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Articolo 36 Legge equo canone

(L. 27 luglio 1978, n. 392)

[Aggiornato al 12/11/2014]

Sublocazione e cessione del contratto di locazione

Dispositivo dell'art. 36 Legge equo canone

Il conduttore può sublocare l'immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l'azienda, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Il locatore può opporsi, per gravi motivi, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione. Nel caso di cessione il locatore, se non ha liberato il cedente, può agire contro il medesimo qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte.

Le indennità previste dall'articolo 34 sono liquidate a favore di colui che risulta conduttore al momento della cessazione effettiva della locazione.

Spiegazione dell'art. 36 Legge equo canone

La norma di cui all’articolo in commento, che disciplina le ipotesi di sublocazione e di cessione del contratto di locazione commerciale, costituisce una deroga all’ordinaria disciplina dettata dall’art. 1496 del c.c. (che disciplina la cessione del contratto in generale) e dall’art. 1594 del c.c., (che riguarda la sublocazione o la cessione della locazione).
Infatti, la norma de quo prevede che il conduttore abbia la facoltà di sublocare o cedere liberamente il contratto di locazione “anche senza il consenso del locatore”. Questa possibilità costituisce una forte limitazione alla libertà di autodeterminazione contrattuale del locatore, giustificata, in armonia con lo spirito generale della Legge equo canone, dall’esigenza di tutelare e preservare l’attività dell’imprenditore che abbia instaurato la propria attività commerciale all’interno dell’immobile locato. La norma è infatti volta a tutelare la continuazione di tale impresa, trasferendo la titolarità della stessa ad un diverso imprenditore che però la prosegua e ne garantisca lo sviluppo e l’incremento.
Non è necessario che la cessione avvenga attraverso lo strumento negoziale, pur molto spesso utilizzato, del trasferimento di azienda. Anche una donazione, una compravendita o un’operazione societaria, quale potrebbe essere una fusione o una scissione di società, è idonea a realizzare il trasferimento della titolarità dell’azienda dal vecchio al nuovo titolare. Si esclude invece in dottrina che il contratto socialmente tipico di franchising possa essere configurato quale cessione di azienda, trasferendosi in capo al cessionario solamente talune peculiari prerogative dell’imprenditore.
Una disputa dottrinale si è aperta con riferimento alla possibilità di applicare in tema di cessione del contratto di locazione commerciale l’art. 2558 del c.c. il quale, al suo primo comma, stabilisce che “se non è pattuito diversamente, l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale”. Ebbene, a tal riguardo, la dottrina ritiene che l’applicabilità dell’art. 2558 c.c. dipenda dall’accettazione del locatore in merito al trasferimento dell’azienda: infatti, se il locatore acconsentisse al pagamento del canone da parte del cessionario dell’azienda, tale comportamento concludente sarebbe evidente manifestazione della sua volontà di accettare tale modifica della titolarità del contratto. Se invece, nell’atto di trasferimento d’azienda, nulla si dice riguardo al contratto di locazione, si ritiene che il contratto prosegua tra il locatore e il conduttore originari.
La dottrina ritiene che tra la cessione del contratto di locazione e la cessione dell’azienda debba sussistere uno “stretto collegamento funzionale”, anche se lo stesso non si concretizzi in una immediata contestualità tra i due atti negoziali.
La norma prevede che il conduttore debba comunicare tale intenzione di sublocare o cedere l’immobile al proprio locatore, affinché quest’ultimo possa legittimamente opporsi all’operazione stessa.
La Cassazione, con sentenza n. 6902 del 1986, ha affermato che la tardività della comunicazione del conduttore è “irrilevante”, e sana ogni irregolarità nel momento in cui viene effettuata. La norma di legge in commento, effettivamente, non pone alcun limite temporale per l’effettuazione di tale comunicazione, diversamente da quanto previsto per l’opposizione da parte del locatore.
Per quanto attiene poi al contenuto che la comunicazione dell’inquilino deve avere, si ritiene in giurisprudenza che la stessa debba contenere ogni necessaria indicazione per l'identificazione del subentrante. La corretta individuazione del cessionario, infatti, è necessaria ai fini dell'eventuale opposizione del locatore, il quale deve poter valutare correttamente e precisamente le caratteristiche personali e finanziarie del nuovo conduttore, al fine di validamente esercitare il proprio diritto di opposizione. Fino al momento in cui il locatore non verrà a conoscenza di tali dati, egli non incorrerà nel termine di decadenza di trenta giorni previsto dalla disposizione come limite temporale per l’esercizio dell’opposizione.
Inoltre, la giurisprudenza più recente, discostandosi dalle pronunce più datate, sostiene che nella comunicazione debbano essere contenuti gli “elementi essenziali del contratto posto in essere con il cessionario”.
La giurisprudenza sembra ammettere la possibilità di una cessione parziale del contratto e dell’azienda, nel caso in cui il conduttore eserciti nell’immobile due diverse attività (per esempio, allorquando nell’immobile esistano due locali distinti, adibiti l’uno ad attività di ristorazione e l’altro a sala giochi).
Più discusso è il caso in cui il conduttore ceda ad un terzo il contratto di locazione e la propria azienda ad un terzo, il quale però vi eserciti successivamente una attività differente. L’art. 36 in commento, infatti, sembra riferirsi all’ipotesi, che è la più normale e frequente nella pratica, in cui l’attività esercitata dal cessionario sia la medesima di quella svolta dal conduttore originario. Tuttavia, in caso contrario, il locatore non sarà per ciò soltanto legittimato a chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento. Infatti, a tal fine, è necessario che la nuova attività esercitata dal cessionario non sia solamente diversa, ma si ponga addirittura in contrasto rispetto alle previsioni contrattuali. Ciò può accadere solamente nel caso in cui nel contratto di locazione si fosse fatto esplicito riferimento alla precisa attività commerciale svolta all’interno dell’immobile, ma non nel caso in cui si parli, per esemio, genericamente di “vendita al dettaglio”.
Per quanto attiene alla determinazione dei “gravi motivi” che legittimano l’opposizione del conduttore, la dottrina prevalente ritiene che essi siano quelli che riguardano principalmente la persona del cessionario o del subconduttore, con specifico riferimento alla sua posizione economica e, quindi, alla sua solvibilità (si pensi al caso in cui il nuovo conduttore sia stato sottoposto a procedura di fallimento o di sfratto per morosità).
Nel caso in cui il locatore si opponga per gravi motivi alla sublocazione o alla cessione, tali operazioni resteranno sospese sino alla definizione della vertenza in sede giudiziale.
Per quanto riguarda, poi, il regime della responsabilità del cedente in caso di inadempimento del cessionario, la disciplina diverge da quella prevista in generale per la cessione del contratto. La regola stabilita nel caso di cessione del contratto di locazione commerciale è diametralmente opposta rispetto a quella dettata dall'1408 c.c. per la cessione del contratto in generale. Questa diversità di disciplina trova il suo fondamento nella circostanza per cui, mentre nella cessione in generale il consenso del ceduto è requisito necessario per la validità dell’operazione, nel caso di cessione del locale comerciale, come visto, è possibile per il conduttore prescindere dal consenso del locatore. Per tale motivo, subendo il locatore tale compressione della propria sfera di libertà negoziale, è necessario tutelarlo attraverso la permanenza della responsabilità, pur di tipo sussidiario, in capo al conduttore cedente. Il locatore potrà quindi, in caso di inadempimento del cessionario, agire verso il conduttore originario, a patto che non l’abbia espressamente liberato. La responsabilità del cedente permane anche nel caso in cui le cessioni del contratto siano plurime e si succedano l’una all’altra.
La giurisprudenza praticamente unanime ritiene che, nel caso in cui l’immobile sia stato sublocato o ceduto, il subconduttore e il cessionario saranno gli effettivi titolari dell’indennità da perdita dell’avviamento, essendo questi ultimi coloro che possono subire un pregiudizio in seguito alla cessazione del rapporto di locazione.
Infine, la giurisprudenza si è interrogata in merito all’ipotesi per cui l’inquilino, anziché cedere il contratto di locazione unitamente all’azienda, ceda l’azienda e sublochi semplicemente il contratto di locazione. Dall’interpretazione letterale dell’art. 36 è corretto desumere che non sia ammissibile una confusione tra le due ipotesi. Il conduttore potrà, alternativamente, sublocare l’immobile in caso di locazione dell’azienda oppure cedere il contratto in caso di cessione dell’azienda. Diversamente opinando, infatti, si giungerebbe a delle conseguenze paradossali sul versante dell’applicazione pratica dell’istituto: si pensi al caso in cui il conduttore, che si è limitato a sublocare l’immobile pur avendo ceduto l’azienda, rimanga titolare dell’indennità da perdita dell’avviamento.

Massime relative all'art. 36 Legge equo canone

Cass. civ. n. 23111/2015

In caso di cessione del contratto di locazione (contestuale alla cessione dell’azienda) effettuata ai sensi dell’art. 36 della legge n. 392 del 1978 senza il consenso del locatore, tra il cedente e il cessionario, divenuto successivo conduttore dell’immobile, esiste un vincolo di responsabilità sussidiaria, caratterizzata dal mero "beneficium ordinis”, che consente al locatore di rivolgersi al cedente, con l’esperimento delle relative azioni giudiziali per il soddisfacimento delle obbligazioni inerenti il contratto, solo dopo che si sia consumato l’inadempimento del nuovo conduttore; né rileva l’avvenuta rinnovazione tacita dei contratto di locazione, che, in quanto tale, non comporta la nascita di un nuovo contratto ma solo la prosecuzione del precedente, che rimane identico nel suo contenuto.

Cass. civ. n. 19531/2015

In caso di affitto di azienda con contestuale cessione del contratto di locazione dell’immobile nel quale l’azienda è esercitata, il locatore, in caso di inadempimento del cessionario, può agire, ex art. 36 della 1. n. 392 del 1978, nei confronti del cedente per il pagamento del canone, salvo che egli stesso dichiari espressamente di liberarlo, senza che assuma alcun rilievo la dilatazione temporale del vincolo obbligatorio per l’intervenuta rinnovazione tacita del contratto.

Cass. civ. n. 11967/2013

In caso di affitto di azienda, la qualificazione come sublocazione, ovvero come cessione dell’originaria locazione, del contratto intervenuto tra le parti relativamente all’immobile in cui è esercitata l’azienda non rileva con riguardo all’esclusione della necessità del consenso del locatore - prevista, per entrambi i casi, dall’art. 36 della legge 27 luglio 1978, n. 392, rispettivamente in deroga agli artt. 1594 e 1406 cod. civ. - ma la distinzione resta, invece, rilevante nei rapporti con il locatore, dal momento che, per le azioni esercitate da o contro il medesimo, la legittimazione "ad causam" appartiene al conduttore originario nella sublocazione ed al cessionario in ipotesi di cessione del contratto di locazione.

Cass. civ. n. 5845/2013

In caso di cessione d’azienda, l’acquirente succede, ai sensi dell’art. 36 della legge n. 392 del 1978, nel contratto di locazione degli immobili aziendali per effetto della comunicazione data al locatore dell’avvenuta cessione, senza che a ciò osti l’inadempienza del cedente locatario che non abbia dato luogo alla risoluzione del contratto. Tale inadempimento, peraltro, laddove abbia comportato la perdita del titolo al possesso dell’immobile per il cessionario, nei rapporti con questo è valutabile come vizio funzionale del contratto di cessione dell’azienda e non come vizio della cosa venduta.

Cass. civ. n. 4986/2013

In ipotesi di cessione del contratto di locazione, ai sensi dell’art. 36 della legge 27 luglio 1978, n. 392, quale effetto di apposito negozio, separato o contestuale alla cessione azienda, o quale automatica conseguenza del principio di cui all’art. 2558 c.c., si verifica, la sostituzione di un terzo nel rapporto giuridico preesistente fra cedente e ceduto; pertanto, in virtù dell’art. 1415 c.c., non è opponibile al cessionario la simulazione relativa al canone del contratto di locazione intercorso tra il locatore e l’originario conduttore, in mancanza di prova dell’adesione del terzo all’accordo dissimulato, ovvero della sua malafede.

Cass. civ. n. 2961/2013

La cessione da parte del locatore del contratto di locazione aziendale, inserita in una complessiva cessione di azienda (o di ramo di azienda), non comporta la scissione del contratto di locazione o di affitto in due sub-rapporti distinti, ciascuno dei quali con un titolare dello "status" di locatore, bensì il pieno subingresso del cessionario nelle stesse posizioni giuridiche, attive e passive, facenti capo al cedente, purché collegate all'esercizio dell'impresa. Tra di esse, dunque, deve comprendersi anche il debito di restituzione di eventuali non dovute maggiorazioni di canone percepite dal cedente, atteso che la misura del canone di una locazione non abitativa incide direttamente sulla misura concreta della redditività dell'azienda, costituita anche dall'immobile locato.

Cass. civ. n. 13886/2007

Non spettano al conduttore il diritto di prelazione e il conseguente diritto di riscatto dell’immobile, secondo la disciplina degli artt. 38 e 39 L. n. 392/78, qualora il locatore intenda alienare - ad un terzo ovvero al comproprietario dell’immobile - la quota del bene oggetto del rapporto di locazione.

Cass. civ. n. 10298/2007

In caso di subentro nel contratto di locazione di immobile adibito ad uso non locativo, conseguente alla cessione d'azienda, al cessionario non è consentito l'esercizio dell'azione di risoluzione ovvero di riduzione del canone, previsti dall'art. 1578 c.c. per l'ipotesi che la cosa locata, al momento della consegna, presenti vizi non noti o facilmente riconoscibili che ne diminuiscano in modo apprezzabile l'idoneità all'uso pattuito per il conduttore, difettando in detta ipotesi il presupposto primo per l'applicabilità dell'art. 1578, e cioè la consegna della cosa dal locatore al conduttore, e conseguentemente non si applica neppure l'art. 1579 c.c., concernente la deroga di pattizia con la quale si escluda o si limiti la responsabilità del locatore per i vizi della cosa.

Cass. civ. n. 9486/2007

In caso di cessione plurima del contratto di locazione ex art. 36 L. n. 392/78 senza liberazione da parte del locatore-ceduto, l’iter che quest’ultimo è tenuto a seguire onde ottenere l’adempimento dell’obbligazione di pagamento del canone (e di tutte le altre gravanti sul conduttore) si dipana, in prima istanza, attraverso la richiesta di adempimento rivolta all’ultimo cessionario. Accertato l’inadempimento di quest’ultimo, diviene legittima la domanda rivolta - indifferentemente - a ciascuno dei cessionari intermedi, compreso il primo, tutti responsabili in via solidale, con le relative conseguenze di legge in tema di riparto interno dell’obbligazione.

Cass. civ. n. 5137/2003

Nella disciplina di cui all’art. 36 della legge n. 392 del 1978 sull’equo canone, in caso di cessione o di affitto di azienda relativi ad attività svolta in un immobile condotto in locazione, non si produce l’automatica successione del cessionario nel contratto di locazione dell’immobile, quale effetto necessario del trasferimento dell’azienda, ma la successione è soltanto eventuale e richiede comunque la conclusione, tra cedente e cessionario dell’azienda, di un apposito negozio volto a porre in essere la sublocazione o la cessione del contratto di locazione, senza necessità, in tale seconda ipotesi, del consenso del locatore, in deroga all’art. 1594 c.c., ma salva comunque la facoltà di quest’ultimo di proporre opposizione per gravi motivi, entro trenta giorni dalla avvenuta comunicazione della cessione del contratto di locazione insieme all’azienda, proveniente dal conduttore.

Cass. civ. n. 11427/2002

In tema di locazione di immobili adibiti all’esercizio di attività aziendale, tanto l’affitto di azienda (con conseguente sublocazione dell’immobile adibito all’esercizio dell’attività produttiva) quanto la vendita dell’azienda stessa (con contestuale cessione del contratto di locazione relativo all’immobile) non determinano alcuna successione nell’originario rapporto di locazione, dando vita, per converso, ad un rapporto derivato, senza alcun vincolo tra il locatore originario ed il subconduttore, e senza, in particolare, che risulti modificata la posizione di legittimato (sostanziale e) processuale dell’originario conduttore che, ai sensi dell’art. 111 del codice di rito, conserva, per converso, la sua qualità di parte.

Cass. civ. n. 741/2002

L’inopponibilità al locatore della cessione, da parte del conduttore, del contratto di locazione comporta, sul piano processuale, che per tutte le azioni attinenti alla prosecuzione o alla estinzione del rapporto locatizio la legittimazione passiva permane in capo all’originario conduttore, senza che il terzo cessionario del contratto abbia titolo per pretendere una estensione necessaria del contraddittorio nei suoi confronti e per rivendicare la posizione di legittimato passivo.

Ai sensi dell’art. 36 della legge 27 luglio 1978, n. 392, la cessione del contratto di locazione di immobile destinato ad attività di impresa, che avvenga con la cessione contestuale dell’azienda del conduttore, non ha bisogno del consenso del locatore, ma deve essergli comunicata con lettera raccomandata con avviso di ritorno (o con modalità diverse, purché idonee a consentire la conoscenza della modificazione soggettiva del rapporto); tale comunicazione, se non costituisce requisito di validità della cessione nel rapporto tra conduttore cedente e terzo cessionario, condiziona tuttavia l’efficacia della cessione stessa nei confronti del contraente ceduto, nel senso che essa non è opponibile al locatore sino a quando la comunicazione non avvenga (e salva, comunque, la possibilità che il locatore vi si opponga per gravi motivi nel termine di trenta giorni), sicché la conoscenza aliunde della cessione da parte del locatore non rileva, a meno che egli, avendola conosciuta, l’abbia accettata secondo la disciplina comune dettata dall’art. 1407 c.c.

Cass. civ. n. 201/2002

A fronte di una cessione della locazione ex art. 36 L. n. 392/78 valida ed efficace tra il conduttore cedente ed il terzo cessionario, l’opposizione per gravi motivi manifestata dal locatore ceduto, cui la cessione medesima è stata comunicata, ha l’effetto immediato di sospendere, nei confronti del contraente ceduto, l’efficacia della cessione della locazione, sino a quando non risulti definita in sede giudiziale l’assenza dei gravi motivi in presenza dei quali, invece (ove accertati in giudizio ovvero riconosciuti sussistenti dal conduttore cedente), la cessione non produce alcun effetto nei confronti del locatore.

Cass. civ. n. 5817/2001

Con riguardo a locazione di immobile urbano ad uso diverso da quello abitativo, l’art. 36 della legge n. 392 del 1978 disciplina nello stesso modo il caso di sublocazione dell’immobile e quello della cessione del contratto di locazione stabilendo che il conduttore può, senza il consenso del locatore, sublocare l’immobile o cedere l’azienda o parte di essa, e cioè di una porzione dei beni destinati all’attività esercitata nell’immobile autonoma e funzionalmente sufficiente per tale attività; conseguentemente detta possibilità deve essere negata nel caso di mera alienazione di singoli beni privi degli indicati requisiti, nella quale ipotesi è necessario il consenso del locatore.

Cass. civ. n. 14139/2000

La cessione del contratto di locazione a norma dell’art. 36 della legge 27 luglio 1978, n. 392 comporta quale conseguenza che nel rapporto derivato di sublocazione parziale stipulato dal cedente si sostituisca, come sublocatore, il cessionario del rapporto principale di locazione. Consegue, che legittimato passivamente all’azione di risoluzione proposta dal cessionario è il cessionario, senza necessità di dover accertare, nel contraddittorio necessario con il conduttore cedente, la sussistenza di una pregressa sublocazione parziale dei beni oggetto del negozio di cessione.

Cass. civ. n. 10124/2000

La mancata comunicazione della sublocazione o della cessione del contratto, nel caso di immobile destinato ad uso diverso da quello abitativo, rende solo inopponibile l’avvenuta sublocazione o la cessione al locatore, il quale, peraltro, non può considerare di per sè inadempiente il conduttore, ma solo notificargli la sua opposizione, specificando altresì i gravi motivi che la giustificano, all’accertamento della sussistenza dei quali resta subordinata la risoluzione del contratto di locazione.

Cass. civ. n. 1133/2000

L’alienazione dell’azienda esercitata in un immobile adibito ad uso commerciale non comporta né ai sensi dell’art. 2558 c.c. né ai sensi dell’art. 36 della legge 392/1978 l’automatica cessione del contratto di locazione, in quanto le norme suddette consentono ma non impongono rispettivamente all’acquirente dell’azienda di subentrare nei contratti stipulati per l’esercizio di essa, sempreché non sia pattuito diversamente, nonché al venditore dell’azienda, quale conduttore dell’immobile in cui la stessa si esercita, di sublocare l’immobile o di cedere il contratto di locazione senza il consenso del locatore.

Cass. civ. n. 8389/1999

Non integra gli estremi della cessione della locazione il mero adempimento del terzo dell’obbligo di pagare il canone, pur se il locatore risulti a conoscenza della provenienza del pagamento.

Cass. civ. n. 2675/1998

La cessione del contratto di locazione di immobile urbano adibito ad attività imprenditoriale, in connessione con la cessione o locazione dell’azienda ivi esercitata, per esser opponibile al locatore, gli deve esser comunicata dal conduttore (art. 36 legge 27 luglio 1978 n. 392) - anche con modalità diverse dalla raccomandata con ricevuta di ritorno, non prescritta a pena di nullità, purché idonee a consentire la conoscenza della modifica soggettiva del rapporto - e pertanto non è efficace nei confronti del locatore la cessione comunicatagli da un altro soggetto, sia pur esso il difensore del conduttore, nel giudizio pendente nei confronti del medesimo.

Cass. civ. n. 667/1998

Se durante il giudizio instaurato dal locatore per la declaratoria di cessazione del contratto di locazione il conduttore, dopo la data di scadenza del contratto come accertata con sentenza, cede l’azienda esercitata sull’immobile (art. 36 legge 27 luglio 1978 n. 392), non vi è cessione del contratto di locazione perché non più in corso e perciò non può esservi successione nell’indennità commerciale spettante al cedente (art. 34 stessa legge), salvo che il relativo diritto sia ceduto al cessionario tra quelli aziendali (art. 2559 c.c.).

Cass. civ. n. 12454/1997

L’art. 36 della legge 27 luglio 1978 n. 392, nel sancire che il conduttore può sublocare l’immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme locata l’azienda, deroga alle norme di diritto comune relative alla cessione del contratto, secondo cui il consenso del contraente ceduto costituisce requisito di validità della cessione, che altrimenti sarebbe nulla, per cui si ha litisconsorzio necessario in giudizio di accertamento, quando siano in questione l’avvenuta conclusione, validità ed efficacia del contratto di cessione. Non è invece necessaria la presenza in giudizio del cedente quando si controverta unicamente circa le vicende del contratto ceduto.

Cass. civ. n. 5305/1996

Nel caso di cessione del contratto di locazione dell’immobile, consentita al conduttore dall’art. 36 della legge 27 luglio 1978, n. 392, purché egli congiuntamente ceda o affitti l’azienda, non vi è obbligo di preventiva comunicazione al locatore, che può quindi esserne informato dopo che la cessione ha determinato la sostituzione del cessionario nei diritti e negli obblighi del cedente. Ne deriva che l’opposizione alla cessione, consentita al locatore dal menzionato art. 36 in presenza di gravi motivi, non impedisce il perfezionamento del contratto eventualmente già concluso ma si configura come una mera contestazione di inadempimento, rivolta al conduttore per avere ceduto il contratto pur in presenza dei suddetti gravi motivi in contrario, e preordinata ad un’eventuale pronunzia di risoluzione della locazione, idonea a far venir meno anche la cessione della stessa, con l’ulteriore conseguenza che fino all’emissione di tale pronunzia legittimato passivo rispetto a tutte le azioni concernenti l’esistenza o la durata della locazione deve considerarsi il cessionario e non il cedente, il quale, se non liberato dal locatore ceduto, ai sensi del cit. art. 36 della legge 392, resta legittimato a contraddire soltanto le domande di quest’ultimo intese a conseguire l’adempimento delle obbligazioni originate dal contratto di locazione.

Cass. civ. n. 537/1996

La domanda di risoluzione del contratto di locazione proposta dal locatore nei confronti del conduttore subentrato nel rapporto locativo ai sensi dell’art. 36 L. 27 luglio 1978 n. 392 non è preclusa dall’eventuale giudicato interno sulla cessione perché, trattandosi di cessione senza il consenso del locatore l’accertamento dei relativi presupposti non esclude né l’operatività della disposizione dell’art. 1409 c.c., a norma della quale il contraente ceduto può opporre al cessionario tutte le eccezioni derivanti dal contratto, né l’operatività della disposizione dell’art. 1458 comma 1, c.c. sull’efficacia retroattiva della risoluzione del contratto per inadempimento, la quale è applicabile anche nei confronti del cessionario, che, in quanto tale, è parte contrattuale, e non terzo.

Cass. civ. n. 189/1996

La mancata comunicazione al locatore dell’avvenuta cessione dell’azienda ai sensi dell’art. 36 della legge 27 luglio 1978 n. 392, non produce effetti a carico del conduttore allorché il locatore abbia comunque accettato la cessione, la quale dal momento dell’accettazione diviene a lui opponibile anche in difetto della prescritta comunicazione.

Cass. civ. n. 10157/1994

Mentre per gli immobili destinati ad uso abitativo la disciplina della sublocazione è stata innovata per effetto dell’art. 2 della L. 27 luglio 1978, n. 392 - il quale vieta, salvo patto contrario, la sublocazione dell’immobile, limitando, in difetto di accordo delle parti, la facoltà di sublocare del conduttore, sempre salvo patto contrario, all’ipotesi di sublocazione parziale, previa comunicazione al locatore - per gli immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione l’art. 36 della legge stessa ha sostanzialmente lasciata immutata la disciplina della sublocazione e della cessione dettata dall’art. 1594 c.c., a norma del quale il conduttore, salvo patto contrario, ha facoltà di sublocare la cosa locatagli, ma non può cedere il contratto senza il consenso del locatore. Ne consegue che il giudice di merito, chiamato a dichiarare la risoluzione del contratto di locazione di immobile adibito ad uso diverso da quello locativo, per inadempimento consistente nell’avvenuta sublocazione dello stesso, non può limitarsi a ritenere che la sublocazione realizzi di per sé un inadempimento, bensì ha il dovere di preliminarmente accertare se tra le parti sia stato pattuito un divieto di sublocazione e, solo in caso positivo, verificare la sussistenza di un inadempimento idoneo a provocare la risoluzione del contratto.

Cass. civ. n. 8031/1994

La comunicazione che - in caso di cessione del contratto di locazione contestualmente a quello dell’azienda - il conduttore deve dare al locatore ai sensi dell’art. 36 della L. n. 392 del 1978 anche se data tardivamente, sana ogni eventuale situazione irregolare a partire dal momento in cui è effettuata, dal quale decorre altresì il termine di trenta giorni entro il quale il locatore può opporsi alla cessione, qualora ricorrano gravi motivi.

Cass. civ. n. 11685/1993

Nel caso di trasferimento dell’azienda, la comunicazione della cessione del contratto di locazione, preveduta dall’art. 36 della L. 27 luglio 1978 n. 392, deve contenere l’indicazione degli elementi che valgono ad identificare la persona del cessionario in modo da porre in grado il locatore di manifestare la sua opposizione, qualora ricorrano gravi motivi.

Cass. civ. n. 7676/1991

L’art. 36 della L. 27 luglio 1978 n. 392, che consente al conduttore di sublocare l’immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore se insieme venga locata o ceduta l’azienda, si riferisce anche alle cessioni o locazioni di una sola parte dell’immobile comunque collegate alla cessione o locazione dell’azienda o di un suo ramo e perciò capaci di attuare l’interesse alla conservazione dell’azienda.

Cass. civ. n. 6402/1990

In tema di sublocazione e cessione del contratto di locazione, disciplinato dall’art. 36 della L. n. 392/1978, ai fini della sua validità, è sufficiente che la comunicazione, che il conduttore deve fare al locatore nel caso in cui effettui la sublocazione o la cessazione del contratto di locazione insieme alla cessione o all’affitto dell’azienda, contenga gli elementi essenziali per l’individuazione dei contratti posti in essere, insieme alle altre notizie sulla persona del terzo subentrante, tali da mettere il locatore in grado di poter esercitare il suo diritto di opposizione per gravi motivi.

Cass. civ. n. 6346/1985

Con riguardo a locazione di immobile urbano ad uso diverso da quello abitativo, la possibilità del conduttore di cedere il contratto senza il consenso del locatore, secondo la previsione dell’art. 36 della L. 27 luglio 1978 n. 392, postula la contestuale cessione o locazione dell’azienda, cioè del complesso dei beni destinati all’attività esercitata nell’immobile, ovvero di una loro porzione autonoma e funzionalmente sufficiente per tale attività, e, pertanto, deve essere negata nel caso di mera alienazione al cessionario della locazione di singoli beni privi degli indicati connotati.

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relative all'articolo 36 Legge equo canone

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

V. S. chiede
mercoledì 15/11/2023
“Salve, vorrei aggiornarvi sulla situazione già prospettata nel quesito n. Q 202333935 e chiedervi come comportarmi: ho rinviato diffida al conduttore ancora moroso, invocando anche la clausola risolutiva dell'art. 6 del contratto di locazione che vi avevo inviato, in quanto ha sublocato il locale (il realtà io so che è stato non sublocato ma ceduto il ramo di azienda senza nemmeno avvertirmi, e senza che l'attività fosse mai stata avviata da parte sua ed anche qui bisogna vedere se è simulata o meno) ed invocando di nuovo la sua mala fede nella scrittura da noi sottoscritta con richiesta canoni insoluti fino dall'inizio del contratto.
Lui mi ha risposto dicendo di non aver mai sublocato l'immobile quindi negando (faccio presente di aver preso scontrini dove risulta altra società che ha lavorato e fatto foto) e dicendo che i canoni non erano dovuti perche ha svolto i lavori del quadro fessurativo quindi ha adempiuto alle sue obbligazioni (lavorava invece mentre faceva i lavori che sono durati solo due mesi).
Inoltre riferisce che da poco con gli altri comproprietari che sono la maggioranza, hanno firmato un altro foglio da allegare al contratto con cui si conferma quanto precedenetemente firmato da tutti, ovvero nuova decorrenza termine del contratto e defalco somme da lui già versate a noi locatori ed anticipate per i lavori.
Ora, stante le bugie sulla sublocazione, io vorrei agire con rito locatizio chiedendo la risoluzione del contratto in virtù dell'art 6 del contratto e pagamento dei canoni. Lui sicuramente si difenderà producendo la scrittura ultima firmata solo dalla maggioranza (ma a me mai comunicata, ne avvertito!) e sostenendo la mia carenza di legittimazione. In virtù della sentenza delle sez unite n. 11135 del 2012 non ho qualche margine per agire da solo?
Inoltre per quanto riguarda la sublocazione lui o riferirà della cessione del ramo di azienda (ma ne dubito perchè non l ha fatto ora), oppure dirà soltanto che la maggioranza ha firmato (si ma la maggioranza non lo ha autorizzato a sublocare!).
o terza opzione impugnare quella "delibera" ma non penso che lo sia, ovvero quel foglio firmato dagli altri ultimamente con cui si conferma quanto già stabilito da tutti nella precedente scrittura (nuova decorrenza termine contratto etc..), perchè ai sensi dell'art 1109 comma 1 e 2 non sono stato avvertito e perchè reca un pregiudizio (ma reca però un pregiudizio solo soggettivo credo e non anche alla cosa) ma dovrei citare anche tutti gli altri comproprietari, preferisco evitare.
faccio presente inoltre che avevo mandato prima anche una lettera agli altri proprietari dicendo che non ero d'accordo a rifirmare nulla con il conduttore finchè non ci avrebbe corrisposto tutti i canoni e pagato il condominio e prospettando si agire nei loro confronti se avessero preso iniziative contrarie ai nostri interessi.
Non mi si solo filati evidentemente. grazie
p.s.: i documenti li avevo già inviati tutti tranne l'ultima scrittura che non ho”
Consulenza legale i 06/12/2023
Il presente parere si occuperà di trattare la questione della cessione del ramo d’azienda da parte dell’azienda conduttrice e la legittimazione attiva del singolo comproprietario/locatore.

Per quanto riguarda le contestazioni relative alla transazione tra gli altri locatori/comproprietari e il conduttore si rimanda al parere Q20233935 che ha già trattato in maniera esaustiva la questione.
Si sottolinea soltanto come una nuova scrittura privata che vada a confermare quanto contenuto nella precedente transazione, non faccia altro che confermare la volontà della maggioranza di rinunciare ai canoni della locazione per tutta la durata dei lavori indipendentemente dal fatto che la società conduttrice abbia nel frattempo svolto attività lavorativa.

L’art. 6 del contratto di locazione stabilisce che non è possibile la sublocazione o la cessione del contratto. Tale clausola contrattuale però non supera la prescrizione contenuta nell’art. 36 L. 392/1978 che garantisce il diritto del conduttore di sublocare l’immobile o cedere il contratto purché unitamente alla cessione dell’azienda, con obbligo di comunicazione con raccomandata al locatore che può opporsi entro 30 giorni per gravi motivi.
La ratio legis di questa norma è quella di garantire la prosecuzione dell’attività commerciale agevolando il trasferimento delle aziende (Cass. civ. n. 6402/1990).
Infatti la Cassazione ha affermato che sia possibile la cessione o la sublocazione del contratto di locazione, qualora sia insieme ceduta l’azienda, anche in presenza di un patto che escluda tale facoltà (Cass. civ. n. 1966/2000).

Ciò significa che, se la conduttrice ha comunicato anche solo ad un locatore nei modi stabiliti dall’art. 36 L. Equo Canone, l’intenzione di cedere il contratto unitamente al ramo d’azienda e il locatore non abbia gravi motivi per impedirlo, non è possibile chiedere la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento ai sensi dell’art. 6 del contratto di locazione.
Se invece non l’avesse comunicato, lo scrivente ritiene che si possa intraprendere un’azione di risoluzione per inadempimento.

Per quanto riguarda la legittimazione attiva del singolo comproprietario, si osserva quanto segue.
La giurisprudenza di legittimità ha espresso il principio secondo cui la presunzione del consenso degli altri comunisti contenuta nell’art. 1105 del c.c. è superata, in caso di domande di risoluzione del contratto di locazione e pagamento dei canoni insoluti, quando risulti l’espressa volontà contraria degli altri comproprietari (Cass. civ. n. 9556/2017).

Nel caso di specie non si ha notizia della espressa contrarietà degli altri comproprietari / locatori all’eventuale domanda di risoluzione contrattuale per inadempimento dell’art. 6 del contratto di locazione.
Dal comportamento generale tenuto dalle parti finora sembra però che non ci sia un’intenzione da parte della maggioranza di risolvere il contratto.
Si consiglia, quindi, di verificare in primo luogo se ci sia stata una cessione del contratto con il ramo d’azienda e se i locatori siano stati avvertiti.
In secondo luogo, qualora ciò non sia avvenuto, contattare gli altri comproprietari facendo presente la questione e chiedendo espressamente la volontà di risolvere il contratto per i motivi suddetti.

In ultima istanza si ritiene che il comproprietario di minoranza possa impugnare ex art. 1109 del c.c. le eventuali deliberazioni di cui non è stato preventivamente informato ai sensi dell’art. 1105 comma 3 del Codice civile tenendo presente che il termine di decadenza è di 30 giorni dalla deliberazione.


M. G. chiede
lunedì 17/10/2022 - Lombardia
“Buongiorno,
da quasi 5 anni mia figlio è titolare di una snc per una piccola attività di ristorazione che ora è intenzionato a vendere. I locali in cui esercita tale attività sono in affitto con canone commerciale 6+6.
Nella vendita risulta compresa anche la cessione del contratto di affitto.
Purtroppo, nel corso della trattativa di vendita abbiamo scoperto che, nel caso di subentro nel contratto di affitto, mio figlio diverrebbe responsabile in solido nei confronti del proprietario dei locali qualora il nuovo inquilino non pagasse i canoni di locazione e tale situazione potrebbe avere una durata anche di 30 anni (?)a decorrere dalla data di sottoscrizione del contratto originario 6+6.
Il proprietario dei locali, in questa situazione, ovviamente non sembra intenzionato alla stipula di un nuovo contratto di locazione e/o di una liberatoria nei confronti di mio figlio.
Inoltre, qualora il nuovo inquilino non pagasse i canoni di locazione, sarebbe possibile per mio figlio pretendere lo sfratto immediato del nuovo inquilino da parte del proprietario ( ad esempio, subito dopo due canoni non pagati ), onde evitare che i canoni non pagati si accumulino nel tempo, aggravando così la sua posizione di responsabile in solido ? Vi sono obblighi in tal senso per il proprietario dei locali ?
Sembrerebbe che mio figlio, titolare del contratto di affitto originario, non possa agire in alcun modo dopo un eventuale subentro ( e parrebbe neppure nel caso di ulteriori e succcessivi subentri ). E' effettivamente questa la condizione ? Vi sono delle limitazioni anche temporali a tali situazioni ?
Esiste a Vs. parere un modo per evitare e/o “ limitare i danni” ?
Vi ringrazio per la collaborazione.
Distinti saluti”
Consulenza legale i 23/10/2022
L’art 36 della L. n.392/1978 prevede una particolare disciplina per la cessione del contratto di locazione ad uso commerciale che deroga in gran parte alla disciplina della cessione prevista dal codice civile.
Se infatti secondo la disciplina ordinaria del codice civile prevista dall’art. 1406 del c.c. è possibile per una parte di un contratto cedere ad un terzo estraneo il suo vincolo a patto che vi sia il consenso del contraente ceduto, la cessione del contratto di locazione ad uso commerciale prescinde da tale consenso.
Al fine, infatti, di meglio favorire la cessione della azienda da un imprenditore ad un altro, l’art. 36 della legge equo canone prevede che il conduttore può cedere il contratto di locazione senza il consenso dell’originario proprietario a patto che unitamente al contratto di locazione venga ceduta anche l’azienda che è stata esercitata nei locali affittati.

A fronte del fatto che il proprietario dei muri deve subire unilateralmente l’iniziativa del suo ex inquilino, la legge gli riconosce due importanti tutele: la prima è la possibilità di fare opposizione alla cessione se sussistono gravi motivi, la seconda è quella di poter agire anche nei confronti del cedente se il nuovo inquilino non adempie alle obbligazioni assunte con il contratto. In altre parole, il locatore nel caso di insolvibilità del nuovo inquilino può tentare di recuperare il suo credito nei confronti del precedente affittuario.

Purtroppo la giurisprudenza della corte di Cassazione sotto questo aspetto non è molto favorevole per le ragioni del conduttore cedente. Gli Ermellini infatti ritengono che in assenza di una qualche disposizione di legge che limita l’ambito applicativo dell’art. 36 della legge equo canone e in assenza di una liberatoria del proprietario dei muri che liberi il precedente o i precedenti contraenti il vincolo di solidarietà che lega tutti i conduttori nuovi e vecchi permane per tutta la durata del contratto anche nel caso di successivi rinnovi nel tempo (Cass. Civ. Ord n.23111 del 13.11.2015). In altri termini, il vincolo di solidarietà che lega i conduttori vecchi e nuovi tra loro può durare anche oltre il primo rinnovo contrattuale potendo protrarsi oltre gli originari 12 anni previsti dal contratto, se quest’ultimo, ad esempio, alla scadenza del primo rinnovo di 6 anni viene tacitamente prorogato tra le parti di un ulteriore periodo di 6 anni e così via nel tempo.

La Cassazione (Cass.Civ. n.28809 del 08.11.2019) ha inoltre precisato che il primo cedente, non viene liberato dal vincolo previsto dall’art. 36 legge equo canone neppure se nel corso del tempo vi sono ulteriori subentri: in questo caso, qualora l’attuale conduttore non pagasse gli obblighi nascenti dal contratto, sorgerebbe per tale orientamento della giurisprudenza un vincolo di cui se ne avvantaggerebbe il proprietario in forza del quale i precedenti cedenti risponderebbero in solido tra loro del debiti dell’attuale conduttore.
Per la verità, vi è un altro orientamento tra i giudici di legittimità (Cass.Civ. n. 9486 del 20.04.2007) più favorevole alle ragioni del primo cedente secondo il quale in caso di plurime cessioni del medesimo contratto di locazione qualora l’attuale conduttore dei locali non adempisse alle sue obbligazioni sarebbe con lui coobbligato in solido solo il suo rispettivo cedente, liberando quindi i precedenti conduttori.

L’unico modo efficace per il cedente per liberarsi dal vincolo introdotto dall’art. 36 della legge equo canone è quello di convincere il proprietario a liberarlo, magari coinvolgendolo nella scelta del nuovo conduttore e quindi nella scelta dell’acquirente della azienda oppure subordinando la sua liberatoria al pagamento di una somma di denaro.
In caso di inadempimento del nuovo conduttore non è possibile infatti per il cedente chiedere direttamente lui lo sfratto e la risoluzione del contratto in quanto questi sono tipici rimedi destinati al proprietario che è una parte della locazione a differenza del cedente che in virtù appunto della cessione è ormai estraneo al vincolo contrattuale.

Il proprietario però ha tutto l’interesse in caso di mancato pagamento dei canoni ad agire con tempestività nei confronti dell’attuale affittuario onde evitare un aggravamento della posizione debitoria: questo sia per tutelare i suoi interessi sia nei confronti dell’attuale affittuario, ma anche per evitare che l’eventuale cedente garante possa legittimamente negarli la copertura riconosciuta dalla legge eccependo una violazione dei principi di correttezza e buona fede nella esecuzione dei rapporti contrattuali previsti dal codice civile.

Infatti, un orientamento della giurisprudenza sviluppatosi in particolar modo in ambito di garanzie bancarie, ma assolutamente applicabile anche alla fattispecie di cui all’art. 36 legge equo canone ha precisato che non può vantare alcuna pretesa nei confronti del fideiussore il soggetto garantito che, con un contegno contrario ai canoni di buona fede e correttezza contrattuale, abbia aggravato la posizione del garante (Cass.Civ.,Sez.III, n.32478 del 12.12.2019).

A.M. chiede
lunedì 12/07/2021 - Sardegna
“Buonasera,
vorrei chiarire alcuni dubbi su un canone di locazione commerciale regolarmente registrato Tra la soc A e la soc B.
La società A concede in locazione un'immobile alla società srl uninominale B; la società B inizia a ritardare i pagamenti sempre di più; contemporaneamente il titolare delle quote delle Soc B costituisce un'altra soc. SRL uninominale C con lo stesso oggetto sociale della soc B, e con la sede legale nell'immobile affittato dalla soc B. (di proprietà della soc A).
Vorrei sapere se la Soc. A (locatore) può agire direttamente sulla società C per il recupero dei canoni non pagati dalla soc A. in quanto i clienti della soc B sono stati acquisiti dalla soc.C.
Inoltre vorrei aggiungere che nel contratto di locazione registrato è chiaramente espresso il divieto di sublocazione.
Saluti”
Consulenza legale i 26/07/2021
La società B e la società C, pur condividendo la compagine sociale (il titolare delle quote di B è socio unico della società C) rimangono comunque due soggetti giuridici distinti.
Il soggetto debitore è la società B, in virtù del contratto di locazione commerciale sottoscritto con A, la quale potrà agire per il recupero del credito unicamente nei confronti del firmatario del contratto di locazione; verso B potrà agire, altresì, per la liberazione dell’immobile (nei confronti di entrambe le società B e C)

Ciò non esclude, tuttavia, che la società C, avendo sede legale e (pare di capire dal quesito) operativa all’interno del locale concesso in locazione alla società B, stia occupando l’immobile senza averne titolo; pertanto il locatore potrà agire, oltre che per la liberazione dell’immobile, anche per ottenere un’indennità di occupazione per tutto il periodo in cui la società C lo ha occupato.

Differente è l’eventualità in cui B abbia ceduto/affittato l’azienda a C; circostanza verificabile, in quanto trattasi di un contratto da redigersi per atto pubblico.
In tal caso, l’art. 2558 del c.c. stabilisce che, salvo patto contrario, l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale.
I contratti strumentali all’esercizio dell’impresa, dunque, passano automaticamente in capo al cessionario, in deroga all’art. 1406 del c.c. (secondo cui un contraente può sostituire a sé un terzo nei rapporti negoziali purché l’altra parte vi consenta).
Lo stesso vale altresì per il contratto di locazione commerciale, la cui cessione è possibile anche senza il consenso del locatore nel caso in cui venga ceduto insieme all’azienda, come disposto dall’art. 36 della l. equo canone; tuttavia, il conduttore/cedente d’azienda è obbligato a comunicare la cessione del contratto al locatore mediante raccomandata con avviso di ricevimento (o PEC), cessione a cui il locatore potrà opporsi solo per gravi motivi.

Nel caso di specie, tale comunicazione non sembra essere pervenuta ad A, pertanto si ritiene che la cessione del contratto di locazione non ci sia stata, oppure che le formalità richieste dalla legge non siano state rispettate.
Gli scenari richiedono soluzioni differenti e complesse, da valutare caso per caso.

Restando sull’eventualità di una cessione/affitto d’azienda, l’art. 2560 del c.c., comma 2, stabilisce che, nel trasferimento di un’azienda commerciale, anche l’acquirente risponde dei debiti dell’azienda acquistata (e sorti anteriormente alla cessione), purché essi risultano dai libri contabili obbligatori.
In tal caso, pertanto, anche la società C potrebbe dover rispondere dei debiti di B, in solido con essa, compresi i canoni di locazione insoluti, purché tale debito sia iscritto nei libri contabili obbligatori.

Le soluzioni da ultimo prospettate sono condizionate alla sussistenza di una cessione/affitto d’azienda dalla società B alla società C; se tale cessione non fosse avvenuta, come sembra potersi desumere dalle informazioni fornite nell’esposizione del quesito, si ribadisce quanto alla soluzione per prima esposta.

Luca M. chiede
lunedì 21/09/2020 - Veneto
“Buondì,
a maggio del 2019 ho subaffittato -tramite agenzia immobiliare-un ufficio per svolgervi la mia professione. Al tempo, il sub-locatore e l'Agenzia non mi hanno riferito che l'appartamento era stato pignorato già nel 2017. Quando l'ho scoperto, mi è stato detto di star tranquillo, perchè la società proprietaria dell'immobile aveva sottoscritto con il mio sub-locatore un contratto di locazione ultra-novennale trascritto in data antecedente il pignoramento. Effettivamente è così. Tuttavia, il Giudice dell'Esecuzione ha ritenuto che il canone di locazione indicato in quest'ultimo contratto fosse vile, e quindi ha disposto l'immediata liberazione dei locali. Onde evitare il trasloco, io mi sarei reso disponibile ad acquistare l'appartamento. La Banca che ha promosso la procedura esecutiva sarebbe d'accordo sul prezzo che ho proposto (giusto prezzo), ma temo che la società proprietaria (l'esecutato) cercherà di alzare l'importo, ben sapendo che il contratto di locazione ultra novennale di cui sopra, se non verrà risolto prima dell'acquisto, sarà a me opponibile. Tra l'altro, dovrei anche risolvere il contratto di sub-locazione che mi ha permesso di "entrare" all'interno dell'ufficio.
Pertanto, io sto cercando una soluzione che mi permetta di acquistare senza dover sottostare ad eventuali ricatti riconducibili all'anzidetto contratto di locazione ultra-novennale. A tal proposito posso solo riferire che quel contratto è stato concluso unicamente per sottrarre l'immobile ad una eventuale procedura esecutiva (il contratto è stato trascritto 10 giorni prima del pignoramento) e non è mai stato adempiuto. Non risulta, infatti, che il conduttore abbia mai pagato i canoni alla società proprietaria, o che li abbia versati alla procedura esecutiva. Ultima cosa. Il contratto ultra-novennale indica un canone non frazionato. Mi spiego. L'accordo prevede la locazione per 25 anni di n. 6 unità immobiliari ad uso commerciale per un canone complessivo di € 6.000 per il primo anno, € 9.000,00 per il secondo anno, € 12.000,00 per il terzo anno e dal quarto anno in poi € 14.000,00. Non è dato sapere a quale cifra sia stato locato l'ufficio nel quale mi trovo.”
Consulenza legale i 25/09/2020
Da quanto viene riferito pare proprio trovarci di fronte ad un contratto di locazione in realtà inesistente, utilizzato dalla società pignorata per mantenere il controllo dell’immobile il più a lungo possibile per mezzo di un finto conduttore, sottraendo il cespite dalla garanzia patrimoniale dei propri creditori. In questo senso non ci si sorprenderebbe di scoprire che il conduttore abbia un qualche legame con la società locatrice, magari ricoprendo al suo interno un qualche ruolo più o meno manifesto. Tale considerazione trova sicuramente conforto dalla sentenza del giudice dell’esecuzione che ha dichiarato vile il canone della locazione sottoscritta tra le parti, rendendo lo stesso inopponibile alla procedura, ma vi sono anche altri elementi da analizzare. Sicuramente la considerevole durata del contratto di locazione (25 anni!!), che di fatto immobilizza il cespite per un lungo periodo di tempo rendendolo difficilmente vendibile, ma soprattutto il fatto che il canone di locazione non è mai stato corrisposto dal conduttore. In realtà il vero contratto che mette a reddito l’immobile, guarda caso, è il contratto di sublocazione stipulato tra il conduttore e l’autore del quesito.

Fatte queste prime considerazioni, bisogna chiedersi quale sia la strategia giuridica opportuna per evitare ritorsioni della società locatrice durante la trattativa per l’acquisto dell’immobile. Il sub contratto si realizza nel momento in cui un soggetto attribuisce ad un altro un determinato diritto, di estensione minore e comunque non maggiore, rispetto a quello che gli deriva da un precedente rapporto giuridico detto anche contratto padre. Tale istituto non viene previsto dal nostro codice civile da un punto di vista generale, ma è disciplinato specificatamente in diverse casistiche particolari, tra cui spicca sicuramente per importanza e frequenza il settore delle locazioni: non a caso, l ’art. 36 della L. n.392 del 27.07.1978 disciplina espressamente l’istituto della sublocazione. Con il subcontratto si realizza un collegamento negoziale tra il contratto principale e il subcontratto successivo in forza del quale se per qualsiasi motivo viene a mancare il primo, anche il secondo ne viene inevitabilmente travolto.

Proprio per questo motivo, pur essendo evidenti gli elementi che fanno emergere la circostanza che la locazione sia di fatto uno schermo inesistente, si pensa che sia poco proficuo farne valere in giudizio ai sensi degli art. 1414 e ss. del c.c la sua simulazione assoluta. L’ accoglimento infatti di una domanda di questo tipo, eventualità molto probabile stante le premesse, avrebbe come risultato quello di rendere inefficace o nullo il rapporto di locazione nei confronti dell’autore del quesito, sub conduttore, con l’effetto di travolgere anche la sublocazione che rende legittima l’occupazione dell’ immobile. In altri termini se si scegliesse questa strada si farebbe il gioco della società locatrice principale.

Scartata la strada dell’azione di simulazione, non rimane che la via del risarcimento del danno. Il fatto che il giudice dell’esecuzione abbia dichiarato vile il canone di locazione previsto nel contratto principale e abbia ordinato lo sgombero dei locali, ha sicuramente creato un danno al sub conduttore, danno che può essere fatto valere in giudizio, ad avviso di chi scrive, nei confronti del sub locatore che deve garantire la validità del rapporto principale da cui il sub contratto trae la sua legittimazione.
Come si è sopra accennato, tale strategia difensiva troverebbe ancora più forza nel momento in cui si riuscisse a trovare una stretta relazione tra le parti della locazione principale. È chiaro che la minaccia di una causa per danni può essere validamente utilizzata durante la trattativa per l’acquisto dell’immobile.


Marco M. chiede
mercoledì 29/04/2020 - Toscana
“Ho stipulato un contratto di affitto di ramo d'azienda commerciale comprendente anche, tra le altre cose, un contratto di locazione del fondo dove viene esercitata l'attività commerciale. A tal proposito nel contratto di affitto di ramo d'azienda si legge: "La Parte Affittuaria succede per legge in detto contratto di locazione per tutta la durata del presente contratto di affitto di ramo d'azienda, ex art. 36 Legge 392/1978. L'Affittuaria dunque provvederà al pagamento diretto alla Locatrice del canone di locazione con le modalità e i termini previsti dal contratto di locazione che la stessa Parte Affittuaria dichiara di ben conoscere".
Vorrei sapere se, nel caso che l'Affittuaria non paghi i canoni alla Locatrice, quest'ultima può chiederli a me.
Grazie per la collaborazione”
Consulenza legale i 02/05/2020
L’art. 36 della Legge 392/1978 statuisce che “Nel caso di cessione, il locatore, se non ha liberato il cedente, può agire contro il medesimo qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte”.

Alla luce di tale previsione, laddove non vi sia stato un accordo di diverso tenore tra la Locatrice e il Cedente (dalla ricostruzione non si evince un tale accordo), vige la regola della responsabilità sussidiaria. Pertanto, se il l’Affittuario (cessionario del contratto di locazione) non corrisponde i canoni alla Locatrice, quest’ultima potrà richiederli al Cedente.

In concreto, se l’Affittuario, dietro richiesta della Locatrice, non paga i canoni dovuti, la Locatrice potrà richiederli al Cedente.

Alessandro P. chiede
domenica 10/11/2019 - Campania
“Egregio avvocato
il sottoscritto nel 2008 ha stipulato con “W. Spa” un contratto di locazione.
Ha concesso in locazione, in qualità di comodatario, una porzione di terreno sita nel Comune di S. per l’installazione di una stazione radio-base, comprensiva di tutte le necessarie strutture, antenne ed apparecchiature radio, per la fornitura di un servizio pubblico di telecomunicazioni.
Il contratto di locazione prevede una durata di 9 (nove) anni ed un rinnovo tacito di 6 (sei) anni in 6 (sei) anni qualora non venga inviata all’altra Parte disdetta, mediante racc.ta a/r, con preavviso di almeno 12 mesi dalla data di scadenza. Si sottolinea che è stata inserita nel contratto la clausola, per il locatore, di rinuncia alla facoltà del diniego della rinnovazione prevista dall’art. 29 della legge n. 392/1978. Pertanto, il contratto si è già rinnovato nel 2017 per 6 (sei) anni.
Nel 2015 la conduttrice “W. Spa” ha ceduto il contratto alla società “G. Spa”. L’art. 6 del contratto prevede, infatti, per la conduttrice il diritto di cederlo, in ogni tempo, a terzi che siano gestori del pubblico servizio o che a questi siano legati con un rapporto riguardante la stazione radio-base, senza necessità di autorizzazione di sorta.
Si evidenzia che nulla è stato previsto nel contratto in merito alla sublocazione.
Pochi mesi fa, precisamente in agosto, la società “I. Spa” ha installato, in aggiunta a quelle di “G. Spa”, le sue apparecchiature radio sulla stazione posizionata sul luogo locato.
La società “G. Spa” non ha inviato al sottoscritto nessuna comunicazione relativa alla suddetta sublocazione.
Pertanto, mediante racc.ta a/r inviata in data 11/09/2019, si chiedeva alla società “G. Spa” dei chiarimenti in merito alla presenza della società “I. Spa” sul terreno locato.
A riscontro di quest’ultima la società “G. Spa”, mediante racc.ta a/r, comunicava al sottoscritto “……..che l’ospitalità del nuovo soggetto, I. Spa, operante nel settore delle telecomunicazioni, all’interno dell’area locata e/o sugli impianti di loro proprietà anche se non espressamente contemplata nel contratto, trova ampia e specifica convalida nell’ambito della vigente normativa sulle locazioni e che il tenore letterale dell’art. 1594 c.c. riconosce al conduttore la facoltà, perdurante per l’intera durata della locazione, di sublocare a terzi la cosa concessa in locazione”. Continua “…..diffidando il sottoscritto dall’intraprendere azioni nei suoi confronti e della società “I. Spa” in quanto sprovviste di fondamento fattuale prima ancora che giuridico”. Altresì, conclude “…..precisando che tutto quanto è stato realizzato in piena compatibilità con la vigente normativa tecnico-urbanistica”. A tal riguardo si sottolinea che nessuna documentazione è stata allegata alla racc.ta a comprovare tale affermazione.
A tal punto, sperando che sia stato esaustivo nell’esposizione dei fatti, le chiedo quali azioni sia possibile intraprendere al fine di impedire la suddetta sublocazione e/o che la società “G. Spa” sublochi ancora ad altri operatori e/o indurre la stessa a concordare un aumento del canone di locazione in virtù della sublocazione stessa.

Consulenza legale i 19/11/2019
Nel caso di specie siamo di fronte alla locazione di un immobile urbano (così, quantomeno, parrebbe dal quesito) ad uso evidentemente non abitativo, perciò correttamente nel contratto si fa riferimento alla disciplina della Legge cosiddetta dell’”Equo canone” (Legge n. 392/1978).
Le parti non hanno concordato nulla per il caso della sublocazione, pertanto il riferimento normativo che integra il contenuto contrattuale non è – come ha sostenuto la controparte nella propria comunicazione – il codice civile (art. 1594) ma la suddetta legge speciale del 1978.

Quest’ultima disciplina la sublocazione all’art. 36, precisando che il conduttore può sublocare l'immobile anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme locata l'azienda.
Ebbene, nel caso di specie, non è così pacifico che il consenso del conduttore a I. per l’utilizzo del terreno senza, tuttavia, la concessione in utilizzo anche delle apparecchiature si possa definire una locazione dell’azienda del sublocatore.
Ad avviso di chi scrive, dunque, la fattispecie di cui alla norma non si può ritenere integrata, perché l’azienda di G. è rimasta in capo a quest’ultima e ad essere concesso in godimento è stato solo e semplicemente lo spazio fisico per appoggiare ulteriori apparecchiature di un terzo soggetto.

Se così fosse, il rapporto di sublocazione sarebbe invalido ed il proprietario del terreno avrebbe tutto il diritto di chiedere la rimozione delle antenne di I. ed il risarcimento di eventuali danni subiti per la presenza delle nuove e diverse antenne.
Quand’anche, in ogni caso, la sublocazione fosse consentita, la legge detta comunque una procedura precisa da seguire: il conduttore che intenda sublocare, infatti, deve darne comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Il locatore, a quel punto, può opporsi, per gravi motivi, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione.

Nel caso di specie la raccomandata non è stata inviata al locatore, il quale ha ricevuto risposte (peraltro non adeguate) solo a cose fatte.

Si consiglia pertanto, in primo luogo, di scrivere, sempre a mezzo raccomandata, al conduttore richiamando la normativa speciale (art. 36 sopra citato) ed evidenziando che la sublocazione non era consentita in forza della disciplina in questione senza consenso del locatore perché manca la contestuale sublocazione dell'azienda; in ogni caso, ed in subordine, che il locatore andava preavvisato per aver modo eventualmente di opporsi all’operazione entro il termine di legge.

Se la raccomandata non dovesse sortire effetti, il consiglio è quello di esperire un’azione a tutela del possesso, l’azione cosiddetta di manutenzione ai sensi dell'art. 1170 c.c., la quale consente di agire nei confronti di chi ha posto in essere una turbativa – di fatto o di diritto – del pacifico possesso; l’azione va però proposta a pena di decadenza entro un anno dalla turbativa.
In alternativa, rimane sempre un’azione ordinaria in cui lamentare la violazione degli obblighi di legge e contrattuali e richiedere il risaricimento del danno.



Rosalba A. chiede
domenica 02/06/2019 - Piemonte
“Buongiorno, il quesito è il seguente:

E' stato stipulato un preliminare di compravendita di un immobile industriale con pagamento rateale tra un privato ed una ditta la quale ha occupato l'immobile fino a che , circa cinque anni fa, non avendone più necessità, senza darne alcun avviso alla proprietà ne ha concesso l'uso ad altri soggetti . Visto che ad oggi, nonostante i termini del preliminare sono ormai scaduti da anni, non si è ancora arrivati al rogito a causa del promesso acquirente, a chi spettano i frutti dell'occupazione dell'immobile?
In attesa di riscontro, porgo cordiali saluti.”
Consulenza legale i 11/06/2019
Dal quesito non risulta chiaro il motivo dell’occupazione dell’immobile da parte del promissario acquirente. A seguito di approfondimento si è potuto, tuttavia, verificare che sussisteva già tra le parti un contratto di locazione, ed è a questo contratto in effetti – e non a quello preliminare di compravendita – al quale si deve fare riferimento per rispondere al quesito.

Che il preliminare abbia perso di efficacia a motivo dell’intervenuta scadenza del termine per il definitivo, a nulla può rilevare in ordine alle vicende della locazione. La proprietà dell’immobile, con la perdita di efficacia del definitivo, è rimasta in capo al promittente venditore, che continua ad essere, tuttavia, locatore in forza dell’altro contratto, ancora efficace (o almeno così è legittimo presumere, non avendo chi ha posto il quesito specificato alcunché su una possibile già avvenuta scadenza della locazione).

In base alla normativa sulle locazioni di immobili ad uso non abitativo (Legge n. 392/1978, cosiddetta sull’”equo canone”), la sublocazione, in effetti, è consentita anche senza il consenso del locatore ed addirittura anche nel caso in cui un apposito patto contrattuale contenga l'espresso divieto di sublocare l'immobile o di cedere il contratto.
L’art. 36 della predetta norma, infatti, recita quanto segue: “Il conduttore può sublocare l'immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l'azienda, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Il locatore può opporsi, per gravi motivi, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione. Nel caso di cessione il locatore, se non ha liberato il cedente, può agire contro il medesimo qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte. (…)”.

Questo articolo deroga al principio generale secondo il quale la cessione del contratto è possibile ma con il consenso dell'altra parte, ossia del contraente che sarà la parte ceduta (art. 1406 c.c.); consenso che è elemento essenziale della fattispecie negoziale. Infatti, nelle locazioni ad uso abitativo, la violazione del divieto di sublocazione comporta la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1455 c.c..

Nella locazione non abitativa, il legislatore ha voluto allineare la cessione di cui al citato art. 36 alla disciplina della cessione d'azienda (art. 2558 c.c.), secondo la quale l'acquirente della stessa succede nei contratti stipulati senza che il terzo contraente debba prestare alcun consenso.

Il locatore potrà eventualmente opporre un rifiuto, in questo modo recedendo dal contratto di locazione entro tre mesi, ma solo se sussiste "giusta causa" (ai sensi dell'art. 2558, c. 2, c.c.) o "gravi motivi" (ai sensi dell'art. 36 citato) con onere della prova a suo carico.
Afferma la Cassazione che la comunicazione al locatore non costituisce requisito di validità della sublocazione o della cessione nel rapporto tra conduttore cedente e terzo cessionario, condiziona tuttavia l'efficacia di entrambe nei confronti del contraente ceduto/subconduttore, nel senso che essa non gli è opponibile sino a quando la comunicazione non avvenga (e salva, comunque, la possibilità che il locatore vi si opponga per gravi motivi nel termine di trenta giorni (Cass. civ. Sez. VI - 3 Ord., 04/07/2018, n. 17545).

Ciò detto, la risposta al quesito dipende sia dal fatto che si sia avverata o meno l’ipotesi normativa, sia dalla circostanza (che non è stata specificata nel quesito) che i canoni della locazione principale siano stati sinora corrisposti o meno.
Ora, se i canoni della locazione sono stati in questi anni regolarmente pagati, occorre valutare la sorte dell'azienda:
  1. assieme all’immobile è stata sublocata anche l’azienda (l’attività commerciale e tutto il necessario per svolgerla): in questa eventualità la sublocazione è regolare e pienamente legittima, anche se avvenuta senza il preventivo consenso del locatore; se quest’ultimo non ha ricevuto – come pare – alcuna comunicazione al riguardo dal conduttore, ciò significa che nei suoi confronti essa è come se non esistesse fino a che non gli venga comunicata; i frutti della sublocazione spetteranno comunque al sublocatore.
  2. L'azienda non è stata ceduta: fino a quando non si farà valere la risoluzione del contratto di locazione originario, il rapporto tra conduttore e subconduttore resterà pienamente valido ed efficace, pertanto sarà il conduttore legittimato a fare propri i frutti dell'immobile. Solo dal momento dell'eventuale domanda di risoluzione del contratto di locazione principale, invece. il subconduttore non sarà più tenuto a pagare alcunché al conduttore principale, e tutti i frutti dell'occupazione dell'immobile spetteranno al locatore principale. Nel frattempo, ossia fino alla proposizione della domanda di risoluzione, il locatore principale avrà tutto il diritto di far valere l'occupazione abusiva dell'immobile da parte del proprio conduttore e pretendere da quest'ultimo il pagamento di un'indennità, normalmente commisurata al canone di locazione.

Anonimo chiede
lunedì 11/12/2017 - Puglia
“Gentili Signori,
chiedo cortesemente un parere circa una cessione di un contratto di locazione commerciale (ceduto da una società C a un’altra società D) di un capannone industriale nel frattempo venduto all’asta dal tribunale; in particolare precisiamo che la proprietà del capannone è stata trasferita dal Giudice dal vecchio proprietario A al nuovo proprietario B che ha acquistato il bene all’asta.

Premetto che l’originario contratto di locazione tra il vecchio proprietario A e l’affittuario C consente espressamente la cessione del contratto.

Fisso i principali accadimenti:
10/06/16 consenso preventivo alla cessione da parte del vecchio proprietario A (con data certa)
04/10/16 cessione del contratto di locazione dalla società C alla società D a far data dal 01/01/17 con accettazione del vecchio proprietario A (senza data certa)
10/10/16 decreto di trasferimento del Giudice della proprietà del capannone dal vecchio proprietario A al nuovo proprietario B
31/10/16 registrazione presso l’Agenzia delle Entrate della cessione del contratto di locazione
03/03/17 comunicazione della cessione anche al nuovo proprietario B (con data certa)

Chiedo:
1) a quale data la cessione ha effetto ?
2) a quale data diventa efficace la cessione ?

P.S. ho inviato copia degli atti a mezzo mail”
Consulenza legale i 18/12/2017
Il presente parere ha ad oggetto la cessione di un contratto di locazione di immobili commerciali con il consenso del proprietario/locatore.

La cessione del contratto di locazione a uso commerciale è disciplinata dall'art. 36 della legge 392/78 che riconosce al conduttore il diritto di cedere o sublocare il contratto di locazione senza il consenso del locatore, purché la cessione o la sublocazione abbia ad oggetto anche l'azienda e perfino se il contratto originario prevede un divieto in tal senso.
L'assenza del consenso da parte del locatore è controbilanciata dall'obbligo del conduttore di comunicare l'avvenuta cessione con lettera raccomandata con avviso di ricevimento e dal diritto di opporsi alla cessione entro 30 giorni in presenza di gravi motivi.

Tale disposizione costituisce evidente deroga alla statuizione di cui all’articolo 1594 c.c. che vieta al conduttore di cedere il contratto di locazione in mancanza del consenso del locatore.
La ratio della deroga contenuta all’articolo 36 e valevole solo per gli immobili adibiti ad uso diverso da abitazione, è ravvisabile nella volontà del legislatore di agevolare il trasferimento della titolarità aziendale e assicurare la continuazione delle attività commerciali.

Nel caso in esame vi è un atto avente data certa nel quale il locatore presta il proprio consenso alla cessione del contratto e, pertanto, si è potuto legittimamente cedere il solo contratto di locazione senza la contestuale cessione anche dell’azienda.
Cessione che, invece, in caso di mancanza del consenso da parte del proprietario, sarebbe dovuta avvenire, ai sensi dell’art. 36 L.378/1972, contestualmente alla cessione dell’azienda.

Alla luce di quanto illustrato nel quesito, pertanto, il contratto di cessione della locazione si è concluso con la sottoscrizione del contratto avvenuta in data 04.10.2017 in quanto è sufficiente che vi sia l’accordo tra cedente e cessionario per il suo perfezionarsi.

Gli effetti invece decorrono dalla data di registrazione del contratto avvenuta in data 31.10.2016.
La registrazione è, difatti, elemento necessario per la validità del contratto posto che, in mancanza di registrazione presso la competente Agenzia delle Entrate, il contratto è nullo.
In merito al rapporto con il nuovo proprietario, si osserva che è solo successivamente alla comunicazione dell’avvenuta cessione che questi viene a conoscenza del mutamento delle “parti” del contratto di locazione.

Il conduttore deve, infatti, comunicare l’avvenuta cessione al fine di poter consentire al locatore ceduto, che in questo caso non ha posto il proprio consenso alla cessione in quanto subentrato successivamente all’accordo di cessione, di opporsi all’avvenuta cessione del contratto di locazione entro il termine di 30 giorni dal ricevimento della comunicazione.

Tale adempimento è un dovere posto in capo al conduttore e che deve essere assolto con l’invio della comunicazione a mezzo raccomandata A/R o PEC.

In caso di non accettazione del proprietario/locatore della cessione del contratto, questi può fare opposizione entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione solo qualora ricorrano gravi motivi.

La comunicazione della cessione del contratto di locazione deve contenere l’indicazione degli elementi essenziali che valgono ad identificare il contratto posto in essere tra conduttore e terzo, insieme alle altre notizie relative alla persona del cessionario cosi da mettere il locatore nella possibilità di manifestare la sua opposizione qualora ricorrano i gravi motivi.
Di conseguenza, in caso di incompleta comunicazione, il locatore non incorre nella decadenza prevista dal citato art. 36 L. 378/1972 se non esercita il suo diritto all’opposizione nel termine dei trenta giorni.

I gravi motivi che giustificano l’opposizione del locatore alla cessione del contratto di locazione debbono riguardare la persona del nuovo conduttore, la sua affidabilità e posizione economica ovvero il complesso della operazione progettata, con esclusione di motivi che attengano, in via immediata e diretta, alle esigenze e alla situazione del locatore.
Alla luce di quanto detto, la cessione diventa efficace solo dopo che sono decorsi i termini per l’opposizione (30 giorni dalla data di comunicazione avvenuta a mezzo A/R o PEC) da parte del proprietario locatore ceduto.
Nel caso di specie, quindi, poiché la comunicazione è avvenuta in data 3.3.2017, la cessione diventa efficace dopo che siano decorsi 30 giorni in mancanza di opposizione.

In ultimo, seppur non richiesto nel quesito, riteniamo doveroso precisare quanto segue.
L'art. 2923 c.c. sancisce l'opponibilità della locazione di un immobile a chi se ne sia reso aggiudicatario, in sede di espropriazione forzata, contemperando il generale principio "emptio non tollit locatum" dettato per la vendita volontaria (ex artt. 1599 e 1600 c.c.) con le esigenze proprie del processo esecutivo che mira alla tutela delle ragioni e al soddisfacimento degli interessi e dei diritti dei creditori nei confronti dell'esecutato.

In ragione di tale contemperamento di interessi, ontologicamente diversi rispetto alla vendita volontaria, l'avente causa dal locatore (aggiudicatario o acquirente), è tenuto a rispettare le locazioni precedentemente stipulate dal proprietario (esecutato o suo dante causa), seppur entro i limiti dettati dall'art. 2923 c.c., ovvero: la data certa anteriore; la trascrizione anteriore delle locazioni ultranovennali; la detenzione anteriore dell'immobile in mancanza di data certa; l'inopponibilità delle locazioni effettuate a c.d. "canone vile".
Nel caso in esame,pertanto, il proprietario B, anche se ha acquistato all’asta l’immobile, sarà tenuto a rispettare gli accordi presi dal precedente proprietario e pertanto, salvo i gravi motivi, non avrà titolo per opporsi alla cessione.

Tuttavia, al fine di non incorrere in eventuali azioni esecutive, sarebbe opportuno verificare se il titolo ipotecario fosse stato iscritto anteriormente alla data di sottoscrizione del contratto di locazione al fine di valutare se il nuovo proprietario potrà agire in deroga a quanto concordato, non essendo a lui opponibile il contratto di locazione e, quindi, avviare eventualmente le azioni esecutive volte al rilascio dell’immobile ove ne abbia interesse.


Maurizio D. B. chiede
lunedì 10/08/2015 - Veneto
“Ho ceduto il negozio con il contratto di locazione,ma il locatore non mi ha liberato dall'obbligazione legge 36 art.392/78. L'attuale cessionario non paga l'affitto. Il locatore chiede a me cedente i canoni insoluti. Però il locatore mi ha avvisato dell'inadempimento dopo un anno. Io cedente per art.c.c. 1408 comma3 posso chiedere risarcimento danni al locatore? Se si,quali danni? Materiali,immateriali? Ho anche una dichiarazione firmata dal cessionario che si assume tutte le sue responsabilità. Tutto questo mi salva da un decreto ingiuntivo? Le sentenze di cassazioni non sono molto favorevoli.”
Consulenza legale i 21/08/2015
L'art. 36 della legge 392 del 1978 stabilisce che il contratto di locazione può essere ceduto assieme all'azienda e che, in tal caso, il locatore, se non ha liberato il cedente, può agire contro il medesimo qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte.

L'art. 1408, terzo comma, del codice civile (in materia di cessione del contratto) statuisce che il contraente ceduto deve dare notizia al cedente dell'inadempimento del cessionario, entro quindici giorni da quello in cui l'inadempimento si è verificato e che in mancanza è tenuto al risarcimento del danno.

E' stata oggetto di discussione l'applicabilià, in caso di cessione legale della locazione, a tenore dell’art. 36 l. n. 392/8, dell'art. 1408, ultimo comma.

Un primo orientamento è favorevole all'applicabilità della disciplina codicistica anche alla cessione in oggetto ("Anche il particolare contraente (locatore ceduto) considerato nell'art. 36 della L. n. 392/1978, è sottoposto all'obbligo di cui all'art. 1408, comma terzo, cod. civ., di rendere edotto il cedente, pena il risarcimento dei danni, dell'inadempimento del cessionario nell'arco di 15 giorni da quello in cui l'inadempimento stesso si è verificato", Trib. Pavia, 24 giugno 1988). Secondo altre pronunce, la soluzione sarebbe negativa (v. Corte d'appello Milano 14.3.1995 e Corte d'appello Lecce 2.11.2002, Trib. Modena 20.1.06): i sostenitori di questa tesi ritengono che la natura speciale della c.d. cessione forzata del contratto di locazione ai sensi dell’art. 36 l. n. 392/78 impedisca una applicazione estensiva o analogica di qualsiasi altra norma.

Non è dato sapere a quale orientamento aderirà il giudice eventualmente adito nella fattispecie concreta, pertanto è difficile prospettare una soluzione al quesito.
In effetti, la tesi preferibile sembra essere quella negativa, posto che il terzo comma dell'art. 1408 è strettamente connesso al secondo comma, che richiama espressamente ("Nel caso previsto dal comma precedente... "), e che non trova applicazione nel caso di cessione del contratto di locazione, la quale segue il regime della legge 392/78.

Supponendo di aderire, invece, alla tesi positiva, quali sarebbero i danni risarcibili ai sensi della norma richiamata?

Va premesso che in dottrina è controverso se il dovere previsto dall'ultimo comma dell'art. 1408 sia da classificare come onere o come obbligo, dalla cui inosservanza deriverebbe una obbligazione risarcitoria: si tratterebbe di una applicazione del principio di buona fede nell'esecuzione del contratto di cessione. La tesi dell'obbligo appare preferibile, anche alla luce del fatto che per l'omissione della dovuta informazione non commina la decadenza del diritto di credito nei confronti del cedente, ma il mero obbligo di risarcire il danno.

Il danno a cui fa riferimento la norma è, pacificamente, quello conseguente al ritardo dell'avviso, di regola danni puramente economici: quindi, ad esempio, se il cessionario insolvente ha nel frattempo alienato i suoi beni e il cedente, per recuperarli, debba proporre azioni onerose, il ceduto sarà tenuto a sopportare le spese di tali azioni.
Il danno immateriale non sembra essere compreso nella norma o, eventualmente, dovrà essere rigorosamente provato.

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