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Articolo 64 Legge fallimentare

(R.D. 16 marzo 1942, n. 267)

[Aggiornato al 01/01/2023]

Atti a titolo gratuito

Dispositivo dell'art. 64 Legge fallimentare

Sono privi di effetto rispetto ai creditori (1), se compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento (2), gli atti a titolo gratuito (3), esclusi i regali d'uso (4) e gli atti compiuti in adempimento di un dovere morale (5) o a scopo di pubblica utilità, in quanto la liberalità sia proporzionata al patrimonio (6) del donante.

I beni oggetto degli atti di cui al primo comma sono acquisiti al patrimonio del fallimento mediante trascrizione della sentenza dichiarativa di fallimento. Nel caso di cui al presente articolo ogni interessato può proporre reclamo avverso la trascrizione a norma dell’articolo 36.

Note

(1) Si tratta di inefficacia ex lege, non di una presunzione di inefficacia (una eventuale sentenza chiesta sul punto sarebbe quindi meramente dichiarativa). Secondo la giurisprudenza non si deve nemmeno provare che il debitore versasse già in stato di insolvenza al momento del compimento dell'atto.
Per quanto concerne i subacquirenti, se a loro volta hanno acquistato a titolo gratuito, non vengono fatti salvi (i creditori del fallito vengono preferiti); se, invece, hanno acquistato a titolo oneroso, si farà applicazione analogica dell'art. 2901 n. 4, c.c. in materia di revocatoria.
(2) Bisogna distinguere alcuni casi:
- sono esclusi gli atti compiuti prima del biennio e le cui formalità (es. trascrizione) sono state espletate entro i due anni cui si riferisce la norma;
- se i beni acquistati a titolo gratuito sono in possesso del fallito, vengono immediatamente inventariati dal curatore;
- se i beni non sono posseduti dal fallito, essi vanno recuperati con azione giudiziale;
- se il fallito mascherò l'atto da acquisto a titolo oneroso, il curatore dovrà esercitare in via preventiva l'azione di simulazione (artt. 1414 ss. c.c.).
(3) Oltre al contratto di donazione, si reputano interessate dalla norma in commento anche le donazioni indirette e quelle remuneratorie (art. 770 del c.c.); le garanzia, sia reali, come il pegno e l'ipoteca, che personali, come la fideiussione; la costituzione di fondo patrimoniale (artt. 167-171 c.c.); il pagamento di debito non proprio da parte del futuro fallito, sempre che il solvens non abbia tratto alcun vantaggio patrimoniale, anche indiretto.
(4) Si tratta delle donazioni di modico valore.
(5) Si ha adempimento di un dovere morale quando, sia la situazione oggettiva possa essere così configurata, sia l'intenzione del fallito fosse solo quella di adempiere a quel tipo di dovere, senza ulteriori fini.
(6) Il patrimonio che va usato come parametro per il criterio di proporzionalità è quello al netto delle passività.

Ratio Legis

La norma sancisce l'inefficacia di tutti gli atti a titolo gratuito compiuti dal fallito nel periodo immediatamente precedente alla dichiarazione di fallimento, in quanto giudicati altamenti sospetti.

Massime relative all'art. 64 Legge fallimentare

Cass. civ. n. 13087/2015

Ai fini dell'azione di inefficacia di cui all'art. 64 legge fall., atti a titolo gratuito non sono solo quelli posti in essere per spirito di liberalità, che è requisito necessario della donazione, ma anche gli atti caratterizzati semplicemente da una prestazione in assenza di corrispettivo. Ne consegue che, l'attribuzione patrimoniale effettuata da un coniuge, poi fallito, a favore dell'altro coniuge in vista della loro separazione, va qualificata come atto a titolo gratuito ove non abbia la funzione di integrare o sostituire quanto dovuto per il mantenimento suo o dei figli.

Cass. civ. n. 20067/2011

L'azione proposta dal curatore per far valere l'inefficacia, ex art 64 legge fall., della costituzione del patrimonio familiare effettuata dal fallito nel biennio anteriore alla dichiarazione di fallimento ha natura dichiarativa e, perciò, non è soggetta a prescrizione.

Cass. civ. n. 6538/2010

In tema di dichiarazione di inefficacia degli atti a titolo gratuito, ai sensi dell'art. 64 legge fall., la valutazione di gratuità od onerosità di un negozio va compiuta con esclusivo riguardo alla causa concreta, costituita dalla sintesi degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare, al di là del modello astratto utilizzato, e non può quindi fondarsi sull'esistenza, o meno, di un rapporto sinallagmatico e corrispettivo tra le prestazioni sul piano tipico ed astratto, ma dipende necessariamente dall'apprezzamento dell'interesse sotteso all'intera operazione da parte del "solvens", quale emerge dall'entità dell'attribuzione, dalla durata del rapporto, dalla qualità dei soggetti e soprattutto dalla prospettiva di subire un depauperamento, collegato o meno ad un sia pur indiretto guadagno ovvero ad un risparmio di spesa. Pertanto, nell'ipotesi di estinzione da parte del terzo, poi fallito, di un'obbligazione preesistente cui egli sia estraneo, l'atto solutorio può dirsi gratuito, ai predetti effetti solo quando dall'operazione - sia essa a struttura semplice perché esaurita in un unico atto, sia a struttura complessa, in quanto si componga di un collegamento di atti e di negozi - il terzo non tragga nessun concreto vantaggio patrimoniale, avendo egli inteso così recare un vantaggio al debitore; mentre la causa concreta deve considerarsi onerosa tutte le volte che il terzo riceva un vantaggio per questa sua prestazione dal debitore, dal creditore o anche da altri, così da recuperare anche indirettamente la prestazione adempiuta ed elidere quel pregiudizio, cui l'ordinamento pone rimedio con l'inefficacia "ex lege".

L'obbligazione restitutoria conseguente alla dichiarazione di inefficacia, ai sensi dell'art. 64 della legge fall., di un pagamento eseguito dal fallito nel "periodo sospetto", ha natura di debito di valuta e non di valore, atteso che l'atto posto in essere dal fallito è originariamente lecito; ne consegue che: a) gli interessi sulla somma da restituirsi da parte del soccombente decorrono dalla data della domanda giudiziale; b) il risarcimento del maggior danno conseguente al ritardo con cui sia stata restituita la somma di denaro oggetto della domanda spetta solo ove l'attore alleghi specificamente tale danno e dimostri di averlo subito; c) gli interessi possono attribuirsi solo su espressa domanda di parte, la quale non può essere avanzata, per la prima volta, in comparsa conclusionale, non essendo, in tal caso, ipotizzabile un'accettazione del contraddittorio ad opera della controparte, consentita soltanto fino al momento della rimessione della causa al collegio per la discussione.

La costituzione di parte civile del curatore fallimentare nel procedimento penale per bancarotta fraudolenta a carico del fallito (nella specie, a carico degli amministratori della società fallita) non determina l'estinzione del giudizio civile precedentemente introdotto ai sensi dell'art. 64 della legge fall., né la sospensione di quello introdotto successivamente, neppure nel caso in cui il curatore sia stato autorizzato ad estendere la domanda risarcitoria, fondata sui medesimi fatti, al terzo convenuto nel giudizio civile, in qualità di responsabile civile, in quanto si tratta di domande diverse ed, anzi, aventi "causae petendi" opposte, dato che la domanda risarcitoria si fonda su di un fatto illecito-reato e l'altra riguarda un atto lecito, che può essere dichiarato inefficacie anche qualora al disponente ed al beneficiario non si possa rimproverare alcunché; inoltre, il "petitum" dell'azione risarcitoria è rivolto a conseguire la reintegrazione del patrimonio del soggetto depauperato dall'illecito mediante la corresponsione dell'equivalente pecuniario del pregiudizio subito, mentre, nella fattispecie di cui all'art. 64 della legge fall., l'azione ha per oggetto la sanzione di inefficacia del pagamento eseguito dal "solvens" e la restituzione della somma pagata assume carattere strumentale al fine della ricostituzione della massa fallimentare nella consistenza originaria.

Nell'adempimento del debito altrui da parte del terzo, mancando nello schema causale tipico la controprestazione in favore del disponente, si presume che l'atto sia stato compiuto gratuitamente, pagando il terzo, per definizione, un debito non proprio e non prevedendo la struttura del negozio nessuna controprestazione in suo favore: pertanto, nel giudizio avente ad oggetto la dichiarazione di inefficacia di tale atto, ai sensi dell'art. 64 della legge fall., incombe al creditore beneficiario l'onere di provare, con ogni mezzo previsto dall'ordinamento, che il disponente abbia ricevuto un vantaggio in seguito all'atto che ha posto in essere, in quanto questo perseguiva un suo interesse economicamente apprezzabile.

Cass. civ. n. 2325/2006

In tema di revocatoria fallimentare di atti a titolo gratuito (art. 64 legge fall.), la valutazione di gratuità od onerosità di un negozio deve essere compiuta con riguardo alla causa, e non già ai motivi dello stesso, con la conseguenza che deve escludersi che atti a titolo gratuito siano quelli, e solo quelli, posti in essere per spirito di liberalità, essendo lo spirito di liberalità richiesto per la donazione (art. 769 c.c.), mentre non è indispensabile negli altri contratti a titolo gratuito, che sono quelli in cui una sola parte riceve e l'altra, sola, sopporta un sacrificio, unica essendo l'attribuzione patrimoniale. *

Cass. civ. n. 11093/2004

In tema di revocatoria fallimentare di concessione di garanzia (ipotecaria, nella fattispecie) per il debito scaduto di un terzo, posto che la distinzione tra negozi a titolo oneroso e negozi a titolo gratuito si basa sulla causa, e non sui motivi, la circostanza che il garante riceva un qualche vantaggio patrimoniale o compenso dal debitore principale non è sufficiente per qualificare la concessione della garanzia come negozio a titolo oneroso, essendo necessario che il vantaggio patrimoniale o compenso assurga a causa del negozio e non resti, invece, a livello di motivo. Conseguentemente, se il garante si è fatto promettere «a parte» un vantaggio o compenso dal debitore principale per facilitargli, con la garanzia prestata, la concessione di una dilazione per il pagamento del debito scaduto, senza che compenso al garante, prestazione della garanzia e dilazione per il pagamento del debito scaduto siano stati fatti oggetto di una complessiva pattuizione (alla quale abbiano partecipato creditore, debitore principale e garante), che abbracci in un nesso sinallagmatico tutte le prestazioni, il negozio di garanzia è a titolo gratuito: in tal caso, infatti, il negozio, che potrebbe apparire oneroso quanto al motivo, deve considerarsi gratuito quanto alla causa, che è il solo profilo che conta; né può reputarsi sufficiente, al fine di qualificare il negozio come oneroso, la circostanza che il creditore garantito presti corrispettivamente il suo consenso alla proroga del termine di scadenza del debito del terzo suo debitore, secondo lo schema del contratto a favore di terzi, perchè in materia fallimentare occorre, al fine predetto, aver riguardo agli effetti che si sono prodotti nel patrimonio del garante poi dichiarato fallito.

Cass. civ. n. 3615/2004

La fideiussione prestata da una società «controllata» in favore della società «controllante» non è riconducibile ad una donazione, qualora il contratto sia stato stipulato in adempimento di direttive impartite dalla capogruppo o comunque di obblighi assunti nell'ambito di una più vasta aggregazione imprenditoriale, in quanto in tal caso difetta lo spirito di liberalità; inoltre, al fine di accertare se essa configuri un atto a titolo gratuito o oneroso occorre verificare se l'operazione abbia comportato a meno per la società controllata un depauperamento effettivo, avendo riguardo alla complessiva situazione che, nell'ambito del gruppo, a quella società fa capo, poiché l'eventuale pregiudizio economico che da essa sia direttamente derivato può trovare la sua contropartita in un altro rapporto e, quindi, l'atto presentarsi come preordinato al soddisfacimento di un ben preciso interesse economico, sia pure mediato e indiretto. (Nella specie, la Suprema Corte ha ritenuto incesurabile la sentenza di merito che ha ritenuto gratuita la fideiussione prestata dalla società «controllata», poi fallita, in quanto la prestazione della fideiussione non aveva apportato alcun vantaggio, neppure indiretto, alla medesima).

Cass. civ. n. 8590/2003

Ai fini della inefficacia degli atti a titolo gratuito ex art. 64 della legge fallimentare, nel caso di assunzione del debito altrui in virtù di delegazione promissoria, poiché il delegato può essere determinato ad obbligarsi tanto da una ragione di liberalità verso il debitore originario, quanto dall'adempimento di obbligazioni verso lo stesso in base ad un rapporto di provvista, la gratuità o l'onerosità di detta assunzione di debito da parte del delegato deve essere apprezzata in relazione all'esistenza ed alla natura del rapporto di provvista, essendo evidente che l'assunzione del debito altrui che trovi giustificazione in un rapporto di provvista non si connoti come una attribuzione patrimoniale alla quale non corrisponda alcun vantaggio economico.

Cass. civ. n. 4466/2003

La sentenza dichiarativa del fallimento, in quanto provvisoriamente esecutiva ai sensi dell'art. 16, terzo comma, della legge fall., determina - anche in pendenza del relativo giudizio di opposizione in cui si contesti la sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi del fallimento stesso - l'inefficacia relativa di diritto degli atti a titolo gratuito, quando sussistano i requisiti previsti dall'art. 64 legge fall. In tal caso la esecutività della dichiarazione di fallimento e l'automatica inefficacia degli atti a titolo gratuito sono soltanto rese provvisorie dalla mancata definizione dell'eventuale giudizio di opposizione alla dichiarazione di fallimento. Ne consegue che, in pendenza di detto giudizio, non è esclusa la possibilità, rimessa al prudente apprezzamento degli organi della procedura, di procedere alla liquidazione dei beni, non solo se appartenenti al fallito, ma anche se appartenenti ai terzi, quando da questi acquistati con atti inopponibili alla massa dei creditori.

Cass. civ. n. 4457/2003

In tema di revocatoria fallimentare, l'atto con il quale il coniuge, ai sensi dell'art. 228 della legge 19 maggio 1975, n. 151, conviene con l'altro coniuge di assoggettare, senza contropartita, al regime di comunione legale un bene di sua proprietà, acquistato anteriormente all'entrata in vigore della citata legge, rientra nella categoria degli atti a titolo gratuito privi di effetti rispetto ai creditori ai sensi dell'art. 64 della legge fallimentare, atteso che la facoltà concessa dal menzionato art. 228 della legge n. 151 del 1975 non può essere utilizzata in pregiudizio dei terzi (i cui diritti sono espressamente fatti salvi dalla norma stessa) e che nell'atto non può, di per sè, configurarsi l'adempimento di un dovere morale — non sussistendo alcun obbligo di porre in comunione i beni personali anteriormente acquisiti —, a meno che non si dimostri in concreto l'esistenza di una situazione tale da integrare, nella sua oggettività, gli estremi del dovere morale ed il proposito del solvens di adempiere unicamente a quel dovere mediante l'atto in questione.

Cass. civ. n. 17844/2002

Nel caso di successione di procedure concorsuali (quando cioè il fallimento è preceduto dall'amministrazione controllata o dal concordato preventivo o da entrambi), il periodo sospetto relativo all'azione di cui all'art. 64 legge fall. (inefficacia degli atti a titolo gratuito) deve essere computato partendo dalla prima delle procedure.

Cass. civ. n. 15515/2001

In tema di pagamento compiuto dal fallito per estinguere il debito di un terzo, la gratuità dell'atto, ai fini della revoca ex art. 64 della legge fallimentare, può essere affermata esclusivamente in relazione al debitore, poiché l'adempimento ex art. 1180 c.c. da parte del soggetto poi sottoposto a procedura concorsuale può configurare un atto a titolo gratuito soltanto nei rapporti tra questi ed il debitore ove manchi una causa onerosa che ne giustifichi la liberazione, mentre, nei rapporti tra il fallito ed il creditore che ha ricevuto il pagamento, l'adempimento, attesane la funzione estintiva di un obbligazione, ha carattere indubitabilmente oneroso.

Cass. civ. n. 6665/2001

Il coniuge del fallito che è stato partecipe della convenzione matrimoniale costitutiva del fondo patrimoniale è parte necessaria nel processo d'appello instaurato contro la sentenza che, a seguito dell'azione esercitata dal curatore ex art. 64 L. fall., dichiara quella convenzione stessa inefficace rispetto ai creditori, quale atto a titolo gratuito.

Cass. civ. n. 15297/2000

La costituzione del fondo patrimoniale determina soltanto un vincolo di destinazione sui beni confluiti nel fondo stesso, affinché con i loro frutti assicurino il soddisfacimento del bisogni della famiglia, ma non incide sulla titolarità della proprietà dei beni stessi, né implica l'insorgere di una posizione di diritto soggettivo in favore dei singoli componenti del nucleo familiare, neppure con riguardo all'inalienabilità dei beni. Ne consegue che è inammissibile, per difetto di legittimazione sostanziale, il ricorso per cassazione proposto, ex art. 111 Cost., dalla madre, nella qualità di legale rappresentante del figlio minorenne, avverso il decreto con il quale il giudice delegato abbia dichiarato, ex art. 64 L. fall., inefficace l'atto costitutivo del fondo patrimoniale al quale era stato destinato un immobile di proprietà del padre, poi fallito.

Cass. civ. n. 5213/1993

La vendita di beni mobili con riserva di proprietà può essere validamente stipulata anche verbalmente e l'atto scritto, necessario soltanto ai fini della opponibilità della riserva ai creditori del compratore, può consistere anche in un documento redatto in epoca successiva alla vendita; in questo caso, però, il patto aggiunto si pone come atto gratuito che, in quanto tale, non può sfuggire alla declaratoria di inefficacia derivata dall'esercizio dell'azione revocatoria fallimentare di cui all'art. 64 L. fall.

Cass. civ. n. 3265/1989

Con riguardo ad operazione di «giroconto», mediante la quale, con il trasferimento di somme dal conto di un cliente a quello di altro cliente, la banca soddisfi (mediante compensazione) il proprio credito verso il secondo, e per il caso di sopravvenienza del fallimento del primo, un atto a titolo gratuito, come tale assoggettabile alla declaratoria d'inefficacia di cui all'art. 64 della legge fallimentare (in contraddittorio del beneficiario), è configurabile solo nel rapporto tra fallito e debitore, mentre, nel rapporto fra il fallito stesso e la banca creditrice, la suddetta operazione integra un atto solutorio, che è impugnabile con l'azione revocatoria di cui all'art. 67 della citata legge, nel concorso del requisito della notevole sproporzione della controprestazione, ove vi sia un corrispettivo a carico della banca, nonché in contraddittorio della sola banca, alla stregua della estraneità del debitore rispetto ad una pronuncia destinata a produrre effetti esclusivamente nei confronti dell'accipiens.

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relative all'articolo 64 Legge fallimentare

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P. S. chiede
mercoledì 01/03/2023 - Toscana
“Buonasera,
sono stato nominato curatore fallimentare di una società in accomandita semplice e dei relativi soci accomandatari a far data dal 30/11/2021.
In data 21/12/2022 mi veniva notificato dalla Procura l’avviso di fissazione di udienza preliminare ex art. 419 c.p.p. nei confronti dei soci accomandatari nonché dell’ex socio accomandante, receduto dalla società in data 23/12/2019 citato come “amministratore di fatto”.
Atteso che la costituzione di parte civile nei confronti dei soci accomandatari è priva di alcuna utilità per la procedura in quanto, a seguito del fallimento in proprio, tutti i beni e le ragioni di credito sono state acquisite all’attivo, avevo fatto apposita istanza per costituirmi parte civile nell’interesse del fallimento nei confronti dell’ex socio accomandante ma il Giudice ha richiesto, con riferimento al socio accomandante ed amministratore di fatto, di accertare quale sia la sua consistenza patrimoniale e reddituale e riferire sulle realistiche prospettive di soddisfacimento dell’eventuale credito risarcitorio.
Riguardo alla posizione patrimoniale lo stesso ex socio accomandante risulta aver DONATO, con atto del 26/11/2019, il 50% della propria abitazione di residenza ad una APS (Associazioni di Promozione Sociale) detenuta per l’altro 50% da uno dei 2 soci accomandatari falliti (la ex compagna) e già acquisita al fallimento.
In data 02/02/2022, quindi successivamente alla data di dichiarazione del fallimento del 30/11/2021, il suddetto 50% dell’immobile veniva CEDUTO ad una signora di professione “badante” con pagamento tramite accollo di debiti verso Agenzia Entrate Riscossione e verso un istituto bancario.
Atteso che il passivo fallimentare, di circa €. 600.000, era stato accumulato per la quasi totalità antecedentemente al 2019, ritenete che ci siano gli estremi per impugnare la donazione e successivamente la cessione tramite accollo del 50% dell’immobile al fine di ottenere, realisticamente, prospettive di soddisfacimento dell’eventuale credito risarcitorio?
Ringrazio anticipatamente.”
Consulenza legale i 13/03/2023
Ai sensi dell’art. 64 della l. fall., gli atti a titolo gratuito sono privi di effetto rispetto ai creditori, se compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento; i beni oggetto di tali atti sono acquisiti al patrimonio del fallimento mediante trascrizione della sentenza dichiarativa di fallimento.
Nel caso di specie, posto che la dichiarazione di fallimento (30.11.2021) è intervenuta oltre due anni dalla donazione (26.11.2019) non potrà applicarsi la norma in questione.

Resta in astratto possibile per il Curatore esperire l’azione revocatoria ordinaria ai sensi del combinato disposto dell’art. 66 della l. fall. e dell’art. 2901 del c.c..
I presupposti affinché si possa parlare di una azione revocatoria ordinaria sono:
- il c.d. “consilium fraudis”, cioè la frode del debitore, che consiste nella conoscenza del pregiudizio che l’atto di disposizione può arrecare alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, la preordinazione dolosa dell’atto a pregiudicare il soddisfacimento delle stesse;
- il c.d. “eventus damni”, cioè l’atto di disposizione posto in essere dal debitore deve essere di natura tale da poter danneggiare gli interessi del creditore;
- la c.d. “scientia damni“, cioè la ricorrenza in capo al debitore e, per atti a titolo oneroso, in capo al terzo, della consapevolezza che, con l’atto di disposizione, il debitore diminuisca la consistenza della garanzia patrimoniale.
Tale azione si prescrive in cinque anni dalla data dell'atto, come disposto dall’art. 2903 del c.c., pertanto il termine di prescrizione non è ancora decorso.
Trattandosi, nel caso di specie, di un atto a titolo gratuito, non è richiesta la cosiddetta "participatio fraudis" del terzo, cioè la sua consapevolezza del pregiudizio arrecato dall'atto alle ragioni del creditore.

Considerate le circostanze fattuali esposte, appare possibile esperire un’azione revocatoria ordinaria, previo opportuno e dettagliato approfondimento al fine di valutare la sostenibilità in giudizio dei presupposti per una pronuncia di revocatoria.

Nell’azione così intrapresa, tuttavia, si dovrà preliminarmente chiedere al Giudice l’accertamento in capo al socio accomandante della responsabilità illimitata e solidale verso i terzi per tutte le obbligazioni sociali ai sensi dell’art. 2320 del c.c., nonché l’estensione del fallimento anche ad esso.
A tal fine si dovrà dimostrare l’ingerenza dello stesso nella gestione della società.

L’art. 2902 del c.c. dispone che il creditore, ottenuta la dichiarazione di inefficacia dell'atto, può promuovere nei confronti dei terzi acquirenti le azioni esecutive o conservative sui beni che formano oggetto dell'atto impugnato; vieppiù, il terzo contraente, che abbia verso il debitore ragioni di credito dipendenti dall'esercizio dell'azione revocatoria, non può concorrere sul ricavato dei beni che sono stati oggetto dell'atto dichiarato inefficace, se non dopo che il creditore è stato soddisfatto.

Al contempo, nella medesima azione si dovrà altresì chiedere di dichiarare l’inefficacia della successiva cessione (questa a titolo oneroso) al terzo sub-acquirente (badante).
A tal proposito il quarto comma dell’art. 2901 del c.c. dispone che l'inefficacia dell'atto non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda giudiziale; ciò significa che i diritti del sub-acquirente sono fatti salvi solamente nel caso di trascrizione, anteriore a quella della citazione in revocazione, di un atto di acquisto a titolo oneroso compiuto in buona fede.

Di conseguenza, accertata preliminarmente la responsabilità illimitata e solidale del socio accomandante, nonché sul presupposto della dichiarazione di inefficacia della donazione tra il socio accomandante e l’Associazione di Promozione Sociale, si potrà chiedere di revocare la cessione a titolo oneroso compiuta con il terzo sub-acquirente (badante), dimostrando in giudizio la soggettiva situazione di mala fede di questi riguardo all’atto d’acquisto del suo dante causa (l’Associazione di Promozione Sociale), cioè la consapevolezza dei vizi di revocabilità dell’atto originario e, dunque, delle circostanze che rendono revocabile l’atto compiuto del fallito.