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Articolo 12 Legge professionale forense

(L. 31 dicembre 2012, n. 247)

[Aggiornato al 29/02/2024]

Assicurazione per la responsabilità civile e assicurazione contro gli infortuni

  • Dispositivo

Dispositivo dell'art. 12 Legge professionale forense

1. L'avvocato, l'associazione o la società fra professionisti devono stipulare, autonomamente o anche per il tramite di convenzioni sottoscritte dal CNF, da ordini territoriali, associazioni ed enti previdenziali forensi, polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall'esercizio della professione, compresa quella per la custodia di documenti, somme di denaro, titoli e valori ricevuti in deposito dai clienti. L'avvocato rende noti al cliente gli estremi della propria polizza assicurativa.

2. All'avvocato, all'associazione o alla società tra professionisti è fatto obbligo di stipulare, anche per il tramite delle associazioni e degli enti previdenziali forensi, apposita polizza a copertura degli infortuni derivanti ai propri collaboratori, dipendenti e praticanti in conseguenza dell'attività svolta nell'esercizio della professione anche fuori dei locali dello studio legale, anche in qualità di sostituto o di collaboratore esterno occasionale.(1)

3. Degli estremi delle polizze assicurative e di ogni loro successiva variazione è data comunicazione al consiglio dell'ordine.

4. La mancata osservanza delle disposizioni previste nel presente articolo costituisce illecito disciplinare.

5. Le condizioni essenziali e i massimali minimi delle polizze sono stabiliti e aggiornati ogni cinque anni dal Ministro della giustizia, sentito il CNF.

Note

(1) Comma così modificato dall’art. 19-novies, comma 1, D.L. 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 2017, n. 172.

Consulenze legali
relative all'articolo 12 Legge professionale forense

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Carlo G. chiede
martedì 04/06/2019 - Emilia-Romagna
“Un avvocato non trasmette la notifica della sentenza civile ricevuta tramite PEC , e che anzi in prima battuta ne nega la ricezione .
Fa così scadere il termine breve , e il nuovo avocato inconsapevole , perde la possibilità di fare appello .
L’ avvocato dopo estenuanti trattative , ammette la responsabilità , e denuncia il sinistro alla sua compagnia .
Allá stessa , il mio avvocato propone una soluzione transattiva , che viene tenuta in essere per oltre un anno .
A quella data la compagnia comunica che non intende transare , e che se lo riteniamo giusto di adire e accedere a un giudizio .
Cosa che il mio avvocato fa , sopratutto a livello umanitario , consapevole di quanto mi è accaduto , e perché la sentenza di primo grado , era palesemente sbagliata .
Ebbene egli cita normalmente l’ avvocato , pensando che , come è prassi in questi casi , che egli a sua volta chiederà di essere manlevato dalla compagnia che lo assicura .
Invece , avviene qualcosa che reputo sconcertante è inquietante , ma sopratutto irrispettoso della legge numero 247 del 2012 , che rendeva obbligatoria la sottoscrizione di una polizza assicurativa a qualsiasi legale.
Lo spirito di questa legge altri non era , che garantire da un lato tutti i cittadini che accedevano a una prestazione professionale , di aver la certezza che in caso di errore del professionista , questi in assenza di proprie risorse , potesse però ristorare l’ ignaro e incolpevole cittadino , in caso di patrimoni o risorse personali .
Dal altro lato , che si generassero ingiuste aggressioni ai patrimoni dei singoli professionisti .
E si presenta in giudizio con l’ avvocato della compagnia , ma nominato personalmente , e non fa intervenire la compagnia .
Ora mi pare sin troppo evidente , che la compagnia in presenza di una ammissione di responsabilità importante , abbia deciso di garantirgli si la tutela , ma al contempo evitare una possibile condanna ad indennizzarmi .
Ora io vado e seguo semplicemente una logica , che è la seguente , ed e da qui che formuló il mio quesito .

LA PAROLA OBBLIGATORIA , NON LASCIA ALTRI MARGINI DI INTERPRETAZIONE . ALTRA COSA SAREBBE LA DISCREZIONE . E SE LA POLIZZA É OBBLIGATORIA A TUTELA DI TUTTTE LE PARTI , NON MI PARE LOGICO , CHE LA COMPAGNAI SI SOTTRAGGA AI SUOI DOVERI E OBBLIGHI APPUNTO .
É L’ AVVOCATO PERCHÉ PALESEMENTE RESPONSABILE NON LA CITI IN GIUDIZIO . ALLORA MI PARE DI CAPIRE , CHE QUALSIASI CITTADINO RESTI ESPOSTO ALLA CONVENIENZA DI RITO DI UNO E DEL ALTRO , CHE SE REPUTA CHE L’ ERRORE CONTESTATO POSSA ESSERE RISOLTO IN GIUDIZIO , AZIONA LA MANLEVA E LA COMPAGNIA INTERVIENE .
SE INVECE SI PROFILA UNA POSSIBILITÀ DI INDENNIZZARE IL DISGRAZIATO CITTADINO , LE DUE PARTI SI SOTTRAGGONO ALLA LEGGE NUMERO 247 .
Allora qui la obbligatorietà dove sta ? Chi lo tutela il cittadino , anche perché nelle more del giudizio , l’ avvocato risulta essere nulla tenente ?
Io considero tutto questo semplicemente disumano , e sopratutto deontologicamente scorretto , nonché incostituzionale .
Il sospetto che l’ avvocato abbia concordato con la compagnia di evitargli un potenziale indennizzo non so su che tipo di accordo , mi pare evidente.
E va da se , che sarebbe sin troppo elementare , stipulare una póliza e mettersi in regola con la legge che ti obbliga a farlo .
Ma che poi in presenza di un disastro tieni immune la compagnia .
Ecco vorrei un vostro autorevole parere corredato come sempre da pronunce correlate della Corte sui punti .
Per último , vi chiedo di inviarmi con cortese sollecitudine il vostro iban con SWIFT internazionale , perché la rimessa la faccio dalla Spagna , e il numero di consulenza che vorrete assegnare , per indicarlo nella casuale del bonifico .
Con perfetta osservanza e ossequio .
Carlo G.”
Consulenza legale i 18/06/2019
Per rispondere al presente quesito è opportuno fare chiarezza e distinguere tra obbligatorietà dell’assicurazione professionale e possibilità, per il cliente danneggiato, di agire direttamente nei confronti della compagnia assicurativa.
Il carattere obbligatorio dell’assicurazione professionale, per gli avvocati, consiste nel fatto che l’obbligo di stipulare una polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall'esercizio della professione è attualmente previsto dall’art. 12 della L. n. 247/2012 (legge professionale forense).
In base a tale norma, dunque, l'avvocato, l'associazione professionale o la società fra professionisti devono stipulare, autonomamente o anche per il tramite di convenzioni sottoscritte dal Consiglio Nazionale Forense, da ordini territoriali, associazioni ed enti previdenziali forensi, polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall'esercizio della professione, compresa quella per la custodia di documenti, somme di denaro, titoli e valori ricevuti in deposito dai clienti.
Detta norma prevede anche che l’avvocato renda noti al cliente gli estremi della propria polizza assicurativa, i quali devono anche essere comunicati al consiglio dell'ordine di appartenenza.
Inoltre, è espressamente previsto che la mancata osservanza delle disposizioni previste dal medesimo art. 12 della legge professionale costituisca illecito disciplinare.
Infine, sempre in attuazione della norma in commento, è stato emanato dal Ministro della giustizia il D.M. 22 settembre 2016, recante le condizioni essenziali e i massimali minimi delle polizze.

Su un piano diverso si pone invece l’azione diretta del danneggiato nei confronti dell’assicuratore, che, appunto, non è stata prevista in relazione all’assicurazione professionale obbligatoria degli avvocati. In realtà, nel nostro ordinamento tale possibilità ha carattere eccezionale, essendo consentita solo in alcune ipotesi specificamente previste dalla legge, come nel caso dell’assicurazione (anch’essa obbligatoria) per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli.
Al di fuori, però, dei casi espressamente individuati dal legislatore, occorre tenere distinta l'obbligazione dell'assicuratore al pagamento dell'indennizzo all'assicurato rispetto all'obbligazione risarcitoria dell'assicurato verso il danneggiato. Pertanto, in assenza di una esplicita previsione di senso contrario, il terzo danneggiato - il quale non ha un rapporto immediato e diretto con la compagnia assicuratrice - non può citare quest’ultima in giudizio.

Deve escludersi, pertanto, per tornare al caso in esame, che vi sia perciò solo una qualsivoglia intesa illecita tra ex avvocato e compagnia assicuratrice, tanto è vero che il primo si è costituito in giudizio con “l’avvocato della compagnia”: ciò in quanto le polizze prevedono, in genere, la c.d. tutela legale, quindi l’assistenza e la difesa nel giudizio promosso dal danneggiato per ottenere il risarcimento.
La circostanza, poi, che il legale dell’assicurazione sia stato nominato personalmente dall’avvocato citato in giudizio non ha nulla di strano, dal momento che nel nostro sistema giuridico, al di fuori dei casi di soggetti che non abbiano la piena capacità di agire (ad esempio minori, oppure persone incapaci di intendere e di volere), il conferimento della procura all’avvocato è un atto che va compiuto personalmente dall’interessato.
Non può, dunque, desumersi da quanto precede alcun tentativo di frode da parte dell’avvocato convenuto in giudizio e della sua compagnia asscurativa. In ogni caso, è comunque interesse dell’assicurato attivarsi per far intervenire l’assicuratore e far conseguire così il pagamento dell’indennizzo al danneggiato, nel caso in cui venga accertata la responsabilità, onde evitare di rispondere dei danni con il proprio personale patrimonio, anziché usufruire di una polizza per la quale il professionista paga un premio annuo (spesso cospicuo, a seconda del massimale e del fatturato). Quanto alle ragioni sottostanti la scelta di far assistere l’assicurato direttamente dal legale della compagnia, ipotesi tutt’altro che infrequente nella prassi, le stesse, anziché essere ricercate in improbabili accordi fraudolenti, potrebbero semmai essere individuate nella convenienza di evitare i costi di una doppia costituzione in giudizio (nonché di una eventuale doppia condanna alle spese).

Ad ogni modo, nel caso di inerzia del’avvocato - danneggiante nel richiedere il pagamento dell’indennizzo all’impresa assicuratrice, il cliente - danneggiato avrà a disposizione lo strumento dell’azione surrogatoria di cui all’art. 2900 del c.c., secondo cui “il creditore, per assicurare che siano soddisfatte o conservate le sue ragioni, può esercitare i diritti e le azioni che spettano verso i terzi al proprio debitore e che questi trascura di esercitare, purché i diritti e le azioni abbiano contenuto patrimoniale e non si tratti di diritti o di azioni che, per loro natura o per disposizione di legge, non possono essere esercitati se non dal loro titolare”.
in materia, la giurisprudenza ha precisato che “non è esperibile l'azione surrogatoria nei confronti dell'assicurato per la responsabilità civile che non abbia richiesto all'assicuratore di pagare l'indennizzo direttamente al danneggiato, qualora l'assicurato stesso abbia comunque posto in essere iniziative a tutela dell'integrità della garanzia patrimoniale” (così Cass. Civ., Sez. III, sentenza n. 26019/2011), cioè si sia attivato al fine di far conseguire il risarcimento al danneggiato.