’ente di cui sono amministratori; la pendenza di una lite tributaria ovvero di una lite promossa con azione popolare non determina incompatibilità (articolo 63, comma 1, numero 4), del decreto legislativo 267/2000);

5) coloro che, per fatti compiuti quando erano amministratori o dipendenti del comune ovvero di istituto o azienda da questo dipendente o vigilato, sono stati, con sentenza passata in giudicato, dichiarati responsabili verso l’ente, istituto o azienda e non hanno ancora estinto il debito (articolo 63, comma 1, numero 5), del decreto legislativo 267/2000;

6) coloro che, avendo un debito liquido ed esigibile, verso il comune ovvero verso istituto od azienda da esso dipendente, è stato legalmente messo in mora ovvero, avendo un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei riguardi di detti enti, abbia ricevuto invano notificazione dell’avviso di cui all’articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (articolo 63, comma 1, numero 6), del decreto legislativo 267/2000);

7) coloro che, nel corso del mandato, vengono a trovarsi in una delle condizioni di ineleggibilità previste dalla legge (articolo 63, comma 1, numero 7), del decreto legislativo 267/2000).

Il TUEL non prevede quindi alcuna disposizione sull’incompatibilità, in astratto, tra la carica di Sindaco e l’esercizio di una libera professione nello stesso territorio del Comune amministrato.

Analizziamo la fattispecie invece alla luce del Codice Deontologico Forense.

L’art. 24 del citato codice dispone che:

1. L’avvocato deve astenersi dal prestare attività professionale quando questa possa determinare un conflitto con gli interessi della parte assistita e del cliente o interferire con lo svolgimento di altro incarico anche non professionale.

2. L’avvocato nell’esercizio dell’attività professionale deve conservare la propria indipendenza e difendere la propria libertà da pressioni o condizionamenti di ogni genere, anche correlati a interessi riguardanti la propria sfera personale.

Alla luce del citato articolo è ragionevole pensare che possa sorgere un potenziale conflitto di interessi in merito alla difesa assunta dall’avvocato-sindaco dal momento che la stessa verte sull’applicazione o meno del Regolamento Edilizio Comunale.

Tuttavia, riteniamo, dalla narrazione dei fatti, che non possa configurarsi in concreto l’ipotesi del paventato conflitto di interesse.

Invero, riteniamo che l’avvocato- sindaco potrebbe essere “accusato” di versare in una situazione di conflitto di interessi solo se, per favorire i propri clienti, procedesse a modificare il Regolamento Edilizio Comunale in pendenza del giudizio stesso e solo per la causa stessa.

Da quanto descritto nel parere, invece, non emerge che l’avvocato abbia proceduto a modificare il Regolamento Edilizio Comunale al fine di conseguire un risultato utile per i suoi clienti.

L’avvocato-sindaco ha solo ritenuto, da competente in materia, che la sentenza fosse incompatibile col Regolamento Edilizio Comunale ma non ha proceduto ad una modifica dello stesso per dare un fondamento giuridico alla propria difesa e favorire cosi i propri clienti.

Si aggiunga inoltre che non è il Comune ad essere controparte nel processo, nel qual caso allora era certamente configurabile l’ipotesi di incompatibilità e del lamentato conflitto di interesse.

Pertanto, riteniamo che l’avvocato-sindaco potrà continuare a difendere i propri clienti e sarà compito del Giudice di Appello valutare se quanto statuito dal giudice di primo grado sia o meno compatibile col regolamento edilizio comunale vigente.

In caso di conformità, come già sostenuto dal Giudice di primo grado, dai tecnici di parte e dal CTU nominato d’ufficio, infondata è, a nostro avviso, la Sua paura di non avere le successive autorizzazioni del Sindaco per lo svolgimento dei lavori: in quel caso il Sindaco non potrà impedirLe di mettere in esecuzione un ordine del Giudice.

Laddove, invece, nel corso del giudizio di Appello , il Suo avvocato riuscisse a dimostrare che effettivamente l’avvocato-sindaco abbia abusato del suo ruolo di Sindaco per volgere a proprio favore l’esito della causa, allora il Suo avvocato potrà eccepire che, nella fattispecie, il ruolo di avvocato sia incompatibile con quello di sindaco e, quindi, chiedere al collega di astenersi dall’assumere la difesa, con conseguenze anche sul piano disciplinare.