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Articolo 6 Legge equo canone

(L. 27 luglio 1978, n. 392)

[Aggiornato al 12/11/2014]

Successione nel contratto

Dispositivo dell'art. 6 Legge equo canone

In caso di morte del conduttore, gli succedono nel contratto il coniuge, gli eredi ed i parenti ed affini con lui abitualmente conviventi.

In caso di separazione giudiziale, di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso, nel contratto di locazione succede al conduttore l'altro coniuge, se il diritto di abitare nella casa familiare sia stato attribuito dal giudice a quest'ultimo.

In caso di separazione consensuale o di nullità matrimoniale al conduttore succede l'altro coniuge se tra i due si sia così convenuto. (1)

Note

(1) La Corte costituzionale, con sentenza 24 marzo-7 aprile 1988, n. 404, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale "dell'art. 6, primo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392 ("Disciplina delle locazioni di immobili urbani"), nella parte in cui non prevede tra i successibili nella titolarità del contratto di locazione, in caso di morte del conduttore, il convivente more uxorio"; ha altresì dichiarato "la illegittimità costituzionale dell'art. 6, terzo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in cui non prevede che il coniuge separato di fatto succeda al conduttore, se tra i due si sia così convenuto"; ha infine dichiarato "la illegittimità costituzionale dell'art. 6, della legge 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in cui non prevede la successione nel contratto di locazione al conduttore che abbia cessato la convivenza, a favore del già convivente quando vi sia prole naturale".

Spiegazione dell'art. 6 Legge equo canone

L’art. 6 prevede due forme di successione nel contratto di locazione:
  1. successione nel contratto di locazione mortis causa;
  2. successione nel contratto di locazione inter vivos, in seguito alla cessazione della convivenza tra conduttore e coniuge.
Con la prima ipotesi si realizza quella che è stata definita in dottrina come “successione anomala”, poiché produce una successione a prescindere dalla qualifica di erede in capo al successore.
Infatti, le persone che succederanno al de cuius è sufficiente che siano con lui “abitualmente conviventi”, a prescindere dal fatto che siano o meno suoi eredi.
Questo si pone in deroga alla disciplina delle successioni, che è connotata dalla caratteristica della universalità, subentrando di regola il successore in tutti i diritti e doveri spettanti al de cuius.
Per questo motivo, la dottrina ha qualificato tale diritto di successione nel contratto di locazione come un legato ex lege.
Tuttavia, in deroga a quanto disposto in generale dall’art. 1295, coloro che subentrano nel contratto di locazione saranno tenuti solidalmente, e non pro quota, al pagamento dei canoni e degli oneri maturati dopo la morte del conduttore.
Per quanto riguarda il requisito dell’abitualità della convivenza, essa va accertata dal giudice nel caso concreto, e va desunta da una serie di indici fattuali che possono essere rappresentati, in generale, da una convivenza duratura e stabile nell’abitazione del conduttore, con condivisione quotidiana di spazi comuni. Restano fuori dal campo di applicazione della norma coloro che abbiano convissuto con il conduttore per esigenze meramente transitorie o, addirittura, di semplice ospitalità; così come non possono essere considerati successori coloro che abbiano iniziato la loro abituale convivenza con il conduttore solamente in un momento successivo alla morte dello stesso.
La ratio della norma è infatti esclusivamente quella di evitare un pregiudizio a coloro che avevano trovato nell’immobile in cui dimorava il conduttore un punto di riferimento stabile e una abitazione, appunto, abituale.
La norma in commento va letta e analizzata alla luce della giurisprudenza della Corte Costituzionale che ha modificato e precisato il contenuto della disposizione.
In particolare, la Consulta si è espressa con riferimento all’estensione della categoria dei successibili, con particolare riferimento a coloro che non siano espressamente richiamati dalla norma in esame e, più precisamente, per il convivente more uxorio e per il coniuge separato di fatto.
Più nel dettaglio, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 404 del 7 aprile 1988, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del primo comma, nella parte in cui non prevede tra i successibili nella titolarità del contratto di locazione, in caso di morte del conduttore, il convivente more uxorio.
Tanto è stato stabilito dal Giudice delle Leggi, poiché il concetto di famiglia, si afferma, si è evoluto, passando da una visione familiare di tipo “nucleare” ad una visione familiare più estesa, comprendente anche soggetti estranei alla famiglia d’origine.
In tale ottica, così come concepito, l’art. 6 contrasterebbe con l’art. 2 Cost., che tutela il diritto all’abitazione come diritto fondamentale dell’individuo, e con l’art. 3 Cost., per lesione del principio di uguaglianza.
La dichiarazione di illegittimità costituzionale ha poi colpito anche il terzo comma dell’art. 6, nella parte in cui non prevede che il coniuge separato di fatto succeda al conduttore, se tra i due si sia così convenuto.
Infine, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’intera norma nella parte in cui non prevede la successione nel contratto di locazione al conduttore che abbia cessato la convivenza, a favore del già convivente quando vi sia prole naturale.
Viceversa, se prole naturale non vi è, non sussisterebbe alcuna ragione per permettere al convivente more uxorio di succedere nel contratto di locazione.
Una questione molto dibattuta attiene ai rapporti tra l’articolo in esame e la norma di cui all’art. 1614 del c.c..
Tale disposizione prevede che: “nel caso di morte dell'inquilino, se la locazione deve ancora durare per più di un anno ed è stata vietata la sublocazione, gli eredi possono recedere dal contratto entro tre mesi dalla morte.
Nell’art. 1614, diversamente rispetto all’art. 6, nessuna menzione viene fatta al requisito della abitualità nella convivenza, e gli eredi succedono nel contratto di locazione indipendentemente dalla sede della loro abitazione.
La questione attiene alla possibilità, per i soggetti di cui all’art. 1614, di subentrare nel contratto di locazione iure successionis, nel caso in cui coloro che erano abitualmente conviventi abbiano rinunziato alla facoltà loro attribuita dalla legge, o manchino completamente.
Ebbene, a tal proposito, l’orientamento dottrinale maggioritario sostiene che non vi sia una incompatibilità strutturale tra le due norme. Infatti, in mancanza dei soggetti di cui all’art. 6, succederanno nel contratto, ex art. 1614, gli eredi non conviventi, che potranno comunque sempre rinunciare a tale subentro.
Questa conclusione viene tratta dalla regola per cui "lex specialis derogat generali", senza tuttavia per questo accedere all’opinione che ritiene implicitamente abrogato l’articolo 1614, non essendovi né una abrogazione tacita né, tantomeno, espressa, della disposizione.
Per quanto attiene poi all’ipotesi di successione di cui ai commi due e tre della disposizione, che disciplinano le ipotesi di successione inter vivos nel contratto di locazione, è necessario operare alcune precisazioni.
Una questione attiene alla possibilità di revoca, in un momento successivo a quello della separazione, della assegnazione della casa coniugale.
Tale revoca potrebbe incidere sulla titolarità del contratto di locazione?
La migliore dottrina ritiene che, nel caso di revoca dell’assegnazione della casa coniugale, provvedimento col quale si era consentito al coniuge affidatario di subentrare nel contratto di locazione, vi sarà una ulteriore successione a favore del coniuge che ha ottenuto in seguito l’assegnazione della casa.
In ogni caso, la giurisprudenza ritiene che, anche in presenza di un provvedimento di assegnazione della casa familiare al coniuge del conduttore, quest’ultimo avrà comunque la possibilità di ottenere nuovamente la
disponibilità dell’immobile, una volta che il contratto di locazione sarà giunto alla sua naturale scadenza.
Il comma 3, poi, prevede la possibilità di subentro del coniuge in seguito a separazione consensuale o di nullità matrimoniale.
Come in precedenza accennato, la sentenza n. 404 del 1988 ha stabilito che il coniuge separato solo di fatto ha diritto di succedere nel contratto di locazione che faceva capo al coniuge conduttore, a patto che fosse così stato espressamente convenuto.
Infine, la giurisprudenza si è interrogata in merito alla possibilità di succedere nel contratto di locazione per il coniuge separato nel caso in cui il provvedimento di omologazione della separazione personale avvenga in un momento successivo rispetto alla data di scadenza del contratto di locazione. In tal caso, infatti, il coniuge avrebbe occupato l’immobile senza titolo, ritenendosi automaticamente in mora nella restituzione dell’immobile all’effettivo titolare.
Un’ultima considerazione riguarda la successione inter vivos del convivente more uxorio nel contratto di locazione. In tal caso, l’ex convivente avrà sì il diritto di succedere nel contratto di locazione al posto del conduttore, ma solo allorché vi sia della prole naturale.
Tale requisito viene ritenuto essenziale ai fini della successione inter vivos nel contratto; diversamente, il convivente more uxorio, in assenza di prole naturale, non potrà vantare alcun diritto di subentro nel contratto di locazione.
Si ritiene, poi, che per “prole naturale” si intenda esclusivamente quella originata dalla coppia separata, e non quella generata da uno dei conviventi con un partner precedente.

Rel. ministeriale L. 392/1978

(Relazione ministeriale L. 392/1978)

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Il primo comma prevede la successione nel contratto del coniuge, degli eredi nonché dei parenti ed affini con lui abitualmente conviventi, riprendendo il disposto dell’art. 1, quarto comma, della L. 23 maggio 1950, n. 253.
Per l’individuazione degli eredi che succedono nel contratto si deve ricorrere alle disposizioni del codice civile che attribuiscono la qualità di erede in caso di successione a causa di morte, legittima o testamentaria che sia. La copiosissima e consolidata giurisprudenza che si è formata per tali norme nonché per l’art. 1 della L. n. 253 del 1950 citata consente di ritenere facilmente risolvibili tutte le questioni che dovessero sorgere.
Per tutti i soggetti indicati nella norma è necessario che ricorra l’ulteriore presupposto della convivenza abituale con il conduttore defunto.
Il riferimento alla convivenza abituale nella stessa abitazione collega tale disposizione al disposto dell’art. 43, secondo comma, del codice civile (la residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale). Il ricorso ad un identico criterio di determinazione della fattispecie consente di ritenere che il presupposto della pregressa convivenza con il defunto ricorra, normalmente, tutte le volte in cui l’interessato avesse, al momento della morte del conduttore, la stessa residenza anagrafica.
Ovviamente, in assenza di un rinvio testuale all’elemento della residenza anagrafica, la coincidenza ovvero la mancata coincidenza di tale residenza costituisce un elemento probatorio di particolare rilevanza ma non l’unico; il giudice può sempre, del resto, raggiungere un diverso convincimento in presenza di prove contrarie sull’esistenza o meno dell’abituale convivenza.

Il secondo comma dell’articolo subordina la successione del coniuge nel contratto - quando ci sia stata separazione giudiziale o scioglimen­to del matrimonio o cessazione dei suoi effet­ti civili - all’attribuzione a questi del diritto di abitare nella casa familiare da parte del giudice.


Massime relative all'art. 6 Legge equo canone

Cass. civ. n. 3548/2013

L’art. 6, primo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392 trova applicazione anche qualora l’evento della morte riguardi un soggetto che sia in precedenza subentrato, ai sensi della stessa norma, nella posizione di conduttore al conduttore originario, dovendosi escludere che la norma possa operare solo con riguardo alla successione nella posizione di quest’ultimo.

Cass. civ. n. 891/2000

A norma dell’art. 6 L. n. 392 del 1978, in caso di morte del conduttore succedono nel contratto di locazione il coniuge, gli eredi, i parenti ed affini con lui abitualmente conviventi, nonché, dopo la sentenza costituzionale n. 404 del 1988, il convivente more uxorio. Ai fini della disciplina soprarichiamata, l’abituale convivenza con il conduttore defunto va accertata alla data del decesso di costui, a nulla rilevando che gli aventi diritto alla successione nel contratto siano o meno rimasti nell’alloggio locato dopo la morte del dante causa, giacché la successione mortis causa nel contratto di locazione è fatto giuridico istantaneo che si realizza (o non si realizza) all’atto stesso della morte del conduttore, restando insensibile agli accadimenti successivi.

Cass. civ. n. 4502/2000

L’art. 6 della legge n. 392 del 1978, che prevede il subingresso legale del coniuge separato o divorziato nella posizione di conduttore della casa familiare, allorché il relativo diritto gli sia stato attribuito dal giudice, non può trovare applicazione ove l’immobile oggetto del contratto di locazione stipulato da uno dei coniugi, e ceduto, dopo la separazione, all’altro, non sia stato adibito ad abitazione familiare.

Cass. civ. n. 4370/1999

La disciplina del secondo comma dell’art. 6 della legge 27 luglio 1978 n. 392, concernente l’opponibilità al terzo della successione del coniuge separato, cui sia stato attribuito dal giudice il diritto di abitare nella casa familiare, non si applica nel caso di separazione di fatto.

Cass. civ. n. 9868/1997

La già convivente more uxorio, con prole naturale, succeduta nel contratto di locazione per effetto della sentenza 7 aprile 1988, n. 404 della Corte costituzionale prima dell’inizio del giudizio, è legittimata a proporre opposizione di terzo ordinaria a norma dell’art. 404, primo comma, c.p.c. avverso la sentenza di sfratto per morosità nei confronti del conduttore che abbia cessato la convivenza.

A seguito della sentenza 7 aprile 1988 n. 404 della Corte costituzionale - che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 6 della legge n. 392 del 1978 nella parte in cui non prevede la successione nel contratto di locazione stipulato dal conduttore che abbia cessato la convivenza, a favore del convivente di questo quando vi sia prole -, nell’ipotesi di allontanamento del conduttore dall’immobile locato, la convivente more uxorio, che rimanga nell’immobile stesso con la prole naturale nata dall’unione, ha diritto di succedere nel contratto anche quando la convivenza sia sorta nel corso della locazione - e a maggior ragione se sia sorta prima - e senza che sia necessario che il locatore ne abbia avuto conoscenza.

Cass. civ. n. 8652/1996

Poiché lo scopo dell’art. 6 della L. 27 luglio 1978 n. 392 è quello di garantire un’abitazione, nel caso di decesso del conduttore, ai residui componenti della comunità familiare o parafamiliare, il diritto del coniuge, degli eredi, dei parenti e degli affini alla successione nel contratto di locazione è subordinata alla condizione dell’abituale convivenza con quegli. Ai fini della prova di tale complessa situazione determinante una comunanza di vita con detto conduttore non è sufficiente il certificato storico-anagrafico, che ha un valore meramente presuntivo della comune residenza ivi annotata.

Cass. civ. n. 6910/1995

In tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso abitativo, allorché venga a morte il conduttore gli succedono nel contratto, a norma dell’art. 6 della L. 27 luglio 1978, n. 392, gli eredi ed i parenti affini con lui abitualmente conviventi, sia nell’ipotesi in cui il defunto fosse l’unico titolare del contratto, sia nell’eventualità che lo stesso fosse contitolare con altri del rapporto stesso.

Cass. civ. n. 3074/1995

L' art. 6 della L. 27 luglio 1978, n. 392 ha compiutamente disciplinato la materia della successione nel contratto di locazione per uso abitativo nel caso di morte del conduttore, escludendo l'applicabilità dell'art. 1614 c.c. ai rapporti assoggettati alla nuova e diversa disciplina, con la conseguenza che in mancanza delle altre persone in favore delle quali l'art. 6 cit. prevede la successione nel contratto di locazione, gli eredi del conduttore possono subentrare nel rapporto locativo solo se con quest'ultimo conviventi.

Cass. civ. n. 5544/1994

A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 404 del 1988, che ha dichiarato la parziale illegittimità dell’art. 6 della L. 27 luglio 1978, n. 392, in caso di morte del conduttore succede nel contratto di locazione anche chi aveva convissuto “more uxorio” con il conduttore, a prescindere del tutto dalla situazione familiare del titolare del contratto di locazione e dalla presenza di eredi legittimi.

Trib. civ. Milano n. 1021/1994

Nel caso di separazione del conduttore, il subingresso nel contratto del coniuge, assegnatario della casa coniugale, ai sensi dell’art. 6, secondo e terzo comma, L. 392/78, si verifica in modo del tutto automatico, indipendentemente dalla comunicazione o comunque dalla conoscenza che di tale situazione abbia il locatore, anche se l’omessa comunicazione potrebbe configurare un inadempimento contrattuale del conduttore ed essere, quindi, eventualmente valutata ai fini della risoluzione del rapporto.

Cass. civ. n. 13004/1993

Le locazioni abitative relative ad immobili costruiti a totale carico dello Stato, alle quali, per ragioni di reddito del conduttore, non si applica il canone sociale, sono soggette alla disciplina della legge n. 392 del 1978 con riferimento non solo alle norme relative alla determinazione del canone, ma anche a tutte le altre norme previste dalla detta legge, ivi compresa la disciplina della successione nel contratto di locazione di cui all’art. 6. Pertanto, in caso di separazione giudiziale, il coniuge che ha perduto la qualità di conduttore, perché il diritto di abitare nella casa familiare è stato attribuito dal giudice all’altro coniuge, non è più legittimato ad agire in giudizio per la tutela dei diritti connessi alla qualità di conduttore (nella specie, esercizio dell’azione di rilascio contro il terzo detentore). Ancorché sia deceduto il coniuge che in virtù dell’assegnazione è succeduto nel contratto di locazione come conduttore.

Cass. civ. n. 6804/1993

L’art. 6 della L. 27 luglio 1978 n. 392, nel disporre che «in caso di separazione personale... nel contratto di locazione succede al conduttore l’altro coniuge, se il diritto di abitare nella casa familiare sia stato attribuito dal giudice a quest’ultimo», non modifica la natura del rapporto e la natura del diritto in base al quale il conduttore detiene la cosa locata, ma solo consente a soggetto diverso dall’originario conduttore di sostituirsi nella titolarità del contratto, con attribuzione dei relativi diritti ed assunzione delle obbligazioni che ne derivano. Ne consegue che il locatore ha diritto alla scadenza di riottenere la disponibilità dell’immobile, senza che tale suo diritto possa trovare un limite nel provvedimento di assegnazione della casa familiare da parte del giudice.

Cass. civ. n. 11328/1990

A differenza della legislazione vincolistica la L. 27 luglio 1978, n. 392, con l'art. 6 per gli immobili ad uso abitativo e con l'art. 37 per gli immobili ad uso non abitativo, ha compiutamente e direttamente disciplinato la materia della successione nel contratto di locazione nel caso di morte del conduttore con la conseguenza che la diversa disciplina dell'art. 1614 c.c. deve ritenersi abrogata con l'entrata in vigore della suddetta legge ai sensi dell'art. 84 della medesima legge.

Cass. civ. n. 3599/1990

Il matrimonio celebrato da cittadini italiani (o anche tra cittadini e stranieri, in virtù dell'art. 50 ord. st. c.) all'estero secondo le forme ivi stabilite, ed anche il matrimonio celebrato all'estero in forma religiosa, ove per tale forma la lex loci riconosca gli effetti civili (sempre che sussistano i requisiti previsti dal nostro ordinamento) è immediatamente valido e rilevante nell'ordinamento italiano con la produzione del relativo atto, anche al fine di far valere il diritto di succedere al coniuge defunto nel contratto di locazione dell'abitazione a lui intestato, indipendentemente dall'osservanza delle norme italiane relative alla pubblicazione, che possono dar luogo solo ad irregolarità suscettibili di sanzioni amministrative, ed alla trascrizione nei registri dello stato civile, la quale (a differenza del caso del matrimonio concordatario) ha natura certificativa e di pubblicità, e non costitutiva.

Cass. civ. n. 1768/1988

La L. 6 marzo 1987, n. 74, modificativa della legge di divorzio n. 890/70 è immediatamente applicabile quale ius superveniens ai giudizi in corso, pure in sede di legittimità, anche con riguardo alla norma dell’art. 11, la quale stabilisce che la disposizione della casa coniugale spetta di preferenza al genitore cui sono affidati i figli e con il quale i figli convivono, anche oltre la maggiore età, ove la relativa questione sia ancora oggetto di quel giudizio.

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Consulenze legali
relative all'articolo 6 Legge equo canone

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ROBERTO P. chiede
lunedì 21/02/2022 - Liguria
“Sono locatore di unità immobiliare uso abitativo locata con adesione a cedolare secca e contratto con canone convenzionele (3+2 ). Il conduttore vedovo e senza figli ha alcuni nipoti comunque con egli non conviventi è deceduto in data 14/02/2022.
Come da abitudine consolidata il conduttore mi ha corrisposto il canone anticipato di locazione a gennaio 2022 per il periodo da 01/01/2022 a 31/03/22 anche se nel contratto di locazione (prorogato fino al 31/12/2022 ) era previsto il pagamento con cadenza mensile e non trimestrale.
Chiedo di sapere se la risoluzione del contratto decorra dalla data del decesso del conduttore o dal 31/03/2022 .
Chiedo anche di sapere quali formalità dovrò espletare presso l'Agenzia delle Entrate e in quali termini temporali dovrò espletare le stesse , ed inoltre di quanto tempo possano disporre i nipoti eredi per liberare l'appartamento.
Cordiali saluti”
Consulenza legale i 01/03/2022
Da un esame del contratto di locazione concluso tra le parti ed inviato a questa Redazione, risulta che nulla è stato disposto per l’ipotesi di decesso di una delle parti contrattuali.
In conseguenza di ciò, deve farsi applicazione della disciplina legale che regola il contratto di locazione degli immobili abitativi ed in particolare di quella dettata dalla Legge n. 392/1978, dal D.lgs. n. 431/1998, oltre che dal codice civile.
In particolare, per ciò che qui interessa, l’ art. 6 della Legge 392/1978, nel disciplinare la successione nel rapporto di locazione in caso di morte dell’inquilino, dispone che “in caso di morte del conduttore, gli succedono nel contratto il coniuge, gli eredi ed i parenti e gli affini con lui abitualmente conviventi”.
Il decesso del conduttore, dunque, non comporta la risoluzione anticipata del contratto, ma al suo posto hanno diritto di subentrare altri soggetti, purchè sussistano i requisiti previsti dalla norma sopracitata, ovvero:
a) requisito soggettivo: deve trattarsi di soggetti che assumono la posizione di eredi, ovvero coniuge e/o altri parenti, compreso il convivente more uxorio (per la loro individuazione è possibile fare riferimento all’art. 565 c.c.);
b) requisito oggettivo: deve trattarsi di persone con lui abitualmente conviventi.
Occorre evidenziare che con l’espressione “familiari conviventi” ci si intende riferire solo a coloro che convivevano con il defunto in modo stabile e abituale e che, pertanto, il requisito della convivenza non può ritenersi sussistente allorchè il successore o i successori risultino essersi trasferiti nell’abitazione locata solo per motivi transitori e momentanei (cfr. Cass. n. 6995 del 22.05.2001).
Ne consegue che, nel caso di specie, se la conduttrice viveva da sola nell’appartamento locato, il contratto di locazione deve considerarsi cessato nel momento stesso della morte ed i suoi eredi saranno tenuti a riconsegnare l’immobile con effetto immediato.

Per ciò che concerne gli adempimenti successivi al verificarsi di tale evento, occorre distinguere tra quelli di natura fiscale e quelli di natura civilistica.
Sotto il profilo fiscale, trattandosi di contratto per il quale si era optato per il regime della cedolare secca, occorre che entro il termine di 30 gg. dall’evento si dia comunicazione all’Agenzia delle entrate della risoluzione anticipata del contratto, allegando il certificato di morte del conduttore.
Non si sarà tenuti a versare l’imposta di registro pari ad euro 67,00, determinata in misura fissa per i casi di risoluzione anticipata del contratto, e ciò proprio perché con la cedolare secca è prevista l’esenzione completa dalle imposte di registro e di bollo, che altrimenti sarebbero dovute sia all’atto della registrazione iniziale sia nel momento della proroga o della risoluzione del contratto.
La risoluzione anticipata deve essere comunicata con una delle seguenti modalità:
- tramite i servizi telematici dell’Agenzia (software RLI o RLI-web);
- presentando all’ufficio dove è stato registrato il contratto il modello RLI cartaceo debitamente compilato (si consiglia di avvalersi di questa seconda modalità, al fine di chiarire, ove fosse necessario, che non sussistono i presupposti per la successione nel contratto degli eredi ex art. 6 Legge 392/1978).
Per quanto concerne, invece, gli adempimenti di natura civilistica, sarà necessario invitare gli eredi a procedere all’immediata restituzione dell’immobile per insussistenza delle condizioni di cui all’art. 6 più volte citato, intimando agli stessi che, in difetto di bonaria e spontanea riconsegna, saranno considerati dalla data del decesso della conduttrice alla stregua di detentori senza titoli e che si sarà costretti a fare ricorso alla competente autorità giudiziaria per il rilascio coattivo dello stesso.
E’ indispensabile, ovviamente, che tale espressa volontà venga loro manifestata a mezzo lettera raccomandata con ricevuta di ritorno.
Per ciò che concerne la parte di canone di locazione già riscossa in via anticipata per il periodo di tempo che va dal 14 febbraio al 31 marzo 2022, trattandosi di somma versata senza alcuna giustificazione causale (per intervenuta risoluzione del contratto di locazione), si potrà nella medesima lettera fare spontanea offerta agli eredi di restituzione della stessa.

Si ritiene, infine, opportuno far presente che, in caso di mancata restituzione spontanea dell’immobile da parte degli eredi, sarà necessario esperire preventivamente il tentativo di mediazione, nonché, in caso di esito negativo di quest’ultimo, fare ricorso al Tribunale competente, in funzione di giudice unico, ex art. 447 bis c.p.c., per ottenere un provvedimento di condanna degli eredi al rilascio dell’immobile.
Oltre alla condanna al rilascio, si avrà diritto di chiedere la condanna degli eredi al risarcimento del danno per la mancata disponibilità della cosa, danno che può essere agevolmente parametrato al canone di locazione in precedenza pattuito.

M. S. chiede
domenica 30/01/2022 - Lombardia
“buongiorno,

sono uno tra i cinque coeredi in una successione diretta madre / figli. La de cuius (classe 1921) è decedu-ta il 31.10.2020.
Ad oggi, il responsabile della gestione economica in vita della defunta (uno dei fratelli) nonostante ripetuti solleciti NON ha ancora presentato il rendiconto finale della successione con relative pezze giustificative.

Della successione fa parte 1 appartamento trilocale affittato ad uso abitazione con contratto stipulato in data 01.03.2016 validità 4 anni rinnovabile se non disdettato dalle parti SENZA clausola adeguamento canone ISTAT.

Tre le considerazioni:
1) A parere del mio perito immobiliare questa proprietà ( ora intestata per 1 quinto a ciascuno degli eredi ) gode di un affitto inferiore alla media di mercato ( già dal 2016 ) di almeno il 20-25% ( posso farmi fare una perizia scritta ).
2) questo contratto è sottoscritto dal locatore (la de cuius) LA CUI FIRMA E’ PALESEMENTE FALSA ( !! ).
3) il locatario ( od uno dei suoi famigliari, lo stiamo appurando ) svolge dei lavori di collaborazione domestica a favore del fratello che ha sempre curato gli interessi della defunta.
La firma falsa sul contratto (la de cuius era già in età avanzata) ed il cespite di almeno il 20-25% annuo inferiore alla media, fanno pensare che ci sia collusione tra il locatore e chi rappresentava gli interessi della
defunta.

Posso impugnare detto contratto che riporta una firma falsa del locatore e pretenderne uno di nuovo con canoni di affitto aggiornati?

grazie”
Consulenza legale i 03/02/2022
Prima di rispondere alle singole domande poste nel quesito, si ritiene indispensabile fare una premessa.
Nel momento in cui muore il proprietario di un immobile concesso in locazione, si verifica ipso iure una modificazione soggettiva del rapporto di locazione, con il subentro degli eredi nella posizione del locatore e nei suoi stessi obblighi, nonché correlativamente, con il dovere del conduttore di adempiere l’obbligazione relativa al pagamento del canone.
Ciò significa che il contratto di locazione stipulato dal proprietario successivamente defunto rimane in vita fino alla sua naturale scadenza, senza alcuna variazione nelle condizioni e nelle clausole a suo tempo convenute e sottoscritte.
L’unica differenza concerne il soggetto o i soggetti in favore dei quali deve essere versato il canone di locazione originariamente convenuto, in quanto dal momento dell’apertura della successione legittimati alla riscossione di tali canoni non potranno che essere gli eredi del locatore, ciascuno in proporzione alla quota che sull’eredità gli compete.

Si tenga presente che la legge sull’equo canone (che costituisce la normativa di riferimento in materia di locazioni di immobili urbani) si preoccupa di regolare soltanto l’ipotesi del decesso del conduttore, ma non anche quella del locatore proprietario dell’immobile (cfr. art. 6 Legge 392/1978).
A tale lacuna normativa ha, tuttavia, sopperito la giurisprudenza, ed in particolare quella di legittimità, affermando in buona sostanza ciò che è stato prima detto, ossia che “la morte del locatore comporta solo una modificazione soggettiva del rapporto di locazione, con il subentro degli eredi nella posizione del locatore…”.
A tal fine occorre, ovviamente, che coloro che si vengono a trovare nella posizione di chiamati all’eredità, si decidano anche ad accettarla, con la conseguenza che si considereranno locatori già a partire dalla morte del precedente titolare del contratto, in modo tale che non si realizzi alcun vuoto contrattuale nell’intestazione del contratto di affitto (cfr. Cass. N. 1811/1989).

Occorre tuttavia precisare che, per il regolare e completo subentro di questi ultimi nel contratto di locazione in essere, occorre provvedere ai seguenti adempimenti:
a) informare il conduttore del subentro e del conseguente diritto a richiedere il canone di affitto, comunicandogli anche le nuove modalità di versamento del canone (in caso di più eredi, come quello in esame, sarebbe opportuno, previo accordo, indicare uno solo di essi come legittimato a ricevere il pagamento);
b) inviare la comunicazione di subentro all’Agenzia delle entrate presso cui il contratto era stato registrato (si presume, infatti, che si faccia riferimento ad un contratto regolarmente registrato). A tal proposito va precisato che, qualora dovesse trattarsi di contratto di affitto soggetto a cedolare secca, gli eredi sono tenuti a comunicare all’inquilino, tramite raccomandata, che scelgono tale regime.
Ci si è posti, in effetti, il dubbio se al decesso del proprietario dell’immobile, gli eredi possano continuare a fruire del regime agevolato della cedolare secca o se, invece, decadano da tale facoltà; su questo tema si è comunque pronunciata l’Agenzia delle entrate con circolare del 2012, nella quale è stato precisato che “non sussistendo l’obbligo di stipulare un nuovo contratto, l’erede (nuovo locatore) può optare per la cedolare secca presentando, entro 30 giorni dalla data del subentro, la relativa richiesta all’ufficio dell’Agenzia delle entrate” (circolare n. 20/E del 4 giugno 2012, paragrafo 5).


Ora, nel caso di specie non viene fornita alcuna informazione circa l’effettivo espletamento o meno degli adempimenti di cui si è detto sopra, la cui omissione avrebbe potuto, quanto meno da un punto di vista meramente teorico, legittimare il conduttore a rifiutare il pagamento del canone dovuto finchè non fosse stata risolta la situazione di incertezza circa il soggetto legittimato alla riscossione di tali canoni.
Quanto appena detto trova conferma anche nella giurisprudenza di merito, secondo cui, qualora nel corso di un rapporto di locazione dovesse decedere il locatore, gli eredi dello stesso, per pretendere il pagamento del canone hanno l’onere di dimostrare la loro legittimazione, in quanto la modifica soggettiva del contratto, innovando sulle modalità di adempimento, determina uno stato di incertezza per il conduttore che il creditore ha l’onere di rimuovere, onde rendere possibile la prestazione, in attuazione del principio di buona fede nell’esecuzione del contratto.
In mancanza dell’assolvimento di tale onere di collaborazione sarebbe perfino giustificato il rifiuto del conduttore di pagare il corrispettivo ai nuovi contitolari del diritto.

Di contro, qualora, come sembra sia accaduto nel caso di specie, il conduttore, pur in assenza di una formale comunicazione di subentro, dovesse continuare a versare in buona fede il canone di locazione nella mani di uno solo degli eredi (generalmente colui che si trova nel possesso dei beni ereditari), il medesimo dovrà comunque ritenersi liberato dalla propria obbligazione, dovendosi porre esclusivamente a carico degli altri eredi, anche loro creditori, l’onere di dimostrare il colpevole affidamento del conduttore.

Delineati per grandi linee i principi giuridici generali che regolano fattispecie analoghe a quelle descritte nel quesito in esame, è possibile adesso rispondere alle singole questioni che vengono sollevate.
A) poiché la prima scadenza contrattuale era fissata per la data dell’1 marzo 2020 (dopo quattro anni dalla sua stipula), non essendo stato a quella data manifestata alcuna volontà di disdetta da entrambe le parti (la locatrice era ancora in vita), il contratto manterrà la sua validità ed efficacia fino alla data dell’1 marzo 2024;
B) vanno rispettate tutte le clausole e condizioni contrattuali in esso contenute, compresa quella relativa alla determinazione del canone di locazione, svincolata da clausola c.d. di indicizzazione (evidentemente si tratta di un contratto c.d. a canone libero, stipulato ex art. 2 comma 1 Legge n. 431/1998, la cui determinazione viene rimessa alla libertà contrattuale delle parti);
C) non si può semplicemente asserire che la firma apposta sul contratto è falsa e che la determinazione di un canone di locazione più basso al reale valore di affitto di quell’immobile sia dovuta ad una sorta di compensazione con servizi resi dal conduttore in favore di uno degli eredi.
Si tratta di asserzioni che devono trovare fondamento in concrete e ben circostanziate fonti di prova, dalle quali poter desumere non solo la falsità della firma della locatrice apposta sul contratto, ma anche che quella firma sarebbe riconducibile al fratello e che tra quest’ultimo ed il conduttore intercorra un rapporto di servizio retribuito e compensato con una riduzione del canone di locazione.
Insomma, si tratta di fatti e circostanze sicuramente non facili da provare e che se portati in giudizio potrebbero non soltanto condurre ad un esito negativo per chi agisce, ma anche ad una possibile condanna per responsabilità processuale aggravata (art. 96 del c.p.c.).
L’unico elemento probatorio su cui si potrebbe confidare è l’età avanzata della contraente (nel 2016, data di stipula del contratto, questa aveva 95 anni), il che potrebbe far supporre, al di là della falsità della firma, che l’altra parte contrattuale abbia potuto indurre in errore la locatrice, riuscendo a concludere quel contratto a condizioni per lui vantaggiose.
Ciò, tuttavia, non condurrebbe ad alcun risultato vantaggioso, in quanto si tratterebbe di una ipotesi di contratto annullabile, i cui effetti possono venir meno solo in caso di positivo esperimento dell’azione di annullamento, nel caso di specie neppure esperibile (a differenza della nullità, infatti, l'annullabilità può essere fatta valere solo su istanza della parte interessata ed è soggetta a un termine di prescrizione quinquennale).

Stando così le cose, dunque, ciò che si consiglia è di comunicare formalmente al conduttore il nominativo di tutti gli eredi che hanno fatto subingresso nella posizione della locatrice e le nuove modalità di pagamento del canone (da convenire con l’altro o gli altri eredi); in caso di due soli eredi e di disaccordo tra gli stessi, si può proporre un pagamento a mesi alternati in favore di entrambi.
Nello stesso tempo, se già non è stato fatto, si può invitare bonariamente il fratello, che finora ha riscosso i canoni di locazione, a restituire la quota di canone a cui non ha diritto, procedendo se occorre ad una diffida e, se necessario ad una azione per il recupero di quelle somme (questo ovviamente vale solo per le somme riscosse dalla data di apertura della successione).

C. B. chiede
sabato 25/06/2022 - Lombardia
“Tizio, affittuario e unico residente in un nostro appartamento, muore il 10/5/2022. Figli e nipoti ci inviano le chiavi via posta e allegano la rinuncia all'eredità fatta presso un notaio e registrata all'AE. Non conosciamo altri eredi e nessuno si è palesato. Famiglia asserragliata in totale silenzio. Rimangono nella casa vestiti, scarpe, piatti ecc. Riceviamo post-mortem due bonifici dell'affitto da un conto "sfuggito" alla famiglia. Sospettiamo che il patrimonio del defunto fosse cospicuo (90 anni, tirchissimo e con un'ottima pensione) ma che sia già stato "recuperato" dalla famiglia. Vantiamo crediti per 3500 euro (imbiancatura fine affitto e spese condominiali degli ultimi mesi) ma pensiamo che i costi per recuperarli in questa situazione siano alti con il rischio di perderci ulteriormente.
Domanda: cosa dobbiamo fare degli oggetti personali? Possiamo spostarli in soffitta in attesa che qualcuno li chieda, così che possiamo fare gli interventi nel nostro appartamento? Cosa dobbiamo fare degli affitti automatici? Qualcuno in futuro ci può accusare di qualcosa?”
Consulenza legale i 30/06/2022
L’art. 1614 c.c. detta una disciplina di carattere generale per il caso di morte dell’inquilino, disponendo che se la locazione deve durare per più di un anno dalla data della morte, gli eredi dell’inquilino hanno un termine di tre mesi per recedere dal contratto di locazione, specificando poi al secondo comma che il recesso va esercitato mediante disdetta comunicata con un preavviso non inferiore a mesi tre.
Ratio di tale norma è sostanzialmente quella di contemperare la posizione degli eredi (i quali possono non avere interesse a proseguire nella conduzione dell’immobile) con quella del locatore (di godere di un minimo spazio temporale per reperire nuovi locatari).

Tale regola generale, tuttavia, non può trovare applicazione nel caso di immobili ad uso abitativo, per i quali prevale la disciplina speciale di cui agli artt. 6 e 37 Legge equo canone.
In particolare, l’art. 6 della suddetta legge dispone che “In caso di morte del conduttore, gli succedono nel contratto il coniuge, gli eredi ed i parenti ed affini con lui abitualmente conviventi”.
Dottrina e giurisprudenza si sono trovati, dunque, a dover affrontare la questione del coordinamento tra queste due norme, con particolare riferimento alla possibilità, per i soggetti di cui all’art. 1614 c.c., di subentrare nel contratto di locazione iure successionis, nel caso in cui coloro che erano abitualmente conviventi abbiano rinunziato alla facoltà loro attribuita dalla legge, o manchino completamente.
Ebbene, a tal proposito, la tesi prevalente, oltre che preferibile, è quella secondo cui non sussiste alcuna incompatibilità strutturale tra le due norme, con la conseguenza che, in mancanza dei soggetti di cui all’art. 6 Legge equo canone, succederanno nel contratto, ex art. 1614, gli eredi non conviventi, che potranno comunque sempre rinunciare a tale subentro secondo le forme da quest’ultima norma volute.

Ora, nel caso di specie si precisa che Tizio, oltre che intestatario del contratto di locazione, era l’unico residente nell’appartamento locato, il che consente di affermare che debba trovare applicazione non la disciplina speciale di cui all’art. 6 Legge equo canone, bensì l’art. 1614 c.c.
Pertanto, le modalità che figli e nipoti, chiamati all’eredità rinunziatari, hanno scelto di utilizzare per sciogliere il rapporto contrattuale in essere (invio delle chiavi per posta con allegata rinuncia all’eredità) non possono certamente ritenersi rispettose di quanto voluto dall’art. 1614, norma che, come si è detto prima, pretende al suo secondo comma l’invio di formale disdetta con un preavviso non inferiore a mesi tre.
Inoltre, ad escludere fino a questo momento la sussistenza di una valida manifestazione della volontà di disdetta del contratto di locazione contribuisce anche la circostanza che l’immobile di fatto non risulta essere stato liberato, in quanto ancora occupato dai mobili e dagli effetti personali del defunto.

In conseguenza di ciò, dunque, non potendosi considerare formalmente sciolto il rapporto di locazione, deve ritenersi che i locatari siano pienamente legittimati a riscuotere i canoni di locazione che, seppure per effetto di un bonifico automatico, continuano ad essere accreditati sul conto corrente indicato in sede di conclusione del contratto di locazione con il de cuius.

Ciò, tuttavia, preclude agli stessi locatari di spostare altrove i mobili lasciati dal de cuius nell’appartamento locato, mentre quello che si consiglia, al fine di sciogliersi validamente dal vincolo contrattuale, è di inviare una formale comunicazione all’ultimo domicilio del defunto, indirizzata agli eredi del medesimo collettivamente ed impersonalmente, con la quale invitare gli stessi a formalizzare disdetta del contratto di locazione secondo le forme e nel rispetto dei termini voluti dall’art. 1614 c.c.
Nella stessa missiva si potrà dare atto delle somme che fino a quel momento sono state accreditate in automatico e rivolgere, sempre agli eredi collettivamente ed impersonalmente, formale diffida a sgomberare l’immobile locato da ogni bene mobile di proprietà del de cuius, con avvertimento che fin quando tale liberazione non verrà effettuata, si avrà il diritto di pretendere un’indennità di occupazione (generalmente pari al canone di locazione).

Qualora, malgrado l’irrituale manifestazione della volontà di disdetta, proveniente tra l’altro da soggetti non legittimati (per rinuncia all’eredità del de cuius), i locatari abbiano già preso possesso dell’immobile, ciò che si consiglia è di inviare, secondo le modalità dette sopra (agli eredi collettivamente ed impersonalmente nell’ultimo domicilio del defunto) una missiva nella quale dichiarare di aver ricevuto le chiavi e copia della rinuncia all’eredità, precisando che il rapporto di locazione si intenderà sciolto decorsi tre mesi dal ricevimento di quelle chiavi (termine coincidente con il preavviso voluto dall’art. 1614 c.c.).
Sarà sempre opportuno precisare che, decorso tale termine ed in assenza di liberazione dell’immobile, si avrà diritto di pretendere una indennità di occupazione.

Inviata tale missiva e trascorso inutilmente il termine di tre mesi dalla consegna delle chiavi, la procedura corretta per liberarsi dei mobili che arredano l’immobile sarebbe quella di farne offerta reale ex artt. 1208 e ss. c.c. per mezzo di ufficiale giudiziario.
Si tratta, però, di una procedura alquanto complessa oltre che costosa, in questo caso ancora più difficile da portare avanti per l’assenza di soggetti a cui indirizzare tale offerta.
Ciò che si consiglia, dunque, per liberarsi più celermente di quei beni è di chiederne il sequestro conservativo in virtù del privilegio che l’art. 2764 del c.c. riconosce al locatore di immobili per crediti dallo stesso vantati per fitti, mancate riparazioni, danni arrecati all’immobile e ogni altro credito dipendente da inadempimento del contratto.
In seguito al sequestro, si potrà procedere alla vendita degli stessi beni, secondo le norme dettate dal codice di procedura civile per la vendita di beni mobili oppure se ne potrà chiedere l’assegnazione per farne ciò che si vuole.