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Articolo 201 Legge fallimentare

(R.D. 16 marzo 1942, n. 267)

[Aggiornato al 01/01/2023]

Effetti della liquidazione per i creditori e sui rapporti giuridici preesistenti

Dispositivo dell'art. 201 Legge fallimentare

Dalla data del provvedimento che ordina la liquidazione si applicano le disposizioni del titolo II, capo III, sezione II [51-63] e sezione IV [72-83 bis] e le disposizioni dell'art. 66.

Si intendono sostituiti nei poteri del tribunale e del giudice delegato l'autorità amministrativa che vigila sulla liquidazione, nei poteri del curatore il commissario liquidatore e in quelli del comitato dei creditori il comitato di sorveglianza.

Ratio Legis

L'articolo richiama numerose norme dettate per la procedura fallimentare, che andranno applicate tenendo conto delle specificità della liquidazione coatta amministrativa.

Massime relative all'art. 201 Legge fallimentare

Cass. civ. n. 339/2013

Nella procedura di liquidazione coatta amministrativa, tutti i diritti di credito sono tutelabili esclusivamente nelle forme di cui agli artt. 201 (che rinvia sia all'art. 52, regolante il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito, sia all'art. 51, che sancisce il divieto di azioni esecutive singolari sui beni compresi nel fallimento, senza distinguere tra creditori della massa e concorsuali), 207 e 209 legge fall.; pertanto, anche i crediti prededucibili non possono farsi valere in via ordinaria mediante azioni di condanna o di accertamento, a quella prodromico, atteso che la previsione di un'unica sede concorsuale comporta la necessaria concentrazione presso un solo organo giudiziario delle azioni dirette all'accertamento del passivo, e l'inderogabile osservanza di un rito funzionale alla realizzazione del concorso di tutti i creditori, e, perciò, anche di coloro la cui pretesa trovi titolo nell'amministrazione della procedura, cui è assegnato il primo posto nell'ordine di distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo, in qualità di crediti prededucibili ex art. 111 legge fall.

Cass. civ. n. 5662/2010

In materia di risarcimento danni conseguenti ad attività venatoria, ove la società assicuratrice del responsabile venga sottoposta a liquidazione coatta amministrativa, si determina, oltre alla perdita della capacità (anche) processuale degli organi societari, anche la temporanea improcedibilità - fino alla conclusione della fase amministrativa di accertamento dello stato passivo - della domanda azionata in sede di cognizione ordinaria, rilevabile d'ufficio anche nella fase del giudizio di cassazione, in difetto di una norma analoga a quella dettata - in tema di responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli e natanti - dall'art. 25 della legge 24 dicembre 1969, n. 990.

Cass. civ. n. 5113/2008

La norma dell'art. 95, comma terzo, del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 va interpretata estensivamente e deve, pertanto, trovare applicazione anche nel caso di sentenza, non ancora passata in giudicato, che abbia rigettato (anche solo in parte) la domanda, avente natura costitutiva, del lavoratore diretta al riconoscimento della qualifica superiore, con la conseguenza che, intervenuto la liquidazione coatta amministrativa successivamente a tale decisione, il prestatore, per evitare gli effetti preclusivi derivanti dal passaggio in giudicato della medesima, deve proporre impugnazione in via ordinaria — ovvero proseguire, previa rituale riassunzione, nel giudizio di impugnazione già instaurato — nei confronti del commissario liquidatore ex art. 201 legge fall., che è legittimato non solo a proporre l'impugnazione ma anche passivamente a subirla.

Cass. civ. n. 11855/2006

La continuazione in esercizio provvisorio dell'attività di un'impresa sottoposta a liquidazione coatta amministrativa non preclude l'effetto di scioglimento del preesistente rapporto di mandato previsto dall'art. 78 legge fall., richiamato dall'art. 201 legge fall., e tanto meno può comportare l'ammissione in prededuzione allo stato passivo di tutti i crediti derivanti dai contratti di mandato che per effetto della dichiarazione di insolvenza si sciolgono, stante l'eccezionalità delle disposizioni dettate dagli artt. 74 e 82 legge fall. per i contratti di somministrazione e di assicurazione, laddove, in ragione dell'indivisibilità delle prestazioni, riconoscono ai contraenti dell'imprenditore insolvente il diritto alla prededuzione dei crediti anche preesistenti. (Fattispecie in tema di mandato all'incasso di premi assicurativi).

Cass. civ. n. 17955/2003

La sottoposizione di una società a liquidazione coatta amministrativa impedisce l'esercizio delle azioni esecutive individuali, ma non preclude l'esercizio del diritto nell'ambito della procedura concorsuale; pertanto, l'apertura della procedura di l.c.a. non sospende né interrompe il termine della prescrizione per l'esercizio delle azioni creditorie e, conseguentemente, soltanto la presentazione delle istanze per la insinuazione al passivo del credito — proponibili senza che occorra attendere il deposito dello stato passivo da parte del commissario giudiziale — ovvero l'effettuazione di atti di messa in mora valgono ad interrompere la prescrizione ex art. 2943, c.c., fino alla chiusura della procedura concorsuale.

Cass. civ. n. 4913/2003

In caso di sottoposizione di società a liquidazione coatta amministrativa, l'accertamento o il soddisfacimento di crediti, anteriori o posteriori alla instaurazione della relativa procedura, è sottratto al giudice ordinario, per difetto temporaneo di giurisdizione, e deve essere fatto valere in via amministrativa innanzi al commissario liquidatore, ferma restando l'assoggettabilità del provvedimento attinente allo stato passivo ad opposizione o impugnazione davanti al tribunale fallimentare.

Cass. civ. n. 17557/2002

In tema di procedura concorsuale relativa ad un istituto bancario, a norma dell'art. 95, comma terzo, legge fallimentare — applicabile anche alla liquidazione coatta amministrativa ai sensi dell'art. 201 della medesima legge, nonché alla speciale procedura concorsuale stabilita per gli istituti bancari in forza del rinvio operato dall'art. 83 D.L.vo 1 settembre 1993, n. 385 — nel caso di domanda inerente a credito vantato nei confronti di ente sottoposto a liquidazione coatta amministrativa, ove prima dell'instaurarsi della procedura sia stata pronunciata sentenza non definitiva dalla quale risulti l'esistenza del credito vantato, non si determina l'improcedibilità dell'azione, mentre, ove la sentenza abbia negato in radice l'esistenza del credito, non è applicabile il citato art. 95 legge fall. bensì l'art. 83 D.L.vo n. 385 del 1993, onde l'impugnazione proposta avverso la suddetta sentenza deve essere dichiarata improcedibile.

Cass. civ. n. 16758/2002

In base all'art. 95, terzo comma, legge fall., non si verifica l'improseguibilità della domanda giudiziaria avente ad oggetto un credito vantato nei confronti di un ente sottoposto a liquidazione coatta amministrativa, nel corso del giudizio, quando, prima che l'avvio della procedura di liquidazione coatta sia ritualmente comunicato e formalmente acquisito al processo, sia stata già pronunciata sentenza accertativa del credito, anche se non ancora passata in giudicato.

Cass. civ. n. 15058/2002

La dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 59 della legge fallimentare, nella parte in cui non prevede la rivalutazione dei crediti di lavoro con riguardo al periodo successivo alla dichiarazione di fallimento e fino al momento in cui lo stato passivo divenga definitivo (Corte Cost., sentenza n. 204 del 1989) trova applicazione non soltanto in caso di fallimento, ma anche di liquidazione coatta amministrativa di compagnia di assicurazione, giusta disposto dell'art. 201 della citata legge fall., che espressamente sancisce l'applicabilità, alla procedura di LCA, di tutte le disposizioni contenute nel titolo II, capo III, sez. II, della detta legge. Il rinvio de quo, difatti, deve intendersi operato al testo vigente del citato art. 59 legge fall., così come modificato per effetto della predetta declaratoria di incostituzionalità, con la conseguenza che anche i crediti vantati dai lavoratori delle compagnie assicurative poste in LCA sono suscettibili di rivalutazione dall'inizio della procedura concorsuale sino al deposito dello stato passivo (e non anche, come sostenuto, nel caso di specie, dalla società ricorrente, sino alla comunicazione dei rispettivi crediti ai creditori, comunicazione, cui il commissario liquidatore è tenuto ex art. 207 legge fall.).

Cass. civ. n. 5037/2002

Nel caso di domanda inerente a credito vantato nei confronti di un ente sottoposto a liquidazione coatta amministrativa, il principio secondo il quale l'attribuzione al commissario liquidatore della prima fase di accertamento dei crediti determina una situazione di temporanea improponibilità della domanda in sede giudiziaria (non di difetto di giurisdizione del giudice ordinario), opera anche nei confronti degli istituti bancari assoggettati alla detta procedura concorsuale, in virtù dell'art. 83 del D.L.vo 1 settembre 1993, n. 385.

Cass. civ. n. 5113/2001

La facoltà, attribuita al curatore fallimentare dall'art. 72 Legge fall., applicabile, in virtù del richiamo operato dall'art. 201 della stessa legge, anche agli organi della liquidazione coatta amministrativa, di sciogliersi dal contratto inerente all'obbligo di trasferimento di un bene stipulato dal fallito e non ancora eseguito, deve essere riconosciuta anche nell'ambito dei rapporti di scambio tra la cooperativa edilizia ed i soci della stessa, con riferimento all'atto traslativo dell'immobile al socio assegnatario dello stesso.

Posto che la dichiarazione, anche per fatti concludenti, con la quale viene esercitata la facoltà di scelta, prevista dall'art. 72 Legge fall., ed applicabile, in virtù del richiamo operato dall'art. 201 della stessa legge, anche alla liquidazione coatta amministrativa, dello scioglimento del contratto attinente all'obbligo di trasferimento di un bene assunto dal fallito, o dal soggetto sottoposto a liquidazione, e non ancora eseguito, ha natura sostanziale di atto di esercizio di un diritto potestativo, da solo idoneo a produrre l'effetto dello scioglimento del vincolo, indipendentemente da una pronuncia del giudice che ha efficacia meramente dichiarativa, l'occupazione dell'immobile, da parte del socio di una cooperativa edilizia in liquidazione coatta amministrativa, che sia assegnatario dell'alloggio e sia stato immesso nel relativo possesso, diviene priva di titolo dal momento in cui gli organi della procedura abbiano esercitato la facoltà di sciogliersi dall'obbligo di trasferire l'immobile già assegnato al socio. Ne consegue che da tale momento deve essere riconosciuto alla liquidazione della cooperativa il diritto al risarcimento dei danni per l'occupazione abusiva e per il deterioramento dell'immobile.

Cass. civ. n. 6529/2000

L'articolo 201 l. fall. estende alla liquidazione coatta amministrativa, oltre alle norme relative agli effetti sui rapporti giuridici preesistenti ed alla revocatoria ordinaria, quelle riguardanti gli effetti del fallimento per i creditori (tra cui l'art. 59 l. fall.) con la conseguenza che il principio secondo cui la rivalutazione dei crediti di lavoro va effettuata, con riguardo al periodo successivo alla apertura del fallimento, fino al momento in cui lo stato passivo diviene definitivo, deve essere applicato anche alla liquidazione coatta amministrativa; pertanto, la rivalutazione dei crediti di lavoro nel periodo successivo alla data del relativo provvedimento va effettuata fino al momento del deposito in cancelleria dell'elenco dei crediti ammessi o respinti, formato dal commissario liquidatore, di cui all'articolo 209 l. fall.

Cass. civ. n. 8635/1996

Con riguardo a pretesa creditoria (nella specie, corrispettivi maturati nel corso di un rapporto di agenzia) nei confronti di un'impresa sottoposta a liquidazione coatta amministrativa si verifica una situazione di improponibilità o, se proposta, d'improseguibilità della domanda, fino a quando il credito stesso non sia fatto valere nella fase amministrativa di verificazione dello stato passivo davanti ai competenti organi della procedura. Ne deriva che, qualora il giudice investito di tale pretesa dichiari, per l'indicato motivo, l'inammissibilità della domanda, la relativa pronuncia attinente al merito — e non alla competenza — non è enunciativa di un difetto temporaneo di giurisdizione — trattandosi di semplice differimento dell'esercizio del potere giurisdizionale —, con la conseguenza che, avverso la stessa, sono inammissibili sia il regolamento di competenza, sia quello preventivo di giurisdizione.

Cass. civ. n. 162/1991

Con riguardo alla controversia promossa dal dipendente di un'impresa di assicurazioni, per conseguire, fra l'altro, la condanna di detta datrice di lavoro al pagamento di spettanze retributive, l'assoggettamento di quest'ultima a liquidazione coatta amministrativa non può implicare difetto, nemmeno temporaneo, della giurisdizione del giudice ordinario, in relazione alla procedura amministrativa contemplata per la formazione del passivo dagli artt. 207 - 209 della l. fall., trattandosi di situazione che non incide sull'individuazione dell'organo giurisdizionale munito di cognizione su quella domanda, ma rileva solo sotto il diverso profilo dell'eventuale improponibilità od improcedibilità della domanda stessa.

Cass. civ. n. 5709/1990

Nel caso di domanda inerente a credito nei confronti di impresa sottoposta a liquidazione coatta amministrativa, il principio, secondo il quale non si verifica temporanea improponibilità della domanda medesima, quando, prima dell'instaurazione di detta procedura, sia stata pronunciata sentenza non passata in giudicato (art. 95, terzo comma della legge fallimentare, reso applicabile dal successivo art. 201), opera anche se la liquidazione si apra in pendenza di giudizio di cassazione, poi conclusosi con pronuncia di annullamento con rinvio di quella sentenza.

Cass. civ. n. 3034/1988

Il principio, secondo il quale il creditore dell'impresa in liquidazione coatta amministrativa non può agire giudizialmente prima della definizione della fase amministrativa di formazione e verifica del passivo davanti agli organi della procedura, con conseguente improponibilità temporanea della relativa domanda (non della giurisdizione del giudice ordinario, che resta ferma ed è impedita solo nel suo concreto esercizio), trova applicazione anche con riguardo ai crediti discendenti da atti compiuti dal commissario liquidatore, parimenti soggetti alle regole concorsuali, e, anche in tale ipotesi, manifestamente non implica un contrasto con l'art. 24 della Costituzione, essendo il diritto del creditore pienamente tutelabile in sede contenziosa dopo la suddetta fase amministrativa.

Cass. civ. n. 1399/1987

Il difetto temporaneo di giurisdizione del giudice ordinario, circa le pretese creditorie nei confronti di impresa sottoposta a liquidazione coatta amministrativa, per improponibilità della relativa domanda fino a quando il credito non sia passato al vaglio degli organi preposti alla fase amministrativa di verificazione del passivo (salva l'eccezione stabilita dall'art. 95, terzo comma della legge fallimentare per l'ipotesi in cui sia stata pronunciata sentenza), deve essere affermato anche nel caso di controversie promosse contro compagnie assicuratrici, ove, non vertendosi in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, non siano invocabili le deroghe previste, con esclusivo riguardo a tale assicurazione obbligatoria, dagli artt. 19 e 25 della L. 24 dicembre 1969, n. 990 e dagli artt. 9 e 13 del D.L. 23 dicembre 1976, n. 857 (convertito in L. 26 febbraio 1977, n. 39).

Cass. civ. n. 5818/1985

Il temporaneo difetto di giurisdizione del giudice ordinario, con riguardo a domande proposte nei confronti dell'impresa messa in liquidazione coatta amministrativa per far valere pretese creditorie, incluse quelle derivanti da un rapporto di lavoro subordinato, siano esse anteriori o posteriori all'instaurazione della procedura, deve essere affermato anche nel caso di richiesta di corresponsione di acconti su detti crediti, ovvero di azione di rivendicazione, restituzione o separazione di beni mobili, rientrando tutte le indicate istanze fra quelle da avanzarsi davanti al commissario liquidatore nella fase amministrativa di formazione dello stato passivo (salvo restando il successivo intervento del giudice ordinario sulle eventuali opposizioni ed impugnazioni dello stato passivo).

Cass. civ. n. 5817/1985

Qualora il lavoratore subordinato impugni il licenziamento intimatogli dal commissario liquidatore di un'impresa messa in liquidazione coatta amministrativa, per ottenere il pagamento di mensilità retributive, a titolo di risarcimento del danno, e la reintegrazione nel posto di lavoro, la giurisdizione del giudice ordinario deve essere temporaneamente negata sulla prima domanda, atteso che tutte le pretese creditorie, ivi incluse quelle derivanti da obbligazioni contratte dagli organi della liquidazione, vanno fatte valere nella procedura amministrativa di formazione del passivo davanti al predetto commissario, mentre deve essere affermata con riguardo alla seconda domanda, che esula dall'ambito di detta procedura amministrativa, indipendentemente dal titolo del licenziamento ed a prescindere da ogni questione di merito sulla possibilità di ottenere dalla liquidazione il ripristino del rapporto di lavoro.

Cass. civ. n. 5816/1985

Con riguardo alla domanda proposta nei confronti di un'impresa messa in liquidazione coatta amministrativa, per ottenere l'accertamento ed il soddisfacimento di crediti, anteriori o posteriori all'instaurazione di detta procedura, inclusi quelli derivanti da un rapporto di lavoro subordinato, deve dichiararsi il difetto temporaneo di giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di pretesa da far valere in via amministrativa dinanzi al commissario liquidatore, salvo restando il successivo intervento del predetto giudice per eventuali opposizioni ed impugnazioni dello stato passivo.

Cass. civ. n. 4347/1985

I crediti nei confronti dell'impresa che sia stata posta in liquidazione coatta amministrativa, ivi inclusi quelli derivanti da rapporti di lavoro, devono essere fatti valere in sede concorsuale, nell'ambito del procedimento di verifica affidato al commissario liquidatore, mentre il giudice ordinario può conoscere solo in un momento successivo, sulle opposizioni od impugnazioni dello stato passivo formato in detta sede. Ciò comporta un temporaneo difetto della giurisdizione, non della competenza del giudice medesimo, stante il carattere amministrativo dell'attività del commissario liquidatore, con l'ulteriore conseguenza che la sentenza che abbia pronunciato su detti crediti, previo riconoscimento del relativo potere, è impugnabile non con regolamento di competenza, ma con impugnazione ordinaria.

Cass. civ. n. 1670/1982

L'art. 55 della legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267), applicabile anche nella liquidazione coatta amministrativa (art. 201 di detto decreto), il quale deroga al principio della sospensione del corso degli interessi convenzionali o legali alla data della dichiarazione di fallimento, rispetto, fra l'altro, ai creditori «garantiti da privilegio», trova applicazione non soltanto per i creditori assistiti da privilegio generale, come i crediti di lavoro. Peraltro, nel caso di privilegio generale, il corso degli interessi cessa integralmente con la liquidazione delle attività mobiliari del debitore, se questa si verifichi in unico contesto, ovvero gradualmente e proporzionalmente, se la liquidazione medesima venga effettuata per fasi successive.

Cass. civ. n. 4375/1977

Poiché nella liquidazione coatta amministrativa ogni credito verso l'impresa che vi è assoggettata dev'essere accertato dal commissario liquidatore nell'esercizio di un'attività amministrativa, si verifica un temporaneo difetto di giuridizione del giudice ordinario a conoscere dell'azione promossa dal creditore. Conseguentemente, il giudice d'appello non può decidere nel merito, anche se medio tempore è cessata la liquidazione, ma, a norma dell'art. 353 c.p.c., deve rimettere le parti avanti al primo giudice che ha declinato la propria giurisdizione.

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